La morte che semina Monsanto

«L’abbassamento riflette la nostra previsione che i numeri del credito di Bayer saranno più deboli nei prossimi due anni per la forte crescita nel livello del debito (più di 30 miliardi di dollari) dopo il closing dell’acquisizione da 63 miliardi di dollari di Monsanto”, spiegava nel giugno scorso l’agenzia di rating Standard & Poors, (fonte Il Sole 24 ore). Trenta miliardi di dollari, almeno. Malgrado la cancellazione del marchio Monsanto al momento della fusione con Bayer, la causa del crollo finanziario – che ha poi condotto in novembre il colosso farmaceutico tedesco ad annunciare il taglio del 10% della sua forza lavoro – sono gli ormai più di 13 mila procedimenti legali legati all’utilizzo dell’erbicida assassino, il glifosato, in agricoltura. L’ultima sentenza condanna la multinazionale a pagare 2 miliardi di dollari. Ne arriveranno molte altre. La Bayer-Monsanto è accusata di aver provocato il cancro conoscendo i pericoli cui andavano incontro i consumatori dei suoi prodotti. Silvia Ribeiro ricostruisce il quadro della vicenda sulla base delle inchieste e delle prove emerse: dalla corruzione di scienziati e giornalisti alle protezioni “a prescindere” della Casa Bianca. Ma in Europa e in Italia per produrre quello che arriva sulle nostre tavole si continua a usare il glifosato? Sì, un decreto ministeriale del 2016 del governo italiano chiarisce che per ora il divieto per uso agricolo è limitato al terreni costituiti da sabbia e vale solo prima di trebbiare. Il resto è liberissimo di farci ammalare. Fino a quando?



Sono già più di 13 mila le cause legali iniziate contro la Monsanto (adesso proprietà della Bayer) per aver causato il cancro ai querelanti o ai loro familiari con l’utilizzo dell’erbicida glifosato, sapendo dei pericoli che implicava e senza informare dei rischi le persone esposte. Sono, per la maggioranza, persone che hanno utilizzato l’agrotossico sia nel loro lavoro agricolo, che nel giardinaggio o nei parchi. Nel 2015, l’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS) ha dichiarato che il glifosato è cancerogeno per gli animali e probabile cancerogeno sugli umani.

Il primo processo vinto da una vittima, nell’agosto del 2018, è stato quello di D. Lee Johnsson, un giardiniere che per due anni ha utilizzato il glifosato in una scuola, a seguito del quale ha contratto il crancro linfoma no-Hodgkin. Un giudice di San Francisco ha condannato la Monsanto-Bayer a pagare 289 milioni di dollari in prima istanza, ma dopo che Bayer è ricorsa in appello, sono stati concordati 78 milioni. In un altro processo, nel marzo 2019, è stato sentenziato che la Monsanto-Bayer deve pagare 80 milioni di dollari a Edwin Hardeman per essere responsabile della sua malattia. In Oakland, si sta per concludere un terzo processo simile, avviato dai coniugi Pilliod contro la Monsanto. Hanno 70 anni ed entrambi soffrono di cancro. Ci si aspetta che ci sia nuovamente una sentenza multimilionaria a favore delle vittime (La sentenza è poi arrivata: condanna al pagamento di 2 miliardi di dollari, ndt).

Nel frattempo, in Europa, la Monsanto ha perso per la terza volta, nell’aprile 2019, il processo avviato dall’agricoltore francese Paul François, che soffre di danni neurologici a seguito dell’utilizzo dell’erbicida Lasso, con un altro componente agro-tossico.

Bayer, che ha concluso l’acquisizione della Monsanto nel 2018, ha perso finora più di 30 miliardi di dollari per la diminuzione del valore delle sue azioni, a causa dell’impatto negativo delle sentenze nei processi sul glifosato. Il 26 aprile 2019, il 55 per cento degli azionisti di Bayer, ha votato contro le strategie del management, capeggiato da Werner Baumann, che ha difeso l’acquisto della Monsanto.

Il glifosato, creato dalla Monsanto nel 1974, è uno degli erbicidi più usati al mondo. Si vende con molte marche, Faena, Rival, RoundUp, Ranger e altre. Le quantità applicate sono aumentate in modo esponenziale con la diffusione delle coltivazioni transgeniche resistenti agli erbicidi.L’aumento del suo uso ha prodotto resistenza in più di 25 tipi di erbe infestanti, creando un circolo vizioso in cui si applica sempre più glifosato. Sono state trovate quantità elevate di residui di glifosato negli alimenti, nelle fonti di acqua e nei test di urina, sangue e latte materno in diversi paesi e continenti, fondamentalmente nei maggiori produttori di transgenici.

In tutti i casi dei processi menzionati, i giudici si sono espressi a favore delle vittime perché hanno scoperto che la Monsanto sapeva dei rischi e non lo ha spiegato nelle etichette né nella strategia di vendita dei prodotti. Il punto è centrale, poiché l’argomento della Monsanto è che le agenzie di regolamentazione, come l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente (EPA nel suo acronimo in inglese), definiscono il glifosato come un erbicida a basso rischio.

Tuttavia, nel corso dei processi, la Monsanto ha dovuto fornire dei documenti interni che provano che fin dall’inizio aveva propri studi che dimostravano il potenziale cancerogeno del glifosato e che malgrado ciò, per decenni si è dedicata a scrivere articoli che brillavano come se fossero scientifici, negando la tossicità del glifosato. Poi concordava con diversi autori, presunti scienziati, affinché li pubblicassero a loro nome senza menzionare la Monsanto.

Diversi di questi articoli sono stati elencati dall’EPA per determinare che il glifosato era quasi innocuo per la salute. L’organizzazione US Right To Know ha pubblicato sul suo sito dedicato ai processi contro la Monsanto, documenti declassificati fino al 2019, con prove e nomi di diversi autori e articoli falsificati.



In un recente articolo su The Guardian, Nathan Donley e Carey Gillam denunciano che la Monsanto non ha mai realizzato studi epidemiologici sull’uso del glifosato per vedere il suo potenziale cancerogeno ma ha invece destinato enormi somme di denaro (fino a 17 milioni di dollari in un anno) per fare campagne propagandistiche, pagare articoli di opinione di giornalisti di parte e agire come ghostwriter di articoli scientifici che affermano che il glifosato è innocuo o non comporta grandi rischi. Tutto questo è aumentato dopo la dichiarazione dell’OMS nel 2015.

Donley e Gillam rendono note anche le e-mail della Monsanto con il consulente di “strategia e intelligence politica” Hakluyt, nel luglio 2018, che rivelano che la Casa Bianca afferma che “proteggerà la Monsanto” in qualsiasi caso e, nonostante gli studi che dimostrano la tossicità, non voteranno nuove norme.

Le prove per cui si deve proibire il glifosato, sono schiaccianti. Diverse città statunitensi e alcune latinoamericane lo hanno già stabilito. Il problema non investe solamente questo agrotossico e non riguarda solo Monsanto-Bayer. Tutte le multinazionali dell’agrobusiness utilizzano strategie simili per vendere veleno a scapito della salute e dell’ambiente. Occorre avanzare nell’eliminazione di tutti gli agrotossici.

Articolo pubblicato su La Jornada con il titolo El veneno que nos legó Monsanto.

fonte: Comune-info.net