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Rapporto What a Waste: ‘Oltre sette miliardi di contenitori per bevande sprecati ogni anno in Italia’

L’Associazione Comuni Virtuosi anticipa i risultati riferiti all’Italia del Rapporto What a Waste curato dalla piattaforma europea no profit Reloop con il supporto di Break Free From Plastic e Changing Markets Foundation



Il rapporto internazionale What a Waste mette in luce numeri sconcertanti riferiti alle quantità di contenitori di bevande che sfuggono ogni anno ai sistemi di avvio a riciclo in 24 paesi dell’UE (1) , finendo anche nei corsi d’acqua e nei mari. I dati che emergono indicano chiaramente ai decisori politici la strada da percorrere e li invitano a prendere in seria considerazione gli impatti positivi dei sistemi di deposito cauzionali finalizzati al riciclo e al riuso (vuoto a rendere con bottiglie ricaricabili). Questi sistemi, infatti, permettono di ridurre drasticamente lo spreco di risorse che impatta negativamente sulla crisi climatica. L’incentivo economico abbinato alla restituzione del contenitore da parte del consumatore – che recupera così l’importo della cauzione inclusa nel costo della bevanda – permette di intercettare oltre il 90% dei contenitori immessi al consumo. Insieme al rapporto i promotori dell’iniziativa mettono a disposizione dei decisori politici, attivisti e media un dashboard (in italiano “cruscotto”) consultabile online. Uno strumento che permette di ricavare informazioni altrimenti difficilmente accessibili e di effettuare simulazioni sullo stato dell’arte della gestione dei contenitori di bevande nei diversi paesi europei sulla base di dati aggiornati al 2019.

119 contenitori di bevande sprecati a livello pro capite in Italia
L’Associazione Comuni Virtuosi come membro della piattaforma Reloop, ha potuto accedere, attraverso questo strumento ad alcuni dati inediti per l’Italia che rivelano che i contenitori di bevande sprecati ogni anno sono oltre sette miliardi .
Un numero esorbitante che rapportato a livello pro capite corrisponde a 119 contenitori “buttati via” in media da ogni italiano all’anno: 98 bottiglie in PET, 12 bottiglie in vetro e 9 
 lattine.




Per i paesi come l’Italia che devono ridurre la dipendenza dalle materie prime e raggiungere gli ambiziosi target di raccolta e riciclo europei, accanto a questi dati negativi c’è però una buona notizia: la soluzione a questo spreco di risorse esiste già e porta con sé importanti opportunità ambientali ed economiche.

Nove imballaggi su dieci intercettati dai sistemi cauzionali per un effettivo riciclo o riuso
La necessità di raggiungere per le bottiglie di plastica obiettivi di raccolta del 90% previsti dalla Direttiva SUP al 2029 (77% entro il 2025 ) e di contenuto riciclato (almeno il 30% al 2030), stanno infatti spingendo i governi europei ad introdurre i sistemi di deposito (Deposit Return System DRS). Le performance di successo dei paesi, prevalentemente nel nord Europa, dove i sistemi di deposito sono in vigore da tempo sono caratterizzate infatti da tassi di raccolta media del 91% per gli imballaggi di bevande immessi sul mercato. Paesi che hanno implementato un DRS in tempi più recenti come la Lituania, dimostrano inoltre che è possibile raggiungere questi risultati di intercettazione media in tempi brevissimi.

Come emerge da simulazioni ottenibili dal cruscotto che accompagna lo studio , se l’Italia adottasse un DRS con le performance medie di riciclo dei sistemi di deposito attivi in Europa ridurrebbe del 75% lo spreco di imballaggi per bevande. I 7 miliardi di contenitori che sfuggono al riciclo si ridurrebbero a 1,7 miliardi con una quota media pro capite di 29 contenitori (figura nr. 2). 




La riduzione più consistente si avrebbe per le bottiglie in PET che dai quasi 5 miliardi di unità non riciclate, scenderebbe a 974 milioni. Ovvero da quasi 100 bottiglie sprecate pro capite a sole 16.

