"Oggi l'1% del pianeta è zona calda dove si può a malapena vivere. Entro il 2070 quella porzione potrebbe salire fino al 19%. Miliardi di persone chiamano casa tale territorio. Dove andranno?"
L'articolo inizia raccontando la storia di un contadino del Guatemala,
da cinque anni quasi non pioveva; poi piovve e Jorge seminò il mais, le
piante crebbero bene, ma ci fu un alluvione; Jorge con l'acqua che gli
arrivava al torace raccolse tutte le pannocchie che potevano ancora
mangiare. Alla fine in disperazione vendette la sua capanna con tetto di
latta dove viveva con la moglie e tre figli per ottenere nuovi semi; ma
dopo l'alluvione di nuovo smise di piovere e tutto seccò. Jorge capì che
per non morire di fame doveva lasciare il Guatemala.
Molti di quelle
zone stanno vivendo con l'incertezza sul come procurarsi il loro
prossimo pasto, molti bambini hanno cronicamente fame, la loro altezza è
bassa rispetto all'età ed hanno ossa deboli e pance rigonfie.
El Niño insieme al riscaldamento globale sta trasformando molte parti
semi- aride del Guatemala che presto somiglieranno più ad un deserto.
In
alcune parti del Guatemala prevedono che la pioggia diminuirà del 60% e
potrebbe diminuire fino al 83% la quantità di acqua che va nei torrenti
e tiene il suolo umido. I ricercatori prevedono che entro il 2070 le
rese di alcune coltivazioni di base potrebbero ridursi di un terzo nelle
zone dove abitava Jorge (Alta Verapaz).
Questi problemi non ci sono soltanto in Guatemala: centinaia di
milioni di persone provenienti dal Centro America, dal Sudan, dal Delta
del Mekong (Vietnam) man mano che le loro terre non danno più
sostentamento saranno costrette a scegliere tra fuggire o restare e
morire di fame: il risultato sarà la più GRANDE ONDATA MIGRATORIA che
ci sia mai stata. Partono spesso senza sapere dove andranno o che cosa
potranno fare là dove andranno a stare.
Nella parte successiva dell'articolo viene raccontato un articolo
scientifico in cui spiegano che la specie umana è sempre vissuta
all'interno di un intervallo molto ristretto di temperature, in luoghi
dove il clima sosteneva una abbondante produzione di cibo.
Con il
riscaldamento globale la banda (di temperature ottimali) si sta
improvvisamente spostando verso nord, di conseguenza, secondo l'articolo
scientifico il nostro pianeta potrà subire un aumento nelle temperature
più grande nei prossimo cinquant'anni di quello che c'è stato nei
seimila anni passati tutti insieme.
Entro il 2070 il tipo di zone
estremamente calde come quelle del Sahara che adesso sono meno dell'1%
delle superfici terrestri del pianeta potrebbero diventare quasi un
QUINTO delle superfici terrestri, di conseguenza potenzialmente una
persona ogni tre persone oggi viventi si verrebbero a trovare fuori
dalla nicchia climatica in cui la specie umana aveva prosperato per
millenni.
Molti resteranno a patire caldo estremo, fame e caos politico,
ma altri saranno obbligati a partire. Viene anche citato un altro studio
scientifico del 2017 secondo cui entro il 2100 le temperature potranno
aumentare fino al punto che in alcune luoghi, incluse parti dell'India
e della Cina est, uscire all'aperto per poche ore "porterebbe alla morte
anche le persone più in buona salute".
Le zone da cui sono iniziate le migrazioni a causa del clima sono Sudest
asiatico: da cui i migranti vanno verso MedioOriente, Europa, N.
America/mentre dalla zona subsahariana del Sahel africano i migranti
fluiscono verso le coste e le città.
L'articolo prosegue affermando che
se le migrazioni via dai climi troppo caldi dovessero raggiungere
l'ordine di grandezza che le attuali ricerche indicano come probabile si
andrebbe verso una vasta ri -mappatura delle popolazioni mondiali.
L'articolo prosegue a lungo, viene anche presentato il progetto di
creare un modello per capire meglio le forze e l'ordine di grandezza
delle migrazioni climatiche rispetto ad un'area più ampia, per
realizzare questo il New York Times Magazine e ProPubblica si sono uniti
con il Pulitzer Centre per creare per la prima volta un modello sul modo
in cui avverranno le migrazioni.
Hanno studiato l'America centrale
usando dati climatici e di sviluppo-economico per esaminare un ventaglio
di scenari, negli scenari climatici più estremi più di 30 milioni di
migranti andrebbero verso i confini USA nei prossimi 30 anni.
Il modello mostra che le risposte politiche sia al cambiamento
climatico, sia alle migrazioni possono portare a futuri enormemente diversi.
Nelle successive pagine esaminano oltre alle migrazioni conseguenti alle
siccità e alle coltivazioni che vengono perse anche le conseguenze
dell'aumento del livello dei mari.
Adesso si apprende che gli scienziati
del clima hanno sottostimato i futuri dislocamenti (di persone) dovuti
all'aumento del livello del mare di un fattore tre, il probabile conto
totale a livello globale potrebbe arrivare a 150 milioni di persone.
L'articolo prosegue per molte pagine ancora. All'interno dell'articolo
ci sono i link per accedere alle letture degli articoli scientifici citati.
https://www.nytimes.com/interactive/2020/07/23/magazine/climate-migration.html
Nadia Simonini
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