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Eolico offshore, nuove piattaforme low cost in plastica e cemento



La nuova piattaforma galleggiante in cemento-plastica potrà garantire un Levelized cost of energy inferiore a quello delle attuali centrali eoliche offshore.

Si tratta di una

I rifiuti di legno rendono il calcestruzzo più ecologico e forte

Un team di ricercatori ha sviluppato una nuova procedura per il riciclaggio del calcestruzzo con l’aggiunta di legno di scarto. Il risultato? Un nuovo materiale da costruzione con una resistenza alla flessione superiore a quella tradizionale





















La produzione del cemento utilizzato nel calcestruzzo è un’enorme fonte di emissioni climalteranti. Si stima che l’industria cementifera, da sola, rilasci in atmosfera ben  2,8 miliardi di tonnellate di CO2 l’anno. Le nuove pressioni ambirli e climatiche stanno però spingendo il settore a ripulire la propria impronta, cercando nuove soluzioni più ecofriendly. Una di queste arriva oggi dall’Università di Tokyo. Qui un team di scienziati dell’Istituto di scienze industriali, ha sviluppato una nuova procedura per il riciclaggio del calcestruzzo con l’aggiunta di legno di scarto: una ricetta che non solo si è dimostrata più ecologica di quella tradizionale ma che ha portato anche ad un materiale finale ancora forte.

Il calcestruzzo viene prodotto miscelando un aggregato – che di solito è fatto di ghiaia e pietrisco – con acqua e cemento. Una volta che la miscela è indurita, il cemento si lega con l’aggregato per formare un solido blocco. Tuttavia un “semplice” processo di riciclo degli aggregati non avrebbe portato il risultato sperato. “È la produzione di nuovo cemento che sta guidando le emissioni dei cambiamenti climatici”, ribadisce il primo autore della ricerca, Li Liang. 
  
Ecco perché il gruppo ha deciso di aggiungere un ingrediente in più nell’equazione. Guidati da Yuya Sakai, gli scienziati hanno macinato il calcestruzzo riducendolo ad una fine polvere; quindi hanno aggiunto acqua e lignina tratta da rifiuti lignei. Quest’ultimo è un polimero organico altamente reticolato che conferisce supporto e rigidità alle cellule e ai tessuti vegetali. La miscela è stata quindi contemporaneamente riscaldata e sottoposta ad alta pressione. Il gruppo ha  scoperto che modificando con precisione variabili come il rapporto cemento / lignina, il contenuto di acqua, la temperatura, oltre alla quantità e alla durata della pressione, poteva ottenere un materiale dalle prestazioni elevate. Il procedimento, se ben calibrato, infatti, permette alla lignina di trasformarsi in un adesivo altamente efficace.
I test hanno mostrato che il calcestruzzo riciclato con la lignina possiede una resistenza alla flessione maggiore rispetto al calcestruzzo originale da cui è stato realizzato. Come bonus aggiuntivo, a causa del suo contenuto di lignina, il materiale dovrebbe probabilmente biodegradarsi una volta scartato. “La maggior parte dei prodotti riciclati che abbiamo realizzato mostrava una resistenza alla flessione migliore rispetto a quella del calcestruzzo ordinario”, afferma il professor Yuya Sakai, autore senior. “Questi risultati possono promuovere un passaggio verso un’industria delle costruzioni più ecologica ed economica che non solo riduce i depositi di rifiuti di cemento e legno, ma aiuta anche ad affrontare il problema dei cambiamenti climatici”.

fonte: www.rinnovabili.it

Economia circolare: cemento e calcestruzzo nella Green Economy

Cemento e calcestruzzo, quale il loro ruolo all'interno dell'economia circolare: se ne discute oggi a Roma in un evento promosso da Federbeton.




Economia circolare e materiali edili. Oggi a Roma si discute di questo particolare rapporto, soprattutto in relazione a cemento e calcestruzzo. Presso la Biblioteca del Senato a Roma si sta svolgendo l’incontro “Il contributo di cemento e calcestruzzo all’economia circolare”,evento promosso da Federbeton in collaborazione con Circular Economy Network. Tema centrale l’affermazione della filiera di cemento e calcestruzzo quale volano di sostenibilità.

