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La commissione Agricoltura stanzia milioni per i nuovi OGM

I Deputati della commissione Agricoltura esprimono un parere favorevole sullo stanziamento di 21 milioni per la ricerca nel campo dei nuovi OGM


















Nel silenzio generale, la commissione Agricoltura della Camera dei Deputati ha approvato il decreto del Ministero delle Politiche Agricole che stanzia 21 milioni di euro per un progetto di ricerca sui nuovi OGM. Dal resoconto delle attività in commissione traspare una sostanziale unità di intenti tra maggioranza e opposizione nel dare il via libera al provvedimento, che finanzia un programma sulle cosiddette “biotecnologie sostenibili” scritto dal CREA (Consiglio per la ricerca in agricoltura e l’analisi dell’economia agraria), principale Ente di ricerca italiano dedicato all’agroalimentare vigilato direttamente dal Ministero.
In realtà, non sono mancate le tensioni durante la fase di approvazione, slittata di un giorno proprio per screzi interni al Movimento 5 Stelle. Dichiaratamente contraria, a quanto si apprende, la senatrice Elena Fattori, vice presidente della omonima commissione al Senato. Favorevole invece sembra essere Filippo Gallinella che insieme a Loredana Lupo sembra rassicurato dalla maggioranza sulla sicurezza di questi nuovi e organismi di cui non si conosce effettivamente la natura.


L’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (EFSA), sostiene il Pd, ha dichiarato la sostanziale equiparabilità tra questi nuovi organismi, ottenuti con tecniche quali la cisgenesi e il genome editing, e gli incroci tradizionali, perché non verrebbe introdotto DNA estraneo nelle piante create in laboratorio. Tuttavia, non vi è la certezza di questa affermazione, perché l’Unione non ha ancora deciso se i potenziali effetti indesiderati nei nuovi metodi di manipolazione genetica (New Breeding Techniques – NBT) producano colture transgeniche a tutti gli effetti, oppure se legalmente queste possano aggirare la direttiva comunitaria che disciplina tali organismi.
Per conoscere il destino dei nuovi OGM, ottenuti con metodi sviluppati dopo l’entrata in vigore della direttiva, bisognerà aspettare una sentenza della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, investita dal Consiglio di Stato francese del ruolo di fare chiarezza.
Eppure, nonostante sia un paese fermamente contrario agli OGM, l’Italia sembra aver fatto una corsa in avanti, puntando milioni su un progetto che potrebbe saltare dopo il pronunciamento della Corte. Non esattamente quello che suggerisce il principio di precauzione.


fonte: www.rinnovabili.it

Il sonno della ragione e la tecnologia

La tecnologia che si propone di creare profitti a qualsiasi costo, non considerando i fattori di dubbio e complessità tipici della scienza, è fondata su una ragione lineare e univoca. I suoi sogni producono mostri, come le colture Ogm, molto redditizie per chi ne detiene i brevetti ma costose e nefaste per la salute e l’ambiente. I transgenici sono però già una tecnologia obsoleta. Negli ultimi anni, per eludere i regolamenti e la resistenza delle persone, l’industria è andata molto oltre nel campo della biologia sintetica, che consiste nella costruzione in laboratorio di sequenze genetiche sintetiche per ridisegnare sistemi biologici o sintetizzare genomi completi, vale a dire costruire organismi viventi, però di sintesi. Finanziano i colossi petroliferi, chimici, farmaceutici e dell’agrobusiness, insensibili agli impatti sugli ecosistemi, la salute e il lavoro di milioni contadini ma pronti, come sempre, a investire miliardi in propaganda, lobbying e corruzione. Come per gli Ogm, però, si potrebbe riuscire a invadere i mercati ma non a colonizzare la nostra mente. L’ostacolo è una critica collettiva verso la tecnoscienza dominante nel suo complesso
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Immagine tratta da Escaner Cultural