“I sistemi di deposito cauzionale si stanno velocemente diffondendo in Europa. Altri 12 paesi hanno già stabilito l’introduzione del sistema entro i prossimi quattro anni in relazione agli obiettivi imposti dalla SUP. In Italia ancora non se ne parla e la nostra associazione è stata l’unica realtà italiana ad avere fatto informazione sui sistemi di deposito cauzionali per bevande da almeno un lustro. Siamo stati anche gli unici ad avere portato all’attenzione del Governo – attuale e precedente – un elenco di proposte in materia di prevenzione dei rifiuti ed economia circolare, in cui i sistemi cauzionali e i modelli di riuso giocano un ruolo centrale”, ha dichiarato Silvia Ricci, responsabile Rifiuti ed Economia Circolare dell’Associazione Comuni Virtuosi.

Vuoto a rendere per migliorare le performance ambientali dei sistemi cauzionali
Il rapporto contiene anche i dati sull’immesso al consumo dei contenitori di bevande venduti in regime di vuoto a rendere in Europa (refillables). Trattasi in prevalenza di bottiglie in vetro, ma anche in PET, come nel caso della Germania adatte all’uso multiplo. Per l’Italia nel 2019 tale quota si attestava sul 10,8 %. Se in aggiunta ad un sistema di deposito incrementassimo la quota italiana di bevande vendute in contenitori ricaricabili (con vuoto a rendere) – dall’attuale 10,8% al 25% – la quantità di imballaggi per bevande che sfuggono al riciclo si ridurrebbe dell’80% scendendo al di sotto del 1 miliardo e mezzo di unità.




Con un DRS e vuoto a rendere lo spreco di contenitori scende di 7 volte
Il rapporto attinge anche a 20 anni di dati che mostrano come, mentre la quota di mercato europea dei ricaricabili – come birra, bibite e bottiglie d’acqua – è crollata dal 47% al 21% in soli vent’anni, nello stesso periodo i contenitori monouso sono aumentati di oltre il 200%. Tuttavia, i paesi con sistemi di deposito cauzionali e con una quota di mercato di vuoto a rendere con bottiglie ricaricabili superiore al 25% sono quelli che hanno ottenuto i risultati migliori in termini di dispersione degli imballaggi.
Lo spreco di di bottiglie e lattine è infatti sette volte più basso in questi Paesi rispetto a quelli che non hanno sistemi di deposito e di vuoto a rendere. Tra questi paesi, la Germania si distingue come la migliore della categoria, con una quota di ricaricabile del 55% e uno spreco limitato a soli 10 contenitori per persona all’anno.

Clarissa Morawski, CEO di Reloop, ha dichiarato: “I sistemi di deposito in cui il contenitore si recupera per essere riciclato o ricaricato riducono sostanzialmente le quantità di lattine e bottiglie che finiscono sprecate nell’ambiente, in discarica o negli inceneritori. I DRS riducono i costi di raccolta e pulizia ambientale degli enti locali, promuovono l’occupazione nell’economia circolare e riducono le emissioni di CO2. Dal punto di vista del consumatore, l’esperienza è la stessa. Se restituisci una bottiglia vuota, riavrai indietro l’importo del deposito pagato nel momento dell’acquisto della bevanda, indipendentemente dal fatto che il passaggio successivo sia il riempimento o il riciclaggio, senza sprechi e con un impatto ambientale nettamente inferiore “.

Conclude così Silvia Ricci dell’Associazione Comuni Virtuosi: “Ogni anno perso nel percorso di adozione di un sistema cauzionale significa caricare sull’ambiente miliardi e miliardi di contenitori che causano danni ambientali e costi evitabili alla fiscalità dei comuni sostenuta dai contribuenti. Implementare un sistema di deposito non significa dovere investire risorse finanziarie pubbliche perché sono i produttori e rivenditori di bevande a doversi fare carico del 100% dei costi di avviamento e gestione del sistema nell´ambito della loro responsabilitá estesa del produttore (2). Al governo spetta scrivere la legge che dovrà governare il sistema e monitorarne i risultati. Per raggiungere la neutralità climatica entro il 2050, con l’obiettivo intermedio di ridurre le emissioni nette di gas serra di almeno il 55% entro il 2030, è necessario ridurre drasticamente il consumo di risorse. Per farlo serve un quadro legislativo coerente che introduca obiettivi di prevenzione e riuso obbligatori che incentivi modelli imprenditoriali sostenibili.Mi riferisco a modelli basati sul riuso in primis oppure ad altri modelli imprenditoriali indispensabili purché chiudano le catene del valore dei materiali e dei beni senza dispersioni e sprechi evitabili”.

