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Come iniziare a progettare con plastica riciclata

Ospitiamo l'intervento della nota azienda di design Pezy Group, che ci spiega come l'economia circolare è innanzitutto un modo di pensare differente. "Una delle sfide che dobbiamo fronteggiare è comprendere come sfruttare al meglio la versatilità delle proprietà meccaniche ed estetiche che i materiali offrono"











Durante gli ultimi 15 anni, come azienda di design, Pezy Group è stata spesso coinvolta nello sviluppo di prodotti sostenibili. Sulla base dei molti insegnamenti che abbiamo acquisito, ci siamo creati un bagaglio di conoscenze su come utilizzare in modo corretto la plastica riciclata. Condividendo quello che abbiamo imparato con voi, spero di dare un impulso al processo di sostituzione della plastica vergine con quella riciclata, quanto questo è possibile. Questo articolo vi parlerà del ruolo che le plastiche riciclate hanno nello sviluppo di un prodotto, a di come iniziare a progettare proprio con questo tipo di materiali.

Una delle sfide che dobbiamo fronteggiare noi, in qualità di designer, è comprendere come sfruttare al meglio la versatilità delle proprietà meccaniche ed estetiche che i materiali offrono. Pensiamo in termini di applicazioni e per farlo dobbiamo tradurre le proprietà del materiale in proprietà dell’applicazione. I fornitori di plastica, d’altra parte, pensano in termini di materiali e di proprietà dei materiali. Pertanto, è necessario creare una forte connessione proprio tra designer e fornitori di materiali: lo scopo è far coincidere le capacità dei materiali con le prestazioni delle applicazioni. Questo vale per la plastica vergine, ma anche per la plastica riciclata.

Da 3 anni e mezzo, Pezy è parte del progetto PolyCE, abbreviazione che sta per Post-Consumer High-tech Recycled Polymers for a Circular Economy. Si tratta di un progetto finanziato dall’Unione Europea attraverso il programma per la ricerca e l’innovazione Horizon 2020. Il progetto è portato avanti da un partenariato di attori europei che insieme hanno raccolto la sfida di rendere il ciclo di vita della plastica delle apparecchiature elettriche ed elettroniche più sostenibile. Ad oggi, sono molti gli ostacoli in questa catena di valore che devono essere rimossi, che riguardano la progettazione, la produzione, l’utilizzo e il recupero della plastica: tutti gli step di questa catena devo agire insieme per mantenere il livello di qualità e quantità della plastica il più alto possibile.

Ma come designer, è soprattutto la fase di recupero della plastica ad essere sfidante. La maggior parte delle volte siamo ancora abituati a pensare attraverso modelli lineari: estrazione di risorse-produzione-generazione di rifiuti. Creare prodotti che soddisfino tutti i passaggi all’interno di un modello circolare, significa innanzitutto che dobbiamo comprendere questi passaggi. Dobbiamo realizzare prodotti in modo che i materiali fluiscano attraverso di essi. Questo è incredibilmente difficile, poiché ci sono molti altri step dopo il fine vita del prodotto che noi non conosciamo. Abbiamo ovviamente un’idea approssimativa di cosa accadrà, ma non lo conosciamo in dettaglio. Potremmo dire che c’è un mondo completamente nuovo da scoprire se vogliamo diventare pienamente circolari. Ora quello che vediamo sono due mondi distinti:
il “nostro” mondo, quello dei designer, cioè il mondo dello sviluppo del prodotto
il mondo del recupero dei rifiuti

Questi mondi devono essere connessi e devono rispondere l’uno all’altro. Per farlo, definiamo due porte (gate in inglese) che fanno da collegamento tra di loro. Gate A, Design for Recycling (design per il riciclo) e Gate B, Design from Recycling (design da materiale riciclato).

