Aamps, compostaggio condominiale: via al progetto ecologico
Le risorse del consorzio CIC: dalle nostre cucine alla terra
Il suo ruolo, fondamentale per la realizzazione di una filiera circolare, diventa importante anche all’interno del festival Circonomia, di cui è sostenitore. In quest’occasione abbiamo avuto modo di comprendere meglio il ruolo del Consorzio dialogando con Massimo Centemero, Direttore Generale di CIC.
Nel vostro campo il concetto di “economia circolare” è più che mai cruciale, non è così? Cosa significa per voi?
L’economia circolare è aumento dell’efficienza delle risorse; le risorse su cui le aziende del CIC operano sono i rifiuti organici (frazione umida, verde, fanghi di depurazione, scarti dell’agroindustria), che devono essere trasformate in nuovi prodotti di cui il mercato abbia necessità, che possano sostituire gli analoghi generati da nuove risorse prelevate dall’ambiente. La trasformazione di questi rifiuti deve rispondere innanzitutto a obiettivi di efficienza, che per noi significa massimizzazione delle raccolte differenziate, per poter gestire flussi “puliti” e valorizzabili come nuova materia, e minimizzazione degli scarti prodotti nel corso della trasformazione. Su questo secondo aspetto, devono concorrere il miglioramento continuo delle raccolte differenziate e l’ottimizzazione delle tecnologie di separazione delle frazioni estranee.

Qual è il vostro impegno nell’ambito della comunicazione ambientale?
Da sempre ci impegniamo in questo lungo tutta la filiera. Considerando che le materie prime su cui le nostre aziende operano derivano dalla raccolta differenziata dei rifiuti, un nostro costante impegno è quello di stimolare il miglioramento della qualità della raccolta differenziata. Lo facciamo attraverso le oltre 1.000 analisi merceologiche che svolgiamo ogni anno su tutto il territorio, che alimentano con dati concreti le campagne informative e gli strumenti di persuasione del cittadino al miglioramento dei propri comportamenti. Relativamente agli output, da 18 anni il CIC gestisce un programma di verifica della qualità del compost (Compost di qualità CIC) il cui obiettivo primario è quello di accrescere la fiducia degli agricoltori, principali utenti del prodotto, rispetto alla qualità di questo ammendante. Su entrambi i fronti, confermiamo l’intenzione a perseguire gli obiettivi rafforzando le campagne di comunicazione ambientale; citiamo ad esempio il nostro impegno verso la difesa del suolo e lo stimolo a mettere in atto buone pratiche per tutelarne la fertilità attraverso la campagna SOS Soil.
fonte: www.envi.info
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Quasi tutti sbagliano a differenziarle, ma queste cose vanno nell’umido

Quando si tratta della raccolta differenziata “dove lo butto?” è tra le domande più frequenti. Per fortuna esistono app come Junker che ci forniscono una risposta immediata a tutti i dubbi in merito al riciclaggio.
Più consumiamo, più rifiuti produciamo. La nostra spazzatura è il riflesso di ciò che mangiamo e compriamo, ma soprattutto, di quanto siamo davvero impegnati a rispettare il principio delle 3R. Ridurre è sempre la scelta migliore, ma altrettanto importanti lo sono riusare e riciclare, e applicarle nel quotidiano servirà a mantenere uno stile di vita sostenibile che non ipotechi quello delle generazioni future.
Non importa quanto ci sforziamo, se differenziamo i rifiuti in maniera sbagliata, il nostro lavoro non solo sarà di scarsa utilità, ma intralcerà anche la possibilità di ottenere nuove risorse e come, nel caso dell’umido, compost e, in alcuni impianti, anche biometano. Dal momento che in Italia l’organico, con il 39,5% del totale, rappresenta la parte dei rifiuti più raccolta, è bene chiarire i vari dubbi riguardo il suo corretto trattamento.
Cosa SÌ va nell’organico
Premesso che la seguente è una lista generica di ciò che si può inserire nell’umido, nel caso aveste dei dubbi, vi consigliamo di informarvi sulle regole relative alla raccolta nel vostro comune di appartenenza o di usare Junker, un’applicazione che schiarisce facilmente qualsiasi dubbio riguardo allo smaltimento di ogni singolo prodotto o elemento, offrendo indicazioni corrette in base al vostro territorio.
Dunque, cosa va nell’umido?
Avanzi di cibo
Praticamente tutti gli avanzi di cibo che escono dalla nostra cucina, sia d’origine vegetale che animale, come: bucce di frutta e verdura, gusci della frutta secca, semi, pane, pasta, fondi di caffè, filtri di tè, gusci d’uovo, avanzi di formaggio, pesce, carne e anche le ossa se sono di piccole dimensioni.
I cartoni della pizza sporchi, le lettiere vegetali e non solo
Molti non lo sanno, ma i cartoni della pizza sporchi – precedentemente ridotti di volume – possono essere inseriti nell’organico insieme ai tovaglioli, la carta Scottex, i fazzoletti di carta, le stoviglie compostabili, gli stuzzicadenti, i fiammiferi e gli stecchini in legno. Persino le lettiere vegetali, la cenere e le foglie e le piante, se in piccole quantità, vanno smaltite qui.
E i gusci di molluschi e crostacei?
Dal momento che la decomposizione dei molluschi e dei crostacei è abbastanza lunga, non tutti gli impianti di compostaggio riescono a trattarli. Per questo, non potendo dare un’indicazione precisa al riguardo, la nostra raccomandazione è di verificare su Junker come vengono trattati questi rifiuti nel vostro comune, se nell’organico o nei rifiuti non riciclabili.
