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Cermec, il biodigestore da 23,4 milioni di euro inizia a prendere corpo

Ciacci: «Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica verso l’economia circolare»



Da un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati a un polo industriale votato all’economia circolare, con al centro un biodigestore anaerobico in grado di valorizzare la frazione organica dei rifiuti differenziata dai cittadini: è questo il cuore del Piano industriale elaborato da Cermec – società interamente pubblica, partecipata dai Comuni di Massa e Carrara – che è entrato adesso in una nuova fase grazie alla pubblicazione di un bando di gara europeo per la progettazione definitiva, da 430mila euro come base d’asta.

«Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica di Cermec verso l’economia circolare – commenta Alessio Ciacci, amministratore unico della società – Desidero ringraziare tutti gli enti coinvolti in questo percorso e grazie ai quali stiamo costruendo questa nuova grande opera ambientale, utile al territorio, ai lavoratori e alla cittadinanza. Un ringraziamento ai soci in primis, i Comuni di Massa e di Carrara, a Retiambiente, all’Ato costa, alla Regione Toscana. La continua e proficua collaborazione tra tutti gli enti sarà fondamentale per conseguire quanto prima questo importante obiettivo».

L’organico è infatti di gran lunga la frazione più pesante della differenziata, tanto che in Toscana rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti: si tratta di circa 150 kg procapite/anno di Forsu, una quota destinata a crescere insieme alla raccolta differenziata (oggi al 60%), eppure già oggi siamo in difficoltà a gestirla perché sul territorio mancano gli impianti adeguati a valorizzarla.

Il cosiddetto “turismo dei rifiuti” impatta su molte frazioni – come l’indifferenziato – ma per quanto riguarda in particolare l’organico l’Arpat segnala criticità molto accentuate: circa il 10% di quanto raccogliamo sul territorio con la raccolta differenziata viene spedito altrove, per carenza d’impianti adeguati di prossimità. Un dato che secondo il Ref ricerche comporta uno sbilancio pari a 201.410 tonnellate l’anno.

Per colmare questo gap, Cermec – con un piano industriale illustrato per la prima volta un anno fa – prevede la realizzazione di un biodigestore anaerobico in grado di produrre energia da fonte rinnovabile (biogas e biometano) oltre a compost impiegabile anche in agricoltura biologica, miscelando adeguatamente il materiale organico in uscita dai processi di biodigestione e con sfalci e potature del verde.

Come spiegano dalla società «gli impianti di digestione anaerobica saranno in grado di trattare circa 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili, è prevista l’introduzione delle tecnologia “a biocelle” per il compostaggio e la realizzazione di una linea per il trattamento dei fanghi da depurazione civile, per circa 15.000 t/anno; il tutto per un costo finale stimato di circa 23,4 milioni di euro».

L’incarico messo a gara prevede sia la progettazione sia tutti gli atti necessari a sottoporre il nuovo piano al vaglio della Regione toscana e di tutti gli enti a vario titolo competenti; per passare allo step successivo (esecutivo e affidamento opere), Cermec dovrà infatti prima ottenere le necessarie autorizzazioni (valutazione di impatto ambientale, revisione dell’Aia, Autorizzazione unica regionale.

Intanto negli uffici di via Longobarda si continua a lavorare sugli adempimenti della nuova Aia rilasciata lo scorso 16 giugno, con l’affidamento di alcune opere che ridurranno fin da subito alcuni impatti ambientali – come gli odori – così come la progettazione dei lavori per il completamento delle messe in sicurezza e bonifiche di terreni e falda: con il decreto dirigenziale n. 13635 del 4 agosto, infatti, è stato approvato il progetto di Bonifica dei suoli e sono state autorizzate le attività di Messa in sicurezza di rifiuti residui al di sotto degli edifici delle fosse di conferimento: verrà dunque realizzato un sistema di pompaggio delle acque di falda e di loro trattamento (Taf) che – dopo un periodo di verifica della funzionalità – potrà essere integrato nel più ampio progetto di bonifica della falda apuana.

fonte: www.greenreport.it


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Quasi tutti sbagliano a differenziarle, ma queste cose vanno nell’umido





Quando si tratta della raccolta differenziata “dove lo butto?” è tra le domande più frequenti. Per fortuna esistono app come Junker che ci forniscono una risposta immediata a tutti i dubbi in merito al riciclaggio.

Più consumiamo, più rifiuti produciamo. La nostra spazzatura è il riflesso di ciò che mangiamo e compriamo, ma soprattutto, di quanto siamo davvero impegnati a rispettare il principio delle 3R. Ridurre è sempre la scelta migliore, ma altrettanto importanti lo sono riusare e riciclare, e applicarle nel quotidiano servirà a mantenere uno stile di vita sostenibile che non ipotechi quello delle generazioni future.

Non importa quanto ci sforziamo, se differenziamo i rifiuti in maniera sbagliata, il nostro lavoro non solo sarà di scarsa utilità, ma intralcerà anche la possibilità di ottenere nuove risorse e come, nel caso dell’umido, compost e, in alcuni impianti, anche biometano. Dal momento che in Italia l’organico, con il 39,5% del totale, rappresenta la parte dei rifiuti più raccolta, è bene chiarire i vari dubbi riguardo il suo corretto trattamento.

Cosa SÌ va nell’organico

Premesso che la seguente è una lista generica di ciò che si può inserire nell’umido, nel caso aveste dei dubbi, vi consigliamo di informarvi sulle regole relative alla raccolta nel vostro comune di appartenenza o di usare Junker, un’applicazione che schiarisce facilmente qualsiasi dubbio riguardo allo smaltimento di ogni singolo prodotto o elemento, offrendo indicazioni corrette in base al vostro territorio.

Dunque, cosa va nell’umido?

Avanzi di cibo

Praticamente tutti gli avanzi di cibo che escono dalla nostra cucina, sia d’origine vegetale che animale, come: bucce di frutta e verdura, gusci della frutta secca, semi, pane, pasta, fondi di caffè, filtri di tè, gusci d’uovo, avanzi di formaggio, pesce, carne e anche le ossa se sono di piccole dimensioni.

I cartoni della pizza sporchi, le lettiere vegetali e non solo

Molti non lo sanno, ma i cartoni della pizza sporchi – precedentemente ridotti di volume – possono essere inseriti nell’organico insieme ai tovaglioli, la carta Scottex, i fazzoletti di carta, le stoviglie compostabili, gli stuzzicadenti, i fiammiferi e gli stecchini in legno. Persino le lettiere vegetali, la cenere e le foglie e le piante, se in piccole quantità, vanno smaltite qui.

E i gusci di molluschi e crostacei?

Dal momento che la decomposizione dei molluschi e dei crostacei è abbastanza lunga, non tutti gli impianti di compostaggio riescono a trattarli. Per questo, non potendo dare un’indicazione precisa al riguardo, la nostra raccomandazione è di verificare su Junker come vengono trattati questi rifiuti nel vostro comune, se nell’organico o nei rifiuti non riciclabili.

Cosa NON va nell’organico

Ogni elemento va correttamente separato, quindi gli alimenti ancora contenuti nella loro confezione non vanno mai nell’umido, come anche le ossa di grandi dimensioni, i pannolini, gli assorbenti, gli stracci, i sacchetti dell’aspirapolvere e la polvere, i medicinali, i mozziconi di sigaretta e le lettiere non vegetali.

