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Emissioni in atmosfera, Ispra: ecco quali sono le fonti inquinanti e climalteranti in Italia

«Tutti i settori saranno chiamati nei prossimi 30 anni a fornire un contributo estremamente rilevante che va ben oltre quanto previsto dal Piano nazionale energia e clima, con impatti significativi sulla vita di tutti i cittadini, a cominciare dalle modalità di trasporto»



Negli ultimi trent’anni, le emissioni in atmosfera dovute alle attività antropiche italiane sono diminuite in modo significativo, sia sotto il profilo degli inquinanti che dei gas climalteranti. Ma c’è poco da festeggiare, perché nel trentennio appena iniziato dovremmo fare molto, molto di più.

A metterlo chiaramente in evidenza sono due rapporti presentati dall’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (Ispra), l’Italian greenhouse gas inventory 1990-2019 e l’Italian emission inventory 1990-2019.

Dal primo report emerge che le emissioni di gas serra nazionali nel 2019 erano più basse del 19,4% rispetto a quelle del 1990 (e del 2,4% rispetto al 2018), passando da 519 a 418 milioni di tonnellate di CO2eq. Potrebbe sembrare una buona performance, non fosse che tra altri trent’anni le emissioni nette – ovvero tenendo conto del naturale assorbimento di CO2 da parte degli ecosistemi – dovranno scendere a zero: è quanto impone la sfida alla crisi climatica, cristallizzata nel Green deal europeo e dunque nella Strategia italiana al 2050.

Per raggiungere la neutralità emissiva «tutti i settori saranno chiamati nei prossimi 30 anni a fornire un contributo estremamente rilevante che – sottolinea l’Ispra – va ben oltre quanto previsto dal Piano nazionale energia e clima, con impatti significativi sulla vita di tutti i cittadini, a cominciare dalle modalità di trasporto».

Ad oggi i trasporti presentano infatti emissioni climalteranti addirittura in aumento (+3,2%) rispetto al 1990, ma più in generale è a tutto il comparto energetico che saranno richiesti gli sforzi maggiori: questo macrosettore – che spazia dalla produzione di energia ai trasporti al riscaldamento – da solo vale l’80,5% delle emissioni nazionali (in calo del 20,9% rispetto al 1990), seguito da processi industriali (8,1%, in calo del 16%), agricoltura e allevamenti (7,1%, -17,3%) e gestione rifiuti (4,3%, in crescita del 5,1% soprattutto a causa delle discariche).

Anche per quanto riguarda le emissioni inquinanti in atmosfera, apparentemente l’Italia sembra aver conseguito risultati eccezionali: «In sintesi – riassume Ispra – nel periodo 1990-2019 le emissioni mostrano un trend di decrescita per la maggior parte degli inquinanti descritti. Le riduzioni sono particolarmente rilevanti per gli inquinanti principali (SOX -94%; NOX -71%; CO -70%; NMVOC -55%) e il piombo (-95%)» ma anche per l’esaclorobenzene (-93%), mentre nello stesso periodo la diminuzione per il PM2,5 è del 39% e per il PM10 del 41%.

Il problema è che, secondo le ultime stime dell’Agenzia europea dell’ambiente, tre soli inquinanti (PM2,5, NO2 e O3) sono ancora responsabili rispettivamente di 52.300, 10.400 e 3.000 vittime nel nostro Paese, ogni anno. Tanto che l’Ue nel novembre scorso ha avviato una procedura d’infrazione. Senza contare che nei giorni scorsi l’Europarlamento ha anche chiesto ulteriori migliorie per le direttive Ue sulla qualità dell’aria, una risoluzione passata senza i voti della destra italiana.

Anche sul fronte delle emissioni inquinanti è al settore energetico che dovranno essere chiesti gli sforzi maggiori, il che significa in primis climatizzazione degli edifici e modalità di trasporto più sostenibili. Entrambi temi che riguardano in prima persona i cittadini. Come documenta l’Ispra, il settore energetico resta infatti la principale fonte di emissioni inquinanti in atmosfera, assommandone oltre l’80% in media. Ad esempio: SOX 88%; NOX 91%; CO 94%; PM2.5 88%; BC 94%; PAH 84%. All’interno di questo contesto, sottolinea l’Ispra, al trasporto su strada vanno grandi responsabilità: NOX 40.3%, BC 30.1%, CO 18.7%, NMVOC 11.4%, Cd 9.1%, PM10 11.6%, PM2.5 10.1%.

