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OsservatorioBorgoGiglione: Perche' aumenta la Tari?

 

fonte: osservatorioborgogiglione.it


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Economia circolare, da Scapigliato 4 milioni di euro per il via alla “Fabbrica dei materiali”

Giari: «Quattro anni fa abbiamo presentato un ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa. Oggi passiamo dalle parole ai fatti»











Con un investimento da quasi 4 milioni di euro inizia la messa a terra della “Fabbrica dei materiali” di Scapigliato, un tassello cardine del progetto avanzato dalla società – al 100% del Comune di Rosignano Marittimo – per rendere marginali i conferimenti di rifiuti in discarica favorendo il recupero di materia e di energia. Sarà la società Tonello energie (un player di riferimento nel settore ambientale, con sede nella provincia di Vicenza) ad occuparsi del completo revamping dell’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) già presente nel polo di Scapigliato, al cuore del primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

«Quattro anni fa abbiamo presentato un grande e ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a moderno e innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa, creando sviluppo, occupazione e un forte alleggerimento dell’impatto ambientale. Oggi – commenta Alessandro Giari, presidente e ad di Scapigliato (nella foto durante la firma del contratto con Tonello energie, ndr) – passiamo dalle parole ai fatti. Questa è la prima colonna della Fabbrica del futuro, a cui seguiranno nei prossimi mesi ed anni opere ben più importanti».

La Fabbrica del futuro rappresenta il percorso di risalita della gerarchia Ue per la gestione dei rifiuti intrapreso da Scapigliato, approvato con Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione nel 2019: all’interno di questo percorso entro il 2030 termineranno i conferimenti nella discarica più grande della Toscana, per dare spazio a forme di recupero dei rifiuti.

È in questo contesto che il nuovo Tmb verrà realizzato con le migliori tecnologie disponibili (Bat), che miglioreranno notevolmente gli aspetti ambientali – con la lavorazione in totale aspirazione dell’aria si elimineranno le potenziali maleodoranze – mentre al contempo la potenziata capacità di separazione e selezione del rifiuto garantirà una più elevata capacità di avvio a riciclo. Con le soluzioni robotiche che saranno sviluppate in corso d’opera, il Tmb diviene di fatto il primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

Ad oggi il Tmb di Scapigliato gestisce circa 45mila ton/anno di rifiuti urbani indifferenziati provenienti dalle nostre case, che qui vengono sottoposti a vagliatura meccanica per ottenere la separazione in sopravaglio (frazione secca) e sottovaglio (frazione organica). Grazie all’investimento stanziato per la Fabbrica del futuro il Tmb, una volta concluso il revamping, potrà trattare oltre 80mila ton/anno di rifiuti aumentando il rendimento di recupero dell’impianto – ovvero il rapporto tra la quantità complessiva di materiali selezionati avviati ad impianti di recupero e la quantità totale di rifiuti in ingresso – e anche l’efficienza con cui vengono selezionati meccanicamente i diversi materiali di cui sono composti gli scarti.

«Finalmente, dopo molte tribolazioni dovute alla situazione sanitaria che stiamo vivendo – sottolinea l’ing. Stefano Soncini, manager di esperienza internazionale nel settore delle costruzioni che per tre anni accompagnerà lo sviluppo degli investimenti di Scapigliato – siamo riusciti a dare avvio ad uno degli importanti progetti previsti nel programma di sviluppo della società che consentiranno di collocare il sito di Scapigliato fra i più moderni e tecnologicamente avanzati siti di trasformazione dei rifiuti a livello nazionale. Entro la prossima primavera confidiamo di dare inizio anche agli altri importanti progetti impiantistici e subito dopo daremo avvio agli interventi di natura paesaggistica finalizzati alla modellazione dell’area e alle piantumazioni, opere che costituiscono il naturale completamento di un grande progetto di trasformazione dell’intero sito di Scapigliato confermando che la società, oltre alla tecnologia, riserva grande attenzione alla sostenibilità ambientale e all’inserimento paesaggistico nel territorio».

fonte: www.greenreport.it


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OsservatorioBorgoGiglione: i Furbetti

 




















fonte: osservatorioborgogiglione.it


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New York ha trasformato la discarica di rifiuti più grande del mondo in un’oasi verde di piante native

Dopo la chiusura della discarica più grande del mondo, la Fresh Kills landfill, i funzionari e le organizzazioni no profit dello Stato di New York hanno facilitato una transizione che ha trasformato quello che era un enorme deposito di spazzatura in un’oasi verde per piante native.



