Il simbolo della freccia verde che si avvolge a una freccia più chiara è molto comune sulle confezioni di prodotti alimentari e non solo. Quello che in molto non sanno è che il “punto verde” non indica che la confezione che si ha in mano è riciclabile, o fatta con materiale riciclato, ma indica soltanto l’adesione del produttore al sistema di contributi nei confronti dei consorzi di riciclo. Proprio per evitare questa confusione, la Francia ha deciso di abbandonare il punto verde. La legge sull’economia circolare del 10 febbraio 2020 prevede infatti che “i segni e le marcature che possono indurre confusione sulla norma di cernita o conferimento dei rifiuti dal prodotto sono colpiti da ‘una sanzione che non può essere inferiore all’importo del contributo finanziario richiesto per la gestione dei rifiuti ”. A partire dal 1 aprile, un produttore che si ostina ad apporre il punto verde vedrebbe raddoppiare il suo contributo all’eco-organizzazione. “Sufficientemente dissuasivo perché si possa sperare in una rapida scomparsa, anche se le scorte prodotte prima di questa data possono ancora essere vendute fino a ottobre 2022” scrive Que Choisir che combatte contro il punto verde da anni: “Questo pagamento è stato simboleggiato dal punto verde, ma non ha nulla a che fare con il fatto che l’imballaggio che lo reca è riciclabile. Non fornisce alcuna informazione utile al consumatore e quindi non ha motivo di apparire sui prodotti. Solo gli imperativi di marketing spiegano perché è sopravvissuto”.
Il punto verde non il solo problema: gran parte dell’etichettatura del riciclaggio della plastica è “confusa e incoerente”, secondo una valutazione globale del riciclo e della sostenibilità di etichettatura curata dal programma delle Nazioni Unite per l’ambiente e la rete Consumers International dello scorso maggio. Secondo il Programma ambientale delle Nazioni Unite, “È necessario fare molto di più” per passare a modelli di consumo e produzione sostenibili”Mappatura globale di standard, etichette e dichiarazioni
Secondo Helena Leurent, direttore generale di Consumers International, “Spesso i consumatori guardano gli imballaggi al fine di trovare informazioni su come smaltire correttamente il prodotto. Fornire informazioni chiare, accessibili e affidabili sulla sostenibilità degli imballaggi in plastica dei prodotti può aiutare a informare il consumatore e rendere la sostenibilità la scelta facile e contribuire a ridurre i rifiuti di plastica non necessari nell’ambiente”. Secondo i loro risultati, il 19% delle 31 etichette mondiali valutate ha ottenuto un punteggio negativo dagli esperti, il 19% era positivo e il resto ha ottenuto risultati contrastanti o neutri.
I giudizi sui loghi
Il logo “punto verde” crea confusione
L’etichetta “Punto verde”, che significa che per tale imballaggio, un contributo finanziario è stato versato a un’organizzazione nazionale competente per il recupero degli imballaggi, è stata negativamente ricevuta.
Biobased o biodegradabile?
Ci sono poi comuni confusioni sulle spiegazioni stampate sulle confezioni. L’affermazione “Realizzata in plastica riciclata”, continua FoodNavigator citando il rapporto, ad esempio, può essere confusa con l’affermazione “Riciclabile”. “Biobased” può essere erroneamente interpretato come “biodegradabile” dai consumatori e l’affermazione “compostabile e biodegradabile” è “potenzialmente insignificante”. Questo perché “solo una percentuale molto piccola” di persone ha accesso all’infrastruttura appropriata per compostare il materiale. “L’etichettatura sugli imballaggi in plastica, comprese le bevande e altri prodotti alimentari, non sempre fornisce informazioni chiare e fruibili per i consumatori”, ha dichiarato Helena Leurent, aggiungendo: “Insieme alla mancanza di coerenza tra marchi e paesi, ciò crea confusione in termini di sostenibilità, riciclabilità e altre caratteristiche del packaging.”
fonte: ilsalvagente.it/
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