Le recenti dichiarazioni di Sergio Marchionne
secondo cui le auto elettriche emetterebbero più CO2 di quelle diesel,
considerando le emissioni delle centrali che le alimentano e del loro
ciclo di vita, hanno suscitato molte polemiche e discussioni.
Ad esse, non si sa quanto direttamente, ha risposto uno studio diretto da Maarten Messagie della Vrije Universiteit di Bruxelles,
commissionato dall’associazione Transport & Environment, che ha
preso in considerazione le emissioni prodotte dall’intero ciclo di vita
delle auto elettriche, dalla costruzione del mezzo e delle batterie,
all’uso dell’auto, fino alla sua demolizione, mettendolo a confronto con
quelle prodotte dall’analogo ciclo di vita di un’auto diesel.
Il confronto
è stato fatto in base alle emissioni medie di CO2 della produzione
elettrica dell’Unione Europea e poi negli otto maggiori paesi
dell’Unione.
I risultati sono schiaccianti: con una percorrenza dell’auto di 200mila chilometri il diesel emette 210 grammi di CO2/km, mentre l’auto elettrica nella media Ue ne emette appena 90 g/km.
Le
emissioni del diesel sono dovute soprattutto alla marcia, seguite da
quelle dovute alla produzione del carburante, mentre quelle dell’auto
elettrica dipendono soprattutto dal mix di fonti usate dalle centrali,
seguite a pari merito dalla costruzione e demolizione dell’auto e delle
batterie.
Andando
nel dettaglio paese per paese, si vede che le emissioni nel corso della
vita dell’auto elettrica variano dai 30 grammi CO2/km nella nucleare
Francia, fino ai 160 grammi CO2/km della “tutto carbone” Polonia,
comunque anche qui un dato inferiore a quello dell’auto diesel.
L’uso
dell’auto elettrica in Italia produrrebbe emissioni vicine alla media
europea, mentre in Germania sarebbero a 110 gr CO2/km.
Caso chiuso? No, naturalmente. Molti, commentando questi risultati hanno indicato come i ricercatori belgi abbiano usato dati molto favorevoli alle auto elettriche,
come i valori più bassi di uso dell’energia nella produzione delle
batterie, o percorrenze esagerate rispetto a quelle che riescono
veramente a fare le attuali auto elettriche con la loro scarsa
autonomia.
D’altra parte bisogna anche dire che lo studio belga non ha tenuto conto di altri fattori favorevoli all’auto elettrica,
come il fatto che con ogni probabilità la crescente produzione di
batterie in “giga factory” produrrà un effetto simile a quello già visto
per i pannelli solari: un crollo sia del loro costo che dell’energia
media, e quindi delle emissioni, usata per realizzarle.
Tanto
più se, come nel caso della gigafactory Tesla del Nevada, buona parte
dell’elettricità impiegata arriverà da fonte solare ed eolica.
Lo stesso si può dire per la CO2 connessa alla produzione di elettricità: il futuro porterà a quote sempre maggiori di rinnovabili e quindi minori emissioni legate all’uso del mezzo elettrico.
Ciò significa che i dati sulle emissioni delle auto elettriche saranno destinati a migliorare, quelli dei diesel, no: un’ottima ragione per iniziare da subito il cambiamento.
Altri usi delle batterie
Ma
c’è anche dell’altro: le batterie delle auto elettriche, quando vengono
scartate dai mezzi che le hanno usate, sono tutt’altro che finite.
Possono infatti servire ancora per molti anni ancora; ad esempio ad immagazzinare energia per la rete o per la ricarica delle auto
da fonti rinnovabili. Un modo per aumentare la penetrazione delle
rinnovabili nel sistema elettrico, evitando anche le emissioni per
l’acquisto di nuovi sistemi di accumulo.
C’è
anche chi ha ideato sistemi creativi per far sì che le batterie delle
auto elettriche possano cominciare a fornire questo tipo di servizio già
durante la vita dell’auto, se non addirittura prima che questa cominci a
girare per strada.
