La famiglia zero rifiuti ci spiega 5 regole utili per non avere più scuse















Jeremie e Benedicte, marito e moglie francesi, due figli, si consideravano una coppia attenta all’ecologia e al loro impatto sull’ambiente. Eppure nel 2014, si sono fatti una domanda: “Se siamo così attenti alla natura, facciamo il compost per il giardino, cerchiamo di comprare verdura a chilometro zero… da dove viene tutta la spazzatura che produciamo ogni settimana?”. Così è iniziata la loro avventura “Zero rifiuti (o quasi) raccontata prima nel loro blog e poi in un libro, tradotto in Italia da Edizioni Sonda lo scorso anno.
“Sacchetti, blister, coperchi, capsule, barattoli, vaschette… quando ci hanno rifilato tutta questa monnezza? E come possiamo farla uscire dalla nostra vita e dai nostri bilanci spesa? Perché una cosa è certa: l’abbiamo pagata”
Da qui parte l’avventura che la famiglia Pichon ha intrapreso per eliminare i rifiuti dalla propria vita nel modo più funzionale possibile, senza mirare alla perfezione bensì al miglioramento e all’acquisto critico, nonché all’autoproduzione.
Nel libro si trovano undici capitoli che trattano tutti i temi: dalla definizione dello zero waste, passando per la spesa, la cucina, i bambini, le feste, i cosmetici e i prodotti per pulire la casa, con molte ricette già testate. Il libro, completamente illustrato da Benedicte, non è scritto da una famiglia vegana (ma lo capiamo solamente per alcuni riferimenti al formaggio), ma il volume è corredato da una prefazione e da una postfazione a cura di Beatrice Di Cesare che declina alcuni aspetti dello zero rifiuti in chiave più marcatamente 100% vegetale.
Ecco 5 consigli che possiamo trarre dall’esperienza di Benedicte e Jeremie per poter iniziare anche noi il nostro percorso “Zero rifiuti”.
Il libro tratto dal blog della famiglia francese “Zero dechet” edito in italiano

1 – Zero rifiuti non è una moda o un “trastullo radical chic”

La prima considerazione è quella di base. Gli autori del libro ci mettono in guardia dagli “zero-scettici” ossia da chi vi dirà che “non è possibile” o che “gli piacerebbe molto ma non ha tempo”. Non è così. L’unica cosa vera è che dovrete ripensare le vostre abitudini e riorganizzarvi. In particolare:
  • Non si spende di più: l’imballaggio lo paghiamo (dal 15% al 40% a seconda dei prodotti). La spesa sfusa e tornare in cucina per evitare cibi pronti (che non solo fanno male nella maggior parte dei casi ma producono rifiuti con i loro pack) ci farà risparmiare. In particolar modo l’autoproduzione di detersivi per la casa e di alcuni cosmetici, ci permetterà di notare la differenza nelle nostre tasche.
  • Non è inutile: i rifiuti e il loro impatto arrivano anche da noi. Non possiamo delegare solo i “governi” ad agire. Soprattutto in ambito commerciale, siamo noi consumatori a decidere che cosa vogliamo e saranno le aziende ad adeguarsi. E’ sempre successo così.

2 – Zero rifiuti inizia con una prima regola aurea: rifiutare

Se vi capiterà di ascoltare un’altra guru dello zero waste, Bea Johnson, donna bellissima, mamma di due bambini e autrice del best seller “Zero rifiuti in casa“, capirete che non si tratta affatto di imparare a riciclare di più, bensì meno e su questo anche Jeremie e Benedicte sono d’accordo. Ecco perché la prima regola è imparare a dire “No, grazie” nelle occasioni in cui ci vengono offerti oggetti o soluzioni che non faranno altro che generare rifiuti inutili. Niente bigliettini da visita (ci sono tablet e cellulari apposta, oppure un taccuino con una matita…), niente gadget come penne, giochi, chiavette usb che finiranno nei cassetti in mezzo alle cianfrusaglie, niente sacchetti di plastica ma anche di carta nei negozi dopo aver comprato un oggetto o un ingrediente per cui non serve affatto un pack (portatevi la vostra borsa piuttosto), niente cannuccia nel cocktail, etc. Iniziare a dire “no” genera un effetto farfalla che eviterà di creare nuovi rifiuti e muoverà qualche pensiero in più.
Il libro, riccamente illustrato, racconta con tono leggero l’avventura della famiglia francese