E l’olio di cucina?

L’olio di cucina esausto non è biodegradabile, quindi non va nell’organico (e neanche buttato via nel lavandino). Per smaltirlo bisogna raccoglierlo in un contenitore e portarlo nell’isola ecologica o nel punto di raccolta più vicino. Tramite l’app potrete verificare se il vostro comune ha dei punti di raccolta specifici per questo rifiuto.

Compostaggio domestico

Se avete un orto, un giardino o un terrazzo potreste trasformare voi stessi i vostri rifiuti organici in concime. Attenzione però, non tutto l’organico va nella compostiera. Per sapere cosa mettere o no, anche in questo caso potete farvi aiutare da Junker. Basterà usare il tasto cerca, e se per il rifiuto è presente la dicitura OK Compost, allora potrete inserirlo nel vostro compostaggio domestico, facendo sempre attenzione alle indicazioni riportate nell’app.

Ancora dei dubbi sulla raccolta differenziata dell’organico?

Imparare a differenziare bene i rifiuti secondo le regole della raccolta locale potrebbe sembrare un compito difficile, ma per fortuna abbiamo degli strumenti che ci aiutano a realizzarla in maniera facile e pratica. Junker non è solo un’app mobile, ma una vera a propria piattaforma smart nazionale, che permette di identificare immediatamente un prodotto e, basandosi sulla geolocalizzazione dell’utente, indicare in maniera corretta come differenziarlo.

Ognuno di noi gioca un ruolo attivo importante per garantire la corretta gestione dei rifiuti e rafforzare l’economia circolare. Differenziando bene infatti contribuiamo a non sprecare le risorse e di conseguenza a salvaguardare l’ambiente. E se aveste ancora dei dubbi? Scaricate Junker. 
Buona raccolta differenziata!

fonte: www.greenme.it


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Economia circolare: ENEA brevetta innovativa compostiera domestica per gestire i rifiuti organici

 

ENEA ha brevettato un’innovativa compostiera per trasformare i rifiuti organici domestici in compost con elevate qualità agronomiche e nel rispetto dell’ambiente. Il dispositivo consente di risparmiare sia sull’energia consumata per attivare il processo aerobico che sulla tariffa per lo smaltimento dei rifiuti.


“La compostiera sfrutta un sistema di produzione di energia elettrica con pannello fotovoltaico integrato nella struttura che alimenta il sistema di aerazione, con una piccola resistenza elettrica per il pre-riscaldamento del materiale in ingresso. Grazie al controllo della temperatura è anche possibile velocizzare il processo nei periodi freddi”, spiega Daniele Fiorino del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA.

La compostiera è fornita di 3 camere poste in verticale separate da pannelli estraibili che permettono il trasferimento del materiale per caduta. Al suo interno è dotata di un sistema di movimentazione del materiale, di un sistema di fornitura di aria fresca che sfrutta il calore contenuto nei gas esausti prodotti dalla reazione di degradazione della sostanza organica e di un bio-filtro che assicura l’abbattimento della carica odorigena dei gas prodotti.

“Nel progettarla abbiamo pensato di realizzare un vero e proprio elettrodomestico: ne abbiamo previsto una versione stand-alone, ovvero autonoma, grazie all’integrazione di un pannello fotovoltaico nel coperchio di apertura, per una sua installazione in balcone, in giardino o in tutte le utenze isolate. Ma trattandosi di una compostiera domestica stagna, che non consente fuoriuscita di cattivi odori dovuti a rimescolamenti e/o emmissione di aria, è possibile anche un suo utilizzo in ambienti interni, direttamente allacciata alla rete elettrica”, aggiunge Daniele Fiorino.

La quantità di rifiuto che può essere trattato dal prototipo realizzato è di circa 5 kg/giorno, ma è in corso la realizzazione di prototipi più piccoli per un uso strettamente familiare.

Grazie al compostaggio domestico è possibile ridurre i volumi della frazione organica dei rifiuti, costituiti essenzialmente da acqua, e quindi i costi dovuti alla raccolta e movimentazione degli stessi. A regime, questo si tradurrebbe in una riduzione della tariffa sullo smaltimento dei rifiuti.

“La compostiera è un formidabile strumento casalingo di economia circolare, perché trasforma uno scarto in risorsa (compost), permette un risparmio di emissioni di CO2 equivalente nella filiera integrata di gestione dei rifiuti urbani e garantisce una totale indipendenza nella gestione dei propri rifiuti organici permettendo così alle singole utenze di ridurre il costo della tariffa. Dopo la fase di test stiamo migliorando il design dell’oggetto in modo che possa integrarsi gradevolmente con l’ambiente domestico circostante”, conclude Maria Velardi del Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali dell’ENEA.

La compostiera ha un TRL alto, pari a un Livello di Maturità Tecnologica 7 (su 9) che corrisponde a un prototipo sperimentato in ambiente operativo.


Per maggiori informazioni:

Maria Velardi, ENEA - Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, maria.velardi@enea.it

Daniele Fiorino, ENEA - Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali, daniele.fiorino@enea.it

fonte: www.enea.it

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Alessandra, che raccoglie gli avanzi dalle nostre cucine

A Bordeaux i rifiuti organici trattati con gli EM finiscono come compost nei campi. La pratica innovativa di un’associazione giovanile è incoraggiata dal Comune. Un video che dobbiamo far vedere anche al nostro Sindaco!



Per le strade di Bordeaux, si può incontrare un triciclo davvero insolito: una ragazza di 24 anni trasporta degli strani bidoncini. Alessandra Neyroud, insieme con l’associazione Recup', si è lanciata nel recupero degli scarti organici della città, che finiscono come compost nei campi e orti del circondario: raccoglie ben 50 tonnellate/anno di scarti; una goccia in confronto con le 87.000 t. prodotte in totale ogni anno... Ma fra 2 anni la raccolta differenziata dell’organico-umido in tutte le principali città in Francia diventerà obbligatoria… Alessandra, come gli altri giovani che si battono per un mondo migliore, conta di trovarvi il suo posto.




fonte: http://osservatorioborgogiglione.it/

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Cosa fare se i sacchetti sono compostabili ma le etichette del prezzo e i bollini della frutta no?

 










Quando il 1 gennaio 2018 è entrata in vigore la legge che obbligava i consumatori a utilizzare sacchetti compostabili per frutta, verdura e prodotti alimentari sfusi in vendita nei supermercati e nei negozi, il legislatore si è dimenticato delle etichette che vengono attaccate sui sacchetti per indicare il prezzo. La campagna creata per la riduzione della plastica non ha considerato questo piccolo problema che si pone per centinaia di milioni di sacchetti che usiamo ogni anno in Italia. La maggior parte delle etichette del prezzo che vengono applicate sui sacchetti di materiale compostabile, non sono biodegradabili ed è molto probabile che nella maggior parte dei casi finiscano erroneamente nel rifiuto umido insieme al sacchetto.

Il problema si pone anche per i sacchetti di carta del pane venduto nei supermercati che spesso sono fatti con materiale compostabile, mentre l’etichetta del prezzo non essendo quasi mai “eco” dovrebbe essere ritagliata e tolta, prima di gettare il sacchetto nel bidone della carta o dell’umido.


