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RAEE, tutte quelle apparecchiature elettriche ed elettroniche chiuse nei cassetti che potremmo avviare a riciclo



Secondo un sondaggio Ipsos per Erion, il 67% degli intervistati possiede oggetti come stampanti, monitor, microonde, tostapane, telefonini, chiusi nei cassetti o dimenticati nelle cantine. “È evidente che c’è ancora un lavoro di

La più grande indagine mondiale sui cambiamenti climatici

Il 64% delle persone ritiene che il cambiamento climatico sia un'emergenza globale











Sono disponibili i risultati del Peoples ’Climate Vote, la più grande indagine mondiale mai condotta sull'opinione pubblica sul cambiamento climatico. Coprendo 50 paesi con oltre la metà della popolazione mondiale, il sondaggio ha coinvolto oltre mezzo milione di persone di età inferiore ai 18 anni, una fascia di età chiave sul cambiamento climatico che in genere ancora non vota alle elezioni e quindi non incide sulle politiche dei governi.

I risultati dettagliati suddivisi per età, sesso e livello di istruzione saranno condivisi con i governi di tutto il mondo dal Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP), che ha organizzato il sondaggio innovativo con l'Università di Oxford. In molti paesi partecipanti, è la prima volta che vengono condotti sondaggi su larga scala dell'opinione pubblica sul tema del cambiamento climatico. Il 2021 è un anno fondamentale per gli impegni di azione per il clima dei paesi, con un ciclo di negoziati chiave che si terrà al vertice delle Nazioni Unite sul clima a novembre a Glasgow, nel Regno Unito.

Nel sondaggio, agli intervistati è stato chiesto se il cambiamento climatico fosse un'emergenza globale e se sostenessero diciotto politiche climatiche chiave in sei aree di azione: economia, energia, trasporti, cibo e agricoltura, natura e protezione delle persone.

I risultati mostrano che le persone spesso vogliono politiche climatiche di ampio respiro oltre lo stato attuale dei lavori. Ad esempio, in otto dei dieci paesi oggetto dell'indagine con le più alte emissioni del settore energetico, la maggioranza richiede più energie rinnovabili. In quattro dei cinque paesi con le maggiori emissioni dovute al cambiamento dell'uso del suolo, la maggioranza è favorevole alla conservazione delle foreste. Nove paesi su dieci con le popolazioni più urbanizzate hanno sostenuto un maggiore utilizzo di auto e autobus elettrici puliti o biciclette.



L'amministratore dell'UNDP Achim Steiner ha dichiarato: "I risultati del sondaggio illustrano chiaramente che l'azione urgente per il clima ha un ampio sostegno tra le persone di tutto il mondo, di nazionalità, età, sesso e livello di istruzione. Ma più di questo, il sondaggio rivela come le persone vogliono che i loro responsabili politici affrontino la crisi. Dall'agricoltura rispettosa del clima. alla protezione della natura e all'investimento in una ripresa verde, l'indagine porta la voce delle persone in prima linea nel dibattito sul clima. Indica i modi in cui i paesi possono andare avanti con sostegno pubblico mentre lavoriamo insieme per affrontare questa enorme sfida ".

L'innovativo sondaggio è stato distribuito attraverso le reti di gioco mobile al fine di includere un pubblico difficile da raggiungere nei sondaggi tradizionali, come i giovani sotto i 18 anni. Esperti di sondaggi presso l'Università di Oxford hanno ponderato l'enorme campione per renderlo rappresentativo dell'età, dei profili di genere e di formazione scolastica dei paesi presi in esame, con margini di errore ridotti del +/- 2%.

Le politiche hanno avuto un sostegno ad ampio raggio, con le più condivise la conservazione delle foreste (54% di sostegno pubblico), più energia solare, eolica e rinnovabile (53%), l'adozione di tecniche agricole rispettose del clima (52%) e l'investimento maggiore nella green economy (50%).

