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Eolico offshore, nuove piattaforme low cost in plastica e cemento



La nuova piattaforma galleggiante in cemento-plastica potrà garantire un Levelized cost of energy inferiore a quello delle attuali centrali eoliche offshore.

Si tratta di una

Recupero di imballaggi multistrato

Il progetto di ricerca europeo Merlin punta a migliorare qualità e resa nel recupero di packaging difficili da riciclare per via meccanica.









Il centro di ricerca spagnolo Itene (Instituto Tecnológico del Embalaje, Transporte y Logística) coordina il progetto di ricerca Merlin (“Increasing the quality and rate of MultilayER packaging recycLINg waste”), finanziato dalla UE attraverso il programma Horizon 2020 con 4,9 milioni di euro, che vede impegnati 14 partner europei con l'obiettivo di agevolare il riciclo di imballaggi multistrato, migliorandone qualità e resa.

Della durata di 36 mesi, Merlin si propone di lavorare sia a livello di selezione dei rifiuti, sviluppando sensori ottici, intelligenza artificiale e robotica, sia di riciclo vero e proprio, attraverso delaminazione mediante solvente e depolimerizzazione, fino ad arrivare alla polimerizzazione e upcycling del materiale rigenerato e alla validazione del processo in condizioni reali.

Il progetto di ricerca contribuirà alla strategia europea per la plastica, alla Circular Plastics Alliance, al Green Deal dell'UE e al raggiungimento degli obiettivi di sviluppo sostenibile.

fonte: www.polimerica.it


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Innovazione e sostenibilità nel settore del packaging alimentare

I risultati parziali del progetto europeo MyPack



MyPack “Best markets for the exploitation of innovative sustainable food packaging solutions” è un progetto quadriennale iniziato il 1 novembre 2017 e finanziato dal programma Horizon 2020 (Grant Agreement Number 774265). In virtù delle difficoltà causate dalla pandemia in corso, il progetto ha beneficiato di una proroga della scadenza, e si concluderà dopo l’estate.

L’obiettivo di MyPack è quello di sostenere l’introduzione sul mercato di imballaggi innovativi al fine di ridurre sia i rifiuti alimentari e di imballaggio che la loro influenza negativa sull’ambiente. Nei 27 paesi europei, ogni anno vengono prodotti 89 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, il che significa che gli europei buttano via il 20% del cibo che acquistano. Al progetto prende parte un partenariato composto da Istituzioni accademiche, scientifiche e partners industriali, comprese piccole e medie imprese, da 5 Paesi Europei (Francia, Germania, Italia, Grecia, e Paesi Bassi), più la Svizzera.

Le tecnologie MyPack intendono sviluppare, e sfruttare a livello industriale, applicazioni commerciali di imballaggi compostabili/biodegradabili, imballaggi da risorse rinnovabili come PLA e PEF, tecnologie di imballaggio attivo e intelligente.

L’obiettivo conclusivo delle tecnologie MyPack è quello di estendere la qualità dei prodotti alimentari, migliorando così la sicurezza alimentare, oltre a ridurre i rifiuti alimentari e l’impronta ambientale del materiale da imballaggio. Il progetto MyPack sta sviluppando alcune linee guida generali per selezionare il miglior mercato per le tecnologie innovative messe a punto nel settore del packaging e per garantire uno sviluppo commerciale, attraverso (a) una migliore efficienza ambientale (impatto diretto degli imballaggi, impatto degli scarti alimentari, riciclaggio ottimizzato mediante compostaggio dei materiali di confezionamento, salute dei consumatori), (b) migliore accettabilità da parte dei consumatori, e (c) fattibilità industriale. Una prima linea guida generale è già stata realizzata, e, dopo un’attenta revisione da parte del consorzio dei partner, è stata pubblicata sul portale del progetto, nella sezione “Deliverables”.

Tra le 7 tecnologie individuate nel progetto, la TEC4 (Microtechnologic insertion conferring breathing properties) ha finora presentato le migliori prospettive di sviluppo commerciale. La tecnologia proposta, partendo dal know-how per lo sviluppo di un brevetto per un dispositivo in grado di controllare gli scambi gassosi tra l’interno e l’esterno di una confezione per prodotti alimentari solidi o liquidi (BlowDevice), mira allo sviluppo di un innovativo film traspirante dotato di una particolare microtecnologia.

L’obiettivo finale è quello di controllare/adattare l’atmosfera gassosa all’interno della confezione regolando gli scambi gassosi nel tempo, in funzione delle caratteristiche del prodotto confezionato, sfruttando le variazioni di pressione prodotte dall’impianto di refrigerazione utilizzato per la frigoconservazione.

Le attività di ricerca e sviluppo, effettuate nel laboratorio “MacLab1” dell’Università degli Studi della Basilicata, hanno quindi consentito la caratterizzazione del comportamento del dispositivo innovativo in differenti applicazioni su prodotti ortofrutticoli (insalate pronte per il consumo, rucola, fragole, ciliegie, uva da tavola). Le prossime fasi del progetto prevedono il trasferimento tecnologico dell’innovazione alle aziende produttrici di insalate pronte e altri prodotti ortofrutticoli, che si sono già interessate all’utilizzo del brevetto e del know-how relativo al confezionamento in atmosfera modificata dei prodotti ortofrutticoli.

Inoltre, di recente, l’innovazione è stata menzionata sul portale europeo Innovation Radar, nato con l’intento di mostrare ai cittadini europei i numerosi ed eccellenti progressi tecnologici e scientifici realizzati dai ricercatori e da innovatori in tutta Europa.

fonte: www.rinnovabili.it


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Un consorzio finanziato dall'UE converte la pesca e i rifiuti urbani in materiali da imballaggio



Il progetto europeo DAFIA , coordinato dal centro di ricerca spagnolo AIMPLAS , ha svelato nuovi biopolimeri e materiali di imballaggio barriera realizzati dalla pesca e dai rifiuti urbani.

Il progetto è stato avviato con l'obiettivo di recuperare i rifiuti solidi urbani e le materie prime marine rest dall'industria ittica al fine di ottenere nuovi prodotti e additivi ad alto valore aggiunto.

I risultati hanno incluso ritardanti di fiamma che forniscono un'alternativa ai modelli alogenati, imballaggi barriera e rivestimenti commestibili che prolungano la durata di conservazione degli alimenti e sostanze chimiche che possono essere utilizzate per produrre nuova plastica da risorse rinnovabili.

