L’anno compreso tra aprile 2018 e aprile 2019 è stato tragico, per le api americane, perché ha fatto registrare la perdita di colonie più alta da quando è attivo il monitoraggio, attorno al 40%.
È allarme dopo la pubblicazione dei dati annuali elaborati dall’Università del Maryland insieme all’organizzazione no profit Bee Informed Partnership: il quadro è in preoccupante peggioramento, e non si capisce come fare per invertire la rotta.
È allarme dopo la pubblicazione dei dati annuali elaborati dall’Università del Maryland insieme all’organizzazione no profit Bee Informed Partnership: il quadro è in preoccupante peggioramento, e non si capisce come fare per invertire la rotta.
Le statistiche vengono elaborate ogni anno (da 13 anni) in base a quanto riferiscono oltre 4.700 apicoltori di tutti gli stati, che allevano poco meno di 320.000 colonie e che rappresentano circa il 12% del totale delle 2,69 milioni di colonie stimate in tutti gli Stati Uniti. Il giro d’affari legati all’impollinazione delle piante commerciali è stimato attorno ai 15 miliardi di dollari, e in mancanza delle impollinatrici il rischio, molto concreto, è che tutta l’industria alimentare tradizionale ne risenta.
Ma i dati sono impietosi. Secondo quanto riferito, nell’estate 2018 sono andate perse il 20,5% delle colonie di api, contro il 17,1% dell’estate precedente, mentre nello scorso inverno la perdita è stata del 37,7%, ben 8,9 punti percentuali al di sopra di quella dell’inverno 2017-2018. In totale, quindi, sono scomparse il 40,7% delle colonie, contro una media degli anni precedenti attorno al 37,7%.
Nonostante da anni si studi il fenomeno, le cause sono ancora poco chiare. I ricercatori dell’Università del Maryland citano la varroa, micidiale parassita un tempo tenuto sotto controllo da farmaci che ora sono inefficaci nel 90% dei casi, e altri parassiti di diverso tipo, forse non tutti noti. E poi la scomparsa dei pollini compositi dovuta all’agricoltura industriale, l’impiego di pesticidi e le variazioni climatiche alle quali le api sono sensibilissime. Per esempio, quando un inverno è troppo freddo il rischio di morte è molto elevato, ma quando è troppo mite la varroa e gli altri parassiti proliferano molto di più, così come altri fattori che hanno un effetto sinergico gli uni verso gli altri.
Nonostante da anni si studi il fenomeno, le cause sono ancora poco chiare. I ricercatori dell’Università del Maryland citano la varroa, micidiale parassita un tempo tenuto sotto controllo da farmaci che ora sono inefficaci nel 90% dei casi, e altri parassiti di diverso tipo, forse non tutti noti. E poi la scomparsa dei pollini compositi dovuta all’agricoltura industriale, l’impiego di pesticidi e le variazioni climatiche alle quali le api sono sensibilissime. Per esempio, quando un inverno è troppo freddo il rischio di morte è molto elevato, ma quando è troppo mite la varroa e gli altri parassiti proliferano molto di più, così come altri fattori che hanno un effetto sinergico gli uni verso gli altri.
In attesa che si giunga a elaborare soluzioni più efficaci di quelle attuali, concludono gli autori, l’unico provvedimento concreto è quello di attenersi scrupolosamente ai consigli contenuti nelle linee guida ufficiali di università, enti di ricerca e associazioni come appunto Bee Informed Partnership.
fonte: www.ilfattoalimentare.it