Nell’incontro si è discusso inoltre di come i comparti cemento e calcestruzzo possano relazionarsi con la mitigazione dei cambiamenti climatici e con l’implementazione di modelli di economia circolare e Green Economy. Fondamentale puntare a sviluppare il potenziale del settore in merito al recupero di energia e materia. Come ha sottolineato Roberto Callieri, presidente Federbeton:

Le istanze ambientali giustamente presenti nella sensibilità dei cittadini e negli obiettivi fissati dai decisori pubblici nazionali e internazionali disegnano una sfida condivisa, da tempo, dalla nostra filiera. Grazie alle tecnologie disponibili e agli investimenti messi in campo dalle imprese, siamo in grado di migliorare ulteriormente la nostra sostenibilità ambientale. Gli obiettivi che ci poniamo sono raggiungibili però solo se condivisi dall’intera catena del valore del mercato delle costruzioni e a patto che il quadro normativo e il consenso sui territori concorrano in maniera sinergica a questa prospettiva.

Ha commentato il sottosegretario On. Vannia Gava:

La promozione dell’economia circolare in tutti i settori è lo sforzo che tutti noi, Istituzioni, imprese, associazioni e cittadini, siamo chiamati a mettere in atto. Anche la filiera del cemento e del calcestruzzo può svolgere un ruolo chiave e dare un forte contributo al settore delle costruzioni, attraverso l’utilizzo di materiali riciclati e di sottoprodotti nel processo produttivo, e quindi riducendo conferimento in discarica di materiali di scarto, unitamente all’uso di combustibili alternativi in tutte le fasi del processo.

Diversi i dati evidenziati durante l’incontro, a cominciare da quelli che riguardano il comparto cemento. Dagli 87,5 milioni di euro investiti dalle imprese nel triennio 2015-2017 per l’implementazione di tecnologie che reimpieghino materiali di recupero cementizi nel ciclo produttivo, passando per il 7,4% di impiego di materie prime residuali al posto di risorse naturali (nel 2017), fino alle 360mila tonnellate di combustibili derivanti dai residui di produzione trattati e sottratti alla discarica nel 2017.

Impiegati nel 2017 combustibili alternativi per il 17,3% del fabbisogno, a fronte di una percentuale media europea del 44%: numeri sui quali pesa, spiega Federbeton, una normativa italiana poco lineare, competenze frammentate e diffidenza a livello locale. Se la percentuale italiana raggiungesse la media UE si potrebbero risparmiare all’ambiente 2 milioni di tonnellate di CO2.

Per quanto riguarda il calcestruzzo circa 15 milioni di tonnellate potrebbero essere sottratte alla discarica e utilizzate nuovamente all’interno del ciclo produttivo. Una stima ottenuta basandosi sulla produzione annua 2018, corrispondente a 27 milioni di metri cubi. Questi i punti chiave della strategia di Federbeton per rendere più riciclabili i materiali e contribuire all’integrazione del settore nell’economia circolare:
Implementare la demolizione selettiva, come modalità di separazione delle frazioni riciclabili;
Introdurre meccanismi premiali, da parte delle committenze pubbliche. Il Comune di Bologna, ad esempio, premia in termini volumetrici i progetti che prevedono l’uso di materiali riciclati;
Regolare in maniera più chiara i criteri per i quali un rifiuto inerte cessa di essere tale. È importante venga emanata in tempi rapidi la bozza di decreto End of Waste sui rifiuti inerti, ancora all’esame del Ministero Ambiente;
Formare e sensibilizzare i progettisti alla prescrizione e all’uso dei materiali riciclati;
Valorizzare il ruolo della filiera del cemento e del calcestruzzo nel ciclo dei rifiuti, in quanto comparto capace di riutilizzare gli scarti di produzione e i rifiuti da raccolta differenziata nel proprio ciclo produttivo.

fonte: www.greenstyle.it

No ai rifiuti bruciati nei cementifici: a Bruxelles le ragioni dei cittadini

Il Parlamento europeo riceverà oggi un rappresentante dei comitati che da tempo si battono per l'abrograzione del cosiddetto decreto “Clini” che consente di utilizzare combustibili ricavati dall'incenerimento di alcuni rifiuti per alimentare le industrie, soprattutto cementifici.


















Forse il vento sta cambiando. Dopo aver superato il vaglio dell’Ufficio Petizioni del Parlamento Europeo, a Dicembre 2017, la Petizione predisposta dal Comitato La Nostra Aria e da Rete Rifiuti Zero Lombardia è stata pubblicata sul portale Europeo delle petizioni, riconoscendo così la fondatezza delle questioni sollevate. Oggi 18 Giugno un rappresentante del Comitato “La nostra aria” sarà ricevuto a Bruxelles e spiegherà in quella sede le ragioni dei cittadinifirmatari la petizione, di fronte ai Deputati Parlamento Europeo.