Gli scarti dell'industria della pesca sono stati utilizzati anche per ottenere alternative all'etilene vinil alcol (EVOH, di origine fossile) che hanno proprietà di barriera all'ossigeno. Questa formula a base di gelatina di pesce può essere incorporata nella pellicola di confezionamento alimentare o utilizzata per rivestire il cibo sotto forma di un rivestimento commestibile che ne prolunga la durata.

Nel caso dei rifiuti solidi urbani, l'uso di processi di fermentazione innovativi ha permesso di estrarre dagli zuccheri i mattoni che possono essere utilizzati per sintetizzare biopolimeri come le poliammidi a base biologica. Questi materiali provengono da fonti rinnovabili e trovano applicazione anche nell'industria automobilistica.

Questo progetto è stato finanziato dal programma di ricerca e innovazione Horizon 2020 dell'Unione Europea con la convenzione di sovvenzione numero 720770.

fonte: packagingeurope.com


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Con le comunità dell’energia arriva l’elettricità a km zero

Le fonti rinnovabili potranno alimentare case, uffici e imprese nell’area vicina al punto in cui l’energia viene prodotta










Una rivoluzione da 17 gigawatt di energia pulita in 10 anni: tanti sarebbero, secondo Legambiente, i nuovi impianti installati da qui al 2030 grazie alle nuove norme sulle comunità energetiche: un ritmo più che triplicato rispetto ai circa 460 megawatt/anno attuali. E forse tra qualche anno nemmeno ricorderemo più l’epoca in cui poche grandi centrali alimentate con fonti fossili producevano tutta l’energia per i nostri frigoriferi, i macchinari delle imprese, i semafori.

La pubblicazione in Gazzetta Ufficiale del decreto Incentivi ha reso finalmente realizzabili – grazie al recepimento anticipato di parte della direttiva europea sulle rinnovabili (RED II) – l’autoconsumo collettivo e le comunità energetiche. Il primo permette, a chi abita o lavora nello stesso edificio, di produrre e consumare insieme energia sul posto. Le seconde, una vera rivoluzione già attiva in altri Paesi del nord Europa come Danimarca e Germania, consente di dare vita a vere comunità composte di tanti soggetti (persone fisiche, piccole e medie imprese, istituzioni locali) purché vicini tra loro: il confine lo stabilisce la connessione alla medesima cabina di trasformazione di media/bassa tensione.

Si potrà produrre e consumare sul posto energia rinnovabile senza passare per la rete elettrica nazionale. Con il vantaggio di ridurre le perdite di rete. “Un cambiamento”, sottolinea Gianni Girotto, presidente della commissione Industria del Senato, uno dei fautori di questa possibilità, “che sposta il baricentro della produzione e del consumo di energia sul territorio, sui Comuni, sulle comunità locali, sulle piccole imprese. Un cambio culturale del modello produttivo industriale che determinerà vantaggi e benefici ambientali, sociali ed economici per tutti”.

La nascita delle energy community, secondo Legambiente, porterebbe investimenti di oltre 13 miliardi di euro e quasi 40 mila posti di lavoro, tra quelli diretti per la realizzazione degli impianti e quelli legati a gestione, efficientamento, integrazione con la mobilità sostenibile. Altra conseguenza non irrilevante sarebbe l’aumento del gettito fiscale di circa 1,1 miliardi di euro. Per non parlare dei vantaggi ambientali: 47 milioni di tonnellate di CO2 in meno al 2030.

Una stima, spiega Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente, delle “potenzialità nel nostro Paese di uno scenario di condivisione e autoproduzione dell’energia, che ha grandi vantaggi perché permette di sviluppare le rinnovabili dove c’è la domanda: nei quartieri, nei distretti produttivi, nelle aree interne e agricole”. Per l’Italia, aggiunge, questo “vuol dire anche rilanciare il settore edilizio, che può puntare su progetti integrati di efficienza energetica e di rinnovabili con le comunità energetiche e con la connessione alla mobilità elettrica”.

Ottenere questi risultati dipenderà dal recepimento integrale della direttiva. Oggi si possono realizzare progetti fino a 200 kW: il disegno di legge delega è alla Camera per l’approvazione, poi spetterà al governo presentare un decreto legislativo.

E dipenderà dall’adesione degli italiani. Per questo la Commissione industria del Senato sta lavorando affinché le amministrazioni locali incoraggino “politiche sociali attive” che coinvolgano i cittadini nella creazione delle comunità energetiche. Anche grazie a sportelli informativi.

Nel cammino per la crescente penetrazione dall’autoconsumo nelle comunità entra anche Enea, uno dei partner italiani del progetto europeo COME RES (Community Energy for the uptake of renewables in the electricity sector), finanziato con circa tre milioni di euro dal programma Horizon 2020: “Nell’ambito di questo progetto Enea mette a disposizione le competenze tecnico scientifiche per la progettazione delle comunità energetiche”, spiega Elena De Luca ricercatrice del Dipartimento tecnologie energetiche e fonti rinnovabili. “Oltre alla capacità di fare rete a livello territoriale per lo stretto rapporto con decisori politici a livello nazionale e locale, operatori del mercato energetico, associazioni di categoria e del terzo settore, cittadini”

fonte: www.huffingtonpost.it


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Transizione energetica nelle isole: un progetto fornisce assitenza tecnica e finanziaria

Con il progetto NESOI la Commissione europea finanzia 60 iniziative per la transizione energetica delle isole. Sono 2400 le isole, incluse tutte quelle italiane, che possono partecipare alla selezione presentando le proprie iniziative entro fine settembre.



Si chiama NESOI, dal nome di una divinità dell’antica Grecia e acronimo di New Energy Solutions Optimised for Islands, ed è il progetto europeo finanziato per oltre 10 milioni di euro nell’ambito del programma Horizon2020.

Sinloc, Sistema Iniziative Locali, è capofila del consorzio europeo che, nell’arco di 4 anni, supporterà l’ideazione e l’attuazione di progetti per le energie rinnovabili, l’efficienza energetica, le reti elettriche avanzate e le infrastrutture energetiche.