Solo alcuni bollini utilizzati per etichettare la frutta sono compostabili

Anche per la frutta marchiata con bollini multicolore che evidenziano la marca e il logo del produttore si pone un problema analogo. All’inizio c’erano solo le banane, poi sono arrivate le mele del Trentino, le pere dell’Emilia-Romagna e ormai molti tipi di frutta hanno il bollino autoadesivo. In questo caso se non si ha l’accortezza di scollarlo, il bollino finisce nel contenitore del rifiuto umido di casa. A questo punto viene spontaneo chiedersi quante persone hanno l’accortezza di togliere la piccola etichetta autoadesiva? “Melinda – precisa il consorzio – da anni porta avanti la ricerca per ottenere bollini biodegradabili in grado di essere utilizzati nella filiera di lavorazione che prevede movimentazione attraverso l’acqua e il mantenimento in celle ad umidità oltre il 90%. Ad oggi non sono ancora disponibili bollini compostabili in grado di resistere al processo di lavorazione, capaci di evitare l’innesco dei processi di degradazione del materiale. Le uniche soluzioni ad oggi esistenti sono applicabili “a valle” della filiera, le stesse che attualmente Melinda utilizza per la produzione biologica, nonostante impongano la necessità di essere applicati in modo non automatico e quindi comportino un impegno di manodopera molto importante”.

Cambiare però si può, visto che alcune catene di supermercati, come Iper, Bennet o Esselunga hanno adottato per le etichette del prezzo del sacchetto del pane e dell’ortofrutta materiale compostabile. La stessa cosa hanno fatto alcuni consorzi per i bollini della frutta.




fonte: www.ilfattoalimentare.it


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OsservatorioBorgoGiglione: Perche' aumenta la Tari?

 

fonte: osservatorioborgogiglione.it


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Fanghi di depurazione, una spallata all’emergenza grazie al Recovery fund?

Utilitalia: "Le nostre associate hanno proposto progetti dal valore complessivo di quasi 2 miliardi di euro, 700 milioni dei quali incentrati sullo sviluppo della bioeconomia"




Recovery fund ed economia circolare possono andare d’accordo. La dimostrazione è quanto emerso all’assemblea annuale del Cluster SPRING dove Giordano Colarullo, direttore generale di Utilitalia (la Federazione delle imprese idriche, ambientali ed energetiche) ha spiegato il significativo valore degli investimenti in programma – si parla di due miliardi di euro – in particolare per la gestione dei rifiuti organici urbani (che in Italia ammontano a 7,1 milioni le tonnellate tra umido, verde e altre matrici organiche provenienti dalla raccolta differenziata) – e i fanghi di depurazione.

“Già oggi il mondo delle utilities è uno dei protagonisti della bioeconomia urbana – ha spiegato Colarullo – ora la sfida è quella di replicare in tutto il Paese le esperienze virtuose e di inquadrare gli investimenti necessari al suo sviluppo nel solco del Recovery fund”. Per Colarullo “l’utilizzo del Recovery fund contribuirà ad accelerare la transizione verso l’economia circolare e, in questo contesto, le nostre associate hanno proposto progetti dal valore complessivo di quasi 2 miliardi di euro, 700 milioni dei quali incentrati sullo sviluppo della bioeconomia”.

E il settore preponderante, come detto, è quello della gestione dei rifiuti organici urbani e i fanghi di depurazione, alla luce del forte impatto che possono avere sull’ambiente e sulla salute. Ricordiamo che nel 2018 in Italia la produzione annua di fanghi da depurazione si è avvicinata a 3 milioni di tonnellate, un numero destinato a crescere se saranno realizzati e messi in esercizio i depuratori nelle zone che ne sono carenti, per ottemperare agli obblighi derivanti dalla direttiva 91/271/CE in materia di trattamento delle acque reflue. Nello stesso anno i fanghi smaltiti sono stati il 56,3% e solo il 43,7% sono stati recuperati.

“Il nuovo pacchetto di direttive economia circolare – ha spiegato Colarullo – porterà ad un aumento della quantità di rifiuti organici da trattare, e al contempo a un incremento della produzione dei fanghi di depurazione, rispetto ai quali l’approccio attuale alla loro gestione non è in grado di sfruttare il loro potenziale per estrarre materiali come il fosforo e il potassio”.

Al contempo “il biometano prodotto dai rifiuti organici e dai fanghi di depurazione rappresenta una fonte energetica rinnovabile, nazionale, sostenibile, la cui valorizzazione consente di promuovere un’economia circolare su scala locale, ecosostenibile e a basse emissioni: la produzione di biometano ha prospettive molto interessanti per il nostro Paese, che dispone di un sistema infrastrutturale capillarmente diffuso sul territorio e del più grande mercato europeo di veicoli a metano”.

In questo quadro, “Utilitalia intende essere un motore di spinta per lo sviluppo di una bioeconomia circolare nel settore dei servizi pubblici, lavorando sul fronte del ciclo idrico al potenziamento degli impianti di depurazione, a una gestione integrata dei fanghi e alla definizione di una strategia nazionale per la loro gestione; sul fronte della gestione dei rifiuti, l’obiettivo sarà quello di stimolare e consolidare lo sviluppo delle infrastrutture per il trattamento della frazione organica, incentivandone la valorizzazione di materia e la produzione di biometano, anche semplificando e riducendo i tempi delle procedure autorizzative”.

fonte: www.greenreport.it


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Nuovi prodotti dal trattamento dei rifiuti organici

È importante dare valore ai rifiuti organici in modo che abbiamo un mercato di riferimento, questo è il primo passo per avviare processi che tengano conto dei principi dell'economia circolare











Dal rapporto ISPRA ” Rifiuti urbani 2019″ emerge che, a livello nazionale, il 35% circa dei rifiuti annualmente prodotti è rappresentato dalla frazione organica, costituita dai rifiuti biodegradabili da cucine e mense e dalla manutenzione di giardini e parchi. Di questi, più del 40%, viene avviato a riciclaggio.

È presumibile che nel futuro i rifiuti organici aumenteranno, infatti, la nuova direttiva sui rifiuti, non ancora recepita, ha introdotto alcuni cambiamenti per quanto riguarda la loro gestione, prevedendo anche l’obbligo per tutti gli Stati membri di raccogliere separatamente i rifiuti organici o assicurare il riciclo a partire dalla fine del 2023 nuovi targets per la preparazione per il riuso e il riciclaggio dei rifiuti urbani, che, in accordo con la direttiva sulle discariche, necessita di individuare una corretta gestione dei rifiuti organici.

ISPRA ci conferma che è già in aumento, infatti, dai dati pubblicati emerge che il trattamento della frazione organica della raccolta differenziata (umido + verde) passa da 5,9 milioni di tonnellate a 6,3 milioni di tonnellate, evidenziando una crescita di 431 mila tonnellate, pari al 7,3%.

Il pro capite nazionale di trattamento biologico dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, nel 2018, è pari a 105 kg/abitante con valori molto diversi nelle singole aree geografiche:
155 kg/abitante al Nord
57 kg/abitante al Centro
65 kg/abitante al Sud.



In considerazione del fatto che non tutte le regioni sono dotate di una sufficiente impiantistica che rende possibile “chiudere il cerchio” della gestione di questa particolare tipologia di rifiuti, l’organico subisce una movimentazione all’interno del Paese.

