
Rimosse 103 tonnellate di plastica dall’isola di rifiuti galleggiante più grande dell’Oceano Pacifico. Il recupero record è stato realizzato dall’equipaggio della Kwai, mentre a organizzare la missione è stata l’organizzazione no-profit Ocean Voyages Insitute (OVI). Ci sono voluti 48 giorni per raccogliere tale quantitativo dalla Great Pacific Garbage Patch.
Il recupero è avvenuto all’interno del progetto Kaise, avviato nel 2009 allo scopo di tutelare l’ambiente marino. Una raccolta record quella effettuata dall’equipaggio della Kwai. Un lavoro che è però tutt’altro che terminato, come sottolinea il capitano Brad Ives:
C’è così tanta plastica lì fuori da raccogliere, c’è così tanto lavoro da fare che questo è solo l’inizio.

Tra la plastica raccolta anche rifiuti particolarmente tossici dal punto di vista dell’inquinamento ambientale. Il quantitativo recuperato è inoltre superiore a quanto previsto dai responsabili dell’organizzazione no-profit. A sottolinearlo è Mary Crowley, fondatrice e direttrice esecutiva di Ocean Voyages Institute:
Sono così orgogliosa del duro lavoro del nostro equipaggio. Abbiamo superato il nostro obiettivo di recupero fissato a 100 tonnellate di plastica tossica da consumo terrestre e reti ‘fantasma’ alla deriva. In questi tempi difficili, stiamo continuando ad sostenere il recupero della salute del nostro oceano, che influenza la nostra stessa salute e quella del Pianeta.
Plastica negli oceani, intatta dopo 20 anni

Fonte: Ocean Voyages Institute
Le attività di recupero sono state realizzate anche grazie a strumenti tecnologici come traccianti GPS satellitari o droni. La stessa Crowley ha sottolineato in particolare il problema delle reti da pesca alla deriva, che rappresentano un serio pericolo a lungo termine per tutto l’ecosistema marino:
Gli oceani non possono aspettare che queste reti e detriti si decompongano in microplastiche, il che danneggia l’abilità dell’oceano di stoccare anidride carbonica e intossica la fragile rete alimentare oceanica.
Fonte: Marine Link
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Gli oceani non possono aspettare che queste reti e detriti si decompongano in microplastiche, il che danneggia l’abilità dell’oceano di stoccare anidride carbonica e intossica la fragile rete alimentare oceanica.
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