In Gran Bretagna il distributore di elettricità Ovo
ha proposto ai proprietari di auto elettriche un accordo allettante:
fateci usare le vostre batterie quando l’auto è ferma, e noi vi
regaliamo l’elettricità.
In pratica
Ovo installerà a casa di chi accetta l’accordo uno speciale
caricabatteria collegato ai suoi computer centrali; in cambio l’utente
potrà ricaricare l’auto gratuitamente, risparmiando, stimano, sulle 400
sterline l’anno.
Per evitare di
trovare l’auto scarica di mattina, il proprietario indicherà quanto è la
carica minima che vuole trovare nell’auto il giorno dopo, per
percorrere i chilometri a lui necessari.
Fra
quella soglia e la carica massima, Ovo userà la batteria dell’auto come
un sistema di storage per le sue esigenze, caricandola nei momenti di
basso prezzo del kWh sulla Borsa elettrica, e scaricando in rete quanto
accumulato quando il prezzo sale.
In media in Gran Bretagna questo “giochino” può far accumulare elettricità a 4 centesimi di sterlina al kWh, per poi rivenderla a 16 centesimi,
ma visto che i prezzi più bassi si hanno proprio quando le rinnovabili
sono al massimo della produzione, il guadagno economico diventa anche
ambientale, portando ad un uso più efficiente di solare ed eolico.
Si potrebbe pensare che le quantità accumulate
così siano in fondo briciole, ma in realtà se ogni auto elettrica nel
Regno Unito aderisse allo schema, mettendo a disposizione anche solo 10
kWh della propria carica, Ovo potrebbe già accumulare e rilasciare 1 GWh
di elettricità ogni giorno, per un guadagno quotidiano di circa 100mila
sterline.
L’idea di usare un sistema
di accumulo distribuito per la compravendita di energia al miglior
prezzo ha convinto così tanto la società britannica da realizzare con Nissan un sistema di accumulo domestico da 4.800 sterline
per i proprietari di fotovoltaico. I proprietari dell’impianto
potrebbero ricevere 350 sterline l’anno per farlo usare in remoto dalla
società Ovo per le sue esigenze di accumulo, così come con le batterie
delle auto elettriche.
Questa idea di
usare gli accumulatori delle auto elettriche come sistema diffuso di
accumulo dell’energia per la rete non è nuova. Ovo è solo la prima
azienda a metterla in pratica.
Del tutto originale è invece l’idea che è venuta alla casa automobilistica tedesca Daimler-Benz, che si trova ormai con magazzini pieni di batterie al litio per i suoi modelli elettrici.
Collaborando
con la società Stadtwerke Hannover AG, Daimler ha collegato insieme
1800 dei 3200 accumulatori elettrici per le Smart che ha in un magazzino
di Herrenhausen, così che la Stadwerke li usi per le sue offerte di bilanciamento e regolazione della frequenza sulla rete, condividendo poi con lei i profitti che ne derivano.
Il
primo lotto di batterie collegate offre una potenza da 5 MW, ma quando
il lavoro sarà completato, nel 2018, la Stadtwerke avrà a disposizione
17 MW di potenza di accumulo, senza spendere un soldo della notevole
somma di denaro che gli sarebbe costato per la costruzione di un
accumulatore di quella potenza.
Le
batterie usate nel compito di accumulo statico verranno via via montate
sui modelli Smart elettrici e sostituite da nuove batterie. Il
proprietario dell’auto che la installerà non ne avrà alcun svantaggio:
ogni singolo accumulatore usa nell’impiego statico solo una frazione
della sua capacità totale e solo per un tempo limitato, così che non
subisca un’usura tale da ridurne la vita utile.
Questi due esempi di usi “creativi” delle batterie per l’auto elettrica, mostrano come sia molto complicato oggi calcolare le reali emissioni di questa tecnologia così innovativa e flessibile, che certo ci riserverà molte sorprese, speriamo sempre positive, nel prossimo futuro.
fonte: www.qualenergia.it