Bali, la spiaggia di Benoa Bay © Nello Trocchia
Meravigliosi templi a
strapiombo sul mare, una foresta pluviale incontaminata, la magia delle
danze in costume tradizionale delle donne. A Bali -unica isola
dell’arcipelago indonesiano a maggioranza induista- i turisti possono
immergersi in tanti mondi diversi nel raggio di pochi chilometri: dalla
musica anni Novanta delle discoteche del quartiere di Kuta alle spiagge
selvagge dove fare surf immersi in una natura incontaminata, dalle
terrazze dove si coltiva il riso ai villaggi dove ancora si praticano i
combattimenti tra galli (formalmente vietati).
Ma la bellezza di Bali e i
suoi delicati ecosistemi sono seriamente minacciati. Ogni anno l’isola
più famosa e sicuramente tra le più belle dell’Indonesia, accoglie circa
dieci milioni di turisti. Una fiumana umana che contribuisce ad
aggravare le criticità ambientali già esistenti come la carenza di
acqua, l’inquinamento e il consumo di plastica di difficile smaltimento.
Ad aggravare questa situazione c’è un’altra minaccia, un progetto
faraonico che mette a rischio l’ecosistema della Benoa Bay, una della
baie più incantevoli di Bali, attualmente ricoperta da una foresta di
mangrovie.
Il “Tirta Wahana Bali
International” (Twbi) è un controverso progetto prevede la bonifica del
75% della palude in cui crescono le mangrovie per creare isole
artificiali in stile Dubai, destinate ad accogliere resort di lusso,
casinò, un campo da golf, un parco divertimenti e un circuito
automobilistico. Con un giro d’affari da tre miliardi di dollari.
Di fronte a questa minaccia,
molti giovani si sono riuniti in movimenti di opposizione e protesta. Il
movimento “Tolak Reklamasi”, assieme al “Forum for Bali” ha raggiunto
traguardi notevoli nel sensibilizzare l’opinione pubblica sulla
salvaguardia dell’ecosistema balinese e in particolare sulla vicenda di
Benoa Bay. “Tolak Reklamasi” ha sollecitato l’intera comunità a
prendersi le proprie responsabilità e reagire per salvare l’identità
della loro terra dagli speculatori edilizi e dalla corruzione, altro
male che affligge l’Indonesia. Incontriamo un gruppo di attivisti
capeggiati da Putu -che gestisce una guest house proprio nella Benoa Bay
e per motivi di sicurezza non vuole essere citato – e per arrotondare
porta i turisti in giro a vedere le meraviglie dell’isola.
“Qui siamo tutti pescatori,
piccoli commercianti e imprenditori, gestiamo queste guest house che
ospitano i turisti a pochi dollari. Questa è la nostra cultura, la
nostra identità”, spiega Putu. Sulla spiaggia, ogni giorno arrivano
decine di piccole imbarcazioni che trasportano i turisti. “Se
questo progetto viene realizzato tutto questo sarà spazzato via, che ne
sarà della riserva delle tartarughe?”, aggiunge Putu. La comunità
locale, infatti, ha creato e protegge una riserva naturale dove le
tartarughe possono depositare le uova in sicurezza. “Stavano scomparendo
da Bali, noi abbiamo creato questa riserva protetta per preservare la
specie. E loro vogliono costruirci i casinò?”.
Il movimento di protesta è
composto per lo più da ragazzi giovani e appassionati che oggi
rappresentano l’unica speranza per sensibilizzare il governo. “Noi ci
siamo appellati – conclude Putu – ad ambientalisti, oganizzazioni no
governative, studenti, artisti, chiunque voglia far sentire la propria
voce qui è prezioso”.
Benoa Bay si trovava sotto
tutela fino al 2014, quando il presidente indonesiano uscente Susilo
Bambang Yudhyono ne revocò lo status di area protetta dando il via
libera ai lavori di costruzione. La decisione del presidente suscitò non
poco sdegno, soprattutto perché ritenuta frutto di decisione equivoche e
poco trasparenti. Benoa Bay si trova nella parte meridionale di Bali,
nel cuore dei distretti più ricchi ed a più alta concentrazione
turistica e conserva oltre sessanta siti naturali sacri per la religione
induista. Ma l’aspetto più preoccupante di questo progetto a forte
impatto ambientale è l’aumento del rischio di inondazioni, già molto
frequenti sull’isola, come denunciato da Ketut Sarjana Putra, direttore della sezione indonesiana dell’Ong americana “Conservation International”.
Ma il mega progetto di Benoa
Bay non è l’unica minaccia all’ecosistema di Bali. Che, come tutta
l’Indonesia, deve fare i conti con il problema dello smaltimento dei
rifiuti e con l’invasione della plastica. A Java, isola più popolosa
dell’arcipelago, ogni giorno una montagna di rifiuti viene prodotta e
consumata senza nessuna capacità di smaltirla. E così la soluzione è
incendiare gli scarti o gettarli in mare inondando le isole meravigliose
che ingoiano la plastica condotta a riva dalle correnti. Il
territorio paga così il prezzo di un modello di consumo votato al
profitto, alimentato anche dall’arrivo di un turismo di massa, dalla
costruzione di enormi centri commerciali, con il notevole aumento della
produzione degli scarti e l’incapacità di smaltirli.
Le buone pratiche non
mancano, ma non riescono a lasciare il segno. Sulle isole Gili, ad
esempio, ci sono movimenti ambientalisti (giliecotrust.com)
che sensibilizzano all’uso di sacchetti per la spesa riutilizzabili,
alla raccolta differenziata in attesa del completamento della
costruzione di una piazzola ecologica per arrivare al completo riciclo
dei rifiuti. Esempi virtuosi come quello di Cianjur, cittadina che dista
tre ore da Jakarta, capitale dell’Indonesia, dove c’è una fabbrica che
ricicla la plastica. Una parte, però, molto residuale rispetto alla
montagna di rifiuti prodotta quotidianamente.
Lo smaltimento, quindi, passa
principalmente per l’incenerimento con produzione di diossina. Sempre a
Cianjur, dove sorge un suggestivo villaggio di pescatori, si trovano
cassonetti di cemento dove vengono smaltiti i rifiuti che poi vengono
dati alle fiamme, roghi che sprigionano sostanze tossiche e rendono
l’aria irrespirabile. La plastica che non viene data alle fiamme viene
smaltita in discariche e fiumi e finisce in mare prima di raggiungere,
attraverso le correnti, le isole. Una parte però resta sui fondali
entrando nella catena alimentare e tornando infine sulle tavole di chi
si nutre di quei pesci.
fonte: www.altraeconomia.it