______________________________________________________________________________

(1) Trattasi dei dati riferiti a 24 Stati membri che rappresentano il 99,5% della popolazione dell’UE, esclusi Malta, Cipro e Lussemburgo. Anche Islanda e Norvegia, membri dell’EFTA, utilizzano sistemi di deposito cauzionali.

(2) Ai sensi dell’ articolo 178-ter del TUA, che recepisce nell’ordinamento nazionale i requisiti minimi in materia di responsabilità estesa del produttore introdotti dall’art. 8-bis della Direttiva 851/2018, i costi relativi all’intercettazione e avvio a riciclo dei rifiuti di imballaggio dovranno essere interamente in capo ai produttori (in deroga almeno l’80%) e non a carico dello Stato o degli enti locali.

fonte: www.ecodallecitta.it


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Francia, entro il 2030 il 20% della superficie dei grandi supermercati dedicata a prodotti alla spina

Un nuova legge approvata dal parlamento francese, che dovrà comunque ripassare in Senato, impone ai supermercati oltre i 400 mq di dedicare un quinto del loro scaffali a prodotti alimentari senza imballaggi per consentire ai clienti di acquistare cibo usando contenitori riutilizzabili. Entusiasmo generale ma per alcuni ambientalisti comunque è una legge timida












Come ha reso noto con grande entusiasmo la ministra francese per la Transizione Ecologica, Barbara Pompili, venerdì 2 aprile il Parlamento transalpino ha votato a favore di una nuova norma che obbliga i supermercati di oltre 400 metri quadri a dedicare il 20% della loro superficie a prodotti alimentari senza imballaggio entro il 2030. Il disegno di legge fa parte di una serie di misure di resilienza ambientale e climatica e dovrà ancora essere discusso e approvato dal Senato il mese prossimo, prima di essere implementato.

La Loi Climat vuole rendere più facile ai clienti fare acquisti usando contenitori riutilizzabili, magari i propri portati da casa, rinunciando quasi definitivamente all’usa e getta. Se approvata, si applicherà a prodotti alimentari secchi, come pasta, cereali, fagioli e riso. Le piccole imprese e i negozi non alimentari non saranno soggetti alle nuove regole, così come le enoteche, i negozi di cosmetici, le profumerie. A questo proposito Zero Waste Europe parla di occasione persa perchè la norma di fatto escluderebbe il vetro, accettando le “argomentazioni fallaci” di alcuni deputati come quelle che “il vetro riutilizzato emetterebbe più gas serra a causa del suo peso” o che non sia necessario riutilizzarlo “poiché è già molto ben riciclato”.

Pompili ha affermato tuttavia che la legge è progettata per “non mettere in difficoltà le reti di distribuzione”, ma piuttosto per promuovere l’eliminazione graduale degli imballaggi usa e getta per combattere la crescente crisi dei rifiuti nel mondo, soprattutto di plastica. In Francia si consumano 1,2 milioni di tonnellate di imballaggi in plastica per uso domestico all’anno.

A partire dal 2023, la nuova legislazione richiederà inoltre ai produttori che i propri articoli abbiano dei componenti staccabili in modo che possono essere riparati per almeno cinque anni dopo essere stati venduti. Il disegno di legge è simile a un piano anti-usa e getta annunciato dalla Commissione europea nel marzo 2020, che costringerebbe i produttori a realizzare prodotti che durano più a lungo e possono essere facilmente sostituiti e ripristinati.

fonte: www.ecodallecitta.it


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Per 7 italiani su 10 i contenitori per la raccolta dei rifiuti sono troppo piccoli

Secondo quanto emerge da una ricerca condotta da OnePoll per DS Smith, il 71% degli italiani ha riempito almeno una volta al mese i contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti, a causa del maggior tempo passato in casa (60%) e dell’aumento degli acquisti e-commerce (35%).