Parliamo dell’ex discarica di Fresh Kills che una volta convogliava tutta la spazzatura di New York City, un luogo dagli odori pestilenziali e la cui vista, fatta di cumuli di rifiuti, si dice abbia raggiunto i 20 piani di altezza.

Ora quella discarica, ormai chiusa (dal 2001), è stata trasformata in un’immensa area verde, tre volte più grande di Central Park. Il desiderio di convertirla in un parco ha portato il Department of City Planning a ospitare un concorso internazionale di progettazione: il progetto per la creazione del più grande parco di New York City che è stato vinto dalla società Field Operations.

La conversione, come possiamo immaginare, non è stata facile e ha coinvolto oltre che tanta mano d’opera anche alcuni branchi di capre, introdotte nel 2012 per la loro capacità di ripristino ecologico.

Camion con milioni di tonnellate di terra ricca di ferro sono stati portati dal New Jersey per coprire i teli di plastica impermeabile che, a loro volta, isolavano e “coprivano” i cumuli di rifiuti, mentre i tubi di estrazione del metano convogliavano i fumi dei detriti sotterranei nelle case di Staten Island per alimentare il riscaldamento e le stufe.

Successivamente, sono stati piantati alberi e costruiti abbeveratoi di cemento per convogliare rapidamente l’acqua piovana lontano dalle colline dei rifiuti.

Il verde, che ora ricopre circa 150 milioni di tonnellate di spazzatura, è stato assicurato in tutta l’area grazie alla riscoperta di specie erbacee autoctone che forniscono anche l’habitat perfetto agli uccelli della zona.

Sono state proprio le erbe autoctone piantate a Freshkills ad attirare una popolazione sempre più numerosa di uccelli, inclusa la più grande colonia di passeri locustella nello Stato di New York.

Mancano ancora alcuni mesi alla riapertura ufficiale dell’area, il piano prevede tra l’altro un’apertura in più fasi: a partire dalla Fase 1 di North Park, in cui 21 acri saranno aperti al pubblico la prossima primavera, a quella finale in cui si potrà accedere a tutti i 2.200 acri del parco (entro il 2036).

Il sito web di Freshkills Park presenta alcune immagini che consentono di comprendere meglio la portata della trasformazione, lasciando la possibilità di immaginare cosa c’era prima. Potete farvi un’idea anche dal seguente video.




Una trasformazione lenta, difficile ma estremamente importante di un’area che viene in questo modo rivalutata e restituita ai cittadini.

Fonte: The New York Times


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Raccolta differenziata: 40% rifiuti riciclabili va in discarica

Circa il 40% dei rifiuti riciclabili finisce in discarica, compromettendo la raccolta differenziata in Italia: i numeri dello studio voluto da DS Smith.



Circa il 40% dei rifiuti riciclabili finisce invece in discarica. A fornire alcuni dati in merito alla raccolta differenziata in Italia è uno studio della One Poll, svolto per conto della DS Smith. In molti quelli che lamentano assenza di informazioni o indicazioni poco chiare.

Alta la percentuale degli italiani incerti su quali siano gli imballaggi e i prodotti che possono essere riciclati. Il 73% secondo lo studio. Arriva al 40% la quota di coloro che hanno ammesso di aver gettato rifiuti riciclabili nell’indifferenziata. Un comportamento che porta, a causa del mancato recupero dei materiali, a un danno di circa 390 milioni di euro all’anno.

L’assenza di informazioni dettagliate (secondo il 54% degli intervistati) in merito al riciclo delle confezioni o la totale assenza di indicazioni (40%) sono alla base di comportamenti scorretti. In alcuni casi orientati alla “prudenza”, ovvero al mancato conferimento nella raccolta differenziata per timore di inserire un rifiuto non riciclabile.

Il 65,5% dichiara di gettare rifiuti nell’indifferenziata quando incerto sul da farsi, mentre circa il 36% lo fa in maniera più sporadica. Oltre alla mancata indicazione sull’etichetta (indicata nel 45% dei casi), a pesare è anche la composizione multimateriale di alcuni imballaggi (33%). Incerto anche il comportamento in caso di contaminazione con altri tipi di rifiuti (23%). Il “riciclo prudente” impedisce il riciclo, sostiene DS Smith, di circa 9,1 milioni di tonnellate di rifiuti all’anno.