In rapporto alla terraferma il costo dell’energia consumata sulle isole è dieci volte superiore ma, nonostante il grande potenziale, solo un limitato numero di isole europee sviluppa e replica con successo investimenti in progetti di transizione energetica. Raggiungere la diffusione su larga scala richiede un alto livello di innovazione organizzativa, tecnica e finanziaria di cui spesso le amministrazioni locali non dispongono.

NESOI European Island Facility mira a colmare questa mancanza e Sinloc mette a disposizione sia le sue competenze economiche e finanziarie sia l’esperienza nella gestione e nella facilitazione dell’accesso ai Fondi e agli strumenti finanziari europei e di mercato.

Attraverso il decentramento e l’efficientamento dei sistemi energetici delle isole il progetto intende mobilitare oltre 100 milioni di euro di investimenti, 440 GWh di nuova produzione e 160.000 kt di emissioni di CO2 evitate.

Sono 60 le proposte che saranno selezionate e ciascuna potrà ricevere fino a 120.000 euro, il 50% in consulenza tecnica e progettuale diretta e il 50% in denaro che potrà essere investito dalle Pubbliche amministrazioni per l’attivazione di competenze locali.

A Andrea Martinez, vicedirettore generale di Sinloc, abbiamo chiesto di spiegarci in cosa NESOI si distingue dalle tante iniziative europee che nel tempo hanno riguardato le isole. Ma vediamo prima in cosa consiste e a che punto è il progetto.

L’indagine conoscitiva e la mappatura delle iniziative di transizione energetica

La prima fase del progetto intende raccogliere indicazioni utili sulla presenza, le caratteristiche, il livello di maturità dei progetti di transizione energetica previsti dalle attività pianificatorie e mappare le iniziative in corso nelle isole europee.

Allo scopo è stato predisposto un questionario che potrà essere compilato dalle Pubbliche Amministrazioni e dai proponenti privati fino alla fine del mese di settembre.

Il questionario rappresenta il primo canale di comunicazione di NESOI con i potenziali beneficiari. La sua compilazione richiede 15/20 minuti, ed è diviso in due sezioni: la prima ha lo scopo di inquadrare lo stato energetico dell’isola, una sorta di diagnosi energetica del territorio, mentre la seconda sezione riguarda la descrizione di progetti specifici.

La Piattaforma di supporto

NESOI metterà a disposizione una Piattaforma di supporto per l’assistenza tecnica nella fase preliminare di strutturazione e sviluppo delle iniziative oltre a uno sportello unico per le isole, dove poter trovare idee e strumenti organizzativi, tecnici e finanziari utili lungo tutta la catena del valore di un progetto.

Organizzerà, infine, due bandi di selezione per supportare progetti con diversi livelli di maturità, da quelli nelle prime fasi di sviluppo, che richiedono attività di assistenza tecnica ed economica di alto livello, fino ai più avanzati, che necessitano di specifiche consulenze in ambito tecnico, legale e finanziario.

I criteri di selezione e i tempi del progetto

Tutte le isole italiane possono partecipare, avendo dimensioni idonee rispetto ai parametri fissati. Potranno essere finanziati più progetti afferenti ad una stessa isola purché non siano l’esito dello spezzettamento di un unico progetto. Sono infine ammissibili progetti di privati che siano corredati di una lettera di supporto dell’Autorità locale.

Ogni progetto deve essere correlato all’ambito energetico (produzione, riqualificazione, sistemi di accumulo, reti, calore, mobilità, monitoraggio e gestione, pianificazione energetica, auditing, ecc.) e avere una dimensione minima e un impatto in almeno due settori: risparmio energetico, riduzione delle emissioni, mitigazione della povertà, miglioramento delle condizioni ambientali, ecc.

Sarà data la precedenza a progetti con largo impatto, replicabilità e moltiplicazione di valore rispetto al finanziamento ricevuto.

Dalla chiusura della survey (30 settembre 2020) e fino al mese di aprile 2021 saranno valutate e selezionate le proposte, avviata la fase di assistenza tecnica e firmati i contratti per l’attivazione dei progetti.

I primi 30 progetti saranno avviati entro il mese di aprile 2021 e i restanti 30 entro i 12 mesi successivi.

Abbiamo chiesto al vicedirettore Andrea Martinez qual è il valore aggiunto di NESOI European Island Facility per le isole?

Sono tre le opportunità che il progetto aiuta a cogliere. Un’opportunità tecnologica, perché aiuterà le isole ad adottare il meglio della tecnologia disponibile a livello globale. Una opportunità normativa, per una pronta adozione delle norme volte a favorire la transizione energetica in Europa e un’opportunità finanziaria, grazie al contributo economico e consulenziale le isole potranno infatti trasformare le loro iniziative in progetti e cogliere le tante possibilità di finanziamento in un momento in cui tanti capitali pubblici e privati sono alla ricerca di investimenti sostenibili.

In cosa NESOI si distingue dai precedenti progetti europei destinati alle isole?

NESOI non punta a fare innovazione tecnologica, ma ad usare ciò che c’è e a sistematizzare gli interventi focalizzandosi sul progetto di transizione energetica delle isole. Non ci sono preferenze per una tecnologia o un’altra e si cercherà di attingere a tutte le fonti finanziarie disponibili anche in un’ottica di massimizzazione della leva finanziaria sulle risorse pubbliche esistenti. La nostra esperienza nella strutturazione di investimenti affiancando soggetti pubblici è stata la carta vincente che ci ha permesso di diventare capofila del progetto. NESOI lavorerà in stretto coordinamento con la DG Energia della Commissione Europea perché insieme al progetto European City facility, che prevede di raggiungere oltre 8mila città e comunità in tutta Europa, costituisce uno degli strumenti principali per accelerare l’attuazione del New Green Deal.

Su quali basi garantite la replicabilità dei 60 progetti per arrivare a 100 milioni di euro di investimento sulle isole?

Sinloc è una società di investimenti e advisory con rilevante esperienza in più di 500 progetti infrastrutturali di interesse locale, molti dei quali afferenti a transizione energetica e sostenibilità. Tutte le attività che andremo a realizzare traggono spunto e metodo dalla nostra competenza, maturata nella concreta gestione e strutturazione dei progetti. Tra questi, l’attivazione di numerosi progetti ELENA, European Local Energy Assistence, nelle principali città italiane come Milano, Venezia, Bergamo, Padova, Rovigo, ci porta a saper valutare attentamente la relazione tra la dimensione dell’assistenza tecnica che possiamo dare e le taglie medie dei progetti. Nel caso di Elena il fattore di moltiplicazione era circa 40, considerando la complessità e la frammentazione delle isole ci siamo attestati su un moltiplicatore di circa 17 sui 6,2 milioni di euro di assistenza tecnica fornita.