Cosa NON va nell’organico
Ogni elemento va correttamente separato, quindi gli alimenti ancora contenuti nella loro confezione non vanno mai nell’umido, come anche le ossa di grandi dimensioni, i pannolini, gli assorbenti, gli stracci, i sacchetti dell’aspirapolvere e la polvere, i medicinali, i mozziconi di sigaretta e le lettiere non vegetali.
E l’olio di cucina?
L’olio di cucina esausto non è biodegradabile, quindi non va nell’organico (e neanche buttato via nel lavandino). Per smaltirlo bisogna raccoglierlo in un contenitore e portarlo nell’isola ecologica o nel punto di raccolta più vicino. Tramite l’app potrete verificare se il vostro comune ha dei punti di raccolta specifici per questo rifiuto.
Compostaggio domestico
Se avete un orto, un giardino o un terrazzo potreste trasformare voi stessi i vostri rifiuti organici in concime. Attenzione però, non tutto l’organico va nella compostiera. Per sapere cosa mettere o no, anche in questo caso potete farvi aiutare da Junker. Basterà usare il tasto cerca, e se per il rifiuto è presente la dicitura OK Compost, allora potrete inserirlo nel vostro compostaggio domestico, facendo sempre attenzione alle indicazioni riportate nell’app.
Ancora dei dubbi sulla raccolta differenziata dell’organico?
Imparare a differenziare bene i rifiuti secondo le regole della raccolta locale potrebbe sembrare un compito difficile, ma per fortuna abbiamo degli strumenti che ci aiutano a realizzarla in maniera facile e pratica. Junker non è solo un’app mobile, ma una vera a propria piattaforma smart nazionale, che permette di identificare immediatamente un prodotto e, basandosi sulla geolocalizzazione dell’utente, indicare in maniera corretta come differenziarlo.
Ognuno di noi gioca un ruolo attivo importante per garantire la corretta gestione dei rifiuti e rafforzare l’economia circolare. Differenziando bene infatti contribuiamo a non sprecare le risorse e di conseguenza a salvaguardare l’ambiente. E se aveste ancora dei dubbi? Scaricate Junker.
fonte: www.greenme.it
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MdcUmbria: GUIDA AL COMPOSTAGGIO DOMESTICO

PROVE “CASALINGHE” DI ECONOMIA CIRCOLARE
CONSIGLI UTILI PER IL COMPOSTAGGIO DOMESTICO
E’ possibile generare del valore a partire da uno scarto? In questa guida tutti i consigli per trasformare i 400 gr di scarti organici che ognuno di noi produce giornalmente, in una risorsa, evitando che diventino un problema ambientale.
Prova anche te a contribuire personalmente alla riduzione dei rifiuti organici, seguendo le indicazioni che ci fornisce Antonio di Giovanni in questa utile guida al compostaggio.
Antonio Di Giovanni: laureato in Gestione Ambientale del Territorio Rurale, esperto in gestione scarti organici, fondatore del marchio Funghi Espresso e fondatore dell’azienda agricola Circular Farm ( http://www.circularfarm.it/)
“REALIZZATO NELL’AMBITO DEL PROGRAMMA GENERALE DI INTERVENTO DELLA REGIONE UMBRIA CON L’UTILIZZO DEI FONDI DEL MINISTERO DELLO SVILUPPO ECONOMICO. RIPARTIZIONE 2018.” Progetto n. 15 “Il Cibo è Salute”. Intervento n. 3.
fonte: www.mdcumbria.it
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Micropolis: ComitatoAntipuzza - un'arroganza da fa venire la nausea di Luisa Lattes
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Capsula caffè 100% biobased e compostabile
La società luxemburghese Capsul’in Pro ha annunciato l'introduzione sul mercato della nuova generazione di capsule caffè Zero Impact Nespresso, dotate di proprietà barriera all'ossigeno e destinate, una volta usate, al compostaggio domestico (è certificata “OK Compost Home”) o industriale attraverso la raccolta dell'organico.

Si tratterebbe, secondo il CEO della società Laurent Lombart, della prima capsula per caffè al tempo stesso biobased e dotata di barriera all'ossigeno (OTR < 0,0009 cm3/giorno), funzione necessaria per mantenere inalterati sapore e aroma. La società ha sviluppato a questo scopo una tecnologia IML (In Mold Label) che consente di applicare nello stampo un'etichetta decorata che offre, al contempo, anche la funzione di barriera all'ossigeno.
VIDEO
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In Europa aumentano i rifiuti, ma crescono riciclo e compostaggio: ecco tutti i dati
Negli ultimi anni c’è stato infatti un costante incremento della produzione media di rifiuti urbani e si è passati dai 478 kg del 2013 agli attuali 502 kg. Una crescita che stando ai numeri più recenti si conferma stabile anche in molti Paesi Ue: la Danimarca nel 2019 ha generato il più alto volume di rifiuti di tutt’Europa (844 kg) peggiorando decisamente le sue performance in termini di scarti urbani (814kg) rispetto al 2018 e lo stesso vale per il Lussemburgo (791 kg), la Norvegia (776 kg) e la Svizzera (709 kg).
La Germania si trova al settimo posto di questa triste classifica con 609 kg, più tre kg rispetto al 2018, e ancora in decima posizione troviamo la Francia (546 kg), cui fanno seguito Grecia (524 kg), Portogallo (513 kg) e Olanda con 508 kg.