Il Prof.Stephen Fisher, Dipartimento di Sociologia, Università di Oxford, ha dichiarato: "Climate Vote ha fornito un tesoro di dati sull'opinione pubblica che non abbiamo mai visto prima. Il riconoscimento dell'emergenza climatica è molto più diffuso di quanto si pensasse. Abbiamo anche scoperto che la maggior parte delle persone desidera chiaramente una risposta politica forte e di ampia portata ".

Il sondaggio mostra un collegamento diretto tra il livello di istruzione di una persona e il suo desiderio di azione per il clima. C'è stato un riconoscimento molto alto dell'emergenza climatica tra coloro che avevano frequentato l'università in tutti i paesi, dai paesi a basso reddito come il Bhutan (82%) e la Repubblica Democratica del Congo (82%), ai paesi ricchi come la Francia ( 87%) e Giappone (82%).

Quando si parla di età, i giovani (sotto i 18 anni) sono più propensi a dire che il cambiamento climatico è un'emergenza rispetto alle persone anziane. Tuttavia, altri gruppi di età non hanno dato risultati molto diversi, con il 65% di quelli di età compresa tra 18 e 35 anni, il 66% di età compresa tra 36 e 59 anni e il 58% di quelli con più di 60 anni, a dimostrazione di quanto sia diventata diffusa questa visione.

fonte: www.arpat.toscana.it


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Moda, impatti ambientali e scelte dei consumatori

Sondaggio su un campione di quasi 8000 persone in 7 diversi paesi del mondo per comprendere cosa sanno i consumatori degli impatti ambientali dell'industria della moda e come le politiche ambientali dei brand influiscano sulle loro scelte di acquisto



