Ricordiamo che il consorzio NESOI è costituito da 10 aziende qualificate ed esperte da 9 Paesi europei: SINLOC – Sistema Iniziative Locali, R2M Solution, RINA Consulting, ZABALA Innovation Consulting, Fundacion CIRCE Centro de Investigacion de Recursos y Consumos Energeticos, Centre for Research and Technology Hellas, E.ON Solutions, Deloitte Advisory, WOLF THEISS e Hellenic Association for Energy Economics, sotto la direzione esecutiva dell’INEA – Innovation and Networks Executive Agency.

Documentazione:
Webinar di presentazione del progetto e slides
Brochure di presentazione del progetto (pdf in italiano)


fonte: www.qualenergia.it


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Ellen, il traghetto elettrico danese che batte il diesel

La scorsa settimana il più grande traghetto al mondo “full electric” ha completato la parte sperimentale, dimostrando di essere l’alternativa più economica sul mercato in termini di costi operativi




Ellen, il traghetto elettrico del progetto europeo e-Ferry, ha completato i suoi 10 mesi di prova in mare e i risultati premiano gli sforzi infusi sino ad ora. Il mezzo si è dimostrato, infatti, super efficiente e in grado di far risparmiare soldi ed emissioni.

L’iniziativa, finanziata dal programma H2020, era stata avviata nel 2015 con l’obiettivo di creare un’imbarcazione “a batterie” adatta al trasporto di persone e veicoli su distanze a medio raggio. Dopo 48 mesi aveva sfornato il primo prototipo: un battello in grado di coprire 22 miglia nautiche, grazie ad un design estremamente efficiente e ad un sistema d’accumulo da 4 MW. Da settembre 2019 Ellen ha dato prova delle proprie capacità nelle acque danesi, dal porto di Søby agli attracchi di Fynshav e Faaborg (un percorso di circa 40 km andata e ritorno).

Il risultato? L’imbarcazione possiede un indice di efficienza energetica dell’85 per cento, quasi il doppio di quella dei traghetti diesel. Un successo che ha un impatto diretto sui costi operativi. “I calcoli– spiega il team del progetto in una nota stampa – mostrano che la pura energia elettrica è la migliore soluzione economica per un operatore di traghetti, anche in termini di riduzione delle emissioni inquinanti e di gas serra”.

Ovviamente i costi di investimento sono più elevati rispetto le controparti a combustibile, dal momento che la tecnologia degli e-ferry è relativamente nuova. Tuttavia i risparmi in termini di costi operativi compensano la spesa iniziale “dopo 4-8 anni“. Il dato dipende dalle condizioni, tecniche e regolamentari, applicabili alla rotta.

“Poiché la durata di vita di un traghetto è in genere di circa 30 anni, un operatore può aspettarsi risparmi significativi dopo alcuni anni di funzionamento”, continua il team. “A contribuire a queste cifre sorprendenti sono anche i prezzi delle batterie, che sono diminuiti rapidamente negli ultimi anni, mentre la densità energetica è aumentata costantemente”.
I “trucchi green” del traghetto elettrico

Il sistema d’accumulo è il vero protagonista del traghetto elettrico. È stato suddiviso in 20 unità collegate a convertitori separati, in maniera da contenere perdite di potenza in caso di problemi ad una delle batterie.

Ma i risultati raggiunti devono molto al particolare design di Ellen. I progettisti hanno reso il battello il più leggero possibile. Tra i “trucchi” usati per ridurne il peso complessivo, quello di aver realizzato il ponte in allumino anziché acciaio; o di aver impiegato carta riciclata anziché legno per i mobili.

E una volta in acqua il traghetto elettrico permette anche di risparmiare emissioni climalteranti. Secondo il team potrebbe evitare fino a 2.250 tonnellate di CO2 ogni anno, utilizzando solo energia rinnovabile per la ricarica.

fonte: www.rinnovabili.it


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Qual è il peso e l’impatto dei cittadini nella transizione energetica

A monitorare le "Iniziative di Azione Collettiva" (CAIs) per la transizione energetica è un progetto europeo che vede partecipe anche l'Italia. Entro fine luglio si possono presentare le proprie iniziative.



















Hai lanciato una Iniziativa di Azione Collettiva per la transizione energetica? Vuoi partecipare ad un progetto che sta indagando sulle queste realtà?

Un progetto europeo, COMETS, sta mappando queste iniziative in sei paesi europei, compresa l’Italia. E fino alla fine di luglio potrai partecipare presentando la tua iniziativa (vedi più avanti).

Partiamo dalla spiegazione di cosa sono le Iniziative di Azione Collettiva (CAIs) per la transizione energetica: sono piani o progetti che, combinando diversi modelli organizzativi e di business, varie tecnologie e risorse in differenti contesti territoriali e socio-culturali, possono rafforzare il ruolo dei cittadini come parte attiva del sistema energetico producendo un impatto sociale, economico e ambientale

COMETS (Collective Action Models for the Energy Transition and Social Innovation) è, appunto, il progetto europeo che sta monitorando tali iniziative; è finanziato nell’ambito del programma Horizon 2020 con l’obiettivo di comprendere l’impatto delle Iniziative di Azioni Collettive (CAI) nella transizione energetica a livello locale, nazionale ed europeo.

Un webinar di presentazione è stata l’occasione per illustrare più compiutamente le premesse e gli obiettivi del progetto. COMETS è coordinato dall’Università di Torino e coinvolge 12 partner da 8 paesi europei. Il centro GREEN (Centro di Ricerca sulla geografia, le risorse naturali, l’ambiente, l’energia e le reti) dell’Università Bocconi è il partner italiano.

Problemi, opportunità e prospettive delle CAIs

Nel corso del webinar Alessandro Sciullo e Osmar Arobbio (Unito) hanno condiviso le premesse e gli obiettivi del progetto che si prefigge di sviluppare una solida conoscenza e comprensione dei processi di innovazione sociale promossi dalle CAIs.