Anche l’Italia torna in lieve crescita (504 kg) e sale al quattordicesimo posto, mentre tra i Paesi più virtuosi risultano Polonia (336kg), Estonia (369 kg), e Ungheria (387 kg).
Il nostro Paese si mantiene al di sopra della media europea che nel 2019 è di 402 kg pro capite: già partire dal 2017, infatti, i livelli di produzione di rifiuti hanno ricominciato a crescere in maniera costante e per il momento non accennano a diminuire.
Tutti i dati sul riciclo e il compostaggio dei rifiuti urbani
Numeri allarmanti, attenuati solo in parte dai dati positivi sul riciclo e il compostaggio che mostrano come dal 1995 al 2019 risultano pressoché dimezzati i rifiuti smaltiti in discarica, mentre sono addirittura triplicati i materiali riciclati, che passano da 37 milioni di tonnellate (87 kg per persona) a 107 milioni di tonnellate (239 kg a persona).
La capacità di gestione della raccolta differenziata, l’innovazione dei processi produttivi, e la crescente consapevolezza dei cittadini hanno certamente contribuito in maniera significativa a questo risultato ma per un cambio di rotta decisivo serve una strategia comune e l’adozione di modelli di economia circolare che riescano a ridurre la continua generazione di rifiuti.
Rifiuti urbani ed economia circolare: serve un cambio di paradigma
Per raggiungere quest’obiettivo, la Ellen MacArthur Foundation (Emaf) ha già stilato gli obiettivi politici fondamentali che ciascun Paese dovrebbe perseguire: ecodesign, incentivi “green”, formazione specializzata e valorizzazione dei prodotti sono solo alcune delle parole chiave che dovrebbero orientare le scelte delle prossime politiche industriali dei Paesi europei. Per l’Italia molti di questi risultati dipenderanno dalla capacità di gestione delle risorse in arrivo con il Recovery Fund e dalle strategie che il governo Draghi deciderà di mettere in campo con il nuovo Piano per la Ripresa e la Resilienza (Pnrr) approvato dal precedente esecutivo.
fonte: economiacircolare.com
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OsservatorioBorgoGiglione: compostaggio domestico il metodo bokashi venerdi 12 febbraio ore 18:00
Entra nella riunione in Zoom: alle ore 18 di venerdì 12 febbraio
https://us02web.zoom.us/j/89338632340?pwd=VGpXNzkwT1JUZGh1ZVRtcXMzeDJqdz09
ID riunione: 893 3863 2340
Passwoed: obg
fonte: osservatorioborgogiglione.it
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IL C.S.S. È UNA SCORCIATOIA PERICOLOSA CHE NON RISOLVE I PROBLEMI DELLE DISCARICHE
SÌ – ALLA PREVENZIONE DEI RIFIUTI.
SÌ AD ORGANIZZARE UNA RACCOLTA DIFFERENZIATA “VERA”: OGGI TROPPI SCARTI FINISCONO IN DISCARICA.
SÌ – ALLE “FABBRICHE DI MATERIALI”: OGGI NON SI RECUPERA QUASI NULLA NEGLI IMPIANTI DI SELEZIONE DEI RIFIUTI RESIDUI.
SÌ – AL COMPOSTAGGIO PER RIDARE FERTILITÀ ALLE NOSTRE TERRE: OGGI I RIFIUTI ORGANICI-UMIDI ALIMENTANO IL BUSINESS DELL’ ENERGIA GARANTITO DAGLI INCENTIVI STATALI.
SI – ALL’AVVIO DI ECODISTRETTI, SECONDO I PRINCIPI DELL’ECONOMIA CIRCOLARE E DELLA GIUSTIZIA AMBIENTALE.
FUORI I FURBETTI DALLA GESTIONE DEL CICLO DEI RIFIUTI!

LA GIUNTA TESEI SI RIMANGIA LE PROMESSE ELETTORALI IN MATERIA AMBIENTALE!
L’assessore regionale Morroni per preservare le discariche ormai esauste rilancia gli impianti (TRE) per la produzione di C.S.S. (= i rifiuti si fanno il lifting e vengono rinominati ‘combustibile’) e ricomincia il giochino della contrapposizione tra territori; è vecchio come il cucco ma evidentemente funziona ancora: DIVIDI E GOVERNA! “È oggettivo l’apporto positivo che l’eventuale produzione di CSS combustibile può determinare nell’abbattimento delle quantità di rifiuti da smaltire in discarica”.
Caro Assessore, dalla discarica di Borgogiglione ringraziamo del gentile pensiero ma non siamo d’accordo. E vogliamo illustrarle le nostre ragioni.
Ai cittadini conviene far valere il principio, riconosciuto ormai in tutta Europa: – RIFIUTO, – PAGO;
ma per i nostri Gestori prevale “la logica dell’impresa”: + RIFIUTI, + GUADAGNO!
Regione e Comuni da che parte stanno? Preferiscono buttare milioni di euro in impianti di dubbia utilità ed efficienza piuttosto che sostenere piani economici e salutari per la prevenzione e per la riduzione dei rifiuti.