Cementifici trasformati in inceneritori. Cosa dice il “decreto Clini

Con il Decreto Ministeriale 14 Febbraio 2013 n.22, c.d. Decreto “Clini”, il governo eleva al rango di combustibili alcuni rifiuti che hanno subito particolari trattamenti e controlli.

Questa normativa si basa sul concetto di End Of Waste che implica però il rispetto di un’ importantissima clausola determinante per la classificazione del rifiuto: si stabilisce che un rifiuto cessa di essere tale (End of Waste) ….se “l’utilizzo della sostanza o dell’oggetto non porterà ad impatti complessivi negativi sull’ambiente o sulla salute umana”; ciò significa che nel ciclo di “utilizzo” dei rifiuti gli impianti che li utilizzano come combustibili, non devono produrre un aumento delle emissioni o di ceneri residue, cosa che invece sembra si sia verificata in impianti che lo hanno utilizzato.

Così facendo è stato creato un vero e proprio “commercio” di tali materiali (che dal punto di vista pratico sono sempre rifiuti), liberamente gestiti nell’ambito di logiche commerciali della compravendita e divenendo quindi motivo di ingenti guadagni per chi li tratta a tutto danno per la salute pubblica e in totale spregio del concetto di recupero e riutilizzo della materia e della tutela della salute dei cittadini!

Cosa chiede la Petizione?

La Petizione chiede al Parlamento Europeo di:

- intervenire con le opportune azioni affinché si arrivi all’abrogazione del Decreto “Clini” in quanto in palese contrasto con la normativa comunitaria in materia di rifiuti e loro utilizzo. Si vuole così eliminare l’anomalia che permette ai cementifici di bruciare rifiuti nel ciclo di produzione del cemento “spacciandoli” per “normali combustibili”, con l’effetto di incrementare in modo drammatico le emissioni nocive nell’atmosfera.
- Verificare se negli impianti italiani, in particolare i cementifici che adottano i rifiuti CSS (Combustibili Solidi Secondari), vi sia stata violazione della normativa europea in essere in materia di incenerimento e coincenerimento.


La giornata di oggi a Bruxelles, scrivono i comitati promotori della petizione, “sarà l’occasione per ribadire di fronte all’Europa il nostro ‘no’ alla classificazione del CSS come combustibile! No al CSS nei cementifici! Per un sì convinto al diritto alla salute delle comunità e al rispetto dell’ambiente”.


fonte: http://www.italiachecambia.org/


Il MIT rafforza il calcestruzzo con la plastica riciclata

L’aggiunta alla miscela di piccoli pezzi di PET precedentemente trattati potrebbe ridurre le emissioni di carbonio dell’industria del cemento









Quanti oggetti si possono realizzare con la plastica riciclata? Dagli arredi ai vestiti, dagli occhiali agli interni auto, dalle pavimentazioni alle tubature, è lunga la lista prodotti sotto cui oggi possono rinascere i rifiuti polimerici. Al Massachusetts Institute (MIT) vogliono aggiungere, però, un’altra voce: il calcestruzzo. Secondo un nuovo studio dell’Ateneo americano, infatti, la plastica riciclata delle bottiglie usate potrebbe portare alla produzione di un cemento più resistente ed ecologico.

Gli ingegneri Carolyn Schaefer e Michael Ortega, insieme ad alcuni colleghi, hanno scoperto che l’aggiunta del PET, opportunamente trattato, alla miscela cementizia permette di ottenere un prodotto finale che è fino al 20% più forte del calcestruzzo tradizionale. “C’è un’enorme quantità di plastica che arriva in discarica ogni anno”, spiega Michael Short, professore aggiunto presso il Dipartimento di Scienze Nucleari e Ingegneria del MIT. “La nostra tecnologia tira fuori la plastica dalla discarica, la blocca nel calcestruzzo, usando in tal modo meno cemento e rilasciando quindi meno emissioni”.


Non si tratta del primo esperimento che vede plastica riciclata aggiunta alla miscela cementizia. Tuttavia gli esperimenti condotti finora aveva indebolito il prodotto, anziché rafforzarlo. Gli studenti hanno dovuto trovare un modo per risolvere il problema e la soluzione si è presentata grazie ai raggi gamma. Il team ha scoperto, infatti, che esponendo fiocchi di PET (polietilene tereftalato) a piccole dosi di radiazioni gamma è possibile cambiare la struttura cristallina del polimero rendendola più rigida, dura e resistente.