Affinché tali iniziative possano prodursi è necessario che i cittadini siano motivati a partecipare, abbiano una quantità e qualità di informazioni che consenta loro di sviluppare una sensibilità rispetto al tema energetico e ambientale. Naturalmente servono competenze esperte e un adeguato supporto finanziario.

Questo, in estrema sintesi, è il presupposto di partenza del progetto, che ha l’ambizione di quantificare il contributo complessivo delle CAIs alla transizione energetica attraverso una indagine che coinvolga tutte le iniziative in corso nei sei paesi europei coinvolti (IT, ES, BE, NL, PL, EE).

Una successiva indagine qualitativa darà risposte circa le condizioni che rendono possibili tali iniziative e gli eventuali ostacoli nonché gli impatti ambientali, economici e sociali che possono produrre.

“La letteratura in materia ha già prodotto risultati in questo senso”, ha detto Arobbio, rilevando che “il contributo delle CAIs è ben poco sfruttato a causa della frammentazione delle iniziative: le CAI energetiche tendono infatti a svilupparsi separatamente le une dalle altre, senza sinergia con altre iniziative in settori differenti da quello energetico. Inoltre, ogni iniziativa è fortemente dipendente dal contesto e l’assenza di una strategia applicabile ovunque ne limita la replicabilità. Infine, si ritiene che ci sia molta ricerca sulle CAIs ma poca ricerca con esse”.

Il progetto, al suo secondo anno dei tre complessivi, sta entrando nella fase di indagine con lo scopo di capire quali sono i fattori determinanti per lo sviluppo delle Iniziative di Azione Collettiva nel settore energetico.

In particolare, quali le innovazioni sociali nel settore energetico sia in termini di prodotto che di processo. Chi promuove e partecipa in queste iniziative e perché; in che senso e misura le CAIs possono essere considerate innovazioni sociali. E, infine, quando possiamo dire che una CAI energetica ha successo, cioè sia sostenibile rispetto all’ambiente, all’economia e alla società.

Da questa ricognizione COMETS potrà proporre nel breve termine nuovi strumenti per aiutare le CAIs e i decisori locali coinvolgendoli nel progetto.

Nel medio-lungo termine sarà disponibile una Piattaforma di Supporto per nuove iniziative contenente un set di informazioni esaustivo, scenari, roadmaps e modelli oltre a un network di iniziative collettive.

Potranno beneficiarne le CAI esistenti e future, con nuove soluzioni per un ulteriore sviluppo, i cittadini, che acquisiranno consapevolezza sui vantaggi della partecipazione al mercato dell’energia, e i decisori politici locali ed europei, che avranno strumenti basati sull’evidenza a supporto della transizione energetica per lo sviluppo di un sistema energetico più decentralizzato, economico, sicuro, inclusivo e sostenibile.

I primi risultati dell’indagine

Dalle prime risposte ottenute (circa un centinaio che riguardano tutti i paesi coinvolti) emerge che alla base dello sviluppo delle iniziative c’è l’obiettivo di rendere più sostenibili i comportamenti dei cittadini e perseguire un modello di democrazia energetica in alternativa al sistema tradizionali delle fossili.

Veronica Lupi (Green Bocconi), che ha presentato i risultati, rileva che un forte interesse risiede anche nella possibilità di ottenere vantaggi economici per i cittadini e aumentare la generazione di energia a livello locale.

Prevale la collocazione delle iniziative nelle aree urbane, limitatamente ad un unico Comune, ma con poco margine rispetto ad iniziative in ambito rurale e che coinvolgono più comuni, come anche nella stessa regione.

Le CAIs sono state finanziate per la maggior parte dai cittadini oppure con contributi pubblici e sussidi, mentre una componente minore è stata finanziata da banche e crowdfunding.

Le motivazioni principali che incentivano la partecipazione dei cittadini membri sembrano essere il senso di appartenenza alla comunità e la possibilità di investire denaro in energia rinnovabile, insieme alla possibilità di avere un buon ritorno dell’investimento.

La maggior parte delle iniziative sono connesse con la generazione di energia, sia con impianti fotovoltaici che eolici. Quasi la metà delle CAIs offre anche servizi di consulenza sui servizi energetici.

In generale le CAIs sono attive a livello sociale con attività di lobbying, consigli di policy e attività sui media e canali social, supporto ad altri progetti locali e attenzione alla povertà energetica.

Non mancano gli ostacoli alla partecipazione dei cittadini. Tra questi emerge la mancanza di interesse alla transizione energetica e la non comprensione dei benefici che l’iniziativa potrebbe produrre.

Infine, trovare un supporto politico, capire le procedure amministrative, il difficile accesso alla finanza e al rispetto di norme e regolamenti vengono indicati tra i fattori che rendono difficile lo sviluppo e il mantenimento nel tempo delle iniziative. Pare poco o per nulla problematico competere con altre iniziative di azione collettiva, ma in misura maggiore con soggetti energetici strutturati.

Come partecipare all’indagine

Ai soggetti che vorranno partecipare all’indagine compilando il questionario entro la fine di luglio sarà chiesto di specificare il nome dell’iniziativa e come ha avuto origine, quale l’obiettivo che si vuole raggiungere e quale la governance e il livello di partecipazione dei cittadini, l’ambiente in cui opera l’iniziativa, sia a livello geografico che sociale e in riferimento ai partners dell’iniziativa. Il tempo di compilazione del questionario è di circa 25/30 minuti

Prossimi passi

Alla chiusura della survey, grazie all’analisi dei dati raccolti si potrà fare una valutazione delle performance delle CAIs nell’incentivare l’innovazione economica, ambientale e sociale, caratterizzare le varie tipologie di CAI ed effettuare comparazioni tra i paesi partecipanti.

Saranno infine selezionati 5 casi studio per paese che, nell’ottica della ricerca-azione, a partire dal mese di ottobre saranno visitati dal gruppo di ricerca. Da aprile 2021, infine, si costruiranno scenari e roadmaps e modelli.