Dal lato opporto il 17,8% degli italiani conferisce nella raccolta differenziata rifiuti sui quali è in dubbio. Il 46% ha dichiarato di averlo fatto almeno una volta. La volontà di riciclare il rifiuto ha pesato per il 41%, seguita dalla disattenzione (33%) e dalla mancanza di informazioni (29%). Il 60% ha ammesso di conferire rifiuti con residui di cibo o bevande, compromettendo l’avvio a riciclo.


Raccolta differenziata: le 5 indicazioni di DS Smith

Al fine di migliorare le cose DS Smith ha lanciato, in collaborazione con la Ellen MacArthur Foundation, alcune regole per il Design Circolare. L’obiettivo è quello di aiutare le imprese a progettare imballaggi conferibili più facilie da conferire per i cittadini. 

Ha dichiarato Stefano Rossi, Packaging CEO di DS Smith:

C’è un innegabile desiderio di contribuire alla salvaguardia dell’ambiente da parte dei consumatori, anche attraverso il riciclo. Il problema è che ancora oggi molti imballaggi non sono riciclabili, le persone sono spesso confuse su cosa possa essere effettivamente avviato a seconda vita.

Abbiamo deciso di stilare i nostri principi di Design Circolare per contribuire alla soluzione di questo problema, aiutando le imprese a intercettare i bisogni dei consumatori. Con questi principi possiamo creare imballaggi adatti all’economia circolare, favorendo il riciclo ed eliminando sprechi e inquinamento. Inoltre, rendiamo più chiara l’informazione sugli imballaggi per aiutare i consumatori a riciclare sempre di più.

Questi i 5 punti chiave indicati da DS Smith per sostenere una corretta raccolta differenziata:

  • Proteggere i prodotti e i marchi – Innanzitutto, l’imballaggio deve saper proteggere adeguatamente il proprio prodotto, evitando impatti a livello economico e ambientale derivanti dallo spreco;

  • Ottimizzare l’utilizzo dei materiali – Ottimizzare dimensioni e peso dell’imballaggio permette di ridurre i rifiuti e di salvaguardare risorse naturali;

  • Pensare all’efficienza lungo la catena di fornitura – Un buon Imballaggio deve essere efficiente, ed essere ad esempio adeguato ottimizzando la logistica;
  • Riciclare e riutilizzare materiali – Un modo per eliminare gli sprechi è mantenere in vita il più a lungo possibile i materiali utilizzati, riciclandoli in maniera facile e veloce (14 giorni);
  • Continuare a lavorare sulla ricerca – Dobbiamo continuamente evolvere gli imballaggi pensandoli sempre più in chiave di economia circolare.


fonte: www.greenstyle.it

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Discarica di Bussi, sentenza storica: chi inquina paga

Il Consiglio di Stato condanna Edison alla bonifica, ora deve muoversi il ministero dell'ambiente. Guarda tutti i commenti




PESCARA. Chi inquina paga. Il Consiglio di Stato ha definitivamente sancito che la multinazionale dell'energia Edison, in quanto responsabile dell'inquinamento ambientale, deve provvedere alla bonifica dei due siti più inquinati della cosiddetta discarica dei veleni di Bussi sul Tirino . Si chiarisce così il contenzioso più importante che ha visto la Edison contro Provincia di Pescara (difesa dall'avvocato Matteo Di Tonno del Foro di Bologna)), Comune di Bussi, il Ministero dell'Ambiente e la Regione Abruzzo, questi ultimi due difesi dall'avvocatura di Stato, rappresentata da Cristina Gerardis, ex direttore generale dell'ente regionale abruzzese.

La sentenza è stata pubblicata oggi e prevede un intervento milionario, in particolare nelle aree 2A e 2B: dalla partita rimane fuori la discarica Tremonti che si trova sotto i viadotti autostradali. Ora i circa 50 milioni relativi al bando pubblico per la bonifica dei siti 2A e 2B e della stessa Tremonti assegnato dall'allora commissario per emergenza, il compianto Adriano Goio, fermo da anni, possono essere utilizzati per altre aree inquinate.