Il quantitativo complessivo dei flussi movimentati nell’anno 2018 risulta pari a circa 1,7 milioni di tonnellate.

Nel grafico sottostante si evidenzia l’andamento dei quantitativi di rifiuti gestiti nel periodo dal 2009 al 2018, con il dettaglio riferito alla frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata (umido + verde).

L’analisi dei dati mostra un’evoluzione del settore sia riguardo alle quantità complessive (+79,5% tra il 2009 ed il 2018), che alla frazione organica, i cui quantitativi aumentano anche in percentuale maggiore.



Per quanto riguarda la composizione della frazione proveniente dalla raccolta differenziata, ISPRA riporta che, nell’anno 2018, questa è costituita, in prevalenza, da
“rifiuti biodegradabili di cucine e mense” (codice EER 200108), con un quantitativo di circa 4,6 milioni di tonnellate, pari al 72,4% del totale
“rifiuti biodegradabili” di giardini e parchi (codice EER 200201), con circa 1,7 milioni di tonnellate, rappresentano il 26,8% del totale
rifiuti dei mercati” (codice EER 200302), con 48 mila tonnellate, costituiscono una quota residuale dello 0,8%.



Per quanto riguarda le tecnologie di trattamento adottate a livello nazionale, l’analisi dei dati mostra che circa 3,3 milioni di tonnellate (il 51,6% del totale trattato) di frazione organica da raccolta differenziata viene gestito in impianti di compostaggio circa 2,8 milioni di tonnellate, che rappresentano il 43,6% del totale complessivo, viene avviata al trattamento integrato (anaerobico/aerobico), affermando un significativo trend positivo che interessa negli ultimi anni il recupero dei rifiuti organici circa 304 mila tonnellate (circa il 4,8%) viene trattato in impianti di digestione anaerobica, modalità di gestione in incremento, sia dal punto di vista impiantistico, con 23 impianti che di quantitativi gestiti, con aumento di 16 mila tonnellate, corrispondenti ad un più 5,7% (+37,9% rispetto al 2015).

La digestione anaerobica assume una funzione sempre più importante nel trattamento delle frazioni organiche selezionate, proprio per la possibilità di abbinare al recupero di materia quello di energia. Infatti, oltre alla produzione del digestato da utilizzare in campo agricolo attraverso il processo di compostaggio, tale tipologia di gestione comporta la formazione di biogas che può essere utilizzato direttamente ai fini energetici per la cogenerazione di energia elettrica e termica, oppure, negli impianti di ultima generazione, sottoposto ad un processo di rimozione della CO2, che ne permette la trasformazione in biometano e la successiva immissione in rete al posto del gas naturale o per l’autotrazione. Secondo le informazioni messe a disposizione da ISPRA, nel 2018, sono 5 gli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico che effettuano la produzione di biometano, ubicati
uno in Piemonte nella provincia di Torino,
due in Lombardia, nelle province di Bergamo e Lodi,
uno in Emilia Romagna, in provincia di Bologna
uno in Calabria, nella provincia di Cosenza.

L’impianto umbro (nella provincia di Perugia) dotato di tale tecnologia è operativo dal 2018 ma ha iniziato la produzione di biometano nel 2019.

A questi, si aggiungeranno nei prossimi anni, sette impianti, attualmente in fase di riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato, localizzati in Piemonte, Lazio, Puglia e Calabria e 6 nuove unità in corso di realizzazione in Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio e un’ulteriore riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato è stata inoltre autorizzata per un impianto in Abruzzo. Questi impianti dovrebbero entrare in esercizio entro il 2021.

Se, da molti anni, il compostaggio si presenta come il primo metodo per gestire questa particolare tipologia di rifiuti, vediamo che cominciano a presentarsi nuovi scenari, come ci conferma anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente; grazie alle tecnologie più innovative, infatti, si è in grado di gestire i rifiuti organici trasformandoli in nuovi prodotti, come i biocarburanti.

Le bioraffinerie, ve ne sono più di 800 in tutta Europa, utilizzano questi particolari rifiuti per produrre biocarburanti, come l’etanolo, il metanolo e l’idrogeno, sfruttando principalmente rifiuti di tipo omogeneo provenienti dall’agricoltura, dalla lavorazione degli alimenti, compresi i mangimi e una quota parte anche di rifiuti di tipo urbano, in particolare quelli organici.

Secondo il report dell’ Agenzia Europea dell’Ambiente, “Bio Waste in Europe”, oggetto di una notizia su Arpatnews, svariati sono i nuovi prodotti ricavabili dall’utiizzo dei rifiuti organici, tra questi anche la produzione di acidi grassi volatili utilizzati nei bio-carburanti o nella creazione di plastiche “bio-based”. Negli anni è cresciuta l’attenzione sulla possibilità di ottenerli dai rifiuti organici, in particolare da quelli alimentari, che contengono materia organica in elevate quantità, con alte concentrazioni di idrogeno e fosforo. Si tratta di creare un’alternativa più sostenibile, evitando che questi acidi vengano estratti dai carburanti fossili attraverso operazioni di sintesi. La produzione di acidi grassi volativi attraverso la digestione anaerobica è in incremento ma la sua produzione su larga scala è stata testata solo con uno spettro ristretto di rifiuti organici, sono pertanto richiesti maggiori sviluppi, per rendere la produzione su larga scala sostenibile e fattibile economicamente.

Un altro interessante impiego è quello del recupero di nutrienti dai rifiuti organici. La possibilità di recupare fosforo trattando i rifiuti organici sta riscuotendo molta attenzione, in quanto siamo di fronte ad una risorsa non rinnovabile, in via di esaurimento ma di cui c’è molta domanda soprattutto da parte dell’agricoltura, dove i nutrienti, come questo, sono molto richiesti. Con questo tipo di recupero si ridurrebbe sia la dipendenza da risorse non rinnovabili che l’eutrofizzazione dell’acqua. I processi impiegati per recuperare il fosforo dai rifiuti organici necessitano ancora di qualche miglioramento per ottenere un prodotto finito di maggiore qualità e per abbattere alcuni costi di produzione ancora piuttosto elevati. L’utilizzo della membrana vibrante per il recupero del fosforo è molto innovativa ma la sua applicabilità tecnica è ancora tutta da dimostrare.

L’estrazione di idrogeno, considerato come una fonte di energia pulita, dai rifiuti organici è un’altra possibile alternativa, molto innovativa ma che mostra ancora molti limiti e il suo utilizzo su larga scale è molto lontano.

A queste forme di recupero si aggiungono una serie di sistemi per convertire i rifiuti organici in energia, che comprendono la pirolisi, la carbonizzazione e la gassificazione.

Per approfondire: Rapporto ISPRA Rifiuti Urbani – 2019 e Rapporto EEA Bio-waste in Europe

fonte: https://www.snpambiente.it

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Fare bene la raccolta dell’organico conviene, a noi e al pianeta















Un’analisi aggiornata e puntuale del settore del settore del riciclo dell’organico, che punta sempre di più sulla circolarità dei processi industriali per garantire una qualità elevata degli scarti organici e contribuire a contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Dando, inoltre, un aiuto prezioso all’economia del nostro paese.