Come mette in evidenza il rapporto della Fondazione Ellen Macarthur "A new textiles economy: redesigning fashion's future"  il tessile e l’abbigliamento hanno visto raddoppiarsi, negli ultimi 15 anni, i loro volumi di produzione, il settore dell’abbigliamento muove 1.3 trilioni di dollari a livello mondiale, dando lavoro a più di 300 milioni di persone. Nonostante i molti benefits, questo comparto produttivo si muove ancora seguendo un modello di economia lineare. Le risorse non rinnovabili vengono estratte per produrre tessuti e poi vestiti, che spesso sono utilizzati solo per brevi periodi e destinati velocemente allo smaltimento in discarica o all’incenerimento. A questi si possono aggiungere altri impatti negativi sull'ambiente prodotti dal comparto tessile e abbigliamento, quali, ad esempio:
  • elevate emissioni di gas serra, stimabili in 1,2 miliardi di tonnellate annue
  • elevato utilizzo di sostanze nocive nella produzione di tessuti
  • rilascio di microfibre in plastica nell'ambiente, soprattutto in fase di lavaggio degli indumenti in polyester, nylon e acrilico
  • uso di grandi volumi di fertilizzanti e pesticidi per la coltivazione delle fibre naturali che impattano sul suolo e sulle acque.
Per questo, questo settore industriale, nel suo complesso, comincia a ripensare ai propri modelli, impegnandosi a rendere i propri processi produttivi più sostenibili dal punto di vista ambientale, come dimostra anche la recente sottoscrizione della Carta della moda sostenibile e a favore del clima da parte di importanti marchi.
Ma se l'industria di questo importante comparto industriale sta muovendo i primi passi verso un cambiamento, cosa pensano, invece, i consumatori? conoscono gli impatti ambientali prodotti dal comparto del tessile e abbigliamento? danno importanza e valorizzano l'impegno ambientalista dei brands della moda?
Sustainable Fashion Survey, curato da Ipsos Mori per conto di Changing Markets Foundation e Clean Clothes Campaign, indaga su quale sia la consapevolezza dei consumatori sulla relazione tra moda e inquinamento ambientale e come questa possa influenzare le scelte di consumo.
Il sondaggio è stato realizzato ad ottobre del 2018, coinvolgendo quasi 8000 persone (7.701) in 7 differenti paesi: Gran Bretagna, USA, Francia, Germania, Italia, Polonia e Spagna.
Nel sondaggio venivano proposte domande relative agli impatti ambientali ma anche sociali derivanti dall'industria della moda (T&A), dalle risposte fornite dagli intervistati emerge una certa attenzione per l'ambiente e per gli impatti che su di esso produce l'industria del tessile e della moda.
domanda n. 1 sondaggio
Il 79% degli intervistati, infatti, ritiene importante sapere se questo comparto industriale abbia adottato misure per ridurre l'inquinamento ambientale derivante dalla catena di produzione.
Sempre la stessa percentuale di intervistati considera altresì utile che i brands della moda forniscano informazioni ai consumatori sui loro impegni per tutelare l'ambiente. Su questo aspetto gli Italiani, insieme agli Spagnoli, si mostrano molto sensibili, in generale, le donne più degli uomini (82% vs 76%) attribuiscono importanza alla conoscenza degli impegni a favore dell'ambiente assunti dai brands.
domanda n.2 sondaggioIl 56% degli intervistati si mostra deciso nell'affermare che non comprerebbe da un brand che inquina, a questo proposito i più convinti risultano i consumatori francesi seguiti da quelli italiani e spagnoli.
Solo il 17% si ritiene informato sugli impatti ambientali e sociali prodotti dal mondo della moda, ma il 46% è consapevole che l'industria della produzione di tessuti ed abiti determini impatti ambientali; i più sicuri, a tale proposito, si mostrano gli Spagnoli e i Francesi.
domanda n. 3
Infine, è stato chiesto ai consumatori coinvolti nel sondaggio se avessero compiuto azioni ambientalmente sostenibili negli ultimi 12 mesi, come:
  • comprare vestiti prodotti con materiali sostenibili
  • acquistare scegliendo l'opzione più rispettosa dell'ambiente
  • cercare informazioni sulla politica ambientale di un brand di abbigliamento
  • firmare una petizione o fare qualche altra azione concreta volta a chiedere all'industria del tessile e della moda maggiore sostenibilità ambientale o sociale
  • scrivere o mandare una mail alle industrie tessili o di abbigliamento per chiedere quali fossero i loro impegni ambientali o sociali.
Il 38% degli intervistati ha dichiarato di avere realizzato almeno una di queste azioni, in particolare gli Italiani hanno affermato di avere optato per l'acquisto di abiti prodotti con materiali sostenibili.
fonte: http://www.arpat.toscana.it

Sondaggio USA, americani vogliono prodotti facili da riciclare

Il 66% degli americani concorda sul fatto che “se un prodotto non è facile / conveniente da riciclare, probabilmente non lo riciclerebbe”




















L’Institute of Scrap Recycling Industries (ISRI) e Harris Poll hanno condotto a settembre 2018 uno studio tra oltre 2.000 americani per capire come aziende produttrici e il governo possano svolgere un ruolo per aumentare i tassi di riciclo. Stando ai risultati del sondaggio, circa il 66% degli americani concorda sul fatto che “se un prodotto non è facile / conveniente da riciclare, probabilmente non lo riciclerebbe”.
“Capire cosa è riciclabile e cosa non lo è può essere fonte di confusione – spiega Robin Wiener, presidente dell’ISRI – Più è facile per le persone capire se un prodotto è riciclabile, più è probabile che si diriga verso il flusso di riciclaggio. Ciò include non solo la realizzazione di prodotti facili da riciclare attraverso la progettazione per il riciclaggio e l’etichettatura dei prodotti, ma rendendo il riciclo conveniente attraverso gli sforzi di raccolta”.
I risultati del sondaggio evidenziano come oltre l’80% dei cittadini statunitensi vorrebbero che produttori e distributori fornissero una “guida al riciclo” nell’etichetta dei prodotti, così come per la classe energetica degli elettrodomestici: poche informazioni che spieghino le parti e la percentuale di prodotto che potrebbe essere riciclato e, soprattutto, dove va conferito.
Inoltre, questo genere di informazioni potrebbe orientare le scelte di acquisto da parte di chi è più attento all’ambiente, oltre a incoraggiare il corretto smaltimento.
I giovani tra i 18 e i 34 anni si sono dimostrati quelli più attenti alla sostenibilità quando si tratta di effettuare un acquisto. Il 17% (gli over 34 sono l’11%) degli intervistati predilige packaging riciclabile e scarterebbe quello che non può essere recuperato. Un trend importante per i brand che hanno come obiettivo il potere d’acquisto dei millennial.
D’altra parte, il governo potrebbe intervenire dando la priorità ai materiali riciclabili. Secondo il sondaggio, circa quattro su cinque americani (80%) sono d’accordo sul fatto che i governi a tutti i livelli dovrebbero dare priorità all’utilizzo di prodotti materiali riciclabili quando prendono decisioni di acquisto.
“Promuovere il riciclaggio va ben oltre la responsabilità sociale delle imprese per i marchi”, aggiunge Wiener. “Questo sondaggio rivela chiaramente che l’indicazione della riciclabilità di un prodotto, nonché l’uso di imballaggi riciclabili, potrebbero avere un impatto positivo sul risultato economico di un marchio”.