I COMMENTI.

CRISTINA GERARDIS (avvocato dello Stato): «Spero che dopo questa sentenza, che ha definito con mirabile chiarezza ogni questione, non si debba più sentire, in alcuna sede giudiziaria, come "scusa" per non intervenire sulle aree contaminate di Bussi, che all'epoca dei fatti era lecito seppellire rifiuti pericolosi sotto terra o buttarli a tonnellate nei fiumi; o che la Montedison (oggi Edison) non è responsabile per avere negli anni ceduto ad altri l'azienda, con complesse operazioni societarie».

MATTEO DI TONNO (legale della Provincia di Pescara): «La sentenza, credo storica, riconosce in maniera cristallina la responsabilità della Edison che ora è chiamata ad un intervento di risanamento integrale, come difensore dell'ente provinciale pescarese sottolineo la piena soddisfazione nell'aver visto riconosciuta la bontà del poderoso lavoro amministrativo che ha reso giustizia al territorio e all'intera regione Abruzzo».

STEFANIA PEZZOPANE (Gruppo Pd alla Camera): «E' una sentenza storica, che pone fine a qualunque dubbio. Le responsabilità sono state finalmente accertate, Edison ha purtroppo inquinato quelle zone, ed Edison deve provvedere a bonificarle, pulirle, ripristinarle com erano precedentemente. Una sentenza attesa da tanti abruzzesi, che ci auguriamo possa servire da esempio per tutti coloro che non rispettano il territorio e la natura. Dobbiamo avere cura di queste nostre terre, il miglioramento e la salvezza della Terra passano anche da queste battaglie».

SALVATORE LAGATTA (sindaco di Bussi): «Ora il Ministero firmi subito il contratto con la società che si è aggiudicata la gara per la bonifica delle due discariche della Montedison: se prima poteva esserci il pericolo di una rivalsa della Edison, ora con questa sentenza tutto viene a cadere. Quindi il Ministero dell'Ambiente faccia il contratto e si parta con i lavori».

FILOMENA RICCI (delegato Wwf Abruzzo): «Adesso almeno la zona 2A e 2B sarà risanata senza incidere sui fondi pubblici, cioè di tutti i cittadini, e lo Stato potrà impegnare in altro modo, sempre a favore di questo territorio martoriato, quel che rimane dei 50 milioni a suo tempo stanziati. Cogliamo l’occasione per rimarcare, ancora una volta, come sia necessaria anche una indagine epidemiologica più approfondita, come richiesto dallo stesso studio Sentieri: i cittadini hanno diritto di conoscere la realtà sino in fondo e senza aspettare altre decine di anni».

MAURIZIO ACERBO (segretario nazionale Rifondazione Comunista - Sinistra Europea) e CORRADO DI SANTE (segretario Federazione di Pescara): «La sentenza del Consiglio di Stato è un fatto storico. Ora il Ministero non ha più scuse per tergiversare rispetto alla firma del contratto con la ditta che deve effettuare la bonifica. Sono due anni che il Ministero rinvia con la scusa del contenzioso di Edison. Siano subito affidati i lavori e poi si mandi il conto a Edison. Ora evitiamo trucchi a favore di Edison da parte della politica: è noto che la società vorrebbe fare un suo piano di tombamento per ridurre costi. Il territorio ha pagato un prezzo già salatissimo all'irresponsabilità sociale delle imprese e all'ignavia della politica.

AUGUSTO DE SANCTIS (Forum H2O): «Da anni, prima con lettere inviate a tutti gli enti e poi con dichiarazioni messe a verbale ad ogni conferenza dei servizi al ministero, avevamo evidenziato la necessità di procedere dal punto di vista amministrativo, affiancando il procedimento penale che purtroppo ha scontato l'esistenza di termini di prescrizioni troppo brevi, attuando quanto peraltro previsto dal testo Unico dell'Ambiente. Chiedevamo, cioè, l'emanazione dell'ordinanza da parte della provincia per l'individuazione del responsabile della contaminazione e della doverosa bonifica in ossequio al principio comunitario "chi inquina paga"».

ANTONIO BLASIOLI (presidente della Commissione regionale d'Inchiesta sulla discarica dei veleni): «Una sentenza storica per l'Abruzzo e per quei territori che finalmente dopo anni di attesa possono sperare nel futuro».