-Quanto è costato il famigerato “bioreattore” a Borgogiglione e quanto poi hanno dovuto pagare i cittadini per i lavori di messa in sicurezza della discarica? – Quanto è costata la ristrutturazione dell’impianto di compostaggio di Pietramelina, che adesso si è deciso di chiudere e riconvertire ad impianto di stabilizzazione dell’organico-umido da ributtare in discarica? – E quanto sono costati alle casse regionali i biodigestori di Casone (Foligno) e di Belladanza (Città di Castello) e chi ne verifica la funzionalità anno per anno?
Le cifre pubblicate dall’Autorità d’ambito (AURI, Delibera Consiliare n.23, 21/12/2020) sono impietose: quest’anno è previsto l’arrivo nelle discariche di 219.200 t. rispetto alle 195.500 del 2020. I Rifiuti Urbani Residui (non differenziati) però saranno solo 140 mila!
Non funzionano le politiche di prevenzione dei rifiuti all’origine, la RD non ha ancora raggiunto gli obiettivi fissati, non si recupera quasi nulla negli impianti di selezione dei rifiuti residui e, beffa insopportabile, METÀ DEI RIFIUTI che finiscono in discarica sono SCARTI delle raccolte differenziate (vetro, plastica, ingombranti…), degli impianti di biodigestione/compostaggio e/o i rifiuti speciali scartati dalle aziende che lavorano i recuperi.
Solo a Borgogiglione si prevedono 25mila tonnellate di scarti!
Danni enormi all’ambiente e al portafoglio dei cittadini ma le discariche sono la classica “gallina dalle uova d’oro“, a cui nessuno degli amministratori interessati vuole tirare il collo!
Caro Assessore, è davvero convinto che con la produzione del CSS si determinerà una sensibile riduzione dei rifiuti in discarica? Nei documenti regionali si calcola una riduzione limitata a 58 mila t. annue circa; il resto finirà nelle discariche all’infinito! Chi e dove brucerà questo cosiddetto combustibile? E dove troverà i 20 milioni previsti per gli impianti? E le tonnellate aggiuntive di ceneri e polveri? Con le altre associazioni/comitati umbri le avevamo inviato un documento propositivo per un nuovo Piano dei rifiuti… L’ha letto?
In conclusione: perché Regione e Comuni non provano (1) ad avviare una buona raccolta “porta a porta”, riducendo la quantità di scarti; (2) a trattare i rifiuti residui in impianti virtuosi (le cosiddette “fabbriche dei materiali”) tecnologicamente in grado di chiudere il ciclo dei rifiuti sul serio e a freddo;
(3) ad avviare percorsi concreti di economia circolare nei territori?
Questa sarebbe una politica innovativa e nell’interesse dei cittadini… Ma richiede coraggio!
fonte: http://osservatorioborgogiglione.it/
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I #Seminari del #CRURZ - #Compostaggio domestico in città e in campagna: Una scelta strategica per azzerare i rifiuti - #Diretta
a cura di Federico Valerio
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I #Seminari del #CRURZ - #Compostaggio domestico in città e in campagna: Una scelta strategica per azzerare i rifiuti - Giovedi 26 novembre 2020 - ore 21.30
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Scuole dell'infanzia comunali, al via “ComposTiamo” campagna a sostegno del compostaggio

“I care: la terra, una grande casa di cui prenderci cura”. È questa la mission che caratterizzerà d'ora in avanti l'attività educativa e didattica delle scuole dell'infanzia comunali di Vicenza attraverso “ComposTiamo”, nuovo progetto avviato dall'assessorato all'istruzione in collaborazione con Assovigreen.
Questa mattina l'assessore all'istruzione ha illustrato l'iniziativa alla scuola dell'infanzia "Mariano Rumor". Era presente anche la vicepresidente di Assovigreen, referente del progetto.
“In linea con il principio di crescere cittadini nel rispetto dell'ambiente, a sostegno delle numerose iniziative di politica ambientale che il Comune sta già attuando – ha precisato l'assessore all'istruzione -, abbiamo deciso di coinvolgere le scuole dell'infanzia in un'iniziativa dall'alta valenza educativa e formativa. ComposTiamo è un progetto innovativo presentato ai bambini perché fortemente ricettivi e molto più attenti e disponibili degli adulti a comportamenti diversi dal solito”.
Il progetto “ComposTiamo” è rivolto alle scuole dell'infanzia comunali della città. Nei giorni scorsi è partita la sperimentazione con il coinvolgimento di cinque istituti, su 17 in totale, con l'obiettivo di attivarlo dal prossimo anno scolastico anche in tutte le scuole dell'infanzia comunali.
Le scuole che hanno aderito alla sperimentazione sono: Nerina Sasso (48 bambini), Mariano Rumor (57 bambini), Maria Nello Trevisan (42 bambini), Rossini (75 bambini) e Antonio Dal Sasso (73 bambini).
La ditta Assovigreen si è occupata della formazione di tutte le insegnanti coinvolte nel progetto con incontri specifici sull'utilizzo del compost kit.
Ogni giorno i 295 bambini interessati al progetto collaborano con le proprie maestre nella separazione dei cibi avanzati durante il pranzo (o il merendino) raccogliendo l'umido negli appositi bidoncini.
A settembre 2020 il progetto sarà esteso a tutte le scuole dell'infanzia comunali con relativa formazione delle rispettive insegnanti ed è inoltre prevista la realizzazione di una guida per maestre e genitori.
Compost kit
Agli istituti coinvolti è stato fornito un kit (“compost kit”), che comprende strumenti per ottenere terriccio a partire dai rifiuti organici della cucina: una compostiera, una cialda da 600 grammi di crusca biologica, un litro di miscela di microrganismi rigenerativi e un nebulizzatore da 500 millilitri.