Iniziative di Comunità energetiche in Italia

Chiara Candelise (Green Bocconi) ha introdotto alcuni casi di comunità energetiche distinguendo quelle della New Wave, cioè nate negli anni 2000, che si caratterizzano come aggregazioni di cittadini per lo sviluppo e investimenti in progetti di rinnovabili, basati sostanzialmente su modelli di business, da quelle storiche sviluppatesi intorno all’idroelettrico nelle zone alpine, e poi da quelle che Candelise definisce comunità tecniche, che si stanno diffondendo in Italia in vista del recepimento della direttiva europea sulle comunità energetiche.

Il caso della Comunità energetica del Pinerolese (tecnica), che è stato illustrato dal professor Angelo Tartaglia, e quelli di Energia Positiva e ènostra, che avevamo intervistato insieme a WeForGreen (modelli di business) rientrano nell’ampio spazio che QualEnergia.it ha dedicato alle esperienze e agli studi sulle Comunità energetiche.

Tra le comunità tecniche ricordiamo quelle sarde di Berchidda e Benetutti oltre all’esperienza di Serrenti, che ha tutte le caratteristiche per evolvere in comunità energetica.

Va evidenziato l’interesse del progetto COMETS riguardo gli ostacoli che possono impedire il pieno dispiegarsi delle iniziative volte a favorire la transizione energetica. Il tema era stato trattato in un interessante studio di Magnani, Osti e Carrosio a proposito della fiducia nella riqualificazione dei condomini e, quanto all’incertezza normativa, nel corso della presentazione del Rapporto Comunità Rinnovabili di Legambiente.

Infine, il tema della transizione energetica e della accettabilità sociale delle energie rinnovabili, cui le comunità energetiche dovrebbero porre rimedio, è stato affrontato in due interviste a Luca Tricarico e Natalia Magnani.
Il progetto COMETS
La piattaforma di supporto

fonte: www.qualenergia.it



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Progetto italiano Remote vince premio Ue energia rinnovabile

Rende le comunità isolate energicamente indipendenti


















Il progetto italiano Remote, che aiuta le comunità isolate a diventare autosufficienti per la produzione di energia, ha vinto il premio innovazione ai 2020 Eusew Awards. Lo ha annunciato oggi la Commissione europea che lo ha riconosciuto come il miglior progetto di innovazione del settore dell'energia rinnovabile durante la settimana annuale europea dell'energia sostenibile(Eusew), iniziata il 22 giugno e che terminerà il 26 giugno 2020. Remote,(Remote area Energy supply with Multiple Options for integrated hydrogen-based Technologies), è finanziato da Horizon 2020 ed è già stato avviato in Italia, Grecia e Norvegia e rende possibile immagazzinare l'energia rinnovabile prodotta localmente.

Questa tecnologia di stoccaggio è adatta a qualsiasi fonte di energia rinnovabile, dall'eolico all'energia da biomassa. Il progetto sta implementando le soluzioni di stoccaggio di energia basate su sistemi a idrogeno ed elettrochimici(batterie) in quattro siti di prova in Europa.

"Stiamo testando la nostra idea in diverse condizioni atmosferiche, dal clima caldo e soleggiato dell'Europa del Sud alla ventosa e fredda Scandinavia: ci aspettiamo che in tutti i siti sia possibile una sostituzione quasi completa dei combustibili fossili", ha detto Domenico Ferrero, ricercatore del Politecnico di Torino.

L'obiettivo è dunque quello di ridurre l'importazione di energia nelle località isolate, di ridurre l'uso di combustibili fossili del 95-100% nei quattro siti di prova e migliorare la sicurezza energetica e l'autosufficienza delle aree remote.

"Molte persone sono felici di non dover più dipendere dai generatori diesel e di risparmiare sui costi grazie alla possibilità di immagazzinare l'energia rinnovabile" ha aggiunto Ferrero. 


fonte: ANSA


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Come gestire le comunità energetiche? Ci pensa eNeuron

Il progetto, coordinato dall’Enea realizzerà una piattaforma con cui gli utenti potranno partecipare attivamente alla gestione collaborativa dell’energia















I primi esperimenti di comunità energetiche, basate su efficienza e rinnovabili, sono partiti anche in Italia. Ma prima che il nuovo modello di energy citizens pianti le radici a livello nazionale, è necessario sviluppare i giusti strumenti gestionali. Con questo obiettivo in mente è nato eNeuron, progetto di ricerca cofinanziato da Horizon 2020.
L’iniziativa è coordinata dall’italiana ENEA e coinvolge 17 partner, tra realtà pubbliche e private, provenienti da 8 Paesi. Insieme dovranno realizzare approcci e metodologie innovative per progettare e gestire le energy community. La prima fase di eNeuron si concentrerà sulla realizzazione di una piattaforma attraverso cui gli utenti della comunità potranno partecipare attivamente alla gestione dell’energia. In una seconda fase, il focus verterà sull’uso ottimale e sostenibile dei vettori energetici multipli, considerando priorità sia a breve che a lungo termine.
A spiegarne le finalità è oggi Marialaura Di Somma, ricercatrice presso il Laboratorio Smart Grid e Reti Energetiche del Centro ENEA di Portici e coordinatrice dell’iniziativa. “Il progetto intende la comunità dell’energia come un’infrastruttura integrata per tutti i vettori energetici”, afferma Di Somma. “E vede il sistema elettrico come spina dorsale, caratterizzata dall’accoppiamento delle reti elettriche con quelle del gas, del riscaldamento e del raffrescamento”. A ciò si aggiunge il supporto dell’energy storage tramite una serie di soluzioni di accumulo, comprese le batterie delle auto elettriche.