I contenitori per la raccolta differenziata sarebbero ormai diventati troppo piccoli per le abitudini di consumo degli italiani. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da OnePoll per DS Smith, azienda che opera nel settore del packaging sostenibile, secondo cui il 71% degli italiani ha riempito almeno una volta nell’ultimo mese i contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti, non avendo più spazio per conferirne di nuovi.
La pandemia Covid-19 e i relativi lockdown hanno pesantemente influito su questo fattore: il 60% degli intervistati dichiara che l’aumento della produzione di rifiuti riciclabili sia stata generata dal maggior tempo passato in casa per via delle restrizioni, mentre il 35% indica tra le cause anche l’aumento degli acquisti in Rete. Un italiano su tre, invece dà anche una motivazione più “ecologica” legato all’aumento della raccolta differenziata, e cioè uno sforzo maggiore per differenziare e conferire correttamente i rifiuti per l’avvio a riciclo.
Con l’85% degli italiani che dichiara di aumentare o mantenere il livello di acquisti on-line anche al termine delle restrizioni, e l’affermarsi dello smart working come modalità di lavoro anche nella nuova normalità, questa situazione è destinata a rimanere in via permanente. Per questo, il 64% degli italiani vorrebbe poter contare su contenitori più capienti, in grado di ospitare tutti i rifiuti conferiti a livello domestico.
Avere contenitori più grandi farebbe anche bene all’ambiente: il 15% dei rispondenti ammette infatti – a contenitori pieni – di buttare i rifiuti rimanenti nell’indifferenziata, non permettendone così il corretto riciclo.
In particolare, dall’inizio della pandemia gli italiani riportano un aumento delle seguenti tipologie di rifiuti prodotte a livello domestico: imballaggi per lo shopping online (48%), imballaggi per la farina (40%), contenitori per l’asporto dai ristoranti (34%) e contenitori per il sapone per le mani (34%).
Questa situazione crea frustrazione negli intervistati, con il 58% dei rispondenti che è in imbarazzo per la quantità di rifiuti prodotti, in buona parte (40%) perché pensa di crearne troppi. Gli italiani sono anche preoccupati dell’impatto dei rifiuti sull’ambiente (92%) e sul servizio di raccolta dei rifiuti, con il 45% preoccupato per una gestione non corretta, che vanificherebbe gli sforzi condotti per differenziare i rifiuti. Infine, il 78% concorda sul bisogno di maggiori informazioni e trasparenza su ciò che può e ciò che non può essere riciclato.
"Shopping on-line e lavoro da casa erano fenomeni già diffusi prima della pandemia, ma le restrizioni dovute alla diffusione del Covid-19 hanno drammaticamente accelerato queste tendenze” ha commentato Mike Harrison, Recycling South Region Managing Director. “Molti di questi cambiamenti sono destinati a diventare permanenti, comprese le abitudini di riciclo, per cui dobbiamo assicurarci che il sistema di raccolta dei rifiuti permetta di avviare il processo di riciclo dai flussi domestici di quanto più materiale possibile”.

fonte: www.greencity.it


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Inquinamento: metalli rari nei giocattoli e nei contenitori per cibo

Inquinamento, metalli rari sempre più presenti nella plastica utilizzata per creare giocattoli e contenitori per il cibo



L’inquinamento colpisce anche alcuni oggetti in plastica di uso molto comune, come giocattoli e contenitori per cibo. È quanto rivela un nuovo studio condotto dall’Università di Plymouth e dall’Università dell’Illinois, pubblicato sulla rivista scientifica Science of The Total Environment: molti prodotti in plastica contengono livelli anomali di metalli rari.

I metalli rari sono oggi molto richiesti, per via delle loro proprietà fisiche e chimiche che li rendono particolarmente adatti per la produzione di dispositivi elettronici. Eppure, nonostante la loro rarità, questi elementi sono sempre più rilevati in oggetti in plastica di uso molto comune: una contaminazione che, a detta degli esperti, potrebbe avvenire proprio nella fase di produzione di questo materiale o nei processi di riciclo.

Inquinamento, metalli pesanti e oggetti comuni

I ricercatori hanno voluto analizzare i livelli di metalli rari – detti anche REE, Rare Earth Elements – in alcuni oggetti di uso molto comune. Hanno quindi selezionato 31 prodotti, dai giocattoli ai contenitori di cibo, introducendo anche nel campione degli oggetti creati a partire dalla plastica riciclata. I ricercatori sospettavano possibili contaminazioni nel processo di smistamento e recupero di questo materiale. Ancora, gli esperti hanno misurato i livelli di bromo e antimonio, due sostanze impiegate come ritardanti di fiamma.

Il primo dato emerso è come, negli oggetti in plastica riciclata, si registrino livelli di bromo e antimonio insufficienti per avere un effetto davvero ritardante per le fiamme. Ancora, i metalli rari sono stati identificati in 24 su 31 campioni analizzati.