Altrettanti sforzi dovranno essere messi in campo nel settore della climatizzazione degli edifici, come mostra oggi in dettaglio il report di Legambiente e Kyoto club, ma anche altri comparti sui quali generalmente la pubblica attenzione è molto bassa dovranno essere in realtà al centro della transizione ecologica.

Il caso più eclatante è forse quello di agricoltura e allevamenti, eccellenze nazionali responsabili ad esempio del 94% delle emissioni di ammoniaca, un importante precursore dell’inquinamento da particolato atmosferico.

fonte: www.greenreport.it


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Le politiche di decarbonizzazione post COP21 per l’Italia: un’analisi ENEA

ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha analizzato le politiche di decarbonizzazione in Italia al 2050, contribuendo così al progetto europeo COP21 RIPPLES a cui partecipano 18 istituzioni di ricerca di dieci Paesi europei e non















ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, sta contribuendo al progetto europeo COP21 RIPPLES, finanziato con circa 3 milioni di euro dal programma UE Horizon2020 e coordinato dall’Institut pour le Developpement DurableI contributi ENEA sono relativi all’analisi di scenari di decarbonizzazione al 2050 e della competitività industriale dell’Italia per la produzione e l’esportazione di alcune tra le principali tecnologie energetiche low-carbon, come veicoli elettrici e pannelli fotovoltaici. 
Il progetto, a cui partecipano 18 istituzioni di ricerca di dieci Paesi europei e non, ha preso in esame le politiche di decarbonizzazione post-COP21, nazionali e globali. Gli aspetti analizzati sono stati, in particolare, lo sviluppo di tecnologie di innovazione industriale e i flussi finanziari fondamentali per accelerare i processi di decarbonizzazione, verso uno sviluppo sostenibile e in ottica di equità sociale. L’analisi indica come, per gli scenari di contenimento delle temperature al di sotto dei 2°C, tutti i paesi dell’UE dovrebbero perseguire strategie più ambiziose, abbandonando completamente entro il 2050 le fonti fossili, e utilizzando le energie rinnovabili per più della metà della domanda di elettricità quantomeno per Germania, Italia e Spagna. Diversamente in Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca è programmato un aumento dell’utilizzo di energia nucleare da fissione, che altri Paesi, come la Francia, hanno deciso di ridurre o addirittura abbandonare entro il 2025. 
Per quanto concerne invece le politiche di decarbonizzazione dei trasporti, ossia l’abbattimento previsto, in uno scenario sotto i 2°C, delle emissioni di CO2 dell’85% rispetto ai livelli del 2014 entro il 2050, il COP21 RIPPLES indica come necessario un ricorso sempre maggiore all’elettrificazione e alle batterie di nuova generazione (come le litio-ione). In questo contesto l’Italia è “attualmente specializzata nell’export di alcune tecnologie low-carbon come il solare termico e l’idroelettrico, ma è quasi completamente assente nel settore del fotovoltaico, nei biocarburanti e nel nucleare”, come ha sottolineato Maria Rosa Virdis,ricercatrice ENEA della Divisione Modelli e Tecnologie per la riduzione degli impatti antropici. “Il nostro paese potrebbe ancora giocare un ruolo in nuovi settori come quello della mobilità elettrica, grazie ai recenti piani di elettrificazione con vetture ibride, plug-in hybrid e full electric di un campione nazionale dell’industria automobilistica”. 
Per quanto riguarda nello specifico lo sviluppo di tecnologie per la mobilità elettrica, l’Italia è però un importatore netto e rischia quindi di restare tale anche in uno scenario di rapido sviluppo del settore. Infatti “persiste una sostanziale mancanza di preparazione del sistema industriale italiano a far fronte a questi cambiamenti del mercato”, sottolinea la Virdis. Ma, “per fortuna, si iniziano a registrare cambiamenti di rotta sia a livello di politica industriale che da parte delle grandi imprese”. Per elettrificare almeno la metà della domanda totale di energia per i trasporti in Italia, sarà necessaria una modifica sostanziale negli investimenti e nelle azioni concrete del governo. 
In ogni caso va ricordato che “a livello europeo, non siamo ancora in linea con gli impegni assunti nell’ambito degli accordi di Parigi per la mitigazione del cambiamento climatico”, ha continuato la Virdis. Infatti attualmente la sfida è iniziare a comprendere seriamente “la natura del gap fra impegni presi e obiettivi nazionali a medio-lungo termine e approfondire il dibattito sulle politiche di attuazione a tutti i livelli”. In vista del vertice SolarPower 2020, che si terrà a Bruxelles il 25 marzo, diviene ancora più necessario individuare quali strategie mettere in campo.
Il Green Deal proposto dal Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen rappresenta “un’opportunità per sviluppare una risposta adeguata e concreta agli obiettivi fissati dalla COP21. Per riuscire a rispettare gli accordi di Parigi, quindi, sarà necessario, fin da subito, seguire quelle linee guida indicate dal progetto COP21 RIPPLES, come, per esempio, la promozione di un sistema finanziario Green, il rafforzamento delle politiche di decarbonizzazione al 2030e, in ultima analisi, una revisione della politica industriale partendo proprio da settori fondamentali come quelli legati alla siderurgia e al settore automobilistico.
fonte: www.rinnovabili.it

