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Aamps, compostaggio condominiale: via al progetto ecologico

 











Compostiere gratuite e realizzate in plastica riciclata che potranno essere richieste da tutti coloro interessati a produrre compost di qualità. Prevista una riduzione della 

Il prototipo dell'innovativa barca a vela presentato da Caracol e NextChem in occasione della manifestazione Milano Design Week.

Si chiama Beluga la barca a vela realizzata dalla ...

Calcio, Inter: ecco la nuova maglia, fatta con bottiglie riciclate

CALCIO - Nike e FC Internazionale Milano presentano oggi la nuova divisa home per la stagione 2021-2022, un ulteriore passo di Nike e del Club verso una produzione più sostenibile e attenta all’ambiente.




Il nuovo kit dell’Inter nasce dalla sinergia tra il Club e l’impegno ormai costante di Nike in ambito sostenibilità.
Le nuove maglie sono infatti realizzate per almeno il 95% da bottiglie di plastica riciclata. Si tratta di un kit rivoluzionario che unisce prestazioni elevate ad una filosofia produttiva che mette al centro la riduzione dell’impatto ambientale.

fonte: www.eurosport.it


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Svelati i primi mattoncini LEGO fatti con plastica riciclata

La LEGO ha presentato un nuovo prototipo creato a partire dal riciclo delle bottiglie in PET. L’azienda continuerà a testare e sviluppare la formulazione per un anno, valutando quindi se passare alla fase di produzione pilota



La celebre azienda danese di costruzioni in scatola vuole alleggerire la sua impronta ambientale. E per farlo presenta oggi i primi mattoncini LEGO in plastica riciclata. Non si tratta ancora di un prodotto fatto e finito, ma il prototipo rappresenta indubbiamente un sensibile passo avanti per la strategia di sostenibilità adottata dal Gruppo. E già oggi il risultato è in grado di soddisfare molti dei requisiti di qualità, sicurezza e gioco essenziali ai fini delle vendita.

Frutto di tre anni di studi e ricerche da parte di un nutrito gruppo di chimici e ingegneri, i nuovi mattoncini LEGO sono figli di uno dei rifiuti plastici più diffusi: le bottiglie in PET o polietilene tereftalato. Per arrivare a questo prototipo, le oltre 150 persone che stanno lavorando su nuove soluzioni sostenibili per l’azienda, hanno testato più di 250 varianti di materiali PET e centinaia di altre formulazioni. Un impegno premiato ora dal risultato. I prototipi sono stati realizzati a parte da polietilene tereftalato riciclato proveniente da fornitori statunitensi che utilizzano processi approvati dalla Food & Drug Administration e dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA). L’innovativo processo, oggi in attesa di brevetto, utilizza una tecnologia di composizione su misura per mescolare il polimero riciclato con additivi rinforzanti.

In media, una bottiglia di plastica da un litro fornisce materia prima seconda sufficiente per dieci mattoncini LEGO 2 x 4 (dimensioni 11.4mm x 31.8mm). Ma, per ora, parlare di mercato è prematuro. L’azienda si è data ancora un anno per migliorare e testare la formula. Quindi valuterà se passare o meno alla fase di produzione pilota.

La strategia di sostenibilità della LEGO

Nel frattempo, però, la più ampia strategia di sostenibilità procede spedita. Nel 2018 il Gruppo ha iniziato a produrre alcuni elementi, come foglie, cespugli e alberi giocattolo, in biopolietilene (bio-PE). Il polimero è ottenuto da canna da zucchero di provenienza sostenibile e certificata, ma attualmente non risulta adatto a creare pezzi più duri e forti come gli iconici mattoncini LEGO.

Due anni più tardi la società ha annunciato la progressiva rimozione della plastica monouso dalle sue scatole, annunciando l’investimento di 400 milioni di dollari per accelerare le iniziative di sostenibilità e responsabilità sociale fino 2023. “Ci impegniamo a fare la nostra parte nella costruzione di un futuro sostenibile per generazioni di bambini”, ha commentato vicepresidente della responsabilità ambientale di LEGO Group, Tim Brooks. “Vogliamo che i nostri prodotti abbiano un impatto positivo sul pianeta, non solo con il gioco che ispirano, ma anche con i materiali che utilizziamo. Abbiamo ancora molta strada da fare per il nostro viaggio, ma siamo soddisfatti dei progressi compiuti”.

fonte: www.rinnovabili.it


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SIM card dal riciclo di frigoriferi

In Francia, Thales e Veolia stanno sviluppando una carta per telefoni cellulari prodotta con plastica da RAEE.











Ogni anno vengono prodotte nel mondo 4,5 miliardi di schede SIM, utilizzate nei telefoni cellulari, il cui supporto è realizzato in materiale plastico. Per contribuire a ridurre l'utilizzo di materie prime vergini, le francesi Thales e Veolia hanno realizzato una scheda in plastica riciclata ottenuta dai rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE), con l'obiettivo di arrivare a produrne 5mila tonnellate l'anno.

Il recupero e riciclo avverrà in un impianto francese di Veolia. Thales ha contribuito al progetto mettendo a punto un processo in grado di utilizzare il materiale rigenerato per produrre schede SIM capaci di soddisfare i requisiti degli operatori di telefonia mobile.