Non è però tutto, poiché i ricercatori hanno voluto anche indagare se i REE fossero presenti anche nella plastica presente in mare, ormai schiarita dall’azione dei sali marini e dall’esposizione al sole. Anche in questo caso, la maggior parte dei campioni riportava vari livelli di contaminazione, sottolineando quindi come l’inquinamento da metalli rari sia ormai “ubiquo e pervasivo”.

Andrew Turner, docente di Scienze Ambientali presso l’Università di Plymouth e principale autore dello studio, ha così commentato i risultati emersi:


I REE hanno applicazioni critiche nella moderna elettrica, per via delle loro proprietà magnetiche, fosforescenti ed elettrochimiche. Tuttavia, non sono appositamente aggiunti nella plastica, poiché non hanno nessuna funzione in questo materiale. Quindi la loro presenza è più probabilmente il risultato di contaminazioni accidentali durante la separazione meccanica e la gestione di componenti riciclabili.

Ma quali conseguenze potrebbe avere sulla salute un’esposizione a questi metalli?

Gli impatti sulla salute dovuti dalla cronica esposizione a piccole quantità di questi metalli non sono noti. Ma oggi si trovano a livelli più alti nel cibo, nell’acqua di rubinetto e in alcuni farmaci, ciò significa che la plastica probabilmente non rappresenta un vettore significativo di esposizione per la popolazione. Tuttavia, potrebbero sottendere la presenza di additivi chimici più noti e maggiormente conosciuti, già oggi causa di preoccupazione.

Fonte: EurekaAlert


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Ecologicpoint: Progetto "l'asporto sostenibile"

Perchè usare i contenitori usa e getta, anche se di materiali compostabili, al posto di quelli riutilizzabili?



Questa è una domanda che ci siamo fatti già da un bel pò di tempo, probabilmente dopo che questa pandemia ha reso necessario un cambio drastico delle norme negli acquisti sull'asporto, che ci ha fatto deviare dal tanto sospirato plastic free al più smodato utilizzo di usa e getta, che pur biodegradabili, rappresentano un vero spreco di risorse naturali.
Ed allora abbiamo pensato ad un nuovo progetto, per dare una chiave di lettura più sostenibile al mercato dell'asporto, vogliamo far riflettere i cittadini/clienti delle attività di ristoro, che portarsi da casa il contenitore per il cibo d'asporto, sia un gesto naturale oltre che leggero in termini di impatto ambientale.

Dopo attenta ricerca di un contenitore che potesse essere di qualità, in materiale riciclato e 100% riciclabile, ed non per ultimo, di azienda italiana, si è deciso di scegliere l'azienda Guzzini, a noi alquanto affine, visto che quest'ultima ha avviato da poco un programma di nome Circle:
"Lo scopo del programma Circle è di diffondere oggetti di design circolare e di adottare una serie di norme di comportamento che permettano il miglioramento delle condizioni ambientali, avendo ben presente l’obiettivo di rispetto e rigenerazione delle risorse naturali. "

I contenitori che abbiamo scelto hanno le seguenti caratteristiche tecniche e pratiche:

- Realizzati con materiale plastico riciclato (minimo 70%) post-consumo 100% riciclabile.
- Ideali per trasportare e servire cibi e insalate fuori casa.
- La parte interna è in plastica vergine per garantire l’idoneità al contatto con gli alimenti.
- Utilizzabili in microonde (senza coperchio).
- Il coperchio ermetico è dotato di un set di due posate, alloggiate sotto il copri-coperchio.
- Packaging 100% riciclabile e 100% riciclato
- Utilizzabile in microonde senza coperchio per il riscaldamento dei cibi. Max 3 minuti - 600W, + 100°C/212°F
- Vano porta condimenti
- Ideale per trasportare e servire cibi e insalate fuori casa
- La valvola sul coperchio agevola l’apertura/chiusuraIl coperchio ermetico è dotato di un set di due posate, alloggiate sotto il copri-coperchio.
- Set posate/pinza.
- Posate pulite grazie alla custodia salvaspazio- Ermetici, chiusura perfetta, 100% a tenuta stagna
- Lavabile in lavastoviglie. LAVAGGIO ECO (MAX 55°)
- Utilizzabili in freezer o frigo.
- Made in Italy