Si possono dare molte interpretazioni su quanto trasmette l’incisione di Goya “Il sonno della ragione genera mostri”, comprese alcune opposte tra di loro. Senza escludere altri significati, per me la frase è una buona allegoria della tecno-scienza dominante: i suoi sogni producono mostri e, fondata com’è sulla ragione lineare e univoca che la caratterizza, cerca di costruirli, molte volte riuscendoci, a dispetto dei loro impatti. Per quanto, in questo caso,  l’uso del termine “scienza” è troppo generoso.  Si tratta in realtà di tecnologie che possono essere molto sofisticate, ma che vengono sviluppate con un obiettivo prestabilito: la produzione di profitti per le grandi imprese che ne dispongono e che per tale scopo non considerano i fattori di dubbio e di complessità, vale a dire, negano i principi fondamentali di ogni scienza.
Un chiaro esempio di questa logica riduttiva sono le colture transgeniche. Con venti anni di presenza sul mercato, le statistiche ufficiali degli Stati Uniti, primo e principale produttore di transgenici nel mondo, dimostrano che queste sementi sono più care, che la produttività è minore rispetto agli ibridi che già esistevano, che c’è stato un brutale aumento nell’uso di pesticidi nella semina e dei loro residui negli alimenti, nelle acque e nella terra, con gravi ripercussioni sulla salute e sull’ambiente. Tutte le sementi transgeniche sono brevettate, per cui la contaminazione con questi geni è un delitto nei confronti delle vittime – e un affare per le imprese. La ricerca e lo sviluppo dell’inserimento di un gene transgenico (attraverso l’ingegneria genetica) costa in media 136 milioni di dollari statunitensi, mentre la produzione di una semente ibrida costa in media 1 milione di dollari.
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Immagine da Greenreport
Anche se ogni semente prodotta in laboratorio, si basa sulle varietà sviluppate dai contadini e dalle popolazioni indigene da migliaia di anni, questi processi industriali rimpiazzano, intaccano e contaminano le migliaia di varietà che contadine e contadini producono ogni anno, che sono  adatte  alle  migliaia di microclimi, situazioni geografiche, variazioni dovute al cambiamento climatico, esigenze e gusti locali e che continuano a circolare liberamente tra coloro che le hanno create e molti altri ancora e che costituiscono la base dell’alimentazione della maggioranza della popolazione mondiale.
Nel mondo, le imprese che controllano tutte le colture transgeniche coltivate commercialmente sono pochissime (Monsanto, Syngenta, DuPont-Pioneer, Dow, Bayer, Basf) e poiché sono in fase di fusione, saranno ancora meno. Sono le stesse che controllano più dei due terzi del mercato globale delle sementi ibride e degli agrotossici. Pertanto, sebbene i transgenici siano peggiori degli ibridi già esistenti, le multinazionali insistono nell’imporli poiché sono più costosi e generano maggiore dipendenza e più vendite di agrotossici.
Affinché  una tecnologia giunga sul mercato, non è necessario che sia buona e nemmeno che sia utile, basta semplicemente che quelli che la controllano detengano potere economico, politico e al bisogno, di corruzione. Tuttavia, malgrado le enormi quantità di denaro che l’industria biotecnologica ha speso in propaganda, marketing, lobbying o corruzione per fare leggi a suo favore, non ha ottenuto che la maggioranza delle persone la supporti e neppure che sia indifferente. In tutto il mondo, la maggioranza delle persone replicano che preferiscono non mangiare cibi transgenici. È un fatto molto importante: hanno invaso i mercati ma non sono riusciti a colonizzare la nostra mente.
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Immagine da ETC Group
I transgenici sono una tecnologia imprecisa e già obsoleta, anche se le imprese insistono nel coltivarli nei nostri paesi, con il fine di continuare a trarre profitto dai prodotti che già possiedono. Tuttavia, negli ultimi anni, l’industria biotecnologica e i laboratori da essa finanziati, hanno sviluppato altre tecnologie, che cercano di staccarsi pubblicamente dai transgenici, con il fine di eludere sia i regolamenti che la resistenza delle persone.