L’Europa vuole un “impatto climatico zero” nel 2050

Presentata la strategia per azzerare o quasi le emissioni inquinanti entro metà secolo.


















Sviluppare un’economia europea “a impatto climatico zero” è l’ambizioso traguardo della strategia 2050 appena presentata dalla Commissione Ue.
Il documento è stato preceduto, in queste settimane, dalle richieste di alcuni Stati membri e poi di alcune multinazionali che hanno sollecitato Bruxelles a includere almeno uno scenario per l’azzeramento totale delle emissioni inquinanti nei prossimi decenni.
Non sarà facile: l’Europa al momento non è ancora in linea per centrare i nuovi obiettivi su rinnovabili, emissioni ed efficienza energetica al 2030, come evidenziano le ultime proiezioni dell’agenzia europea per l’ambiente.
Così la strategia, spiega una nota della Commissione (testi allegati in basso) comprende diversi possibili percorsi compatibili con gli obiettivi fissati dagli accordi di Parigi nel 2015: limitare l’aumento medio delle temperature “ben sotto” 2 gradi centigradi entro la fine di questo secolo (vedi anche QualEnergia.it con il rapporto pubblicato oggi dall’Unep).
Scenari che, ci tiene a precisare Bruxelles, non sono previsioni sul futuro ma evidenziano quello che potrebbe succedere – “what if-scenarios” – con determinate combinazioni di politiche per l’energia, l’ambiente e il clima.
Al centro della strategia c’è la riduzione delle emissioni di gas-serra: si va dal -80% nel 2050 in confronto ai livelli registrati nel 1990, a quel bilancio netto pari a zero (net zero emissions) che prevede di rimuovere dall’atmosfera una certa quantità di anidride carbonica, in modo da compensare l’inquinamento residuo delle attività umane.
In particolare, i diversi scenari convergono su un punto: la maggior parte dell’elettricità in Europa nel 2050 dovrà essere prodotta con fonti rinnovabili (nel memo si parla dell’80%), con uno sforzo enorme per trasformare l’attuale mix energetico ancora ampiamente costituito da combustibili fossili.
L’elettrificazione giocherà un ruolo fondamentale nei trasporti, negli edifici (soprattutto per la climatizzazione estiva/invernale) e nei processi industriali.
Quasi tutte le nostre case, chiarisce la Commissione nel suo memo, dovranno utilizzare energia rinnovabile per il riscaldamento, tra cui anche biogas e idrogeno o metano prodotti con elettricità “verde” (vedi anche QualEnergia.it).
E ora arriva la parte forse più difficile: aprire il dibattito istituzionale, coinvolgendo il Consiglio – proprio il Consiglio, lo scorso marzo, aveva invitato la Commissione a definire un piano climatico con orizzonte al 2050 – e il Parlamento, per passare dalla visione complessiva a misure concrete, lungimiranti, realizzabili dai vari Stati membri.
Vedremo già nelle prossime settimane quali saranno le reazioni dei diversi paesi, partendo dal vertice Onu sul clima che inaugurerà lunedì prossimo, 3 dicembre.
fonte: www.qualenergia.it