I bus elettrici sono ormai una realtà con dentro tanta Cina e un po’ d’Italia. Sulle strade dell’Impero di Mezzo, infatti, a fine 2018 circolava il 99% dei bus elettrici del mondo. Pechino ha iniziato nel 2009 a investire con generosi sussidi statali e locali e schemi di finanziamento, creando una filiera manifatturiera e dimostrando che la trazione elettrica può sostituire quella diesel (che spinge il 99% degli autobus).
I sussidi sono stati ridotti, ma secondo gli analisti della società di consulenza Navigant, a consuntivo le vendite 2019 di e-bus in Cina arriveranno a quota 163mila unità, con il resto del mondo fermo poco sopra le 4mila. A livello globale si parla di quasi 770mila bus elettrici su strada nel 2019, e per ogni tre diesel nuovi se ne compra uno a zero emissioni. Per gli analisti, nel 2019 gli e-bus in esercizio sono circa l’8% del totale su strada, ma si prevede che nel 2030 quasi un autobus su tre sarà elettrico. Da qui a 10 anni la Cina continuerà a dominare (74% delle vendite), ma la crescita maggiore avverrà altrove, Europa e Nord America in testa (14%), spinta da maturazione tecnologica e politiche ambientali.
Cosa comporta la diffusione di e-bus per la qualità dell’aria e il clima? Ogni mille e-bus in strada si evita ogni giorno il consumo di 500 barili di gasolio, calcola BloombergNEF, mentre mille auto elettriche fanno risparmiare solo 15 barili di greggio. Giù emissioni e costi del combustibile quindi, e per gli analisti l’alimentazione elettrica conviene anche in scenari di petrolio basso, sui 40 dollari/barile. Un e-bus naturalmente costa più di uno diesel; ma a fronte di maggiori costi in conto capitale e infrastrutturale, per le reti di ricarica sono dimezzati i costi della manutenzione, secondo stime del governo Usa e della Columbia University. Un costo totale di proprietà (Tco) più basso, quindi, anche se pesa quello delle batterie, che sottoposte a intensi cicli di ricarica si esauriscono prima (cicli più impattanti se ad alta potenza e veloci durante il servizio, meno se di notte in rimessa).
Fa ben sperare il loro costo decrescente, passato dai 1.000 dollari per kiloWattora del 2010 ai circa 200 dollari/kWh del 2019, con una previsione da 100 dollari/kWh verso il 2030. Shenzhen è la città leader globale per la diffusione di e-bus, oltre che la sede del gigante BYD, il principale produttore mondiale di mezzi elettrici. Poi c’è il Cile, con la capitale Santiago seconda solo alle città cinesi. Merito di Enel X, la divisione prodotti innovativi del gruppo elettrico pubblico: collaborando con BYD Chile e l’azienda cilena per il trasporto pubblico Metbus, a fine 2019 avrà in servizio oltre 400 bus elettrici ricaricabili in 9 elettro-terminal, maturando sul campo una solida e robusta esperienza e una competenza specifica. Per capire quanto Santiago del Cile sia avanti, basti pensare che nel 2019 a New York City c’erano solo 10 bus elettrici in servizio, con la Metropolitan Transit Authority che ha annunciato di volerne su strada altri 500 tra 2020 e 2024.
E in Italia? A Milano Atm da quest’anno non acquisterà più autobus diesel, e ha un piano che porterà al 2030 a una flotta bus interamente elettrica. Nei primi mesi del 2019 si è conclusa la fornitura di 25 e-bus, che diventeranno 200 entro il 2020; nel luglio scorso è stata assegnata una gara per ulteriori 250. A Torino circolano 50 e-bus Gtt di varie taglie, tra i quali venti BYD da 12 metri. La sindaca Chiara Appendino ha annunciato a breve «una gara per i bus elettrici. Il Comune non comprerà più diesel», ha detto. Intanto, sotto la Mole si testano anche i minibus elettrici a guida autonoma Olli 2, stampati in 3D. A Bologna Tper ha pubblicato un bando di gara per l’acquisto di due e-bus, con l’opzione di altri 18 per un totale di 20. Poi ci sono le sperimentazioni di Cremona, Genova, Ancona, i piani di Palermo, Messina, Padova e di tante altre città. E ci sono anche i 2,2 miliardi del ministero delle Infrastrutture e Trasporti destinati alle Regioni per l’acquisto di nuovi bus ecologici.
fonte: www.lastampa.it