Le SIM card così ottenute possiedono un'impronta di carbonio neutra poiché anche le emissioni di CO2 legate al processo di produzione e ai componenti elettronici integrati nella scheda vengono compensate da Thales.

fonte: www.polimerica.it


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Inquinamento: metalli rari nei giocattoli e nei contenitori per cibo

Inquinamento, metalli rari sempre più presenti nella plastica utilizzata per creare giocattoli e contenitori per il cibo



L’inquinamento colpisce anche alcuni oggetti in plastica di uso molto comune, come giocattoli e contenitori per cibo. È quanto rivela un nuovo studio condotto dall’Università di Plymouth e dall’Università dell’Illinois, pubblicato sulla rivista scientifica Science of The Total Environment: molti prodotti in plastica contengono livelli anomali di metalli rari.

I metalli rari sono oggi molto richiesti, per via delle loro proprietà fisiche e chimiche che li rendono particolarmente adatti per la produzione di dispositivi elettronici. Eppure, nonostante la loro rarità, questi elementi sono sempre più rilevati in oggetti in plastica di uso molto comune: una contaminazione che, a detta degli esperti, potrebbe avvenire proprio nella fase di produzione di questo materiale o nei processi di riciclo.

Inquinamento, metalli pesanti e oggetti comuni

I ricercatori hanno voluto analizzare i livelli di metalli rari – detti anche REE, Rare Earth Elements – in alcuni oggetti di uso molto comune. Hanno quindi selezionato 31 prodotti, dai giocattoli ai contenitori di cibo, introducendo anche nel campione degli oggetti creati a partire dalla plastica riciclata. I ricercatori sospettavano possibili contaminazioni nel processo di smistamento e recupero di questo materiale. Ancora, gli esperti hanno misurato i livelli di bromo e antimonio, due sostanze impiegate come ritardanti di fiamma.

Il primo dato emerso è come, negli oggetti in plastica riciclata, si registrino livelli di bromo e antimonio insufficienti per avere un effetto davvero ritardante per le fiamme. Ancora, i metalli rari sono stati identificati in 24 su 31 campioni analizzati.

Non è però tutto, poiché i ricercatori hanno voluto anche indagare se i REE fossero presenti anche nella plastica presente in mare, ormai schiarita dall’azione dei sali marini e dall’esposizione al sole. Anche in questo caso, la maggior parte dei campioni riportava vari livelli di contaminazione, sottolineando quindi come l’inquinamento da metalli rari sia ormai “ubiquo e pervasivo”.

Andrew Turner, docente di Scienze Ambientali presso l’Università di Plymouth e principale autore dello studio, ha così commentato i risultati emersi:


I REE hanno applicazioni critiche nella moderna elettrica, per via delle loro proprietà magnetiche, fosforescenti ed elettrochimiche. Tuttavia, non sono appositamente aggiunti nella plastica, poiché non hanno nessuna funzione in questo materiale. Quindi la loro presenza è più probabilmente il risultato di contaminazioni accidentali durante la separazione meccanica e la gestione di componenti riciclabili.

Ma quali conseguenze potrebbe avere sulla salute un’esposizione a questi metalli?

Gli impatti sulla salute dovuti dalla cronica esposizione a piccole quantità di questi metalli non sono noti. Ma oggi si trovano a livelli più alti nel cibo, nell’acqua di rubinetto e in alcuni farmaci, ciò significa che la plastica probabilmente non rappresenta un vettore significativo di esposizione per la popolazione. Tuttavia, potrebbero sottendere la presenza di additivi chimici più noti e maggiormente conosciuti, già oggi causa di preoccupazione.

Fonte: EurekaAlert


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Come iniziare a progettare con plastica riciclata

Ospitiamo l'intervento della nota azienda di design Pezy Group, che ci spiega come l'economia circolare è innanzitutto un modo di pensare differente. "Una delle sfide che dobbiamo fronteggiare è comprendere come sfruttare al meglio la versatilità delle proprietà meccaniche ed estetiche che i materiali offrono"











Durante gli ultimi 15 anni, come azienda di design, Pezy Group è stata spesso coinvolta nello sviluppo di prodotti sostenibili. Sulla base dei molti insegnamenti che abbiamo acquisito, ci siamo creati un bagaglio di conoscenze su come utilizzare in modo corretto la plastica riciclata. Condividendo quello che abbiamo imparato con voi, spero di dare un impulso al processo di sostituzione della plastica vergine con quella riciclata, quanto questo è possibile. Questo articolo vi parlerà del ruolo che le plastiche riciclate hanno nello sviluppo di un prodotto, a di come iniziare a progettare proprio con questo tipo di materiali.

Una delle sfide che dobbiamo fronteggiare noi, in qualità di designer, è comprendere come sfruttare al meglio la versatilità delle proprietà meccaniche ed estetiche che i materiali offrono. Pensiamo in termini di applicazioni e per farlo dobbiamo tradurre le proprietà del materiale in proprietà dell’applicazione. I fornitori di plastica, d’altra parte, pensano in termini di materiali e di proprietà dei materiali. Pertanto, è necessario creare una forte connessione proprio tra designer e fornitori di materiali: lo scopo è far coincidere le capacità dei materiali con le prestazioni delle applicazioni. Questo vale per la plastica vergine, ma anche per la plastica riciclata.

Da 3 anni e mezzo, Pezy è parte del progetto PolyCE, abbreviazione che sta per Post-Consumer High-tech Recycled Polymers for a Circular Economy. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020. Il progetto è portato avanti da un partenariato di attori europei che insieme hanno raccolto la sfida di rendere il ciclo di vita della plastica delle apparecchiature elettriche ed elettroniche più sostenibile. Ad oggi, sono molti gli ostacoli in questa catena di valore che devono essere rimossi, che riguardano la progettazione, la produzione, l’utilizzo e il recupero della plastica: tutti gli step di questa catena devo agire insieme per mantenere il livello di qualità e quantità della plastica il più alto possibile.