La maggioranza di queste nuove biotecnologie sono inglobate nel campo della biologia sintetica, che consiste nella costruzione in laboratorio di sequenze genetiche sintetiche per ridisegnare, “editare”,  sistemi biologici oppure sintetizzare genomi completi, vale a dire costruire organismi viventi, però di sintesi. Quest’ultima parte non è andata oltre a piccoli microorganismi, come i virus. Tuttavia, industriali pionieri come Craig Venter, hanno già costruito artificialmente tutto il genoma di un batterio ed esistono diversi progetti per assemblare sinteticamente organismi molto più complessi.
A differenza dei transgenici, dove all’inizio gli investimenti provenivano da piccole imprese, nell’industria della biologia sintetica sono entrati fin da subito i pezzi grossi: le più grandi imprese a livello mondiale del settore petrolifero, chimico, farmaceutico e dell’agrobusiness.  All’inizio la maggior parte dell’industria si è dedicata a cercare di modificare il metabolismo di microorganismi affinché, a partire dalla biomassa, producessero combustibili: sono riusciti a farlo in laboratorio,  ma è risultato difficile svilupparlo. Perciò, usando le stesse tecniche, si dedicano attualmente alla manipolazione del metabolismo di batteri e lieviti per sintetizzare composti  ad alto valore aggiunto, come principi farmaceutici, aromi, fragranze.
Tra gli altri, sono già stati prodotti o sono in fase di produzione, versioni di biologia sintetica di artemisia, vaniglia, zafferano, patchouli, vetiver, olio di cocco e di rosa, stevia, ginseng. L’industria li presenta come “naturali” perché sono prodotti in vasche per mezzo di microbi vivi modificati. Non si è indagato sugli impatti ambientali di  questi microbi transgenici 2.0, né su cosa succederebbe se, fuoriuscendo dai serbatoi, si riversassero negli ecosistemi e ancora molto meno si è indagato su quali impatti i prodotti derivati avranno sulla salute. Quello che si sa è che quasi tutte le sostanze botaniche che l’industria della biologia sintetica sostituisce o progetta di sostituire, sono attualmente il risultato del lavoro di milioni di contadine e contadini in diverse parti del mondo, per i quali questo attento lavoro di raccolta e coltivazione significa la loro unica fonte di reddito.
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Thailandia, opera naturale in campo di riso bio. Da Terranauta
Le imprese dell’agrobusiness e dei transgenici stanno avanzando  anche nell’utilizzo della biologia sintetica per manipolare altre piante e coltivazioni.  Ad esempio, esiste la tecnologia per creare erbe infestanti che siano più sensibili ai pesticidi, poiché uno dei limiti delle colture transgeniche è la comparsa, già molto diffusa,  delle “erbe super infestanti”, che sono resistenti ai loro agrotossici. In questo modo, potranno usarne ancora di più.
Allo stesso modo che con i transgenici, le imprese assicurano che la biologia sintetica è una panacea per risolvere i problemi di fame, salute e ambiente. Al contrario, è evidente che quello che vogliono con queste nuove tecnologie è  rinnovare i loro profitti, riciclando i loro transgenici obsoleti e cacciando le produzioni contadine.
La biologia sintetica procede molto rapidamente e praticamente senza alcun controllo, in agricoltura e anche in altri settori, con impatti economici, ambientali, di salute, potenzialmente molto gravi. La posizione del Gruppo ETC è lottare per una moratoria immediata sulla biologia sintetica, almeno per conoscere e discutere i suoi possibili  impatti. La questione è già in discussione  alla Convenzione della Diversità Biologica delle Nazioni Unite (che si riunirà in Messico a dicembre 2016), ma è solamente in seguito alle proteste delle persone, dei movimenti, delle comunità e delle organizzazioni, che prenderanno in considerazione questa richiesta.
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In sostanza,  oltre alla messa in discussione di questa nuova tecnologia, abbiamo bisogno di costruire una critica collettiva che non sia solo verso ciascuna tecnologia presa separatamente, ma che sia nei confronti della matrice tecno-scientifica dominante.

Silvia Ribeiro
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Pubblicato su Desinformemonos  con il titolo El sueño de la razón, los transgénicos y la biología sintética
Traduzione per Comune: Daniela Cavallo
fonte: http://comune-info.net