- BPA FREE

Con l'avvio della campagna nuovi soci sotenitori 2021, con una quota minima di 20€, Ecologicpoint fornirà gratuitamente il contenitore Re-Generation di Guzzini,
che "NON SI GETTA MA SI RIUSA!"
Aiutateci a ridurre i rifiuti dall’ambiente, alleggeriamo l’impronta, rigeneriamo la natura.
www.fratelliguzzini.com/it/circle

Siamo felici di annunciare che VivoGreen è il primo negozio/bistrò che ha aderito al progetto "l'asporto sostenibile", di seguito inseriremo la lista di tutti gli altri esercizi di ristorazione che vorranno accogliere questa nostra iniziativa.




fonte: www.ecologicpoint.com


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La spesa del futuro si fa SBALLATA

Chissà che grazie alla partenza di un nuovo progetto Spesa Sballata non si riesca anche in Italia avere esperienze diffuse di acquisto senza imballaggi grazie all’uso di contenitori riutilizzabili. per dare attuazione all’art. 7 del Decreto Clima”, che prevede che ai clienti sia “consentito utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare.»




A differenza che in Italia le esperienze di acquisto con contenitori riutilizzabili portati da casa o messi a disposizione dal rivenditore a fronte di una cauzione, sia per prodotti alimentari che non alimentari, è una pratica che negli ultimi due anni è letteralmente esplosa all’estero.

Eppure anche da noi le possibilità offerte dai modelli di riutilizzo dei contenitori –alla luce delle nuove tecnologie che permettono di affidare la gestione logistica e di sanificazione anche ad enti terzi (chiamati Poolers)– sono già mature.

Ad esempio nel settore degli imballaggio e dei contenitori riutilizzabile del settore industriale e commerciale. Gli operatori della filiera produttiva e commerciale pagano un fee, una tariffa per ogni rotazione dell’imballaggio, dal produttore al rivenditore, che è addirittura inferiore al costo di un imballaggio monouso. Questo modello, uno dei possibili che permettono di beneficiare dei servizi che un bene può offrire denominato “Product as a service” , racchiude enormi vantaggi ambientali. Oltre ad un potenziale economico importante –fatto anche di maggiore occupazione– che i modelli basati sull’usa e getta non potranno mai eguagliare.

Il livello di inquinamento da plastica la crisi di risorse e l’aumento nel consumo di cibo pronto confezionato nei supermercati –cosi come nel consumo da asporto– non può trovare sollievo nel solo riciclo o compostaggio. Senza contare che non tutto ciò che viene raccolto in modalità differenziata viene poi realmente gestito senza che avvenga una perdita di valore economico e ambientale importante, determinato anche dalla produzione di scarti e dal relativo impatto ambientale.

E’ pertanto necessario andare oltre ai paradigmi del modello di economia e consumo lineare – come quello del monouso– e mettere in campo strategie ambientalmente preferibili di prevenzione riduzione e riuso, indicate dalle strategie le politiche internazionali degli ultimi anni per affrontare il problema.

LA SITUAZIONE IN ITALIA

Fatta eccezione per le possibilità di acquisto sfuse offerte da un decennio dai negozi zero waste “indipendenti” sparsi per la penisola e piccole catene come Negozio Leggero e la new entry VivoGreen a Terni la normativa per la sicurezza alimentare nazionale (più restrittiva che in altri paesi EU) ha frenato molte iniziative in fase nascente. Solamente un gruppo della Distribuzione Organizzata in Italia : Moderna Distribuzione ha ad oggi avviato una sperimentazione in tal senso che coinvolge da circa un anno 8 punti vendita in totale: 6 punti di Sigma, uno di Ecu e uno di Economy. Un progetto fortemente voluto dall’AD Buna Lami di cui abbiamo raccontato qui.

Finalmente si aggiunge in questo panorama un progetto solido che potrebbe dare una spallata a tanti pregiudizi esistenti anche in Italia sulla maggiore sicurezza alimentare del monouso rispetto al riutilizzabile. Succede a Varese con la Spesa Sballata: un progetto che vede circa 33 famiglie impegnate nell’acquisti di prodotti alimentari utilizzando propri contenitori idonei anche a livello di igienizzazione presentato questa mattina alla stampa.