Ma come designer, è soprattutto la fase di recupero della plastica ad essere sfidante. La maggior parte delle volte siamo ancora abituati a pensare attraverso modelli lineari: estrazione di risorse-produzione-generazione di rifiuti. Creare prodotti che soddisfino tutti i passaggi all’interno di un modello circolare, significa innanzitutto che dobbiamo comprendere questi passaggi. Dobbiamo realizzare prodotti in modo che i materiali fluiscano attraverso di essi. Questo è incredibilmente difficile, poiché ci sono molti altri step dopo il fine vita del prodotto che noi non conosciamo. Abbiamo ovviamente un’idea approssimativa di cosa accadrà, ma non lo conosciamo in dettaglio. Potremmo dire che c’è un mondo completamente nuovo da scoprire se vogliamo diventare pienamente circolari. Ora quello che vediamo sono due mondi distinti:
il “nostro” mondo, quello dei designer, cioè il mondo dello sviluppo del prodotto
il mondo del recupero dei rifiuti

Questi mondi devono essere connessi e devono rispondere l’uno all’altro. Per farlo, definiamo due porte (gate in inglese) che fanno da collegamento tra di loro. Gate A, Design for Recycling (design per il riciclo) e Gate B, Design from Recycling (design da materiale riciclato).

Il Gate A è il gate in cui noi, come progettisti, ci chiediamo cosa possiamo fare per aumentare la qualità e la quantità di plastica durante la fase di recupero. Siamo noi quindi che dobbiamo sapere quali regole di progettazione dobbiamo applicare per creare un design che si adatti alle fasi di riciclo. A questo scopo, in collaborazione con il consorzio di partner del progetto PolyCE abbiamo creato delle linee guida focalizzate sulla plastica utilizzata nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Le linee guida verranno pubblicate intorno a febbraio del prossimo anno.

Il Gate B è quello in cui chiediamo ai fornitori di plastica riciclata che tipo di materiali possiamo ottenere da loro, per essere in grado di sviluppare i nostri prodotti in modo tale da poter implementare questi materiali nei prodotti che progettiamo.

Progettare con plastica riciclata in realtà non è diverso dal progettare con plastica vergine. In base alle proprietà del materiale, viene creato un progetto per soddisfare i requisiti dell’applicazione. Ciò che è diverso, però, sono i materiali stessi con le loro proprietà specifiche. Come sappiamo già dall’utilizzo di diverse qualità di materiale vergine, ognuna di esse ha un suo comportamento specifico a livello chimico, meccanico, estetico o di lavorazione. Questo non è diverso per quanto riguarda la plastica riciclata. Una certa tipologia di materiale vergine non è corrispondente a una certa tipologia di materiale riciclato, e quindi un design realizzato con una certa qualità di materiale vergine, ad esempio di polipropilene (PP), non può essere semplicemente sostituito da un PP riciclato aspettandosi che si comporti esattamente allo stesso modo del vergine. Il comportamento potrebbe essere simile, ma non sarà identico. Pertanto, tutta la conoscenza integrata di designer, produttori di apparecchiature e produttori di stampi risulta oggi meno utile. In passato ci si è basati sull’aspettativa che i materiali vergini potessero essere sostituiti, 1 contro 1, da materiali riciclati: questo ha portato ad avere brutte esperienze con l’utilizzo di materiale riciclato a causa delle quali, le aziende sono diventate riluttanti a provare nuove qualità di materiali, sia nei prodotti già esistenti e soprattutto nei nuovi prodotti.

Per sviluppare e produrre parti in plastica affidabili, sono 4 gli aspetti che dovrebbero essere in equilibrio tra loro: il materiale (ad esempio la qualità della plastica) di cui è composto il pezzo, la geometria, lo stampo e il processo di produzione. Quando, per un nuovo prodotto in fase di sviluppo, si sceglie un materiale, spesso si sceglie una plastica che è ben nota per le sue proprietà estetiche e meccaniche. La maggior parte delle volte è stato utilizzata in precedenza, e quindi se ne ha internamente anche una conoscenza applicativa. Si tratta della banca dati della conoscenza dei materiali che si forma in una azienda e che è stata costruita grazie all’esperienza acquisita dai designer durante lo sviluppo di prodotti precedenti. Quanto un designer sceglie di lavorare con la plastica riciclata, la conoscenza dei materiali basata sull’utilizzo di plastica vergine non può essere utilizzata. C’è cioè una lacuna di conoscenza.

Qui si trova anche la risposta alla domanda: come iniziare a progettare con plastica riciclata? Prima di iniziare a sviluppare nuovi prodotti, bisogna eliminare questa lacuna di conoscenza per prevenire allo stesso tempo i rischi legati a due grandi incertezze: 1) la fattibilità del rispetto dei requisiti delle funzionalità delle parti del prodotto da sviluppare e 2) le prestazioni del materiale sconosciuto.

Per ridurre la complessità, noi consigliamo di partire con la conoscenza del materiale. Iniziare quindi con lo scouting di plastica riciclata che potenzialmente potrebbe soddisfare le nostre esigenze. Quindi passare ad applicare il materiale in un prodotto esistente o parti di un prodotto, che è già ben noto in ogni suo aspetto.

Utilizzando stampi esistenti, impareremo a conoscere le possibilità legate alle plastiche riciclate post-consumo, applicandole e confrontandole con le parti del prodotto che attualmente contengono invece plastica vergine. Il suggerimento è quello di iniziare con forme semplici per avere una prima idea sul comportamento del materiale durante la lavorazione e per determinarne le proprietà meccaniche o di lavorazione. Una tipica sfida per il PP, ad esempio, è la ricerca attraverso l’impiego di questo materiale della rigidità (caratteristica dei cosiddetti omopolimeri) o della resistenza all’urto (caratteristica dei cosiddetti copolimeri).

