INQUINAMENTO - Due cementerie sono state autorizzate a bruciare 100mila tonnellate l'anno di Css senza che fosse rilasciata la Valutazione di impatto ambientale e senza una valutazione degli effetti cumulativi dei due impianti sulla salute dei cittadini. Che avevano già scritto al presidente Mattarella
La battaglia di Gubbio, 31mila abitanti, in provincia di Perugia, è finita dritto sul tavolo del ministero della Transizione ecologica, presso cui è stato incardinato il ricorso straordinario al presidente della Repubblica presentato dagli ambientalisti. L’imminente combustione di 100mila tonnellate l’anno di Css (combustibile solido secondario), da parte delle due cementerie Colacem spa e Aldo Barbetti spa, è stata autorizzata senza che fosse rilasciata la Valutazione di impatto ambientale (Via) e senza una valutazione degli effetti cumulativi dei due impianti sulla salute dei cittadini. Il ricorso straordinario è stato presentato qualche giorno fa dai legali Paola Nuti e Valeria Passeri, per conto del Comitato per la tutela ambientale della Conca Eugubina. L’ok all’utilizzo di Css, ottenuti dalla componente secca dei rifiuti non pericolosi, per produrre cemento, è arrivato a fine anno dalla Regione Umbria con il rilascio dell’Autorizzazione integrata ambientale (Aia). Mentre è al vaglio la richiesta da parte del Comune del riesame in autotutela, gli attivisti si sono rivolti direttamente al presidente della Repubblica.
A seguito del ricorso, solo per quanto concerne la società Aldo Barbetti (non invece Colacem) è stata richiesta la trasposizione della controversia al Tar Umbria. Sarà il Tribunale amministrativo a dover valutare la legittimità delle autorizzazioni rilasciate in assenza della Via. La velocizzazione degli iter di cui si sono servite le società è stata possibile grazie al dl Semplificazioni. Si attende ora solo il rinnovo della convenzione con l’agenzia regionale Arpa Umbria per finalizzare l’impiego dei Css. Questi prodotti, un tempo considerati rifiuti, sono i derivati di carta, plastica e fibre tessili. Sono meno cari di carbone e petrolio e, in virtù dell’emergenza climatica, vengono preferiti ai combustibili fossili per un presunto minore impatto in termini di emissioni di CO2. Aspetto, quest’ultimo, ancora da accertare e fortemente discusso in ambito scientifico. L’Associazione medici per l’ambiente Isde, anzi, ha denunciato l’aumento con i Css di emissioni in atmosfera di metalli pesanti, ossido di azoto e composti organoclorurati “con ulteriori potenziali impatti negativi sulla salute degli esposti involontari che vivono e lavorano negli areali di ricaduta delle emissioni dagli impianti”.
Il passaggio non sarà comunque netto, al momento verranno utilizzati assieme al pet coke. Di modifiche del processo produttivo dei due impianti se ne sono susseguite numerose nel corso degli anni. Colacem è presente sul territorio dal 1966. Nel ricorso presentato al presidente della Repubblica, il Comitato per la tutela ambientale della conca Eugubina ha sottolineato come la verifica di assoggettabilità a Via sarebbe obbligatoria sulla base del Testo unico ambientale del 2006, trattandosi di “centrali termiche ed altri impianti di combustione con potenza termica pari o maggiore di 300 mw”. Il problema dell’inquinamento a Gubbio è noto da tempo. Infatti pur mancando un Registro tumori è stata la stessa Usl Umbria 1 in una nota di marzo 2021 e successive a porre l’attenzione sugli effetti cumulativi degli impianti: “Naturalmente – si legge – ogni ditta ha presentato la propria documentazione facendo riferimento esclusivamente al proprio impianto produttivo mostrando carenze più o meno accentuate soprattutto per ciò che concerne i possibili effetti, anche a lungo termine, sulla salute delle varie fasce di popolazione in termini di rischio incrementale (degenerativo anche neoplastico o mortalità) per ognuno degli inquinanti prevedibili”.
Inizialmente la Regione Umbria prevedeva la verifica di assoggettabilità a Via per le cementerie. Tuttavia con l’approvazione del dl Semplificazioni, le società si sono avvalse dell’articolo 35 per introdurre nel ciclo produttivo del cemento i Css e la Regione con la determinazione del 29 dicembre 2021 ha accolto la modifica considerata diversamente dal passato “non sostanziale”. Per i legali degli ambientalisti si tratterebbe di “violazione e falsa applicazione di legge; pretermissione della valutazione ambientale; travisamento e pretermissione dei presupposti di fatto e diritto e carenza assoluta di motivazione; violazione del principio di precauzione, dei principi di trasparenza e imparzialità; eccesso di potere per totale travisamento dei fatti e degli atti; difetto di istruttoria ambientale-sanitaria; sviamento di potere e malgoverno”. Sono queste le motivazioni addotte all’interno del ricorso straordinario. Viene anche citata la posizione di Arpa Umbria: “Non possiamo certo trascurare nella valutazione dello stato ambientale locale, in spregio ad ogni canone di trasparenza e imparzialità – scrivono – che Arpa Umbria, da bilanci preventivi, risulta percettrice di contributi non vincolati di 100mila euro per convenzioni con le cementerie Colacem-Barbetti per la gestione delle stazioni di monitoraggio in continuo della qualità dell’aria dell’ambiente esterno, convenzioni in sottoscrizione”.
Vengono poi riportati i dati dello studio, condotto dall’Università degli Studi di Palermo e dall’Università degli Studi di Firenze, pubblicato a febbraio col titolo “Biomonitoraggio delle contaminazioni atmosferiche della conca eugubina tramite analisi di elementi in tracce in matrici vegetali” da cui emergono evidenti criticità ambientali. “Lo studio della composizione del legno ha rilevato la presenza di elementi inquinanti nell’ultimo trentennio – si legge – evidenziando picchi di diversi elementi intorno all’anno 2012, pertanto indagini possono essere indirizzate a meglio definire eventi industriali particolari”. E ancora: “I dati dimostrano la disponibilità nell’area di studio di elementi potenzialmente tossici per l’ambiente e per l’uomo”.
ilfattoquotidiano
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