La compostiera comprende due contenitori realizzati in plastica 100% riciclata dotati di un doppio fondo (che permette di far decantare e di separare la componente liquida dell’umido da quella solida), un rubinetto (per l’estrazione del liquido) e un coperchio a tenuta ermetica.
La cialda di crusca biologica (da 600 grammi) è arricchita di melassa e microrganismi probiotici, con il fine di attivare il processo di fermentazione. Va distribuita in piccole dosi (sfarinata) sopra il cumulo che si va componendo all’interno della compostiera. Quindi si procede alla sua nebulizzazione con il prodotto probiotico in dotazione, una miscela di microrganismi rigenerativi composta da lieviti, batteri dell’acido lattico e della fotosintesi che agiscono simbioticamente avviando un processo fermentativo anti-ossidativo, in grado di trasformare la sostanza organica in ottimo fertilizzante e, contemporaneamente, di evitare la formazione di cattivi odori e gas serra.
Compostaggio
Cos’è il compostaggio?
Il compostaggio è un metodo perfettamente naturale per riciclare. Compostando è possibile ricreare quotidianamente il miracolo dell’equilibrio naturale, dove nulla è “scarto” ma tutto diventa sapientemente risorsa “opportunità”.
Il compostaggio domestico è un metodo che, imitando il ciclo della natura (in maniera controllata e accelerata) permette di ottenere dalla decomposizione dei rifiuti un ottimo terriccio per l’orticoltura ed il giardinaggio. È una semplice pratica con cui ogni cittadino può autogestire il trattamento della frazione organica dai rifiuti che produce, trasformandoli in un ottimo terriccio fertile.
Cos’è il compost?
È il prodotto finale del processo di trasformazione biologica delle sostanze organiche, che dà vita ad un ottimo fertilizzante naturale, simile all’humus, utilizzabile per concimare i terreni o le piante in vaso.
Come si può controllare ed accelerare il processo di compostaggio?
Con l’ausilio combinato di una compostiera domestica e di una miscela di microrganismi probiotici, in grado di trasformare la sostanza organica in concime in tempi accelerati.
Cosa sono i microrganismi probiotici?
Si tratta di una miscela di microrganismi rigenerativi (Probio·Compost·Nutrient®), composta da lieviti, batteri dell’acido lattico e della fotosintesi che agiscono simbioticamente avviando un processo fermentativo anti-ossidativo, in grado di trasformare la sostanza organica in ottimo fertilizzante econtemporaneamentedi evitare la formazione di cattivi odori e gas serra.
Cos’è la compostiera domestica?
È un contenitore a chiusura ermetica in cui introdurre i rifiuti organici della cucina, per produrre il compost.
Galleria fotografica
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Nuovi prodotti dal trattamento dei rifiuti organici
È presumibile che nel futuro i rifiuti organici aumenteranno, infatti, la nuova direttiva sui rifiuti, non ancora recepita, ha introdotto alcuni cambiamenti per quanto riguarda la loro gestione, prevedendo anche l’obbligo per tutti gli Stati membri di raccogliere separatamente i rifiuti organici o assicurare il riciclo a partire dalla fine del 2023 nuovi targets per la preparazione per il riuso e il riciclaggio dei rifiuti urbani, che, in accordo con la direttiva sulle discariche, necessita di individuare una corretta gestione dei rifiuti organici.
ISPRA ci conferma che è già in aumento, infatti, dai dati pubblicati emerge che il trattamento della frazione organica della raccolta differenziata (umido + verde) passa da 5,9 milioni di tonnellate a 6,3 milioni di tonnellate, evidenziando una crescita di 431 mila tonnellate, pari al 7,3%.
Il pro capite nazionale di trattamento biologico dei rifiuti organici provenienti dalla raccolta differenziata, nel 2018, è pari a 105 kg/abitante con valori molto diversi nelle singole aree geografiche:
155 kg/abitante al Nord
57 kg/abitante al Centro
65 kg/abitante al Sud.
In considerazione del fatto che non tutte le regioni sono dotate di una sufficiente impiantistica che rende possibile “chiudere il cerchio” della gestione di questa particolare tipologia di rifiuti, l’organico subisce una movimentazione all’interno del Paese.
Il quantitativo complessivo dei flussi movimentati nell’anno 2018 risulta pari a circa 1,7 milioni di tonnellate.
Nel grafico sottostante si evidenzia l’andamento dei quantitativi di rifiuti gestiti nel periodo dal 2009 al 2018, con il dettaglio riferito alla frazione organica proveniente dalla raccolta differenziata (umido + verde).
L’analisi dei dati mostra un’evoluzione del settore sia riguardo alle quantità complessive (+79,5% tra il 2009 ed il 2018), che alla frazione organica, i cui quantitativi aumentano anche in percentuale maggiore.
Per quanto riguarda la composizione della frazione proveniente dalla raccolta differenziata, ISPRA riporta che, nell’anno 2018, questa è costituita, in prevalenza, da
“rifiuti biodegradabili di cucine e mense” (codice EER 200108), con un quantitativo di circa 4,6 milioni di tonnellate, pari al 72,4% del totale
“rifiuti biodegradabili” di giardini e parchi (codice EER 200201), con circa 1,7 milioni di tonnellate, rappresentano il 26,8% del totale
rifiuti dei mercati” (codice EER 200302), con 48 mila tonnellate, costituiscono una quota residuale dello 0,8%.