La plastica riciclata post-consumo è costituita da una miscela di materiali in cui entrambe le proprietà vengono parzialmente perse. Aggiungendo fibre al materiale è possibile aumentarne la rigidità, ma poi c’è il rischio che diventi troppo fragile e che non superi i test di impatto. Trovare un equilibrio e imparare quali sono i limiti dei materiali è il punto di partenza per i designer per progettare geometrie che li compensino.

fonte: economiacircolare.com


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Tyreplast: da PFU e plastica riciclata arrivano nuovi materiali

Prodotti innovativi, performanti e sostenibili con un’eccezionale resistenza agli urti, un’ottima risposta alle vibrazioni ed elevate caratteristiche fonoisolanti, a disposizione di industrie e consumatori









Buone notizie per tutte le imprese che sono alla ricerca di soluzioni innovative e di materiali ambientalmente sostenibili.

Promosso da Ecopneus, la società senza scopo di lucro principale operatore della gestione dei Pneumatici Fuori Uso in Italia, e Ideaplast, il progetto di ricerca Tyreplast ha infatti come obiettivo quello di realizzare nuove famiglie di materiali unendo il polverino di gomma riciclata dai PFU-Pneumatici Fuori Uso e polimeri termoplastici post-consumo per creare miscele dalle prestazioni superiori e ad elevato valore ambientale, valorizzando le caratteristiche fisiche e tecniche della gomma riciclata e delle materie termoplastiche.



Un’unione innovativa che consente di migliorare le proprietà dei nuovi materiali, come la resistenza all’impatto, la tenacità, la fono-assorbenza e la capacità di smorzamento vibrazionale. I vantaggi sono tangibili: prodotti più resistenti, con un’ottima risposta alle vibrazioni ed elevate caratteristiche fonoisolanti, versatili e dai costi contenuti. Nell’automotive, ad esempio, i compound Tyreplast trovano applicazione soprattutto nella componentistica e nelle finiture dei veicoli. Se impiegati nell’edilizia invece consentono di realizzare elementi altamente performanti per l’isolamento acustico e lo smorzamento delle vibrazioni, come tappeti e superfici. Nella zootecnia è invece possibile realizzare rivestimenti e protesi per gli zoccoli degli animali, mentre nell’arredo urbano le innovative miscele possono essere utilizzate per la realizzazione di manufatti come, ad esempio, panchine e fioriere.

“Come Ecopneus dedichiamo grande attenzione alle attività di Ricerca & Sviluppo sulle applicazioni della gomma riciclata e il progetto Tyreplast rappresenta al meglio la nostra vocazione rivolta sempre al futuro e all’innovazione – ha dichiarato il Direttore Generale di Ecopneus Giovanni Corbetta – La gomma riciclata dei PFU è un materiale di altissimo valore tecnologico che sprigiona tutto il suo potenziale anche in combinazione con i materiali termoplastici.”

Un esempio concreto di economia circolare al servizio delle imprese e del mondo dell’industria, che sarà possibile scoprire dal 2 al 3 dicembre al Mecspe Connect, la piattaforma online dedicata alle innovazioni per l’industria manifatturiera. In programma un ciclo di incontri online con la community nazionale e internazionale di Mecspe, che consentirà agli operatori del settore di aggiornarsi sulle tematiche più attuali a disposizione del mercato. Per approfondimenti è possibile, inoltre, visitare il profilo espositore dedicato ad Ecopneus e richiedere un appuntamento attraverso la virtual room, presente sulla scheda dell’espositore.

fonte: www.rinnovabili.it


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Coca-Cola, nuove bottiglie con il 50% di plastica riciclata

Arriva sul mercato italiano il packaging che punta al sostegno di un’economia circolare. Le prescelte sono le bottiglie da 450ml di Coca-Cola Original Taste e Coca-Cola Zero Zuccheri.



Coca-Cola introduce sul mercato italiano bottiglie realizzate con il 50% di plastica riciclata (rPET) confermando l’impegno verso un’economia circolare e facendo un ulteriore passo avanti nel ridurre l’utilizzo di materie prime: oltre ad essere già al 100% riciclabili, negli ultimi dieci anni bottiglie e lattine hanno visto ridursi la quantità di plastica, vetro e alluminio rispettivamente del 20%, 25% e 15%. Per rendere ancora più visibile questo impegno, le etichette delle bottiglie da 450ml di Coca-Cola Original Taste e Coca-Cola Zero Zuccheri abbandonano temporaneamente l’iconico colore rosso a favore di una etichetta bianca con il messaggio “Riciclami Ancora”, un invito che vuole sensibilizzare e incoraggiare i consumatori al riciclo.

«Siamo orgogliosi di mettere a disposizione la forza del nostro brand per comunicare un così importante messaggio sul riciclo, affinché nessuna bottiglia venga sprecata ma possa tornare a nuova vita - commenta Giuliana Mantovano, direttore marketing Coca-Cola Italia - in quest’ottica ci auguriamo che venga rimosso il limite sulla quantità di plastica riciclata al 50%, presente solo in Italia, così da poter proseguire nel rendere realtà il concetto di economia circolare».