Persino al miglior riciclatore del mondo, anche al più motivato e meglio attrezzato, sarà successo almeno una volta di accorgersi che i sacchetti biodegradabili per l’umido sono finiti, e di pensare, con un pizzico di vergogna, “solo per stavolta, uso quello di plastica, dovrebbe essercene uno in fondo all’armadio…”. In realtà, questa scena dev’essere molto frequente (e di certo si accompagna a molti meno ripensamenti), almeno a giudicare dai risultati di un’indagine condotta da Cic e Corepla che ha calcolato quanta plastica finisce nel circuito del compostaggio (e quanta bioplastica finisce invece in quello del riciclo meccanico). Secondo lo studio, più del 36% dei sacchetti usati per la raccolta dell’umido non sono infatti compostabili: si tratta soprattutto dei tradizionali shopper in plastica (ce ne devono essere ancora moltissimi nascosti in fondo agli armadi, visto che sono ormai fuorilegge…) e dei sacchi per l’indifferenziato.
Quello della qualità della raccolta dell’umido – elemento centrale sia per l’ottimizzazione del processo di trattamento, con la riduzione degli scarti avviati a smaltimento e la riduzione dei costi, sia per ottenere un fertilizzante organico con un’elevata qualità agronomica – è uno dei temi centrali Biowaste – Risorsa per l’economia circolare, volume in formato digitale curato da Massimo Centemero ed Elisabetta Bottazzoli che sintetizza i risultati dell’attività del Consorzio Italiano Compostatori e ne delinea le prospettive future.

Il bilancio tracciato nel testo è complessivamente positivo: i numeri della raccolta della frazione organica sono in crescita, sia per il miglioramento dei sistemi di raccolta separata dei rifiuti sia per il ruolo, sempre più rilevante, delle regioni del Meridione e delle Isole. In particolare, nel 2018 in Italia la raccolta dell’umido e del verde ha superato i sette milioni di tonnellate, che corrispondono a quasi 120 chilogrammi pro capite/anno. Numeri importanti, che fanno ben sperare per il raggiungimento degli obiettivi (molto ambiziosi) fissati dal Pacchetto sull’economia circolare del Parlamento europeo per la gestione dei rifiuti: si punta infatti al 65% al 2035 di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio degli urbani, mentre per quanto riguarda il divieto di collocamento in discarica degli urbani il target è massimo il 10% al 2035. Secondo i curatori del volume, una nota negativa è rappresentata dalla stagnazione della raccolta differenziata della frazione verde che, dopo avere raggiunto i due milioni di tonnellate, a partire dal 2016 ha interrotto il trend di crescita, arrivando addirittura a una flessione in alcuni anni.
In ogni caso, il quadro rimane incoraggiante, con prospettive di crescita molto interessanti anche in un’ottima di economia circolare. Il direttore del Consorzio, Massimo Centemero, dedica infatti diverse pagine al biometano ricavato attraverso dei processi di upgrading delle linee di produzione del biogas. Il biometano così ottenuto è di qualità pari o superiore di quello di origine fossile, e può essere usato nei trasporti e per le utenze domestiche e industriali. Al 2019 la produzione potenziale di biometano dei primi nove impianti operativi si aggirava intorno ai 100 milioni m3/anno, ma secondo le stime del Cic, qualora tutti gli impianti di taglia medio-grande si riconvertissero alla produzione di biometano da rifiuti organici, si potrebbe arrivare a circa 500 milioni m3/ anno, con ricadute estremamente positive per l’economia e l’occupazione.

Inoltre, a fronte della preoccupante accelerazione delle manifestazioni dei cambiamenti climatici, nel libro viene più volte rimarcato il contributo fondamentale che la produzione di compost può dare al sequestro del carbonio nei suoli. L’aumento delle temperature e le variazioni nei regimi delle precipitazioni (combinati con pratiche agricole invasive) rischiano infatti di trasformare i suoli, che oggi sono ancora assorbitori netti di carbonio, in sorgenti di CO2, con il rischio di innescare retroazioni positive molto pericolose. L’aggiunta di compost contribuisce invece a mantenere in salute i suoli e a preservarne la fertilità e la biodiversità. Anche se queste considerazioni possono sembrare remote, secondo i dati presentati in occasione dell’ultima giornata mondiale contro la desertificazione, le percentuali di territorio a rischio desertificazione nel nostro paese sono del 70% in Sicilia, del 58% in Molise, 57% in Puglia, 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50% (complessivamente il 20% del territorio italiano in pericolo di desertificazione.
Un motivo in più per pensarci, la prossima volta che ci viene la tentazione di recuperare quel vecchio sacchetto nascosto in fondo all’armadio.

fonte: https://www.puntosostenibile.it



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Rapporto EEA: la gestione dei rifiuti organici in Europa



















L’economia circolare europea e le politiche sui rifiuti ritengono quelli organici una tra le principali chiavi per una “moderna” gestione dei flussi di rifiuti. Proprio in considerazione della loro importanza e del loro potenziale, questo nuovo report, recentemente pubblicato dall’Agenzia Europea per l’ambiente (EEA), approfondisce questo tema, articolandosi in più capitoli, dove si affronta la questione dell’importanza del trattamento dei rifiuti organici in Europa offre una panoramica sui sistemi di raccolta e gestione dei rifiuti organici e gli output che possono derivare dal loro corretto trattamento focalizza l’attenzione sui rifiuti alimentari, soffermandosi in particolare sulle politiche e misure per la riduzione di questa particolare tipologia di rifiuti fa il punto sulla gestione del compost e del digestato e su come creare un mercato per questi particolari prodotti guarda all’innovazione e alla ricerca per valorizzare i rifiuti organici traendone e trasformandoli in nuovi prodotti.




I rifiuti organici rappresentano un quantitativo superiore al 34% del complesso dei rifiuti urbani, raggiungevano, nel 2017, 86 milioni di tonnellate nell’UE a 28. Partendo da questi dati, è facile da capire il motivo per cui riciclare i rifiuti organici costituisca un punto cruciale per raggiungere l’obiettivo posto dall’UE: raggiungere il 65% di riciclo dei rifiuti urbani entro il 2035.



Inoltre la gestione sostenibile dei rifiuti organici contribuirà a dimezzare, entro il 2030, la quantità di rifiuti urbani prodotta, infatti, una quota parte di questi sono costituiti da rifiuti organici non differenziati.

Per raggiungere gli obiettivi contenuti nell’Action Plan dell’Unione Europea sull’economia circolare è necessario che gli amministratori a livello nazionale, regionale e locale insieme agli stakeholders prendano importanti decisioni, nelle prossime decadi, per la gestione sostenibile di questa particolare tipologia di rifiuti.

Per questo il nuovo report dell’EEA sui rifiuti organici si rivolge in particolare agli amministratori, fornendo le basi della conoscenza in questo ambito e supportando l’implementazione dei processi di gestione di questi rifiuti con lo scambio di esperienze e buone pratiche.

Allo stato attuale, il livello di raccolta differenziata, in generale e nello specifico per questo tipo di rifiuti, differisce, anche in modo considerevole, da un paese all’altro all’interno dell’UE, in particolare alcuni paesi membri appaiono alquanto lontani dal raggiungere il pieno potenziale derivante da una corretta gestione di questa particolare tipologia di rifiuti, anche l’implementazione dei sistemi di raccolta differenziata si mostra piuttosto lenta oltre che complessa.