Per quanto riguarda le tecnologie di trattamento adottate a livello nazionale, l’analisi dei dati mostra che circa 3,3 milioni di tonnellate (il 51,6% del totale trattato) di frazione organica da raccolta differenziata viene gestito in impianti di compostaggio circa 2,8 milioni di tonnellate, che rappresentano il 43,6% del totale complessivo, viene avviata al trattamento integrato (anaerobico/aerobico), affermando un significativo trend positivo che interessa negli ultimi anni il recupero dei rifiuti organici circa 304 mila tonnellate (circa il 4,8%) viene trattato in impianti di digestione anaerobica, modalità di gestione in incremento, sia dal punto di vista impiantistico, con 23 impianti che di quantitativi gestiti, con aumento di 16 mila tonnellate, corrispondenti ad un più 5,7% (+37,9% rispetto al 2015).
La digestione anaerobica assume una funzione sempre più importante nel trattamento delle frazioni organiche selezionate, proprio per la possibilità di abbinare al recupero di materia quello di energia. Infatti, oltre alla produzione del digestato da utilizzare in campo agricolo attraverso il processo di compostaggio, tale tipologia di gestione comporta la formazione di biogas che può essere utilizzato direttamente ai fini energetici per la cogenerazione di energia elettrica e termica, oppure, negli impianti di ultima generazione, sottoposto ad un processo di rimozione della CO2, che ne permette la trasformazione in biometano e la successiva immissione in rete al posto del gas naturale o per l’autotrazione. Secondo le informazioni messe a disposizione da ISPRA, nel 2018, sono 5 gli impianti di trattamento integrato anaerobico/aerobico che effettuano la produzione di biometano, ubicati
uno in Piemonte nella provincia di Torino,
due in Lombardia, nelle province di Bergamo e Lodi,
uno in Emilia Romagna, in provincia di Bologna
uno in Calabria, nella provincia di Cosenza.
L’impianto umbro (nella provincia di Perugia) dotato di tale tecnologia è operativo dal 2018 ma ha iniziato la produzione di biometano nel 2019.
A questi, si aggiungeranno nei prossimi anni, sette impianti, attualmente in fase di riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato, localizzati in Piemonte, Lazio, Puglia e Calabria e 6 nuove unità in corso di realizzazione in Piemonte, Lombardia, Liguria, Lazio e un’ulteriore riconversione da trattamento aerobico a trattamento integrato è stata inoltre autorizzata per un impianto in Abruzzo. Questi impianti dovrebbero entrare in esercizio entro il 2021.
Se, da molti anni, il compostaggio si presenta come il primo metodo per gestire questa particolare tipologia di rifiuti, vediamo che cominciano a presentarsi nuovi scenari, come ci conferma anche l’Agenzia Europea per l’Ambiente; grazie alle tecnologie più innovative, infatti, si è in grado di gestire i rifiuti organici trasformandoli in nuovi prodotti, come i biocarburanti.
Le bioraffinerie, ve ne sono più di 800 in tutta Europa, utilizzano questi particolari rifiuti per produrre biocarburanti, come l’etanolo, il metanolo e l’idrogeno, sfruttando principalmente rifiuti di tipo omogeneo provenienti dall’agricoltura, dalla lavorazione degli alimenti, compresi i mangimi e una quota parte anche di rifiuti di tipo urbano, in particolare quelli organici.
Secondo il report dell’ Agenzia Europea dell’Ambiente, “Bio Waste in Europe”, oggetto di una notizia su Arpatnews, svariati sono i nuovi prodotti ricavabili dall’utiizzo dei rifiuti organici, tra questi anche la produzione di acidi grassi volatili utilizzati nei bio-carburanti o nella creazione di plastiche “bio-based”. Negli anni è cresciuta l’attenzione sulla possibilità di ottenerli dai rifiuti organici, in particolare da quelli alimentari, che contengono materia organica in elevate quantità, con alte concentrazioni di idrogeno e fosforo. Si tratta di creare un’alternativa più sostenibile, evitando che questi acidi vengano estratti dai carburanti fossili attraverso operazioni di sintesi. La produzione di acidi grassi volativi attraverso la digestione anaerobica è in incremento ma la sua produzione su larga scala è stata testata solo con uno spettro ristretto di rifiuti organici, sono pertanto richiesti maggiori sviluppi, per rendere la produzione su larga scala sostenibile e fattibile economicamente.
Un altro interessante impiego è quello del recupero di nutrienti dai rifiuti organici. La possibilità di recupare fosforo trattando i rifiuti organici sta riscuotendo molta attenzione, in quanto siamo di fronte ad una risorsa non rinnovabile, in via di esaurimento ma di cui c’è molta domanda soprattutto da parte dell’agricoltura, dove i nutrienti, come questo, sono molto richiesti. Con questo tipo di recupero si ridurrebbe sia la dipendenza da risorse non rinnovabili che l’eutrofizzazione dell’acqua. I processi impiegati per recuperare il fosforo dai rifiuti organici necessitano ancora di qualche miglioramento per ottenere un prodotto finito di maggiore qualità e per abbattere alcuni costi di produzione ancora piuttosto elevati. L’utilizzo della membrana vibrante per il recupero del fosforo è molto innovativa ma la sua applicabilità tecnica è ancora tutta da dimostrare.
L’estrazione di idrogeno, considerato come una fonte di energia pulita, dai rifiuti organici è un’altra possibile alternativa, molto innovativa ma che mostra ancora molti limiti e il suo utilizzo su larga scale è molto lontano.