fonte: www.rinnovabili.it

Sondaggio europeo: il riciclo non è un “mestiere” per giovani

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Secondo un sondaggio commissionato da Friends of Glass, che ha coinvolto 8.000 consumatori in 11 Paesi, i più giovani sono meno informati e consapevoli. Gli italiani sono secondi in Europa per il riciclo del vetro
Il riciclo non interessa ai più giovani?  È quanto sembra emergere da un sondaggio, commissionato da Friends of Glass, che ha coinvolto 8.000 consumatori in 11 Paesi europei. La ricerca evidenzia che oltre il 94% dei consumatori ricicla gli imballaggi utilizzati in casa e la maggior parte di loro considera il vetro l’imballaggio più riciclabile. Tuttavia, se i cittadini sono sempre più consapevoli dell'importanza di riciclare gli imballaggi di cibi e bevande, le generazioni più anziane risultano più informate e più impegnate rispetto a quelle più giovani, e questo è vero anche per gli italiani, anche se in maniera inferiore rispetto alla maggior parte degli europei. Gli italiani sono poi quelli che hanno imparato meglio le buone maniere ambientali: il 99% afferma infatti di riciclare gli imballaggi (fanno solo meglio svizzeri e austriaci) e sono secondi in Europa per quanto riguarda il riciclo del vetro: quasi il 91% sostiene di riciclarlo sempre. 