Per superare queste differenze è necessaria una politica dei rifiuti coordinata, che comprenda in sé anche la strategia sui rifiuti organici, insieme a strategie tese al raggiungimento dei valori dell’economia circolare, in particolare è necessario puntare su:
il principio in base al quale si paga in base a quanti rifiuti si produce
incentivi chiari che stimolino a differenziare i residui organici dagli altri tipi di rifiuti
senso di consapevolezza e corretta informazione dei consumatori
capacità di trattare i volumi di rifiuti organici differenziati



Gli scarti alimentari, invece, rappresentano i due terzi (circa il 60%) di tutti i rifiuti organici provenienti dalle abitazioni private e da situazioni analoghe.

Più che per altri tipi di rifiuti, ridurre la quantità di cibo gettato costituisce una responsabilità anche morale per la nostra società. Fortunatamente, nella maggior parte dei paesi membri dellUE, ridurre gli sprechi alimentari rappresenta una priorità nella politica di prevenzione dei rifiuti.



Le azioni più comuni per arrivare alla riduzione di rifiuti alimentari passano dalla consapevolezza e dalle campagne di informazione. Altre misure che vengono adottate sono: la redistribuzione del cibo attraverso l’utilizzo di piattaforme e l’incremento delle vendite di cibo di “seconda classe”. In ogni caso, misurare l’efficacia delle misure e delle politiche di prevenzione rimane una sfida. Nel futuro, i dati armonizzati consentiranno di comparare gli impatti potenziali delle diverse politiche di prevenzione adottate nei paesi europei.

Il compostaggio (trattamento in presenza di ossigeno) e la digestione anaerobica (in assenza di ossigeno) sono al momento le due tecniche maggiormente utilizzate. Il compostaggio risulta, ad oggi, dominante ma la digestione anaerobica è in aumento. Quest’ultima è in grado di generare biogas, risultando una fonte di energia rinnovabile.

Il tipo di trattamento scelto dipende dalla composizione dei rifiuti organici e dalle specificità dei sistemi di raccolta differenziata ma si può affermare che la digestione anaerobica fornisca maggiori benefici ambientali.

Per chiudere il cerchio, il compost e il digestato dovrebbero essere di buona qualità in modo da essere impiegato per migliorare e fertilizzare il terreno. Per creare un mercato del compost e del digestato è necessario che l’intero processo e il prodotto finale siano di alta qualità in modo anche da generare fiducia nel consumatore.Questo può essere fatto solo separando i rifiuti organici all’origine in modo da garantire la produzione di un compost o un digestato di qualità in grado di apportare nutrienti, azoto minerale, fosforo e potassio, ai terreni depauperati, migliorandone la capacità di trattenere l’acqua e nutrienti oltre che quella di stoccare carbonio, rendendolo più fertile.

Dei paesi assoggettati a verifica da questo report, 24 hanno o stanno sviluppando standard nazionali di qualità per il compost. Di questi 12 hanno già un sistema di gestione in qualità del compost e schemi di garanzia del processo, che garantiscono standard di qualità per prodotti come il terriccio.

È stato stimato che, in Europa, 134 mila tonnellate di azoto e 44 mila tonnellate di fosforo vengono perse a causa di un’errata raccolta differenziata dei rifiuti organici di provenienza urbana.

Svariati prodotti di uso comune, come le borse di plastica, ma anche molti altri beni, sono classificati come “compostabili” o “biodegradabili”, in alcuni paesi, questi vengono utilizzati per la raccolta differenziata di questa particolare tipologia di rifiuti ed evitare contaminazioni con altri materiali plastici, mentre, in altri Stati tutto questo non viene fatto.

La capacità di degradarsi di questi sacchetti dipende da varie condizioni, come, ad esempio, la presenza di umidità ed ossigeno, per questo il loro uso necessita di un’attenta valutazione e una capacità di trattamento da parte dell’impianto di gestione dei rifiuti, in genere, le plastiche dei sacchetti non sono biodegradabili durante il processo di digestione anaerobica.

I prodotti compostabili non sono necessariamente biodegradabili in natura o nella compostiera domestica, per questo è molto importante che vi siano etichette chiare, istruzioni d’uso e disposizioni sulla biodegradabilità e compostabilità delle plastiche per una buona gestione dei rifiuti organici.

Nel 2018, la direttiva sui rifiuti, sottoposta a modifiche, ha introdotto importanti cambiamenti per quanto riguarda i rifiuti organici, in particolare, ha previsto:
l’obbligo per tutti gli stati membri di raccogliere separatamente i rifiuti organici o assicurare il riciclo a partire dalla fine del 2023
nuovi targets per la preparazione per il riuso e il riciclaggio dei rifiuti urbani, che, in accordo con la direttiva sulle discariche, necessita di individuare una corretta gestione dei rifiuti organici
l’obiettivo di ridurre gli scarti alimentari in linea con quanto stabilito dagli obiettivi di sviluppo sostenibile, prevedendo di dimezzarne i quantitativi prodotti entro il 2030
l’imposizione per tutti gli Stati membri UE di misurare e riportare i dati raccolti sulla produzione dei rifiuti alimentari generati ogni anno.

I rifiuti organici hanno un importante potenziale non solo come fertilizzanti in grado di migliorare i terreni ma anche in termini di nuovi prodotti, come il biocarburanti e non solo.

Per approfondire: EEA Bio-waste in Europe

fonte: https://www.snpambiente.it


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Il nuovo piano industriale porta cermec nell’economia circolare

Una svolta storica quella presentata oggi da Cermec: da impianto di trattamento, principalmente di rifiuto indifferenziato, ad impianto di valorizzazione e recupero dei materiali da raccolta differenziata.