La scelta di introdurre sul mercato bottiglie con il 50% di plastica riciclata è infatti solo uno degli impegni che Coca-Cola sta da tempo portando avanti per ridurre i materiali impiegati nella produzione dei propri imballaggi, investendo costantemente in ecodesign e studiando nuove tecnologie che permettano di ottimizzare gli imballaggi attraverso la cosiddetta “sgrammatura”. Sono realizzate con il 50% di plastica riciclata (rPET) tutte le bottiglie di Coca-Cola, Coca-Cola Zero Zuccheri, Coca-Cola Senza Caffeina, Coca-Cola Light Taste, Coca-Cola Gusto Limone Zero Zuccheri da 450 ml, Fanta Original da 450 ml e FUZETEA da 400 ml.

Solo nell’ultimo anno in Italia, sono stati attuati una serie di interventi con l’obiettivo di avere packaging sempre più sostenibili:
• la bottiglia in PET da 1.5L è più stretta e alta: il suo peso è stato ridotto del 4%, passando da 38g a 36,5g;
• la plastica utilizzata nelle etichette dei prodotti FUZETEA è stata ridotta del 16%, evitando l’emissione in atmosfera di 73t di CO2 in un anno;
• con la rimozione del colore dalle bottiglie di Fanta Original miglioriamo la qualità del PET in circolazione, che potrà essere riciclato più facilmente in una nuova bottiglia trasparente;
1 soglia massima attualmente consentita dalla normativa italiana Classified - Confidential
• sono stati ridotti, o eliminati se possibile, gli imballaggi secondari in plastica. Nei prossimi mesi verrà implementata l’esclusiva tecnologia “Keel Clip”, un innovativo sistema di imballaggio che permetterà di eliminare completamente la plastica nelle confezioni di lattine.

Un mondo senza sprechi
La sostenibilità si conferma parte integrante della filosofia di Coca-Cola, che si riflette in ogni aspetto legato al business. Nel 2018 Coca-Cola ha comunicato la propria visione “World Without Waste”, che include chiari obiettivi globali per eliminare lo spreco:
• Entro il 2025 tutte le confezioni prodotte a livello globale da The Coca-Cola Company saranno completamente riciclabili: in Italia questo obiettivo è già stato raggiunto e sono tutte 100% riciclabili.
• Inoltre, entro il 2030, per ogni bottiglia o lattina vendute, indipendentemente da che azienda verrà prodotta, The Coca-Cola Company si impegna a favorirne la raccolta e il riciclo.
• Sempre entro il 2030, a livello mondiale The Coca-Cola Company produrrà bottiglie costituite per il 50% da materiale riciclato (rPET). In Italia, Coca-Cola ha iniziato a introdurre nel mercato bottiglie che utilizzano una parte di PET riciclato (rPET) nel 2018: l'obiettivo è quello di sostituire entro il 2025 il 35% della quantità totale di PET immessa nel mercato, fino ad arrivare a sostituirne almeno il 50% entro il 2030.

fonte: www.italiaatavola.net

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Quando il riciclo della plastica diventa arte

Sarà capitato a molti di ritrovare pezzi di plastica appartenenti ad un oggetto che, se non attaccati a quello, perdono la loro utilità. Non è così per Lady Be, un’artista italiana che trasforma la plastica a fine vita in opere d’arte.














Letizia Lanzarotti, in arte Lady Be, ha trovato un modo per esprimere la sua arte e al tempo stesso sensibilizzare il pubblico sul tema del riciclo degli oggetti a lei molto a cuore.

Questa giovane artista di Pavia, il cui nome d’arte esprime il suo amore per i Beatles, è celebre in Italia e all'estero per i suoi mosaici fatti interamente da materiali di scarto di plastica come tappi, bottiglie, vecchi giocattoli e oggetti di bigiotteria; i risultati sono davvero sorprendenti, con colori vivaci e che attirano l’attenzione. I soggetti rappresentati sono principalmente ritratti di celebri artisti e personaggi storici.





I materiali utilizzati per comporre i mosaici sono oggetti che tutti abbiamo avuto almeno una volta nella vita, Lady Be li cerca nei mercatini o durante delle passeggiate, li taglia e modella e li archivia poi per colore utilizzandoli nella fase creativa. Gli oggetti più strani con cui le è capitato di lavorare sono stati bigodini, cavi elettrici, bambole e giocattoli rotti levigati dall'acqua di mare. La filosofia dell’artista dietro ogni suo quadro è quello di utilizzare solo materiali che hanno avuto una vita precedente e dargli un nuovo scopo e tutelare al tempo stesso la natura lanciando un messaggio alle persone per riflettere sull'importanza del corretto utilizzo e smaltimento dei rifiuti contro la tendenza del consumismo e della politica dell’usa e getta.




Dopo la scuola d’Arte e l’Accademia di Belle Arti è nato il suo primo mosaico di 150x150cm raffigurante il ritratto di Marylin Monroe, realizzato con i giochi di plastica accumulati da bambina e nel tempo dall'artista stessa. Nonostante gli studi per disegno classico però, l’interesse dell’artista per il riutilizzo di materiali riciclati era già radicato in lei, facendole sostituire pennellate e pittura con oggetti di plastica riciclati, lucidati con la resina e proponendo una tecnica simile al mosaico.

L’aspetto peculiare delle opere di Lady Be è quello di risvegliare ricordi collegati a ciascun oggetto utilizzato, se l’opera viene vista da vicino, mentre se vista da lontano si riconosce il soggetto da lei rappresentato.





