La sperimentazione è quasi conclusa: Regione
Toscana, Legambiente e Unicoop Firenze chiedono a Governo e Parlamento
una legge nazionali che incentivi a non ributtare in acqua le plastiche
pescate
Sei i pescherecci coinvolti, con una media di sei chili al giorno
per ogni barca: finora i “pescatori spazzini” di Livorno coinvolti al
progetto Arcipelago pulito, lanciato la scorsa primavera,
hanno tirato su con le loro reti 16 quintali di rifiuti, issati
accidentalmente sulle proprie barche durante le battute di pesca. In
media, ogni giorno il 6% del pescato è rappresentato da spazzatura, o
meglio da rifiuti speciali.
Attualmente la normativa nazionale prevede che un pescatore che
raccoglie questi rifiuti con le reti ne diventa poi responsabile, e ne
debba dunque pagare lo smaltimento, se vuole riportarli a terra anziché
lasciarli a inquinare il mare: un’occasione mancata alla quale il
progetto Arcipelago pulito sta sopperendo, davanti alla coste livornesi,
grazie a un protocollo d’intesa siglato a marzo tra Regione Toscana,
ministero dell’Ambiente, Unicoop Firenze, Legambiente, Guarda costiera,
Autorità di sistema portuale del Mar Tirreno Settentrionale, la società
Labromare che gestisce la raccolta dei rifiuti nel porto, Revet che
ricicla quanto possibile (i primi dati parlano di un 20% dei rifiuti
pescati, il resto non può essere riciclato), la cooperativa Cft e i
pescatori appunto.
Se infatti i primi protagonisti del progetto sono i pescatori, che
hanno attrezzato le barche con appositi sacchi stivati a bordo dove
raccogliere i rifiuti issati con le reti, c’è Labromare che
periodicamente svuota i cassoni in porto, Cft che li trasporta e Revet
che li analizza e classifica per poi destinarli al riciclo o allo
smaltimento. La Guardia costiera vigila in mare sul corretto svolgimento
delle operazioni, Unicoop destina al progetto, come incentivo ai
pescatori, parte del ricavato del centesimo che soci e clienti pagano
per legge dall’inizio del 2018 per le buste in mater-b dell’ortofrutta
(ma racconta anche il progetto nei propri spazi, provando ad educare in
consumatori), mentre Legambiente offre il proprio contributo in termini
di esperienza scientifica e sensibilizzazione.
I risultati finora inanellati sono più che incoraggianti, ma adesso
la sperimentazione toscana di sei mesi sta per concludersi e serve una
legge nazionale: l’appello in particolare è rivolto al ministro Costa, che due mesi fa aveva annunciato la sua disponibilità a lavorare ad una norma in tal senso (e nel mentre la deputata LeU Rossella Muroni ha già depositato una proposta di legge in tal senso).
«L’esperimento che in questi mesi stiamo facendo ci dice che i
pescatori possono dare un contributo importante per pulire il mare –
spiega l’assessore alla Presidenza della Regione Toscana, Vittorio Bugli
– e come Regione siamo pronti a mettere a disposizione l’esperienza
fatta ed avanzare proposte normative. Fino al 20 agosto i pescatori di
Livorno coinvolti hanno raccolto 1.590 chilogrammi di rifiuti e poco
meno di un quarto delle plastiche raccolte sono risultate riciclabili:
se moltiplichiamo questo dato per tutti i pescherecci presenti in Italia
possiamo comprendere il contributo che allargare questo progetto
darebbe alla salvaguardia dell’ambiente e allo sviluppo di un’economia
collaborativa».
fonte: www.greenreport.it