La crescita delle energy communities

Attualmente in Europa esistono circa 3.500 “cooperative rinnovabili”, un tipo di comunità energetica concentrata principalmente nel nord-ovest, soprattutto in Germania e Danimarca. Ovviamente il numero aumenta quando si considerano anche tutti gli altri progetti (es. distretti green o eco-villaggi), ma nel futuro prossimo il dato dovrebbe accelerare progressivamente.
Il pacchetto Energia pulita dell’Unione Europea ha infatti introdotto per la prima volta le comunità energetiche nella legislazione comunitaria. Nel dettaglio, esistono due definizioni formali di ‘energy communities’: “comunità energetiche dei cittadini”, inclusa nella revisione della direttiva sul mercato interno dell’elettricità (UE) 2019/944; “comunità energetiche rinnovabili”, riportata nella revisione della direttiva sulle energie rinnovabili (UE) 2018/2001. Ma al di là delle definizioni, dei modelli organizzativi e delle forme legali, queste nuove realtà hanno ancora bisogno di strumenti gestionali in grado di garantirete la sostenibilità economica e ambientale.
In questo contesto eNeuron propone un nuovo concetto di hub energetico come unità primaria per il controllo e la gestione dei sistemi integrati della comunità. I vari approcci sviluppati dal progetto saranno sperimentati e validati in quattro siti pilota in Europa caratterizzati da un’elevata complementarità tra loro: in Italia nel quartiere Montedago ad Ancona, in Polonia a Bydgoszcz, in Norvegia nel laboratorio messo a disposizione dal distributore di energia elettrica Skagerak, in Portogallo nella base navale di Lisbona messa a disposizione da EDP Labelec e dalla Marina Portoghese.
L’iniziativa “si inserisce nel quadro delle policy europee e nazionali per lo sviluppo delle comunità energetiche, un tema sempre più attuale e strategico”, spiega Di Somma. “In particolare, eNeuron contribuirà alla realizzazione di strumenti per la pianificazione di sistemi energetici integrati in presenza di poli-generazione distribuita e con elevati livelli di penetrazione di energia rinnovabile”.
fonte: www.rinnovabili.it


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Da Horizon 2020, 112 milioni per nuovi progetti energetici “verdi”

Dalle isole energetiche i sistemi di cattura e riutilizzo della CO2: sono 12 le aree tematiche in cui è possibile cimentarsi presentando nuove proposte

















Ben 112 milioni di euro a favore di nuovi progetti energetici verdi. Queste le risorse stanziate da Horizon 2020, il Programma Quadro europeo per la ricerca e l’innovazione. I finanziamenti sono destinati alla focus area “Costruire un futuro a basse emissioni di carbonio e resistente al clima”, la cui call sostiene un ampio numero di attività nel settore energetico, sia dal lato offerta che da quello della domanda. 
“Raggiungere la neutralità climatica nel settore energetico – garantendo allo stesso tempo un uso più efficiente dell’energia, un approvvigionamento sicuro di energia, prezzi convenienti e un basso impatto ambientale – è uno sforzo complesso che richiede attività di R&I su più fronti”, si legge nel documento preparatorio. 
Nel dettaglio il programma ha aperto la fase di invio proposte su 12 tematiche, tutte inerenti a “l’energia a basse emissioni”.
Si va dallo stoccaggio geologico della CO2 a impianti di desalinizzazione alimentati dal solare concentrazione, dalle isole energetiche alle città intelligenti, dal recupero del calore industriale all tecnologia per a cattura e riciclo dell’anidride carbonica. 
Non demorde dunque, l’impegno europeo a sostegno delle tecnologie di CCS/ CCU, nonostante la difficoltà delle stesse di raggiungere una competitività commerciale. Per Horizon 2020 “Il Carbon Capture and Storage è una delle tecnologie promettenti chiave in grado di ridurre le emissioni di CO2 nel settore della produzione di energia e l’unica via per riduzioni molto rigorose delle emissioni di gas serra da industrie energetiche e / o ad alta intensità di carbonio che generano CO2 come parte dei loro processi di produzione”.
I nuovi progetti energetici verdi saranno selezionati per il finanziamento in una valutazione a singolo stadio, spiega il sito del programma. Il termine per la presentazione delle proposte è il 1° settembre 2020; una commissione di esperti indipendenti valuterà i candidati e annuncerà i vincitori 5 mesi più tardi.
fonte: www.rinnovabili.it

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Una nuova tecnologia per trasformare i fanghi di depurazione in biocarburanti

Attraverso un processo di reforming termo-catalitico è possibile convertire una vasta gamma di biomasse in gas di sintesi ricco di idrogeno, biochar e bio-olio liquido





Dal 2014 al 2020 Horizon 2020, il più grande programma di innovazione e ricerca dell’Unione Europea, ha stanziato quasi 80 miliardi di euro per far avanzare l’innovazione comunitaria. Nel pacchetto di progetti finanziati rientra anche TO-SYN-FUEL, iniziativa dedicata allo sviluppo di una nuova tecnologia per trasformare i sottoprodotti delle acque reflue in biocarburanti.
Riunendo le conoscenze e le competenze delle parti interessate “dell’industria, della ricerca e dello sviluppo tecnologico, delle utility e dei servizi, della distribuzione del carburante, del governo e delle ONG in una partnership”, TO-SYN-FUEL cerca di trasformare numerose tipologie di residui di biomasse in carburante a emissioni zero di CO2.

La maggior parte dei rifiuti organici prodotti dai settori industriali finisce nelle discariche o negli inceneritori, contribuendo di conseguenza all’aumento delle emissioni di gas serra, all’inquinamento del suolo e alla contaminazione dell’acqua. È quindi necessario un piano adeguato per affrontare questo problema.

L’iniziativa ha come obiettivo quello di realizzare carburanti sintetici e idrogeno verde partendo dai fanghi di depurazione. Come riporta un comunicato stampa sul sito web del progetto, “per convertire i residui biogenici in biocarburanti sostenibili di ultima generazione, l’Istituto UMSICHT Fraunhofer ha sviluppato e realizzato una nuova tecnologia, chiamata Thermo-Catalytic Reforming (TCR)” di cui è attualmente in fase di sviluppo un dimostratore tecnico.

Sono stati effettuati test su un’unità in scala di laboratorio e successivamente la “tecnologia TCR è stata poi scalata su un impianto da 300 kg all’ora, per convertire i fanghi di depurazione a un ritmo industriale […]. La capacità operativa è progettata per gestire 500 kg all’ora di fanghi di depurazione secchi”. Lo sviluppo di questa nuova tecnologia ha rivelato “un alto potenziale nell’impiego di biomasse residue”. Infatti la tecnologia TCR converte una vasta gamma di biomasse “in tre principali prodotti: gas di sintesi ricco di H2, biochar e bio-olio liquido, che può essere purificato. Attraverso l’idrodeossigenazione ad alta pressione e i processi di raffinazione convenzionali, durante la distillazione viene prodotto un equivalente del diesel o della benzina, pronto per essere impiegato direttamente nei motori a combustione interna”.