Gli studenti hanno ottenuto la plastica riciclata da un impianto locale, hanno ripulito manualmente i fiocchi per rimuovere pezzi di metallo e altri detriti, quindi hanno portato i campioni in uno dei laboratori sotterranei del MIT, dove è installato un irradiatore cobalto-60, bombardandoli con una piccola dose di raggi gamma.  I ficchi sono stati quindi ridotti in polvere e aggiunti al cemento. Il prodotto finale, come chiarisce Short, non presenta rischi dal momento che “non c’è radioattività residua”. “Sostituire anche una piccola quantità di calcestruzzo con la plastica così irradiata potrebbe contribuire a ridurre l’impronta globale di carbonio dell’industria del cemento”.

fonte: www.rinnovabili.it




Cementir, l’accusa della procura: “Ceneri contaminate nella produzione di cemento”


Ceneri contaminate e pericolose vendute alla Cementir e finite nel ciclo produttivo, quindi nel cemento. È durissima l’accusa della procura di Lecce nei confronti della centrale Enel di Cerano (Brindisi) della Cementir e anche dell’Ilva di Taranto: venivano ceduti al cementificio anche lotti di “loppa d’altoforno”. Nessuno smaltimento speciale come previsto dalla legge ma “riutilizzo“ per la realizzazione di cemento. E così, un costo di produzione diventava un ricavo.  

Una tegola che si abbatte sull’apparato produttivo di Taranto e Brindisi già messo sotto accusa da decenni per le emissioni inquinanti. Questa volta si apre un nuovo capitolo frutto di un’indagine nata ben 5 anni fa.  

Sono 31 le persone indagate per traffico illecito di rifiuti e attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Alle tre società sono contestati anche illeciti amministrativi mentre nei confronti dell’Enel è stato disposto anche il sequestro di depositi, titoli, crediti, immobili per più di 523 milioni di euro. Questo sarebbe infatti l’illecito guadagno dell’Enel dovuto allo smaltimento degli scarti di produzione nel cemento. La procura ha predisposto anche il sequestro della centrale, così come della Cementir stessa e della zona loppa d’altoforno e nastri trasportatori dell’Ilva, ma la produzione non si è fermata: «L’uso è consentito - viene scritto nell’ordinanza – per permettere all’azienda di mettersi in regola».  

«I nostri procedimenti sono sempre stati corretti», scrive in una nota l’Enel. «I provvedimenti relativi alla centrale di Enel Produzione riguardano l’uso delle ceneri nell’ambito di processi produttivi secondari», hanno spiegato.  

Ma in conferenza stampa il procuratore di Lecce Leonardo Leone de Castri ha rincarato la dose: «Secondo la nostra ricostruzione accusatoria e quello che emerge dalle intercettazioni, i dirigenti Enel sapevano della circostanza» che le ceneri inviate alla Cementir per la produzione di cemento non erano in regola. «Lo sapevano documentalmente - ha aggiunto - anche perchè l’impianto preposto allo stoccaggio delle ceneri pericolose «c’era, e la cosa secondo noi più grave è che non venisse utilizzato. Ovvero, c’era già tutto quanto fosse possibile per far bene la propria attività in sicurezza e questo non è stato fatto. Per Enel la convenienza stava proprio di «eliminare la procedura di eliminazione del rifiuto». 

L’inchiesta si chiama Araba Fenice, un nome che evoca rinascita dalle proprie ceneri. E proprio come l’essere mitologico, gli scarti della lavorazione della centrale a carbone e dell’acciaieria tornavano a nuova vita. Ma purtroppo l’economia circolare non c’entra: se le ipotesi della procura fossero confermate allora ci troveremmo di fronte a un disastro ambientale. “Nessun danno per la salute”, ha detto il procuratore. Ma ulteriori indagini sapranno dirci se il cemento così prodotto avrà veleni finiti nella filiera dell’edilizia. 