SARA MARCOZZI (componente commisione d'inchiesta): «Adesso che non esistono più incertezze, non c'è più nessun motivo per aspettare. Chi ha sbagliato deve pagare fino in fondo, a cominciare dall'urgenza di dare il via alle bonifiche il più in fretta possibile. I cittadini di Bussi e dell'intera Val Pescara aspettano giustizia. Hanno già pagato un prezzo troppo alto in questi anni, e il ripristino dello stato naturale dell'ambiente, adesso che sappiamo con chiarezza chi ha la responsabilità dei lavori, non ha più motivo di essere ulteriormente rimandato per rimpalli di responsabilità».

ANTONIO DI MARCO (ex presidente della Provincia di Pescara): «La pronuncia del Consiglio di Stato è un’immensa soddisfazione perché va a certificare l’ottimo lavoro condotto grazie alla consulenza legale strategica dell'avvocato Matteo Di Tonno, alle responsabilità assunte con la firma dell'ordinanza da parte dell'avvocato Carlo Pirozzolo, già segretario generale della Provincia di Pescara con specifica funzione per quanto riguardava l'ambiente, alle indagini condotte dalla Polizia Provinciale guidata dal comandante Giulio Honorati, che hanno portato all’individuazione di Edison quale soggetto inquinatore. E questa sentenza sarà fondamentale anche per le sorti del sito ex Montecatini di Piano d'Orta, perché anche questo sito è stato oggetto di una specifica ordinanza della Provincia di Pescara».

fonte: https://www.ilcentro.it

Difficile riciclare i materassi. E così vince l’illegalità

















Nonostante la Brexit c’è una cosa che ci lega molto con gli inglesi: anche nel Regno Unito i materassi sono gli oggetti più comunemente scaricati illegalmente in strada. Ora però un’inchiesta del quotidiano The Guardian mette in luce un altro aspetto: la difficoltà tecnica di riciclare i vecchi materassi – sia per via della presenza delle molle sia per le plastiche difficili da disassemblare – che fa a pugni con un vero e proprio boom delle vendite dei materassi che, da Londra a New York ma anche da noi, ora sono offerte con le formule “entro 100 giorni puoi restituirlo senza pagare nulla”.


Il risultato? Il mercato a livello mondiale è cresciuto fino a 13 miliardi di dollari di fatturato, esistono pochi centri specializzati nel riciclo di questi prodotti e le discariche (ma anche i cassonetti sotto casa) si riempiono di questi manufatti fino ad essere smaltiti illegalmente nello Sri Lanka, come hanno testimoniato i reporter britannici.
Milioni di “pezzi” da smaltire ogni anno


Nel 2017, scrive il Guardian, il Regno Unito ha gettato via oltre 7 milioni di materassi, la maggior parte dei quali è andata direttamente in discarica. Zero Waste Scotland, un’associazione ecologista, ha stimato che “se i 600.000 materassi che la Scozia butta via ogni anno fossero impilati uno sopra l’altro, la pila sarebbe più di 100 volte più alta di Ben Nevis”, la montagna più alta delle Isole Britanniche, che arriva a 1.345 metri. Secondo la National Bed Federation, l’associazione nazionale di categoria, solo il 19% circa dei materassi viene riciclato. La ragione? Sono difficilissimi da riciclare, in primis, a causa delle le molle che inceppano o rovinano i tritovagliatori.


Anche negli Usa il problema è molto sentito: ogni anno si buttano 18,2 milioni di materassi, ma sono disponibili solo 56 strutture dedicate per riciclarli.

Il cambiamento del comportamento dei consumatori, scrive ancora il Guardiana è alla base di questa montagna di materassi in continua crescita. Fino a qualche anno fa secondo la ricostruzione del quotidiano si cambiava materasso ogni 8-10 anni ora invece, il boom di aziende che offrono l’acquisto con “il diritto di ripensamento” entro 100 giorni (negli Usa c’è chi lo estende fino a 365 giorni) sta facendo crescere a dismisura il problema dello smaltimento. Secondo alcune fonti l’acquisto on line di materassi avrebbe un tasso di restituzione del 20%.
I prodotti “ricoperti” e venduti come nuovi

E dove esiste un problema di smaltimento, spunta naturalmente la criminalità organizzata. I giornalista del Guardian raccoantno: “Esitono siti dove i truffutari raccolgono i materassi ‘usati’, selezionano quelli in buone condizioni, sostituiscono l’involucro esterno e quindi avvolgono in nuove coperture che spesso hanno il logo di un produttore noto e li rimettono in vendita come nuovi“.