3 – Altra regola importante: ridurre

Il mondo dello zero rifiuti è spesso intrecciato con l’approccio minimalista e con la scelta vegana. Si tratta di ambiti connessi poiché la maggior parte dei rifiuti la produciamo acquistando prodotti che in realtà non ci servono. Quante volte vi sarà capitato di andare a fare la spesa e comprare un pacco di pasta anche se ne avevate ancora; quanti di noi comprano vestiti, libri o tecnologia anche senza che ce ne sia effettivo bisogno? Per lavorare sul nostro impatto ambientale dobbiamo imparare a farci una domanda prima di comprare: “Mi serve davvero questa cosa?“. Evitiamo sempre gli acquisti compulsivi (soprattutto online) facendo passare magari uno o due giorni dal momento in cui vediamo un oggetto che ci sembra di desiderare, al momento in cui decideremo (forse) di comprarlo: spesso quel desiderio sarà già scomparso.

4 – Attenzione alla plastica che usiamo: si ricicla una volta sola

L’ecologia è spesso associata al tema del riciclo, ma la verità è un po’ diversa. “Dei rifiuti – scrivono i due autori nel libro – abbiamo fatto una risorsa, il riciclaggio è LA soluzione ambientale ma la verità è che ci sono dei limiti al riciclo. Attualmente solo il 20% dei nostri rifiuti viene riciclato e la plastica, in particolare, può essere riciclata solo una volta; quindi anche i prodotti creati con plastica riciclata sono destinati a bruciare o ad essere seppelliti”. Inoltre, scorrendo le pagine del volume, scopriamo che solo alcune materie plastiche sono riciclabili, per esempio le plastiche alimentari o il poliuretano non lo sono: “Alla fine ricicliamo solo alcune materie come bottiglie e flaconi: è il 20%”.

5 – Un primo passo importante è cercare di fare la spesa “sfusa”

Per il fresco (verdura e frutta) è decisamente facile: basta andare al mercato e portare con sé sacchetti in stoffa creati da noi (chiedendo la tara, prima di farci fare il prezzo), oppure quelli lavabili in materiale bio che si acquistano anche online. Anche al supermercato è possibile comprare sfuso utilizzando sacchetti biodegradabili.
Per il resto non sempre è facilissimo trovare i prodotti sfusi (almeno non tutti, pensiamo ad alimenti come tofu, tempeh, seitan o affettati vegetali) ma se dopo aver fatto una ricerca online sui negozi che praticano questo tipo di vendita, non ne trovate nella vostra zona, potete optare per acquisti tramite i GAS oppure online da rivenditori che possano fornirvi quantità importanti: più prodotto con un solo imballaggio, magari biodegradabile, (sarebbe il massimo!). Per altri prodotti la soluzione zero rifiuti è l’auto produzione e qui vi diciamo come fare seitan,tofu e mopur, ma con le ricette del nostro magazine potete cucinarvi un sacco di cose!
Anche se il libro va spesso riferimento alla realtà francese, si tratta di un volume interessante e utile per iniziare a leggere l’esperienza di chi ha già compiutamente iniziato a vivere senza rifiuti e sappiamo bene che l’esempio è la prima forma di attivismo valida.
Jérémie Pichon, Bénédicte Moret 
La famiglia zero rifiuti (o quasi)
fonte: https://www.vegolosi.it/