Ceneri contaminate e pericolose vendute alla Cementir e finite nel
ciclo produttivo, quindi nel cemento. È durissima l’accusa della procura
di Lecce nei confronti della centrale Enel di Cerano (Brindisi) della
Cementir e anche dell’Ilva di Taranto: venivano ceduti al cementificio
anche lotti di “loppa d’altoforno”. Nessuno smaltimento speciale come
previsto dalla legge ma “riutilizzo“ per la realizzazione di cemento. E
così, un costo di produzione diventava un ricavo.
Una tegola che si abbatte sull’apparato produttivo di Taranto e
Brindisi già messo sotto accusa da decenni per le emissioni inquinanti.
Questa volta si apre un nuovo capitolo frutto di un’indagine nata ben 5
anni fa. Sono 31 le persone indagate per traffico illecito di rifiuti e
attività di gestione di rifiuti non autorizzata. Alle tre società sono
contestati anche illeciti amministrativi mentre nei confronti dell’Enel è
stato disposto anche il sequestro di depositi, titoli, crediti,
immobili per più di 523 milioni di euro. Questo sarebbe infatti
l’illecito guadagno dell’Enel dovuto allo smaltimento degli scarti di
produzione nel cemento. La procura ha predisposto anche il sequestro
della centrale, così come della Cementir stessa e della zona loppa
d’altoforno e nastri trasportatori dell’Ilva, ma la produzione non si è
fermata: «L’uso è consentito - viene scritto nell’ordinanza – per
permettere all’azienda di mettersi in regola». «I nostri procedimenti sono sempre stati corretti», scrive in una
nota l’Enel. «I provvedimenti relativi alla centrale di Enel Produzione
riguardano l’uso delle ceneri nell’ambito di processi produttivi
secondari», hanno spiegato. Ma in conferenza stampa il procuratore di Lecce Leonardo Leone de
Castri ha rincarato la dose: «Secondo la nostra ricostruzione
accusatoria e quello che emerge dalle intercettazioni, i dirigenti Enel
sapevano della circostanza» che le ceneri inviate alla Cementir per la
produzione di cemento non erano in regola. «Lo sapevano documentalmente -
ha aggiunto - anche perchè l’impianto preposto allo stoccaggio delle
ceneri pericolose «c’era, e la cosa secondo noi più grave è che non
venisse utilizzato. Ovvero, c’era già tutto quanto fosse possibile per
far bene la propria attività in sicurezza e questo non è stato fatto.
Per Enel la convenienza stava proprio di «eliminare la procedura di
eliminazione del rifiuto». L’inchiesta si chiama Araba Fenice, un nome che evoca rinascita dalle
proprie ceneri. E proprio come l’essere mitologico, gli scarti della
lavorazione della centrale a carbone e dell’acciaieria tornavano a nuova
vita. Ma purtroppo l’economia circolare non c’entra: se le ipotesi
della procura fossero confermate allora ci troveremmo di fronte a un
disastro ambientale. “Nessun danno per la salute”, ha detto il
procuratore. Ma ulteriori indagini sapranno dirci se il cemento così
prodotto avrà veleni finiti nella filiera dell’edilizia.
Inquietante un passaggio dell’ordinanza: in base alla perizia
effettuata da un consulente della Procura, le materie prime acquistate
dall’Ilva e utilizzate da Cementir c’erano scarti di scaglie di ghisa,
materiale lapideo, profilati ferrosi, pietrisco e loppa di sopravaglio
che «ne inficiano la capacità di impiego allo stato tal quale
nell’ambito del ciclo produttivo del cemento». Con quali conseguenze per
quel cemento prodotto? E dove è finito quel materiale? Potrebbero
emergere problemi di sicurezza? La Commissione bicamerale d’inchiesta
sul ciclo di rifiuti promette nuove indagini mentre l’utilizzo delle
scorie delle attività industriali nei cementifici così come previsto da
una legge del 2015, è contestato da tempo, dai Verdi come dal MoVimento 5
Stelle. In particolare la norma che prevede l’utilizzo delle scorie di
acciaieria dell’Ilva di Taranto sotto le strade, nelle massicciate
ferroviarie e nei recuperi ambientali senza effettuare test su
inquinanti. «Grazie a questa norma – denuncia il coordinatore dei Verdi
Angelo Bonelli – molti processi sono a rischio e molte indagini possono
essere indebolite».