Il Gate A è il gate in cui noi, come progettisti, ci chiediamo cosa possiamo fare per aumentare la qualità e la quantità di plastica durante la fase di recupero. Siamo noi quindi che dobbiamo sapere quali regole di progettazione dobbiamo applicare per creare un design che si adatti alle fasi di riciclo. A questo scopo, in collaborazione con il consorzio di partner del progetto PolyCE abbiamo creato delle linee guida focalizzate sulla plastica utilizzata nelle apparecchiature elettriche ed elettroniche. Le linee guida verranno pubblicate intorno a febbraio del prossimo anno.

Il Gate B è quello in cui chiediamo ai fornitori di plastica riciclata che tipo di materiali possiamo ottenere da loro, per essere in grado di sviluppare i nostri prodotti in modo tale da poter implementare questi materiali nei prodotti che progettiamo.

Progettare con plastica riciclata in realtà non è diverso dal progettare con plastica vergine. In base alle proprietà del materiale, viene creato un progetto per soddisfare i requisiti dell’applicazione. Ciò che è diverso, però, sono i materiali stessi con le loro proprietà specifiche. Come sappiamo già dall’utilizzo di diverse qualità di materiale vergine, ognuna di esse ha un suo comportamento specifico a livello chimico, meccanico, estetico o di lavorazione. Questo non è diverso per quanto riguarda la plastica riciclata. Una certa tipologia di materiale vergine non è corrispondente a una certa tipologia di materiale riciclato, e quindi un design realizzato con una certa qualità di materiale vergine, ad esempio di polipropilene (PP), non può essere semplicemente sostituito da un PP riciclato aspettandosi che si comporti esattamente allo stesso modo del vergine. Il comportamento potrebbe essere simile, ma non sarà identico. Pertanto, tutta la conoscenza integrata di designer, produttori di apparecchiature e produttori di stampi risulta oggi meno utile. In passato ci si è basati sull’aspettativa che i materiali vergini potessero essere sostituiti, 1 contro 1, da materiali riciclati: questo ha portato ad avere brutte esperienze con l’utilizzo di materiale riciclato a causa delle quali, le aziende sono diventate riluttanti a provare nuove qualità di materiali, sia nei prodotti già esistenti e soprattutto nei nuovi prodotti.

Per sviluppare e produrre parti in plastica affidabili, sono 4 gli aspetti che dovrebbero essere in equilibrio tra loro: il materiale (ad esempio la qualità della plastica) di cui è composto il pezzo, la geometria, lo stampo e il processo di produzione. Quando, per un nuovo prodotto in fase di sviluppo, si sceglie un materiale, spesso si sceglie una plastica che è ben nota per le sue proprietà estetiche e meccaniche. La maggior parte delle volte è stato utilizzata in precedenza, e quindi se ne ha internamente anche una conoscenza applicativa. Si tratta della banca dati della conoscenza dei materiali che si forma in una azienda e che è stata costruita grazie all’esperienza acquisita dai designer durante lo sviluppo di prodotti precedenti. Quanto un designer sceglie di lavorare con la plastica riciclata, la conoscenza dei materiali basata sull’utilizzo di plastica vergine non può essere utilizzata. C’è cioè una lacuna di conoscenza.

Qui si trova anche la risposta alla domanda: come iniziare a progettare con plastica riciclata? Prima di iniziare a sviluppare nuovi prodotti, bisogna eliminare questa lacuna di conoscenza per prevenire allo stesso tempo i rischi legati a due grandi incertezze: 1) la fattibilità del rispetto dei requisiti delle funzionalità delle parti del prodotto da sviluppare e 2) le prestazioni del materiale sconosciuto.

Per ridurre la complessità, noi consigliamo di partire con la conoscenza del materiale. Iniziare quindi con lo scouting di plastica riciclata che potenzialmente potrebbe soddisfare le nostre esigenze. Quindi passare ad applicare il materiale in un prodotto esistente o parti di un prodotto, che è già ben noto in ogni suo aspetto.

Utilizzando stampi esistenti, impareremo a conoscere le possibilità legate alle plastiche riciclate post-consumo, applicandole e confrontandole con le parti del prodotto che attualmente contengono invece plastica vergine. Il suggerimento è quello di iniziare con forme semplici per avere una prima idea sul comportamento del materiale durante la lavorazione e per determinarne le proprietà meccaniche o di lavorazione. Una tipica sfida per il PP, ad esempio, è la ricerca attraverso l’impiego di questo materiale della rigidità (caratteristica dei cosiddetti omopolimeri) o della resistenza all’urto (caratteristica dei cosiddetti copolimeri).