Le generazioni più anziane sono generalmente più consapevoli dell'importanza dei benefici, a livello ambientale, del riciclo degli imballaggi di cibo e bevande. Da questo punto di vista, il gap di consapevolezza tra generazioni è presente in tutti i paesi, prima di tutto in Spagna, dove la differenza tra le giovani generazioni e quelle più anziane, per questo specifico segmento, è del 27%. In Slovacchia, questo numero scende al 20%. Gli ultrasessantenni riciclano, sostanzialmente, tutti i loro imballaggi (comprese le bottiglie e vasetti di vetro) e, in generale, fanno meglio di coloro che hanno tra i 18 e i 29 anni. In alcuni paesi, come la Croazia (23%) o il Regno Unito (22%), il divario è molto più alto che in altri paesi, come la Repubblica Ceca (13%) o l’Italia (7%).
In Italia quando si parla di riciclo in generale non c’è una grande differenza tra giovani e anziani: i giovani (18-29 anni) affermano di riciclare il 98,2% degli imballaggi, poco di meno degli over 60 che ne riciclano il 98,6%. Il divario diventa maggiore quando si tratta del riciclo del vetro: 87,5% sono i giovani che sostengono di farlo, contro il 97,3% dei più anziani. Il gap aumenta poi vertiginosamente quando si passa dai comportamenti all’informazione: solo il 44,60% degli under 30 dice di sapere che il vetro si può riciclare un numero infinito di volte, contro il 63,80% degli over 60.
“Al giorno d'oggi, i giovani fanno una vita sempre più ricca di impegni - ha dichiarato Vitaliano Torno, Presidente di FEVE, parlando a nome della community di Friends of Glass - e sappiamo che i loro sforzi nell’ambito del riciclo possono avere un impatto positivo sul pianeta, di cui beneficeranno i loro figli. Come rappresentati dell’industria Europea degli Imballaggi di Vetro, siamo più che consapevoli che molto deve essere ancora fatto per informare meglio e coinvolgere di più la generazione più giovane. Da qui il nostro continuo investimento come Friends of Glass”.
Indagine sul vetro - La maggior parte dei Paesi coinvolti nell’indagine ha dichiarato che il vetro è l’imballaggio preferito per le sue caratteristiche di sostenibilità ambientale (solo Regno Unito, Croazia e Slovacchia hanno risposto in modo diverso): i paesi più amici del vetro, secondo il sondaggio, sono Austria e Germania, con più del 69% degli intervistati che lo considera ecologicamente sostenibile (in Italia il 59,9%). In 9 degli 11 Paesi presi in esame, i consumatori riciclano in media 6-20 contenitori in vetro in un mese. Alcuni Paesi, come la Slovacchia o la Repubblica Ceca, sono leggermente meno impegnati. In Svizzera il 93,1% di tutti gli intervistati ha dichiarato di riciclare sempre il vetro. Al secondo posto si classifica l’Italia, che sfiora il 91% (90,8%), al terzo l’Austria con l’89,9% degli intervistati che dichiara di riciclare sempre il vetro, seguita dalla Germania (88,7%) e dalla Francia (83,4%). Inoltre, la Francia - con il 74% -  e la Spagna - con il 77% - sono i Paesi con il più alto tasso di persone a conoscenza del fatto che il vetro può essere infinitamente riciclato in nuove bottiglie e vasetti (in Italia il 58,2%).
“I dati europei e soprattutto quelli italiani - ha detto Marco Ravasi, Presidente della sezione vetro cavo di Assovetro - dimostrano che il riciclo, e soprattutto il riciclo del vetro, è ormai entrato nel DNA dei consumatori. Il vetro è considerato uno dei materiali più sostenibili grazie alla sua vita infinita ed è un esempio virtuoso di economia circolare. Riciclare il vetro in modo corretto vuol dire risparmiare sulle materie prime vergini, sull’energia e sulle emissioni di CO2”.
Dallo studio di Friends of Glass si evince anche che le donne sono meno consapevoli delle caratteristiche di sostenibilità del vetro rispetto agli uomini, soprattutto nel Regno Unito, in Germania e nella Repubblica Ceca. Inoltre, in generale, gli uomini utilizzano più imballaggi di vetro rispetto alle donne. In Slovacchia e Croazia vi è una consapevolezza più bassa dei benefici del riciclo del vetro sia tra gli uomini che tra le donne. In Svizzera, uomini e donne riciclano ad un tasso superiore al 90% ed in Italia sono più le donne a riciclare il vetro, 91,5%, contro l’89,9% degli uomini.
Il sondaggio Omnibus è stato condotto in collaborazione con l'Istituto di Ricerca Respondi e ha utilizzato un campione di 1.000 unità per Regno Unito, Francia, Germania, Italia, Spagna. Per Austria Svizzera, Polonia, Croazia, Repubblica Ceca, Slovacchia il campione utilizzato è stato di 500 unità. Oggi in Europa il 73% delle bottiglie e dei barattoli di vetro sono raccolti ai fini del riciclo. Circa il 90% di questi contenitori in vetro vengono continuamente riciclati in nuove bottiglie e nuovi barattoli. 1 kg di vetro riciclato sostituisce 1,2 kg di materie prime vergini e riduce le emissioni di CO2 del 67%. Per ogni 10% di vetro riciclato introdotto nella fornace si ha un risparmio energetico del 3%.

fonte: http://www.e-gazette.it/