C’è un altro modo per smaltire illegalmente i materassi usati: vengono esportati nelle discariche dei paesi in via di sviluppo.. Nel luglio 2019, conclude il Guardian, sono stati trovati 100 container di rifiuti britannici nel porto di Colombo, nello Sri Lanka. Erano stati inviati illegalmente lì, con il pretesto di riciclare i metalli.

fonte: https://ilsalvagente.it

Economia circolare: ridurre i rifiuti in discarica, più impianti e un mercato delle materie prime seconde

Ridurre drasticamente la quantità di rifiuti da smaltire in discarica o all'inceneritore richiede la realizzazione di molti impianti di riciclo e riuso dei rifiuti e un solido mercato delle materie prime seconde





















Ancora troppi rifiuti urbani vengono smaltiti in discariche collocate sul territorio nazionale, si tratta di valori alti, nonostante negli ultimi anni i rifiuti urbani destinati alla discarica siano stati dimezzati, seppure con diversità da territorio a territorio del Paese. La situazione andrà migliorando con il recepimento del pacchetto europeo sull'economia circolare che prevede la riduzione dello smaltimento in discarica, che dovrà scendere al 10% entro il 2035.
Al tempo stesso, la normativa sopra richiamata pone altri importanti obiettivi, quali:
  • il riciclaggio entro il 2025 per almeno il 55% dei rifiuti urbani (60% entro il 2030 e 65% entro il 2035)
  • il riciclaggio del 65% degli imballaggi entro il 2025 e il 70% entro il 2030
  • la raccolta separata dei rifiuti domestici pericolosi (entro il 2022), dei rifiuti organici (entro il 2023) e dei rifiuti tessili (entro il 2025).
Oggi, quindi, serve
  • aumentare la qualità della raccolta differenziata per garantire la preparazione al riutilizzo e riciclaggio degli stessi
  • investire in impianti innovativi che diano reale attuazione al modello di economia circolare.
Legambiente ha fatto alcune proposte contenute in diversi dossier, come, ad esempio, "Rifiuti zero, impianti mille" dove evidenzia come, nei prossimi anni, sarà necessario creare:
  • nuovi impianti di riciclo e riuso in particolare di trattamento e recupero della frazione organica (digestione anaerobica e compostaggio)
  • un mercato delle materie prime seconde.
Con la recente approvazione della legge n. 128 del 2 novembre 2019 di conversione del decreto “Crisi aziendali”, con cui si da una prima definizione alla complessa materia della disciplina giuridica della cessazione della qualifica di rifiuto, attraverso una nuova formulazione dell’art. 184 ter del D.lgs. 152/2006 relativo all’end of waste, si cerca di dare certezze a quelle imprese che operano nel settore dei sottoprodotti.
Al tempo stesso, sarà anche necessario applicare, "a largo raggio", la normativa sul GPP (Green Public Procurament), i cui obblighi sono disattesi, secondo Legambiente, da molte Pubbliche Amministrazioni.
Gli acquisti verdi (Green Public Procurament) costituiscono, infatti, uno dei driver principali per affermare l’economia circolarequesto mercato può essere implementato soprattutto dagli enti pubblici, per i quali è già previsto l'obbligo di acquistare materiali riciclati in una certa percentuale.
Purtroppo, come sottolinea l'associazione ambientalista, ancora oggi molte stazioni appaltanti pubbliche non rispettano i criteri ambientali minimi (CAM) e questo ostacola la creazione di un mercato solido dei materiali riciclati. L’Osservatorio Appalti Verdi di Legambiente, infatti, fa sapere che su 106 comuni interpellati, solo 88 hanno fornito risposte.
L’unica città che dichiara di applicare sempre i CAM è la città di Bergamo, mentre le città che hanno una percentuale di applicazione tra il 80 e l’99% rispetto ai 15 CAM monitorati sono: Ancona, Ferrara, Modena, Treviso, Udine e Vicenza. Questi comuni rappresentano il 7% dei comuni capoluogo.