La plastica riciclata post-consumo è costituita da una miscela di materiali in cui entrambe le proprietà vengono parzialmente perse. Aggiungendo fibre al materiale è possibile aumentarne la rigidità, ma poi c’è il rischio che diventi troppo fragile e che non superi i test di impatto. Trovare un equilibrio e imparare quali sono i limiti dei materiali è il punto di partenza per i designer per progettare geometrie che li compensino.

fonte: economiacircolare.com


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Riutilizzo: ComunicareinEco Studio-LAB

Studio-lab tra design e l'arte del riciclo, che ha come focus la sostenibilità dei progetti











COMUNICAREINECO STUDIOlab è un laboratorio di Ecodesign al femminile, dove si progetta in funzione del recupero e del riciclo dei materiali. Dai teli dei camion a ai teli teatrali, trasformano tutto in oggetti bike friendly e in molto altro.

“Riciclare e recuperare, per ricreare e ricostruire”. Dall’equilibrio tra design e arte del riciclo, nasce ComunicareinEco Studio-LAB, un laboratorio creativo per dare vita a idee sostenibili.
ComunicareinEco crea accessori, borse, arredi e oggetti bike friendly con scarti industriali a Km zero: teloni di camion e teloni pubblicitari, teloni teatrali, camere d’aria, cinture di sicurezza e scarti di camicerie.
“Le imperfezioni e le diversità dei materiali di recupero rendono unica ogni nostra creazione. Gli scarti industriali sono per noi come la tavolozza dei colori per un pittore. Lavorati, assemblati e cuciti ad arte si trasformano in compagni di viaggio che comunicano la propria eco”.
ComunicareinEco è creare in punta di piedi, è creare sostenibile.

Lavorazione dei teli da camion


Borse da bicicletta




fonte: www.giacimentiurbani.eu/

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Il riuso visto da un designer

"Chi riusa bene, consuma bene", ci ha detto Francesco Faccin, che ha iniziato a fare design utilizzando oggetti usati. Con lui abbiamo provato a immaginare una società del riuso, che dà nuovo vita a tutto quello che produce.