Come già detto l’artista si concentra soprattutto sui ritratti in quanto suscita un impatto e interesse maggiore sulle persone e può essere utilizzato come veicolo per far passare messaggi importanti quali il riciclo della plastica o la protesta contro la violenza sulle donne come nel caso dell’opera d’arte raffigurante una Barbie col volto tumefatto composta da tanti piccoli pezzi della famosa bambola. Altre opere riconducibili all'artista sono i ritratti di David Bowie, Salvador Dalì, Papa Francesco e i Beatles di cui è stata proposta anche un’opera d’arte da cui era possibile staccare un pezzetto e portarselo a casa come ricordo.

fonte: https://www.soluzioniplastiche.com


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È nato il primo rasoio da barba usa e getta riciclato e riciclabile di Wilkinson Sword

La striscia lubrificante con aloe vera del rasoio garantisce una rasatura confortevole e le 3 lame flessibili di Eco Green si adattano a tutti i contorni del viso per un taglio preciso.










Wilkinson Sword ha lanciato Xtreme 3 Eco Green, il suo primo rasoio usa e getta riciclato e riciclabile. Questa nuova versione dello storico rasoio usa e getta di Wilkinson ha un manico realizzato con il 95% di plastica riciclata e, alla fine del suo utilizzo, sarà sufficiente staccare le lame dal manico per poterlo smaltire, regalandogli una nuova vita e combattendo l'inquinamento.

Xtreme 3 Eco Green fa parte di un nuovo modo di avvicinarsi al mondo della rasatura che Wilkinson Sword applica anche al packaging, anch'esso più "ecologicamente responsabile", in cartone riciclato per più del 90%. Inoltre, la confezione è certificata FSC, un'etichetta che garantisce la provenienza della materia prima cellulosa da foreste certificate, per un approvvigionamento responsabile, mirato a combattere la deforestazione.

fonte: www.greencity.it


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Sim con plastica riciclata: il progetto eco di TIM

Debutteranno presto le nuove SIM green di TIM, composte per almeno il 60% da plastica riciclata: è l'inizio del cambiamento.



L’obiettivo è ormai noto: TIM vuole diventare un’azienda eco friendly conseguendo la carbon neutrality entro 10 anni. Il primo passo sarà quello di utilizzare plastica riciclata per le loro sim card. Le nuove schede dell’operatore saranno composte, infatti, per il 60% da materiale eco e tutto il corredo (confezione, cartoncini con le istruzioni e via dicendo) sarà biodegradabile. Con questa iniziativa TIM stima di ridurre di circa 13 tonnellate all’anno l’utilizzo di plastica. Un buon punto di partenza che potrebbe portare l’azienda a posizionarsi sul mercato green.

Non è tutto: è prevista anche la diffusione di smartphone ricondizionati. I cellulari saranno venduti direttamente dal gruppo, anche se non è chiaro chi si occuperà del processo di ricondizionamento. Infine, anche per i dispositivi a marchio TIM come i modem o i cordless è previsto l’impiego di materiali riciclati ed ecosostenibili sia per quanto riguarda il packaging sia per la costruzione in sé.


Il piano TIM Green fa parte delle iniziative prese dalla società per abbattere le emissioni di CO2. Il carbon free non è mai sembrato così vicino (ci sarà un bilanciamento per emissioni prodotte e risparmiate grazie a processi produttivi virtuosi); il tutto dovrebbe realizzarsi entro il 2030.

fonte: https://www.greenstyle.it


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Plastica biodegradabile o riciclata? Ecco quali sono i pro e i contro















Plastica biodegradabile o plastica riciclata? Quale delle due opzioni è migliore per l’ambiente? Il gruppo di ricerca IDTechEx ha cercato di rispondere a questa domanda, nel tentativo di far fronte alla sempre maggiore produzione di plastica che, con l’attuale tasso di crescita, potrebbe raggiungere le 600 milioni di tonnellate entro il 2030.

Le nuove materie plastiche biodegradabili, insieme alle più avanzate tecniche di riciclaggio, sono due approcci promettenti per aiutare il mondo a ridurre i rifiuti di plastica. Attualmente, la maggior parte della plastica prodotta non è biodegradabile, con il 30-50% impiegata per applicazioni monouso.

Generalmente, si è pensato che un maggiore investimento sulla produzione di plastica biodegradabile avrebbe potuto rappresentare una potenziale soluzione al problema dei rifiuti. Non a caso, negli ultimi dieci anni c’è stata una sempre maggiore attenzione nei confronti delle cosiddette bioplastiche, polimeri prodotti da materie prime biologiche come l’acido polilattico (PLA) e i poliidrossialcanoati (PHA).

La plastica biodegradabile ha fatto dunque sperare che il mondo potesse continuare a produrre grandi quantità di materie plastiche, senza doversi preoccupare del loro fine vita. Tuttavia, la realtà è molto diversa da quello che appare. Infatti, la provenienza biologica non garantisce che la plastica si possa realmente degradare in tempi accettabili, e molte bioplastiche pubblicizzate come tali in realtà non lo sono.

La questione, infatti, riguarda cosa si intende per “plastica biodegradabile”. Il PLA, ad esempio, è comunemente etichettato come biodegradabile, ma si degrada solo in impianti di compostaggio industriali, a temperature sufficientemente elevate affinché i microbi possano abbatterlo ad una certa velocità. Di conseguenza, se una bottiglia di PLA venisse buttata nell’oceano, ci vorrebbero centinaia di anni prima di degradarsi.

In un report dal titolo Bioplastics 2020-2025, IDTechEx sottolinea che molte regioni del mondo non hanno accesso a queste strutture di compostaggio industriale, il che significa che una diffusione di materie plastiche in PLA probabilmente non comporterebbe alcun beneficio ambientale. Questo, però, non è il caso di tutte le bioplastiche. I PHA, ad esempio, si decompongono nell’ambiente naturale nel corso di alcuni mesi, così come le miscele di amido e le nanocellulose.