Inquietante un passaggio dell’ordinanza: in base alla perizia effettuata da un consulente della Procura, le materie prime acquistate dall’Ilva e utilizzate da Cementir c’erano scarti di scaglie di ghisa, materiale lapideo, profilati ferrosi, pietrisco e loppa di sopravaglio che «ne inficiano la capacità di impiego allo stato tal quale nell’ambito del ciclo produttivo del cemento». Con quali conseguenze per quel cemento prodotto? E dove è finito quel materiale? Potrebbero emergere problemi di sicurezza? La Commissione bicamerale d’inchiesta sul ciclo di rifiuti promette nuove indagini mentre l’utilizzo delle scorie delle attività industriali nei cementifici così come previsto da una legge del 2015, è contestato da tempo, dai Verdi come dal MoVimento 5 Stelle. In particolare la norma che prevede l’utilizzo delle scorie di acciaieria dell’Ilva di Taranto sotto le strade, nelle massicciate ferroviarie e nei recuperi ambientali senza effettuare test su inquinanti. «Grazie a questa norma – denuncia il coordinatore dei Verdi Angelo Bonelli – molti processi sono a rischio e molte indagini possono essere indebolite». 

fonte: http://www.lastampa.it









RifiutiZeroPiemonte - COMUNICATO STAMPA: “Le scorie dell’inceneritore saranno ceneri per l’edilizia”


 
 
COMUNICATO STAMPA
Commento all’articolo di Andrea Rossi su La Stampa di domenica 9 luglio 2017 “Le scorie dell’inceneritore saranno ceneri per l’edilizia”  Le scorie dell’inceneritore saranno materiale per l’edilizi

 
Dunque la notizia è che gli inceneritori di rifiuti producono, a loro volta, rifiuti.
 
I rifiuti prodotti dagli inceneritori sono un argomento sul quale i sostenitori di questi impianti tendono a sorvolare giacché smentiscono il mantra che “gli inceneritori chiudono il cerchio” (della gestione dei rifiuti ndr) cioè sono lungi dall’essere la soluzione perfetta che essi descrivono.
Tali rifiuti sono un po’ di più della quantità menzionata dall’entusiasta giornalista, circa un 30% delle tonnellate bruciate: di questo 30% una percentuale tra il 3% ed il 5% (le cosiddette ceneri leggere) sono rifiuti pericolosi, mentre il rimanente (le ceneri pesanti o scorie) deve essere periodicamente analizzato per appurare se la quantità di metalli pesanti, diossine ecc. presente sia tale da rendere anch’esso un rifiuto pericoloso o meno, quindi - anche laddove non sia qualificabile come rifiuto pericoloso - presenta percentuali significative di sostanze inquinanti nocive per l’uomo e l’ambiente.
 
Le scorie dell’inceneritore di Torino furono originariamente classificate come rifiuti pericolosi, poi nel 2014 -a seguito di una richiesta di TRM- con una determinazione (141 - 18178/2014) del dirigente provinciale del Servizio Pianificazione e Gestione Rifiuti fu consentito -sentita L’ARPA e valutata la documentazione allegata dal richiedente- di classificarle come non pericolose (il parere dell’ARPA fu che non essendo possibile "attribuire né escludere con certezza alcuna caratteristica di pericolo ai rifiuti in oggetto”, le scorie prodotte potevano essere considerate come non pericolose).

L’idea geniale di infilare le scorie nel cemento invece che pagarne lo smaltimento in discarica in realtà non è affatto nuova.
Il cemento che le contiene si chiama “Portland” ed è in circolazione da tempo. Se nel fare questa meravigliosa mistura ci si lascia prendere troppo la mano dall’entusiasmo per il recupero di materia, il prodotto che ne esce è un po’ troppo ricco in scorie ed è roba che tende a degradarsi ben più del cemento normale compromettendo la stabilità strutturale degli edifici per la costruzione dei quali è stato impiegato, alla faccia delle “proprietà simili alle rocce eruttive come basalto e granito” decantate dal Presidente di TRM Renato Boero, senza contare la dispersione nell’ambiente di sostanze nocive che tutto ciò comportebbe: ma dall’amianto non abbiamo proprio imparato niente?

L’articolo prosegue informando i lettori che TRM ha sottoscritto un accordo con il dipartimento delle Scienze della Terra dell’ Università per lo sviluppo di “tecniche innovative di inertizzazione e recupero degli scarti da termovalorizzazione, sia scorie pesanti sia ceneri leggere”. E tale intesa già dispiega i suoi effetti: “finora” scrive il Rossi “queste ceneri venivano trasportate in discarica e smaltite” cioè il trattare le scorie e le ceneri come un rifiuto fa già parte del passato.
Anzi, verso la fine dell’articolo si riferisce ad esse scrivendo “questi inerti”.
Ma prima ci fa sapere che “il mandato che il nuovo presidente ha ricevuto è chiaro: lavorare per rendere TRM il più efficiente possibile, soprattutto nell’ottica della riduzione dell’inquinamento e del riciclo e riuso dei materiali.” 
 
