Riciclo degli imballaggi in plastica, Corte dei Conti Ue: “Bruxelles inverta la rotta o non si raggiungeranno gli obiettivi fissati per il 2030”

Nell'analisi appena pubblicata, l'istituzione ricorda che gli imballaggi costituiscono oltre il 60% dei rifiuti di plastica prodotti nell’Unione europea. Il tasso di riciclaggio oggi è al 42%, ma i nuovi metodi di calcolo più rigidi lo faranno calare al 30% contro un obiettivo del 55% da raggiungere entro dieci anni. A complicare il quadro c'è il fatto che dal 2021 la maggior parte delle spedizioni fuori dai confini Ue sarà vietata









Secondo la Corte dei Conti europea, l’Ue non raggiungerà gli obiettivi che si è posta per il riciclaggio degli imballaggi di plastica. Arrivare al 55% entro il 2030 sarà impossibile, a meno che i Paesi non incrementino i tassi di recupero. Perché i nuovi criteri di calcolo e un irrigidimento sull’esportazione dei rifiuti di plastica – che dal 2021 sarà vietata con la sola eccezione della plastica riciclabile e non contaminata – ridurranno per forza di cose il tasso di riciclaggio comunicato nell’Unione europea. Oltre ad aumentare il rischio di spedizioni illegali e reati legati ai rifiuti. Secondo la Corte, è necessaria “un’azione concertata” affinché si ottengano i risultati sperati in un periodo di 5-10 anni. “L’Ue deve invertire l’attuale situazione, nella quale le quantità incenerite sono maggiori di quelle riciclate” ha dichiarato Samo Jereb, membro della Corte dei conti europea responsabile dell’analisi. E questo senza considerare l’impatto del Covid, che ha riportato in auge i prodotti usa e getta.

I REQUISITI E LA RESPONSABILITA’ DEL PRODUTTORE – La Commissione sta programmando di modificare i requisiti essenziali a cui devono attenersi i produttori e che riguardano la fabbricazione e la composizione, nonché le procedure per il recupero di materia ed energia. Secondo uno studio svolto a febbraio 2020 per conto della Commissione Ue, infatti, al momento questi requisiti sono ritenuti “inapplicabili nella pratica”. E questo, osserva la Corte, potrebbe condurre a una migliore progettazione degli imballaggi a fini di riciclabilità, oltre che incentivare il riutilizzo. Tramite nuove norme, poi, l’Unione vuole armonizzare e potenziare i regimi di responsabilità estesa del produttore (EPR), in modo che essi promuovano la riciclabilità (ad esempio, mediante sistemi di modulazione degli oneri o persino sistemi di cauzione-rimborso) e non solo imballaggi più leggeri, come al momento prevede la maggior parte di questi regimi. Alcuni dei quali riguardano solamente gli imballaggi domestici, mentre altri comprendono anche gli imballaggi commerciali e industriali. Di fatto, finora, “una notevole carenza di dati, le difficoltà metodologiche di distinguere gli impatti dei regimi di responsabilità estesa del produttore da altri fattori e le sensibili differenze tra i sistemi utilizzati hanno impedito all’Ocse di valutare adeguatamente l’impatto di questi regimi”.

IL CALCOLO DEI TASSI DI RICICLAGGIO – “La modifica della direttiva sugli imballaggi e i rifiuti di imballaggio – spiega, inoltre, la Corte dei conti europea – ha introdotto criteri più rigidi per il calcolo dei tassi di riciclaggio. Le attuali cifre sono lungi dall’essere precise o confrontabili tra uno Stato membro e l’altro”. Quale effetto avrà questo? Il fatto che nuovi metodi di calcolo dovrebbero fornire un quadro più attendibile dell’effettiva percentuale di imballaggi di plastica che vengono riciclati fa ritenere ai magistrati contabili “che ciò potrebbe comportare una notevole diminuzione dei tassi di riciclaggio comunicati, che passerebbero dall’attuale 42% ad appena il 30%”. Non solo.

LO STOP AI RIFIUTI ALL’ESTERO – A breve dovrà essere applicata anche la recente Convenzione di Basilea, che fissa condizioni più rigide per l’invio di rifiuti di plastica all’estero. “Gli Stati membri dell’Ue – sottolinea la Corte dei Conti – fanno elevato ricorso a paesi non-Ue per gestire i propri rifiuti di imballaggio di plastica e raggiungere i rispettivi obiettivi di riciclaggio”. Di fatto, quasi un terzo del tasso di riciclaggio di imballaggi di plastica comunicato nell’Ue è ottenuto spedendo questi ultimi in paesi non-UE per farli riciclare. Gli esportatori devono dimostrare che i rifiuti sono trattati in condizioni simili a quelle vigenti nell’Ue. Gli Stati membri hanno sfruttato proprio questa opzione per spedire cospicue quantità di rifiuti di plastica in paesi d’oltremare e, in particolare, in Asia. Quando la Cina ha bloccato le importazioni, i Paesi di destinazione sono cambiati – hanno registrato un boom Thailandia, Taiwan e Indonesia – ma la prassi è rimasta. I rifiuti di imballaggio rappresentano una quota crescente delle esportazioni di rifiuti di plastica al di fuori dell’Ue: il 75 % nel 2017 rispetto al 43% nel 2012. A partire dal gennaio 2021, però, la maggior parte delle spedizioni di rifiuti di plastica sarà proibita. La Corte avverte che ciò, assieme alla carente capacità di trattare questo tipo di rifiuti nell’Ue non solo “costituisce un ulteriore rischio per il raggiungimento dei nuovi obiettivi”, ma rischia di far aumentare “le spedizioni illegali e i reati legati ai rifiuti, contro i quali il quadro dell’Ue è troppo debole”.

fonte: www.ilfattoquotidiano.it


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