Ad un anno dalla nomina come amministratore unico , Alessio Ciacci, assieme ai soci di Cermec spa(il Comune di Carrara ed il Comune di Massa) presenta una svolta epocale per l’azienda:il nuovo Piano Industriale. Mentre si avvicina la chiusura degli impegni economici legati alla fase del concordato, iniziato nel 2011, l’azienda guarda al futuro cambiando pelle e preparandosi alle sfide di sostenibilità che l’economia circolare ed i cambiamenti climatici oggi richiedono.
«È stato un anno intenso quello che ho condiviso con i soci ed i lavoratori di Cermec – affermaAlessio Ciacci – e voglio ringraziare tutti per l’impegno collettivo che ha assicurato la stabilità all’azienda, la garanzia di trattamento dei rifiuti del territorio, tariffe sempre più competitive, trasparenza e partecipazione.Ora vogliamo fare uno scatto per costruire il Cermec del domani, orientato solo al riciclo di materia, alla produzione di compost di qualità, al ricavo di biometano dall’organico, alla valorizzazione di tutti i materiali delle raccolte differenziate a cui assicurare una nuova vita. Questa è la principale sfida che ci attende e che potrà contribuire a migliorare il servizio a questo territorio».
Il Cermec del domani, che questo Piano Industriale disegna con precisione negli aspetti tecnici ed economici, sarà un impianto in grado di trattare maggiori quantità di materiale organico, di verde, di carta, di plastiche, di legno e altri materiali oggi non trattati come vetroi fanghi da depurazione civile, o le terre da spazzamento. La nuova concezione impiantistica, legata alla digestione anaerobica della frazione organica, permetterà di produrre energia (biometano) oltre che recuperare materia (compost). Questo migliorerà significativamente sia i bilanci ambientali siai bilanci economici. Questo investimento permetterà di trattare tutto il materiale completamente al chiuso, in locali pressurizzati, abbattendo definitivamente anche l’impatto odorigeno. L’investimento permetterà inoltre di offrire al territorio la possibilità di trattare materiali che oggi finiscono nell’indifferenziato (come le terre da spazzamento), che vanno a privati (come il vetro) o che devono essere trasportati in impianti molto distanti (come i fanghi da depurazione civile).
«Questa nuova visione impiantistica – sottolinea Ciacci – si sposa con le normativa ambientali nazionali ed europee, quali il Pacchetto sull’Economia Circolare, nonché con la nuova normativa regionale di settore,che spingono sempre più in alto l’asticella della sostenibilità e obbligano i territori a fare sempre più riciclo di materia, marginalizzando a percentuali irrisorie ciò che va ancora a smaltimento. L’impianto disegnato da questo nuovo piano industriale si inserisce anche nella pianificatone di ambito (Ato Costa) che prevede la dismissione, per Cermec, dell’impianto TMB (trattamento meccanico-biologico) mauna valorizzazione dell’impianto esistente come trattamento dei materiali da riciclo. Questa nuova prospettiva impiantistica oltre a migliorare notevolmente la sostenibilità ambientale dell’azienda e del territorio, permetterà di migliorare notevolmente la redditività dell’impianto, così come permetterà la creazione di nuovi posti di lavoro».
Alla conferenza stampa, per il Comune di Massa ha partecipato il Sindaco Francesco Persiani e per il Comune di Carrara, il vicesindaco e delegato alle Partecipate, Matteo Martinelli, e l’assessore all’Ambiente, Sarah Scaletti.
«Avere una gestione moderna e sostenibile dal punto di vista ambientale – sottolinea il Vicesindaco di Carrara Matteo Martinelli – è sempre stato uno dei nostri principali obiettivi a livello comunale: da anni, ancor prima di entrare in consiglio comunale, come Movimento5Stelle abbiamo lottato per una gestione ispirata a modelli esistenti e sviluppati in altre città come Capannori, da cui proviene il nostro amministratore unico. Per noi è una grandissima soddisfazione essere qua oggi e essere impegnati nell’ampliamento del servizio porta a porta sul Comune di Carrara, in collaborazione con la nostra partecipata Nausicaa. In questi giorni anche con Cermec sistemiamo un altro tassello che per quanto oggi nella fase embrionale servirà una volta realizzato ad avere una gestione virtuosa dei rifiuti sul territorio comunale».
“Con soddisfazione registriamo l’andamento della società che con l’approvazione del bilancio 2019 chiude un periodo difficile- dichiara il Sindaco di Massa Francesco Persiani. Fatta eccezione per alcune vertenze ancora in essere, possiamo affermare che l’obiettivo è stato raggiunto. Questo importante dato assume una maggiore valenza con l’opportunità di avviare il percorso che, a seguito dell’approvazione del piano industriale, porti alla realizzazione di un impianto di digestione anaerobica e compostaggio aerobico. Il nuovo sistema permetterà non soltanto di avere un assetto moderno e tecnologico e maggiormente rispondente alle esigenze del territorio nel rispetto della salute della popolazione e degli abitati circostanti, ma anche la possibilità di un rilancio economico ed occupazionale”.

«Sì, questo progetto – prosegue l’assessore di Carrara Sarah Scaletti – è davvero un tassello importante nella nostra strategia di gestione dei rifiuti. L’impianto attuale, oltre a essere obsoleto per concezione, è figlio di un momento storico in cui le raccolte differenziate erano agli esordi e ancora non si parlava di economia circolare. Oggi inoltre soffre degli anni pesanti del concordato. Fino a oggi ha risposto alle necessità di un territorio che è rimasto fermo su percentuali di differenziata certo non vicine a quelle dei comuni più virtuosi. Il percorso che come amministrazione abbiamo intrapreso è quello di incrementare la differenziata e di portare il nostro comune a percentuali decisamente più alte rispetto a quelle attuali. Lo stiamo facendo estendendo in maniera massiccia la raccolta porta a porta. Ed è chiaro quindi che in un’ottica strategica di questo tipo e guardando anche alle realtà limitrofe, occorreva ripensare radicalmente la funzione di questo impianto salvaguardando però tutte le sue potenzialità legate al servizio che viene dato al territorio per il quale è, e rimane, un fondamentale punto di riferimento».
“Il comune di Massa- prosegue l’assessore di Massa Pierlio Baratta- esprime soddisfazione per l’operato dell’amministratore unico ed auspica un percorso volto alla riduzione delle tariffe che sino ad oggi hanno gravato i contribuenti di costi eccessivi dovuti al ripiano del debito concorsuale. L’amministrazione massese evidenzia il lavoro svolto all’interno di Ato per addivenire alla modifica del piano straordinario di ambito che prevedeva la parziale dismissione dell’impianto di via Gotara. A tal fine l’amministrazione si è battuta affinche ato adottasse la determina che consente ad oggi a Cermec di poter guardare oltre per ricoprire un ruolo logistico strategico nel contesto dell’ambito di costa.”

fonte: www.ciaccimagazine.org


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Studio CIC - COREPLA 2020: triplicano le bioplastiche compostabili nella raccolta dell’organico

Il dato emerge dallo studio condotto da Consorzio Italiano Compostatori (CIC) e Corepla, nell’ambito dell’accordo annuale per le attività di monitoraggio relative alla quantità e qualità degli imballaggi in plastica e compostabili conferiti negli scarti di cucina e di giardino




È aumentata negli ultimi 3 anni la presenza di bioplastiche compostabili nella raccolta degli scarti di cucina, la cui incidenza è più che triplicata, passando dalle circa 27.000 t/anno (espresse sul secco) dell’indagine del 2016/2017 alle circa 83.000 t/anno s.s. di quella del 2019/2020. Aumenta anche la plastica tradizionale che viene erroneamente conferita nell’umido, che passa dalle circa 65.000 t/anno (espresso sul secco) del 2016/2017 alle circa 90.000 t/anno del 2019/2020.

È quanto emerge dallo studio condotto da Consorzio Italiano Compostatori (CIC) e Corepla, nell’ambito dell’accordo annuale per le attività di monitoraggio relative alla quantità e qualità degli imballaggi in plastica e compostabili conferiti negli scarti di cucina e di giardino.

Lo studio, presentato dal Direttore del CIC Massimo Centemero, si pone in continuità con quello svolto dai consorzi nel 2016/2017 e ha monitorato la composizione del rifiuto organico così da quantificare la presenza di Materiale Compostabile (MC) quale scarti di cucina e di giardino, carta, plastica compostabile, e di Materiale Non Compostabile (MNC) rappresentato da plastica tradizionale, vetro, metalli, pannolini, cialde caffè, altro.

Realizzata su un campione significativo di impianti che trattano scarti di cucina e di giardino, l’analisi ha riguardato gli imballaggi in plastica biodegradabile e compostabile idonei alla filiera del rifiuto a matrice organica che vengono avviati a recupero presso impianti di compostaggio e di digestione anaerobica. Inoltre, sono stati quantificati gli imballaggi in plastica tradizionale che, erroneamente, entrano nella filiera e sono considerati impurità.