I criteri minimi maggiormente utilizzati sono quelli relativi all’uso della carta (72,7%), agli strumenti quali uso delle stampanti e toner (58%), ai servizi di pulizia (52,3%). Le percentuali si abbassano notevolmente quando si esamina il tasso di attuazione del CAM sugli arredi per interni (39,8%), sulla ristorazione collettiva (37,5%), sull’illuminazione pubblica (34,1%). Edilizia (19,3%), gestione dei rifiuti (19,3%) e arredo urbano (18,2%) sono i contesti fanalino di coda che chiudono la classifica.
fonte: http://www.arpat.toscana.it

Acqua minerale al ristorante? In Spagna e Francia si beve quella del rubinetto, gli italiani preferiscono la bottiglia ed è record di consumi

















Nei sette giorni trascorsi nei Paesi Baschi spagnoli e francesi ho frequentato ristoranti, brasserie e tabernas dove ho sempre pasteggiato con acqua di rubinetto che loro chiamano agua de grifo e eau en bouteille. Il più delle volte il cameriere portava direttamente al tavolo la bottiglia senza richieste specifiche. In Italia, al contrario, la minerale si trova spesso sul tavolo del ristorante e chiedere l’acqua del sindaco come alternativa è sempre un’impresa. Anche se si dice sempre più sottovoce perché non è considerato un complimento, gli italiani sono i maggiori utilizzatori di acqua minerale in bottiglia.
Secondo l’ultima statistica firmata Beverfood nel 2018 abbiamo consumato 13,370 miliardi di litri. Stiamo parlando di 221 litri a testa, per una spesa familiare di circa 145 euro l’anno. Nel calcolo complessivo bisogna considerare anche 1,5 miliardi di litri esportati. Se esaminiamo  i consumi pro-capite in seconda posizione troviamo i tedeschi con 195, i francesi e gli spagnoli con 140, mentre gli inglesi arrivano a 50 circa. Escludendo quelle di vetro, il parco bottiglie italiano ammonta a quasi 12 miliardi di pezzi che nell’80-90% dei casi finiscono nei termovalorizzatori, negli impianti di incenerimento, in discarica e in parte vengono dispersi nell’ambiente. Anche se di poco i consumi sono  aumentati e i numeri sono a record. A dispetto dei numeri qualche segnale diverso a livello statistico si registra. Secondo l’Istat il numero di  famiglie che non si fidano di bere l’acqua di rubinetto sono passate dal 40% nel 2002  al 29% nel 2018, ma questa tendenza non incide sui consumi di acqua in bottiglia.  L’argomento viene poco trattato sui giornali e sui media perché il consumo esagerato non trova giustificazione in un Paese dove l’acqua del rubinetto in molti casi è di ottima qualità.
In Italia al ristorante solo acqua minerale ed è record mondiale di consumi
Un test condotto da Legambiente con l’Università di Milano Bicocca ha stabilito che l’acqua della rete idrica di Genova, Venezia, Milano e Palermo ha una composizione chimica confrontabile rispettivamente all’Acqua Panna, Rocchetta, Acqua Nepi e Acqua Claudia. Insomma il rubinetto come l’acqua minerale. I gestori della rete idrica pubblica mostrano però poco interesse rispetto ai consumi record. Per loro la cosa importante è garantire l’approvvigionamento e non si fanno troppe domande sulle perplessità di molti cittadini nei confronti dell’acqua di rete. Basta dire che buona parte delle persone ritiene i sassolini di calcare presenti nel filtro rompigetto corresponsabili dei calcoli renali. Al contrario le aziende imbottigliatrici fanno spot pubblicitari dove si vantano caratteristiche salutistiche come la scarsa presenza di sodio, l’alta percentuale di calcio e la minima presenza di sali con valori del tutto insignificanti se si considera il bilancio giornaliero.
Il quadro è disastroso ma non bisogna disperare. La borraccia è stato l’oggetto cult più regalato a Natale e moltissimi ragazzi e studenti hanno da tempo abbandonato le bottigliette di plastica a favore del contenitore in alluminio. Il segnale è importante. Speriamo che queste scelte possano ridurre i consumi di un prodotto troppo spesso inutile che ci posiziona al vertice di una classifica mondiale poco invidiabile.
fonte: www.ilfattoalimentare.it