Anche il riciclaggio della plastica è un’altra potenziale strada per superare il problema mondiale dei rifiuti di plastica. Le tecnologie di riciclaggio esistenti si sono affidate allo smistamento meccanico e alla fusione dei rifiuti di plastica, strategie che spesso comportano elevati livelli di contaminazione. Tuttavia, esiste una gamma di tecnologie di riciclaggio alternative che potrebbero portare a ulteriori opportunità nella catena del valore dei polimeri.

Ad esempio, l’estrazione con solvente è un metodo di riciclaggio che può produrre un polimero puro con proprietà meccaniche simili o potenzialmente identiche al materiale vergine. Tecniche come la pirolisi possono essere utilizzate per creare carburanti e materie prime chimiche da rifiuti di plastica, contribuendo a un’economia più circolare.

Dunque, sia una maggiore attenzione alla plastica biodegradabile, sia un miglioramento delle strategie di riciclaggio dei polimeri potrebbero rappresentare, congiuntamente, un buono modo per superare il problema dei rifiuti in plastica. Tuttavia, secondo IDTechEx, i due sistemi rischiano di essere in concorrenza tra loro: ad esempio, una maggiore attenzione al riciclaggio potrebbe portare ad un depotenziamento del mercato delle bioplastiche, aggravando le sfide economiche che il campo deve affrontare.

fonte: www.rinnovabili.it



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Plastica, magliette dalle bottiglie trovate sulle Alpi

Magliette realizzate con le bottiglie di plastica raccolte sulle Alpi, The North Face lancia la nuova collezione Bottle Source.














The North Face produrrà magliette dalle bottiglie di plastica raccolte sulle Alpi. L’azienda ha lanciato la collezione “Bottle Source“, realizzata riciclando i 18mila chilogrammi di materiali plastici abbandonati e recuperati lungo i tratti alpini. “Recover Tee” che vuole testimoniare sia la volontà di un approccio più etico all’esplorazione, ma anche sensibilizzare verso i rischi legati all’abbandono di rifiuti in natura.

Le magliette realizzate con la plastica saranno disponibili sia a manica corta che a manica lunga. Si tratta di t-shirt di colore bianco, sulle quali figura il logo di The North Face. Quest’ultimo sarà disponibile nei colori verde, blu o rosa. La collezione è presente sui siti dell’azienda o nei negozi a marchio.

L’iniziativa prevede anche un ulteriore passo a favore dell’ambiente. Oltre al riutilizzo della plastica raccolta, The North Face donerà alla Summit Foundation 1 euro per ogni maglietta venduta. La fondazione ha come scopo finale quello di “preservare le montagne come straordinaria meta per l’esplorazione”, supportando a tal proposito programmi per la pulizia delle Alpi e a tutela dell’ambiente.
Plastica, rifiuti anche sullo Stelvio

L’inquinamento da plastica è un problema che sta coinvolgendo sempre più anche le località più remote del Pianeta. Non fanno eccezione le Alpi, mentre a sorprendere è l’arrivo di questi inquinanti anche ad alta quota, ad esempio sulle cime dello Stelvio. La sorpresa è legata soprattutto ai quantitativi rinvenuti, come sottolineato dagli esperti dell’Università di Milano e della Milano-Bicocca.

All’interno del Ghiacciaio dei Forni i ricercatori hanno rinvenuto livelli preoccupanti di microplastiche, stimate tra i 131 e i 162 milioni di particelle. Hanno dichiarato gli studiosi:

Tra le sfide più grandi quella di campionare il sedimento sul ghiacciaio evitando la contaminazione di particelle di plastica, che costituiscono la quasi totalità dei materiali tecnici dell’abbigliamento di montagna: per farlo i ricercatori hanno indossato tessuti di cotone al 100% e usato zoccoli di legno per le calzature.


fonte: www.greenstyle.it


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L’industria della plastica riciclata sta affogando in un mare di petrolio a basso costo

Prezzi delle materie vergini in caduta libera e stop alle produzioni causa pandemia mettono a rischio il comparto in tutta Europa: «Se non verranno prese contromisure il riciclo della plastica cesserà di essere redditizio»




