A queste forme di recupero si aggiungono una serie di sistemi per convertire i rifiuti organici in energia, che comprendono la pirolisi, la carbonizzazione e la gassificazione.
Per approfondire: Rapporto ISPRA Rifiuti Urbani – 2019 e Rapporto EEA Bio-waste in Europe
fonte: https://www.snpambiente.it
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Fare bene la raccolta dell’organico conviene, a noi e al pianeta
Un’analisi aggiornata e puntuale del settore del settore del riciclo dell’organico, che punta sempre di più sulla circolarità dei processi industriali per garantire una qualità elevata degli scarti organici e contribuire a contrastare gli effetti del riscaldamento globale. Dando, inoltre, un aiuto prezioso all’economia del nostro paese.
Persino al miglior riciclatore del mondo, anche al più motivato e meglio attrezzato, sarà successo almeno una volta di accorgersi che i sacchetti biodegradabili per l’umido sono finiti, e di pensare, con un pizzico di vergogna, “solo per stavolta, uso quello di plastica, dovrebbe essercene uno in fondo all’armadio…”. In realtà, questa scena dev’essere molto frequente (e di certo si accompagna a molti meno ripensamenti), almeno a giudicare dai risultati di un’indagine condotta da Cic e Corepla che ha calcolato quanta plastica finisce nel circuito del compostaggio (e quanta bioplastica finisce invece in quello del riciclo meccanico). Secondo lo studio, più del 36% dei sacchetti usati per la raccolta dell’umido non sono infatti compostabili: si tratta soprattutto dei tradizionali shopper in plastica (ce ne devono essere ancora moltissimi nascosti in fondo agli armadi, visto che sono ormai fuorilegge…) e dei sacchi per l’indifferenziato.
Quello della qualità della raccolta dell’umido – elemento centrale sia per l’ottimizzazione del processo di trattamento, con la riduzione degli scarti avviati a smaltimento e la riduzione dei costi, sia per ottenere un fertilizzante organico con un’elevata qualità agronomica – è uno dei temi centrali Biowaste – Risorsa per l’economia circolare, volume in formato digitale curato da Massimo Centemero ed Elisabetta Bottazzoli che sintetizza i risultati dell’attività del Consorzio Italiano Compostatori e ne delinea le prospettive future.
Il bilancio tracciato nel testo è complessivamente positivo: i numeri della raccolta della frazione organica sono in crescita, sia per il miglioramento dei sistemi di raccolta separata dei rifiuti sia per il ruolo, sempre più rilevante, delle regioni del Meridione e delle Isole. In particolare, nel 2018 in Italia la raccolta dell’umido e del verde ha superato i sette milioni di tonnellate, che corrispondono a quasi 120 chilogrammi pro capite/anno. Numeri importanti, che fanno ben sperare per il raggiungimento degli obiettivi (molto ambiziosi) fissati dal Pacchetto sull’economia circolare del Parlamento europeo per la gestione dei rifiuti: si punta infatti al 65% al 2035 di preparazione per il riutilizzo e il riciclaggio degli urbani, mentre per quanto riguarda il divieto di collocamento in discarica degli urbani il target è massimo il 10% al 2035. Secondo i curatori del volume, una nota negativa è rappresentata dalla stagnazione della raccolta differenziata della frazione verde che, dopo avere raggiunto i due milioni di tonnellate, a partire dal 2016 ha interrotto il trend di crescita, arrivando addirittura a una flessione in alcuni anni.
In ogni caso, il quadro rimane incoraggiante, con prospettive di crescita molto interessanti anche in un’ottima di economia circolare. Il direttore del Consorzio, Massimo Centemero, dedica infatti diverse pagine al biometano ricavato attraverso dei processi di upgrading delle linee di produzione del biogas. Il biometano così ottenuto è di qualità pari o superiore di quello di origine fossile, e può essere usato nei trasporti e per le utenze domestiche e industriali. Al 2019 la produzione potenziale di biometano dei primi nove impianti operativi si aggirava intorno ai 100 milioni m3/anno, ma secondo le stime del Cic, qualora tutti gli impianti di taglia medio-grande si riconvertissero alla produzione di biometano da rifiuti organici, si potrebbe arrivare a circa 500 milioni m3/ anno, con ricadute estremamente positive per l’economia e l’occupazione.
Inoltre, a fronte della preoccupante accelerazione delle manifestazioni dei cambiamenti climatici, nel libro viene più volte rimarcato il contributo fondamentale che la produzione di compost può dare al sequestro del carbonio nei suoli. L’aumento delle temperature e le variazioni nei regimi delle precipitazioni (combinati con pratiche agricole invasive) rischiano infatti di trasformare i suoli, che oggi sono ancora assorbitori netti di carbonio, in sorgenti di CO2, con il rischio di innescare retroazioni positive molto pericolose. L’aggiunta di compost contribuisce invece a mantenere in salute i suoli e a preservarne la fertilità e la biodiversità. Anche se queste considerazioni possono sembrare remote, secondo i dati presentati in occasione dell’ultima giornata mondiale contro la desertificazione, le percentuali di territorio a rischio desertificazione nel nostro paese sono del 70% in Sicilia, del 58% in Molise, 57% in Puglia, 55% in Basilicata, mentre in Sardegna, Marche, Emilia Romagna, Umbria, Abruzzo e Campania sono comprese tra il 30 e il 50% (complessivamente il 20% del territorio italiano in pericolo di desertificazione.