Robert Daschner, ingegnere presso l’Istituto per la tecnologia per l’ambiente, la sicurezza e l’energia (UMSICHT) Fraunhofer, ha spiegato che attualmente l’impianto è in via di costruzione, ma quando sarà operativo dovrebbe produrre più di 200.000 litri di bio-olio e fino a 30000 kg di idrogeno, con l’utilizzo annuale massimo di 2100 tonnellate di fanghi di depurazione secchi. TO-SYN-FUEL, che segna il primo utilizzo su scala pre-commerciale di questo tipo di tecnologia, proseguirà fino alla fine di aprile 2021.

Secondo i promotori del progetto lo sviluppo in Europa di cento impianti di questo genere basterebbe per convertire ogni anno “fino a 32 milioni di tonnellate di rifiuti organici in biocarburanti sostenibili, contribuendo al risparmio di 35 milioni di tonnellate di emissioni di gas serra e deviando i rifiuti organici dalle discariche”.

fonte: www.rinnovabili.it

Le politiche di decarbonizzazione post COP21 per l’Italia: un’analisi ENEA

ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, ha analizzato le politiche di decarbonizzazione in Italia al 2050, contribuendo così al progetto europeo COP21 RIPPLES a cui partecipano 18 istituzioni di ricerca di dieci Paesi europei e non















ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, sta contribuendo al progetto europeo COP21 RIPPLES, finanziato con circa 3 milioni di euro dal programma UE Horizon2020 e coordinato dall’Institut pour le Developpement DurableI contributi ENEA sono relativi all’analisi di scenari di decarbonizzazione al 2050 e della competitività industriale dell’Italia per la produzione e l’esportazione di alcune tra le principali tecnologie energetiche low-carbon, come veicoli elettrici e pannelli fotovoltaici. 
Il progetto, a cui partecipano 18 istituzioni di ricerca di dieci Paesi europei e non, ha preso in esame le politiche di decarbonizzazione post-COP21, nazionali e globali. Gli aspetti analizzati sono stati, in particolare, lo sviluppo di tecnologie di innovazione industriale e i flussi finanziari fondamentali per accelerare i processi di decarbonizzazione, verso uno sviluppo sostenibile e in ottica di equità sociale. L’analisi indica come, per gli scenari di contenimento delle temperature al di sotto dei 2°C, tutti i paesi dell’UE dovrebbero perseguire strategie più ambiziose, abbandonando completamente entro il 2050 le fonti fossili, e utilizzando le energie rinnovabili per più della metà della domanda di elettricità quantomeno per Germania, Italia e Spagna. Diversamente in Polonia, Regno Unito e Repubblica Ceca è programmato un aumento dell’utilizzo di energia nucleare da fissione, che altri Paesi, come la Francia, hanno deciso di ridurre o addirittura abbandonare entro il 2025. 
Per quanto concerne invece le politiche di decarbonizzazione dei trasporti, ossia l’abbattimento previsto, in uno scenario sotto i 2°C, delle emissioni di CO2 dell’85% rispetto ai livelli del 2014 entro il 2050, il COP21 RIPPLES indica come necessario un ricorso sempre maggiore all’elettrificazione e alle batterie di nuova generazione (come le litio-ione). In questo contesto l’Italia è “attualmente specializzata nell’export di alcune tecnologie low-carbon come il solare termico e l’idroelettrico, ma è quasi completamente assente nel settore del fotovoltaico, nei biocarburanti e nel nucleare”, come ha sottolineato Maria Rosa Virdis,ricercatrice ENEA della Divisione Modelli e Tecnologie per la riduzione degli impatti antropici. “Il nostro paese potrebbe ancora giocare un ruolo in nuovi settori come quello della mobilità elettrica, grazie ai recenti piani di elettrificazione con vetture ibride, plug-in hybrid e full electric di un campione nazionale dell’industria automobilistica”. 
Per quanto riguarda nello specifico lo sviluppo di tecnologie per la mobilità elettrica, l’Italia è però un importatore netto e rischia quindi di restare tale anche in uno scenario di rapido sviluppo del settore. Infatti “persiste una sostanziale mancanza di preparazione del sistema industriale italiano a far fronte a questi cambiamenti del mercato”, sottolinea la Virdis. Ma, “per fortuna, si iniziano a registrare cambiamenti di rotta sia a livello di politica industriale che da parte delle grandi imprese”. Per elettrificare almeno la metà della domanda totale di energia per i trasporti in Italia, sarà necessaria una modifica sostanziale negli investimenti e nelle azioni concrete del governo. 
In ogni caso va ricordato che “a livello europeo, non siamo ancora in linea con gli impegni assunti nell’ambito degli accordi di Parigi per la mitigazione del cambiamento climatico”, ha continuato la Virdis. Infatti attualmente la sfida è iniziare a comprendere seriamente “la natura del gap fra impegni presi e obiettivi nazionali a medio-lungo termine e approfondire il dibattito sulle politiche di attuazione a tutti i livelli”. In vista del vertice SolarPower 2020, che si terrà a Bruxelles il 25 marzo, diviene ancora più necessario individuare quali strategie mettere in campo.
Il Green Deal proposto dal Presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen rappresenta “un’opportunità per sviluppare una risposta adeguata e concreta agli obiettivi fissati dalla COP21. Per riuscire a rispettare gli accordi di Parigi, quindi, sarà necessario, fin da subito, seguire quelle linee guida indicate dal progetto COP21 RIPPLES, come, per esempio, la promozione di un sistema finanziario Green, il rafforzamento delle politiche di decarbonizzazione al 2030e, in ultima analisi, una revisione della politica industriale partendo proprio da settori fondamentali come quelli legati alla siderurgia e al settore automobilistico.
fonte: www.rinnovabili.it

Smart-plant: quando i depuratori diventano fabbriche di nuovi materiali








Trasformare gli impianti di depurazione in autentiche fabbriche dei materiali, capaci di recuperare dalle acque fognarie elementi preziosi come cellulosa, fosforo e biopolimeri. Questo l'obiettivo del progetto Smart-Plant, finanziato dalla Commissione europea nell'ambito del programma Horizon 2020, e promosso dall'Università Politecnica delle Marche, dall'Università di Verona e da Alto Trevigiano Servizi, che insieme hanno trasformato il depuratore di Carbonera, a due passi da Treviso, in un laboratorio dove il trattamento delle acque reflue sposa i principi dell'economia circolare.

fonte: https://www.ricicla.tv