Cerchiamo di essere seri. Chi vuole riciclare e riutilizzare i materiali innanzitutto non li brucia e non chiama “recupero” una produzione di energia scarsa, esosissima e finanziata con denaro pubblico.
 
L’inceneritore di Torino è autorizzato a bruciare, oggi, grazie al famigerato art. 35 del c.d. “Sblocca Italia” 526.500 t di rifiuti delle quali circa 370.000 finiscono in atmosfera e circa 160.000 sono rifiuti da smaltire. Reimmettere in circolazione decine di migliaia di tonnellate di rifiuti che contengono metalli pesanti e diossine usandole per fare cemento, alleggerisce i costi del gestore, ma non dà alcun motivo ai cittadini di accogliere con entusiasmo un escamotage vecchio i cui pericoli per l’uomo e per l’ambiente sono ampiamente documentati da parecchie indagini epidemiologiche.

In ogni caso ora la palla passa al Dipartimento delle Scienze della Terra dell’Università di Torino, che avrà il compito di fornire la patente di inertizzazione, necessaria a dare un aspetto nuovo ad una trovata vecchia (ovviamente a costi che la rendano competitiva rispetto allo smaltimento).
Ma soprattutto all’ Amministrazione. La Sindaca Chiara Appendino -che ha nominato il presidente di TRM Renato Boero- e il Movimento 5 stelle si sono sempre schierati contro l’incenerimento dei rifiuti e tale uso delle scorie.
 
A questo punto ci chiediamo: qual è la posizione dell’Amministrazione 5stelle di Torino rispetto alle dichiarazioni di Boero e soprattutto rispetto alle preoccupanti prospettive ipotizzate in questo articolo di utilizzo di ceneri e scorie prodotte dall’inceneritore in prodotti per l’edilizia?
 


piemonterifiutizero@gmail.com
pec@pec.rifiutizeropiemonte.it

Dal riciclo pneumatici le fibre per rinforzare il cemento

Sviluppato nel Canada un nuovo calcestruzzo più resistente alle sollecitazioni meccaniche: il suo segreto sono le fibre di PFU nell’impasto
















L’economia circolare fa nuovamente capolino nella scienza dei materiali. Gli ingegneri della University of British Columbia (UBC), in Canada, sono alle prese con una innovativa miscela per cemento rinforzato che fa del riciclo pneumatici il suo punto di forza.

Non è la prima volta che la gomma esausta è trasformata in materia prima seconda. Oggi, anche in Italia, è lunga la lista di prodotti ottenuti degli pneumatici riciclati: dalle pavimentazioni sportive agli asfalti silenziosi, questi rifiuti hanno trovato una seconda vita capace di regalare un valore aggiunto ai prodotti a cui sono destinati, tutelando nel contempo l’ambiente.
Partendo da questo concetto di doppio vantaggio, gli scienziati dell’UBC hanno cercato un modo per contribuire a ridurre l’impronta di carbonio del settore edile tramite gli pneumatici fuori uso (PFU). Come? Riscrivendo la formula del calcestruzzo grazie all’aggiunta di fibre ottenute dal trattamento dei PFU. I ricercatori hanno sperimentato differenti proporzioni di fibre polimeriche mischiate a legati idraulici, sabbia e acqua, prima di trovare il mix ideale: la percentuale perfetta per migliorare al massimo resistenza ed estenderne la durata è di appena lo 0,35 percento di fibre.















Le fibre polimeriche ottenute dai PFU

“I nostri test di laboratorio hanno dimostrato che il calcestruzzo fibro-rinforzato riduce la formazione delle crepe di oltre il 90 per cento rispetto al calcestruzzo normale”, spiega l’ingegnere civile Obinna Onuaguluch, co-autore del progetto. “Le strutture in calcestruzzo tendono a sviluppare spaccature nel tempo, ma le fibre polimeriche sono in grado di riempire quando esse si formano, contribuendo a proteggere la struttura e a farla durare più a lungo”.

Va detto che il connubio “cemento” e “riciclo pneumatici” ha avuto in Italia un importante precedente. Quello realizzato da progetto europeo SUS-CON (SUStainable, innovative and energy-efficient CONcrete, based on the integration of all-waste materials), coordinato dal consorzio CETMA di Brindisi. Il progetto ha realizzato il primo eco-cemento da PFU e altri materiali di riciclo. L’obiettivo? Creare un prodotto sostenibile e caratterizzato da elevati valori di isolamento termico e quindi in grado di contribuire all’efficienza energetica degli edifici.

fonte: http://www.rinnovabili.it/