«Se la situazione dovesse persistere e non verranno prese misure per porre rimedio, il riciclo della plastica cesserà di essere redditizio, ostacolando il raggiungimento degli obiettivi fissati dall’Ue e mettendo a rischio la transizione verso l’economia circolare». L’allarme arriva direttamente da Ton Emans, presidente di Plastics recyclers Europe: l’associazione che riunisce le industrie che riciclano plastica in Europa spiega che i propri affiliati stanno fermando gli impianti a causa degli sviluppi di mercato segnati dalla pandemia Covid-19.
I problemi più gravi per il comparto sono la carenza di domanda, dovuta al lockdown, e ai bassi prezzi delle materie plastiche vergini – legati a doppio filo con quelli del petrolio, da cui derivano – che sono crollati seguendo il trend generale delle commodity. Tutto questo mette a rischio decine di migliaia di posti di lavoro – solo nel nostro Paese il settore della trasformazione della plastica vale oltre 30 miliardi di euro e occupa 110mila persone – ma espone anche a importanti passi indietro nell’economia circolare, indirizzando maggiori flussi verso inceneritori e discariche (sebbene in Italia scarseggino pure questi impianti, con tutto ciò che comporta in termini di spazi per l’illegalità). Al proposito, è opportuno ricordare che nel mentre crescono le preoccupazioni per l’impiego di plastica monouso, pervasiva nei dispositivi di protezione individuale imposti dalla pandemia, che cittadini incivili continuano ad abbandonare ovunque.
Visto il contesto Plastics recyclers Europe chiede sostegno all’Ue e agli Stati membri, in questa fase in cui si gettano le basi per l’auspicata ripresa economica; a rischio del resto ci sono gli stessi obiettivi Ue in merito alla riduzione della plastica monouso e alla promozione di quella riciclata, insieme agli obiettivi minimi di riciclo imposti dall’ultimo pacchetto di direttive sull’economia circolare. Per risolvere la situazione non basteranno però dei semplici sussidi.
Già quattro anni fa un crollo nei prezzi delle materie prime, trainate dal petrolio, portò sull’orlo della crisi il comparto. Il problema di fondo sta proprio nelle dinamiche di mercato petrolifere, dominate dalla finanziarizzazione che alimenta un’intrinseca volatilitàè stato l’Economist, poche settimane fa, a notare come i prezzi dell’oro nero siano tornati ai livelli del 1860 e sfida chiunque a trovare un orientamento nel mercato a lungo termine.
Allo stesso tempo, a drogare il mercato del petrolio e degli altri combustibili fossili tenendo bassi i prezzi concorre una montagna di sussidi pubblici – stimati nell’ordine dei 400 miliardi di dollari l’annocirca 16 miliardi di euro in Italia – e la totale assenza di un giusto prezzo, che non consideri solo i costi di produzione ma anche gli impatti ambientali del prodotto.
Di fronte a questa concorrenza sleale sarebbe dunque opportuno agire su più fronti. In primis tagliando i sussidi ai combustibili fossili (nel nostro Paese l’economia nel suo complesso ne beneficerebbe, spiegano dal ministero dell’Ambiente) e/o introducendo una carbon tax (idem). Rimane in ogni caso indispensabile garantire un mercato di sbocco per le plastiche riciclate, attraverso strumenti come crediti d’imposta ad hoc (chiesti dal comparto industriale nazionale ma mai decollati) e ancor prima tramite gli acquisti della pubblica amministrazione: sotto questo profilo il Green public procurement esiste già, ma ancora non riesce a incidere.
fonte: www.greenreport.it


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Lifeproof Wake: la custodia che protegge lo smartphone e l’ambiente














Arriva sul mercato la nuova linea di custodie Wake di Lifeproof con la quale è possibile con un solo gesto proteggere sia il telefono e sia l'ambiente. Il merito è di un progetto nato proprio per rispondere alla crescente sensibilità dei consumatori nei confronti di questi temi, in modo particolare il rispetto del Pianeta.
I prodotti della linea Wake sono realizzati utilizzando per l'85% materiale plastico riciclato dagli scarti recuperati nell'oceano. In modo particolare il materiale viene fornito da un'azienda scandinava, partner dell'iniziativa, specializzata proprio nella realizzazione di Green Plastics, che utilizza tra l'altro le corde e le reti abbandonate dai pescatori.Nonostante le custodie siano realizzate con questo materiale le Wake garantiscono una protezione ideale degli smartphone, assicurando una resistenza agli urti fino a 2 metri d'altezza. Belle da vedere, con un design che ricorda le onde del mare, le custodie sono anche particolarmente sottili e offrono un ottimo grip.Le Lifeproof Wake, distribuite in Italia da Attiva, sono disponibili nei colori blu, grigio e nero al prezzo al pubblico di 29,99 euro e  sono compatibili con gli iPhone 11, 11 Pro, 11 Pro Max, iPhone 8/7/6s.


fonte: www.greencity.it


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Italia aderisce al Patto europeo sulla plastica














L’Italia ha aderito a Bruxelles al Patto europeo sulla plastica (“European Plastic Pact”) per accelerare sul riuso e il riciclo con soluzioni innovative per una transizione più rapida verso l’economia circolare.
Il Patto, lanciato nel 2019 dai Paesi Bassi e dalla Francia con l’obiettivo di riunire governi e imprese che si pongano come precursori nella ricerca di misure all’avanguardia per la gestione della plastica, si concentra su quattro settori chiave:
•             la progettazione circolare di prodotti e imballaggi in plastica;
•             l’uso responsabile della plastica;
•             il riciclaggio delle materie plastiche;
•             l’uso di plastica riciclata.

Con l’adesione al Patto, i governi si impegnano ad attuare politiche nei propri Paesi che creino un ambiente favorevole, investendo nelle infrastrutture di raccolta e riciclo di rifiuti, prevedendo politiche fiscali di sostegno, sensibilizzando i consumatori. In un contesto che vede il proliferare di iniziative nazionali e internazionali sul tema, l’approccio del Patto è costituire a livello pan-europeo una coalizione di attori pubblici e privati in prima fila nella lotta all’inquinamento legato alla plastica che assumano impegni di natura volontaria, ma quantificabili ed estremamente ambiziosi rispetto a quanto già contenuto negli attuali riferimenti normativi comunitari.
“Abbiamo aderito con convinzione al Patto europeo sulla plastica – ha affermato il ministro dell’Ambiente Sergio Costa. La proposta di aderire ha subito suscitato il nostro interesse. Siamo convinti che una tematica così complessa come quella legata alla plastica, e il contrasto all’inquinamento prodotto, necessiti di strumenti condivisi tra i Paesi europei e tra i molteplici attori coinvolti nella gestione. Il Patto è uno strumento prezioso per affrontare meglio il ciclo della plastica, dalla progettazione dei prodotti alla produzione al corretto riciclo”.


fonte: https://www.greencity.it