“Questo studio è fondamentale per capire come avviene la raccolta differenziata da parte dei cittadini. Di conseguenza, ci permette di valutare i comportamenti da adottare come consorzi per promuovere la corretta modalità di differenziazione sia degli imballaggi in plastica tradizionale che di quelli in plastica biodegradabile e compostabile, così da migliorare la raccolta differenziata e assicurare un riciclo di qualità da entrambe le parti”, spiegano il presidente del CIC Flavio Bizzoni e il presidente del COREPLA Antonello Ciotti.

Secondo l’analisi, l’umido proveniente dalle raccolte differenziate è costituito per il 94,8% da Materiale Compostabile. Le plastiche compostabili certificate UNI 13432 presenti nei rifiuti organici sono in aumento rispetto al 2016/2017: la loro incidenza è infatti passata dall’1,5% al 3,7%. Si tratta quasi esclusivamente di bioplastica flessibile e gli imballaggi rappresentano il 70% dei manufatti in bioplastica presenti nell’umido. Lo studio ha confermato inoltre, così come per la precedente ricerca, l’assenza di bioplastiche nel compost a dimostrazione dell’effettiva degradazione della bioplastica negli impianti.

I Materiali Non Compostabili presenti nell’umido rappresentano invece il 5,2%, con un leggero aumento del +0,3% rispetto al monitoraggio 2016/2017. L’incidenza della plastica rappresenta il 3,1% del totale: il 90% della plastica presente nell’umido è flessibile e gli imballaggi rappresentano circa il 50% dei manufatti in plastica.

L’indagine ha consentito inoltre di approfondire e conoscere meglio le abitudini degli italiani in relazione ai sacchi e ai sacchetti utilizzati per il conferimento della frazione umida.

Rispetto al 2017 si nota un aumento interessante del 6,8% dei manufatti conformi alla norma. Il 63,8% dei sacchi per contenere l’umido è infatti compostabile: a farla da padrone sono le shopper in plastica compostabile (38,5%), mentre diminuiscono del 6% gli appositi per la RD del rifiuto organico (15,1%) e vengono rilevati anche sacchi compostabili appositi grandi oltre i 50 litri (2,4%). Interessante è la comparsa degli ortofrutta compostabili tra i manufatti utilizzati per conferire l’organico (7,6%), introdotti nei reparti dei supermercati a partire dal 2018.

Diminuisce, seppur ancora presente in modo significativo con una percentuale del 36,2% del totale, l’utilizzo di sacchi non compostabili, nonostante l’obbligo di raccolta con manufatti biodegradabili e compostabili: ancora alto l’utilizzo di shopper di plastica (10,6%) e di sacchi tradizionali per l’indifferenziato (21%), ma si nota una diminuzione di sacchetti per l’ortofrutta in plastica, sostituiti da quelli compostabili (passando dal 9% all’1,8%), mentre scompaiono quasi del tutto i manufatti per la raccolta rifiuti organici in plastiche additivate/OXO bio-degradabili (0,1%).

“Dobbiamo purtroppo constatare l’aumento della presenza dei Materiali Non Compostabili (MNC), di cui le plastiche tradizionali rappresentano il 60%, nelle raccolte differenziate degli scarti di cucina e giardino. Solo negli scarti di cucina i MNC sono passati dalle circa 190.000 t/a (espresse sul tal quale) rilevate nella precedente indagine del 2016/2017, alle circa 240.000 t/a t.q. di quella attuale (2019/2020)”, dichiara Flavio Bizzoni, presidente del CIC. “I dati raccolti evidenziano che il pur considerevole aumento della presenza dei manufatti flessibili in bioplastica compostabile da solo non è bastato a garantire la diminuzione delle plastiche tradizionali. Questa consistente presenza dei MNC provoca a tutta la filiera enormi costi per il loro smaltimento che, nel solo 2019, possono essere stimati in una cifra che va dai 90 ai 120 milioni di euro, con l’effetto inoltre di ‘trascinare’ allo smaltimento rilevanti quantità di materiale organico sottraendolo così alla produzione di compost di qualità”.

“Ridurre drasticamente i MNC nel settore del biowaste, che recupera ogni anno il 40,4% del rifiuto urbano differenziato - conclude Bizzoni - deve diventare una priorità per tutti, Governo e soggetti istituzionali preposti. Servono urgenti e mirati interventi, sia legislativi che di informazione, per mettere i cittadini, fulcro imprescindibile della nostra filiera, nelle condizioni di poter dare il loro determinante contributo”.

“L’analisi svolta insieme al CIC – dichiara il presidente di Corepla Antonello Ciotti – dimostra come, nonostante gli evidenti passi avanti compiuti, occorra proseguire nell’azione di sensibilizzazione e di informazione dei cittadini rispetto alle prassi di differenziazione dei rifiuti, anche a fronte dell’aumento dell’utilizzo di plastiche monouso avvenuto in concomitanza con l’emergenza sanitaria. Plastica e bioplastica sono risorse che vanno correttamente raccolte e trattate a vantaggio dell’Ambiente e di un’economia che, oggi più di ieri, guarda alla sostenibilità come ambito su cui impostare le strategie di ripresa del Paese. Corepla è da sempre impegnato su questo fronte, come dimostrano i risultati di raccolta del 2019, e intende continuare a sostenere l’affermazione di una cultura ambientale fatta di innovazione, ricerca e anche nuova occupazione qualificata, elemento, quest’ultimo, che speriamo possa contrassegnare sempre più il futuro del Paese. Proprio per questo, è evidente la necessità di rafforzare il sistema italiano di trattamento sia delle plastiche compostabili che di quelle tradizionali, ampliando la capacità del sistema paese di trattare questo tipo di rifiuto”.


fonte: www.ecodallecitta.it

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Brevettata a Bologna la macchina che fa la differenziata “al posto nostro”, separando i rifiuti organici dalla plastica



















Separa da solo i rifiuti plastici e ferrosi da quelli organici e produce biogas: è stato brevettato nel bolognese un macchinario per pre-trattare e trasformare fino a 15 tonnellate all’ora di rifiuti e produrre fonti alternative utile poi per la produzione di energia rinnovabile. Il primo macchinario è stato già messo in funzione in provincia di Pavia, mentre prossimamente un secondo partirà per la Croazia.

Ci troviamo a Gaggio Montano e l’innovativa attrezzatura, ribattezzata Pass, promette davvero miracoli, anche perché da cinque macchinari per il trattamento dei rifiuti si arriva così ad uno solo compatto.

E non solo: la resa sarà di circa 15 tonnellate l’ora, fino ad arrivare a spremere la parte “molle” restante in una purea che, immessa in bio-digestori, è pronta ad essere utilizzata per produrre proprio il biogas.

Il macchinario è completamente automatizzato ed è composto da più moduli: un modulo di pretriturazione, posto nella parte superiore della macchina e un gruppo di spremitura.

Tra i due moduli si può poi aggiungere un modulo “deferrizzatore”. La macchina viene alimentata dall’alto, tramite appositi sistemi di carico. Il rifiuto entra in una zona di pretriturazione, regolabile secondo il tipo di rifiuto, e a caduta passa successivamente in una vasca che alimenta a sua volta il gruppo di spremitura.

Pass è stato progettato e realizzato dalla Palmieri Group, azienda italiana tra i leader mondiali nei settori di utensili, tunnel, miniere e macchine riciclaggio.

fonte: www.greenme.it



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