Milanese, classe 1977, Francesco Faccin è un designer che nel curriculum vanta collaborazioni e pubblicazioni prestigiose. Al suo lavoro si è avvicinato iniziando a raccogliere scarti o parti di cose all’apparenza inutili, che poi trasformava in nuovi oggetti o riutilizzava dando loro una seconda vita. Oggi considera il design come un’opportunità di approfondire il rapporto con il mondo che ci circonda, di suscitare riflessioni e dibattiti. Interessato ai temi di sostenibilità ed ecologia, con lui abbiamo parlato di riuso e del valore che ha nell’epoca in cui viviamo.
Il riuso ha sempre fatto parte della storia dell’uomo o ha interessato particolari periodi storici rispetto ad altri?
Il riuso è sempre esistito, ma in accezioni molto diverse. Se lo intendiamo come “necessità” è qualcosa che si pratica in tutti quei luoghi della Terra, poveri, dove non è possibile fare altro. Qualche anno fa ho curato una mostra in Triennale, “Made in Slums”, con gli oggetti che gli abitanti di una baraccopoli di Nairobi hanno creato per le loro esigenze quotidiane recuperando i rifiuti dalla capitale: l’esposizione ha raccontato come una comunità di milioni di persone ha basato la sua economia sullo scarto, trasformando qualcosa da inutile a utile e perfino necessario. Nella nostra società, invece, chi fa riuso in questo momento storico, lo fa perché è “politicamente corretto”, per lanciare un messaggio culturale, sociale, ambientale. Certo, sarebbe bello che si arrivasse a un punto in cui il riuso avesse davvero una ricaduta significativa sulla produzione e sui consumi globali.
Francesco Faccin
Il designer Francesco Faccin
Quali sono gli oggetti, i beni che si riusano più facilmente?
Il riutilizzo di alcune cose è socialmente accettato, ad esempio i vestiti che si passano di figlio in figlio o che vengono scambiati tra mamme; in altri casi  si percepisce nelle persone dell’imbarazzo come se ci fosse qualcosa di cui vergognarsi nell’utilizzare cose usate. Forse perché avendo acquisito un certo benessere, pensiamo che usare le cose degli altri sia un passo indietro. Credo sia anche una questione di mentalità: in altri paesi, come l’Olanda è assolutamente normale scambiarsi cose o prendere cose usate. 
Quali sono i materiali e gli oggetti più adatti al riciclo e al riuso?
Prima di pensare a come riutilizzare dobbiamo ripensare al modo in cui produciamo, a come farlo in modo che, a fine vita, un oggetto o un materiale possa essere smaltito senza scarti o essere facilmente riciclato. In questo senso, credo che la chiave per mantenere una produzione industriale di massa, ma allo stesso tempo sostenibile, sia quella di utilizzare materiali naturali, resi però più preformanti dalla tecnologia. Ad esempio, in questo momento sto usando un legno che, trattato con una particolare tecnica ecologica, resiste all’aria e all’acqua. Sempre pensando al legno, poi, si tratta di un materiale che si rigenera e di cui possiamo disporre in modo sensato e organizzato immaginando che la crescita di una foresta, che è una magia della natura, venga informatizzata, programmata e controllata dall’uomo. È assurdo, invece, come oggi si utilizzino combustibili fossili preziosi, che ci hanno messo milioni di anni per formarsi, per produrre posate di plastica che vengono gettate dopo il primo utilizzo. Uno spreco senza senso.
legno
Secondo Faccin, la sfida del futuro è l’utilizzo di materiali naturali, come il legno, resi più performanti dalla tecnologia ©Ingimage
Il design sta andando nella direzione del riuso?
Molte aziende con cui lavoro sono sempre più sensibili, dal punto di vista ambientale, nella messa a norma degli impianti di produzione: ad esempio, si attrezzano con pannelli solari e acqua di falda per il funzionamento dei macchinari. Sul prodotto finito, invece, pensando alla sostenibilità, c’è ancora molta strada da fare.
Quanto il riuso fa parte del tuo lavoro e della tua vita personale?
Per anni, prima di essere un designer, ho raccolto spazzatura – dico spazzatura ma per me si tratta di oggetti usati bellissimi trovati in tutto il mondo – e continuo a farlo. Casa mia è fatta in gran parte di cose recuperate. Una volta a Milano, quando la raccolta rifiuti non era così efficiente, passavo le notti a recuperare quello che la gente buttava e trovavo anche oggetti preziosi, come alcune sedie di Gio Ponti che sono tuttora parte del mio arredamento. Allo stesso modo, oggi, quando vado nelle discariche o nelle riciclerie, vedo cose stupende che la gente butta e che purtroppo però, per regolamento, non posso prendere. È uno spreco. Ancora, camminando per Milano, raccolgo quelle piccolissime stecche di metallo nascoste tra il pavé o tra i binari del tram – se ci fai caso ne noti tantissime – che non sono nient’altro che parti delle spazzole delle macchine che puliscono le strade: ci faccio delle sculture o semplicemente ci faccio giocare i miei figli.
riuso
Dare nuova vita agli oggetti usati è cool e fa bene all’ambiente
Cos’è per te il riuso?
Chi è capace di riusare bene, è capace di consumare bene. Si tratta di persone che vivono bene con poco, con lo stretto necessario. Sembra una banalità, ma ha tantissimo a che fare con il problema globale del consumo compulsivo, dell’iper-consumo che vuol dire poi iper-produzione. Non possiamo non consumare, ma possiamo farlo in modo intelligente e riusare in modo intelligente. Sarebbe bello immaginare un giorno una società futura che riusa tutto quello che produce.
fonte: www.lifegate.it