Un motivo in più per pensarci, la prossima volta che ci viene la tentazione di recuperare quel vecchio sacchetto nascosto in fondo all’armadio.
fonte: https://www.puntosostenibile.it
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Plastica biodegradabile o riciclata? Ecco quali sono i pro e i contro
Plastica biodegradabile o plastica riciclata? Quale delle due opzioni è migliore per l’ambiente? Il gruppo di ricerca IDTechEx ha cercato di rispondere a questa domanda, nel tentativo di far fronte alla sempre maggiore produzione di plastica che, con l’attuale tasso di crescita, potrebbe raggiungere le 600 milioni di tonnellate entro il 2030.
Le nuove materie plastiche biodegradabili, insieme alle più avanzate tecniche di riciclaggio, sono due approcci promettenti per aiutare il mondo a ridurre i rifiuti di plastica. Attualmente, la maggior parte della plastica prodotta non è biodegradabile, con il 30-50% impiegata per applicazioni monouso.
Generalmente, si è pensato che un maggiore investimento sulla produzione di plastica biodegradabile avrebbe potuto rappresentare una potenziale soluzione al problema dei rifiuti. Non a caso, negli ultimi dieci anni c’è stata una sempre maggiore attenzione nei confronti delle cosiddette bioplastiche, polimeri prodotti da materie prime biologiche come l’acido polilattico (PLA) e i poliidrossialcanoati (PHA).
La plastica biodegradabile ha fatto dunque sperare che il mondo potesse continuare a produrre grandi quantità di materie plastiche, senza doversi preoccupare del loro fine vita. Tuttavia, la realtà è molto diversa da quello che appare. Infatti, la provenienza biologica non garantisce che la plastica si possa realmente degradare in tempi accettabili, e molte bioplastiche pubblicizzate come tali in realtà non lo sono.
La questione, infatti, riguarda cosa si intende per “plastica biodegradabile”. Il PLA, ad esempio, è comunemente etichettato come biodegradabile, ma si degrada solo in impianti di compostaggio industriali, a temperature sufficientemente elevate affinché i microbi possano abbatterlo ad una certa velocità. Di conseguenza, se una bottiglia di PLA venisse buttata nell’oceano, ci vorrebbero centinaia di anni prima di degradarsi.
In un report dal titolo Bioplastics 2020-2025, IDTechEx sottolinea che molte regioni del mondo non hanno accesso a queste strutture di compostaggio industriale, il che significa che una diffusione di materie plastiche in PLA probabilmente non comporterebbe alcun beneficio ambientale. Questo, però, non è il caso di tutte le bioplastiche. I PHA, ad esempio, si decompongono nell’ambiente naturale nel corso di alcuni mesi, così come le miscele di amido e le nanocellulose.
Anche il riciclaggio della plastica è un’altra potenziale strada per superare il problema mondiale dei rifiuti di plastica. Le tecnologie di riciclaggio esistenti si sono affidate allo smistamento meccanico e alla fusione dei rifiuti di plastica, strategie che spesso comportano elevati livelli di contaminazione. Tuttavia, esiste una gamma di tecnologie di riciclaggio alternative che potrebbero portare a ulteriori opportunità nella catena del valore dei polimeri.
Ad esempio, l’estrazione con solvente è un metodo di riciclaggio che può produrre un polimero puro con proprietà meccaniche simili o potenzialmente identiche al materiale vergine. Tecniche come la pirolisi possono essere utilizzate per creare carburanti e materie prime chimiche da rifiuti di plastica, contribuendo a un’economia più circolare.
Dunque, sia una maggiore attenzione alla plastica biodegradabile, sia un miglioramento delle strategie di riciclaggio dei polimeri potrebbero rappresentare, congiuntamente, un buono modo per superare il problema dei rifiuti in plastica. Tuttavia, secondo IDTechEx, i due sistemi rischiano di essere in concorrenza tra loro: ad esempio, una maggiore attenzione al riciclaggio potrebbe portare ad un depotenziamento del mercato delle bioplastiche, aggravando le sfide economiche che il campo deve affrontare.
fonte: www.rinnovabili.it
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La rivoluzione del “lombricompostaggio” a Melpignano (Le)
Il Comune di Melpignano ha inteso intraprendere la procedura ordinaria di cui all’art. 208, in alternativa alla semplificata dell’art 214, la quale può essere avanzata solo dal gestore dell’impianto, poiché comporta la sicurezza che quanto realizzato e approvato tramite autorizzazione unica ambientale potrà essere autorizzato anche per il gestore in fase di avvio all’esercizio.
È stata espletata la procedura autorizzativa ordinaria, in quanto, la compostiera ha capacità di trattamento di 150 t/a compreso lo strutturante (in misura del 25%), ed è, pertanto, considerata a tutti gli effetti alla stregua di un impianto, poiché supera le 130 t/a.

La produzione stimata di frazione umida è, in questo caso, pari a 242 t/A e quindi 0,67 t/g. Ipotizzando che la raccolta della frazione organica avvenga ogni 2 giorni, il quantitativo di rifiuto inviato a recupero è di 1,34 t per ogni giorno di apertura.
Inoltre, è l’unico esperimento in Italia che coniuga il trattamento della frazione organica con il sistema della lombricoltura, che ha permesso di raddoppiare la portata dell’impianto.
fonte: https://www.innovactioncoop.it
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