Non solamente ai banchi quindi, ma anche nel reparto ortofrutta, si potranno, finalmente usare sacchetti riutilizzabili messi a disposizione dai punti vendita, come avviene al momento solamente presso i punti vendita di NaturaSi. Alle famiglie coinvolte dalla sperimentazione è stato fornito un kit composto da contenitori riutilizzabile, sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta e una sporta durevole. Il kit di sopravvivenza al monouso che abbiamo promosso oltre 10 anni fa con la nostra iniziativa Porta la Sporta, la prima a collegare il problema della plastica nell’ambiente al nostro modello di consumo.

Il progetto Spesa Sballata va oltre allo slogan Plastic Free a cui si sono ispirate molte iniziative nazionali imperniate sulla sostituzione dei materiali monouso allineandosi alle indicazioni contenute nella Strategia UE sulle Plastiche, e con il considerando 2 della Direttiva Europea sulle Plastiche Monouso che dovrà essere recepita a livello nazionale entro luglio 2021.

Il progetto è partito nel febbraio 2020 grazie al sostegno e alla collaborazione di Coop Lombardia e Carrefour Italia ed è culminato con la partenza, 10 giorni fa, della sperimentazione che avrà luogo in 8 punti vendita di Coop e Carrefour. I dipendenti dei punti vendita accompagneranno l’attività fornendo supporto alle famiglie partecipanti che potranno usufruire di buoni sconto.

L’elemento interessante, e probabilmente chiave, per permettere la partenza di altre esperienze simili, è stata la collaborazione con ATS Insubria per la redazione delle Linee guida Sanitarie per acquisti in contenitori riutilizzabili, che garantissero, anche in tempo di COVID 19, il rispetto delle norme igienico-sanitarie insieme alle buone prassi ambientali.

Questo progetto permette finalmente di dare attuazione alla possibilità di fare la spesa con contenitori propri, puliti, idonei ad uso alimentare e con coperchio che in teoria sarebbe possibile in Italia dallo scorso dicembre, grazie all’approvazione della legge 12/12/2019 n. 141, il cosiddetto “Decreto Clima”. Il decreto all’art. 7 prevede che sia consentito ai clienti : « utilizzare contenitori propri purché riutilizzabili, puliti e idonei per uso alimentare.» Il testo include poi anche una disposizione “di salvaguardia” per garantire che la pratica si svolga in sicurezza: «L’esercente può rifiutare l’uso di contenitori che ritenga igienicamente non idonei».

Di qui a fine 2021 il progetto Spesa Sballata prevede:
L’incremento sul territorio varesino delle Famiglie Sballate, che intendono impegnarsi volontariamente sulla riduzione dei propri rifiuti domestici secondo un decalogo di buone pratiche. Un’esperienza nata nel 2018 su spinta di Provincia di Varese, che ha visto coinvolte il primo nucleo di famiglie e che oggi hanno raggiunto quota 60, di cui 33 sperimenteranno l’azione Spesa Sballata.
La sperimentazione di una spesa “senza imballo” in 8 punti vendita Carrefour e Coop: qui le Famiglie Sballate potranno utilizzare retine riutilizzabili per acquistare frutta e verdura e contenitori riutilizzabili messi a disposizione dal progetto e portati da loro ai punti vendita, per l’acquisto ai banchi di vendita assistita (panetteria, pescheria, gastronomia, macelleria), evitando così incarti usa e getta forniti ai banchi dei supermercati.
La realizzazione di un evento pubblico plastic free con la partnership del Comune di Varese.

Il periodo di prova con le famiglie pilota durerà fino a fine aprile 2021 e vedrà un attento monitoraggio da parte delle Famiglie per misurare con attenzione l’impatto positivo dell’azione sulla riduzione dei rifiuti da imballaggio usa e getta. La Provincia di Varese sta predisponendo la possibilità e la procedura per allargare la possibilità di acquistare sfuso anche presso i negozi del piccolo vicinato.

Ecco i punti vendita presso i quali le Famiglie potranno sperimentare la Spese Sballata:

COOP: Busto Arsizio (viale Repubblica e viale Duca d’Aosta), Malnate, Varese, Laveno Mombello

CARREFOUR: Gallarate (viale Carlo Noè), Varese (via Sanvito Silvestro), Cocquio Trevisago, Tradate.

GLI ATTORI DEL PROGETTO

Il progetto Spesa Sballata, finanziato da Fondazione Cariplo nel Bando Plastic Challenge 2019, vede come capofila Cooperativa Totem in partnership con Provincia di Varese – Osservatorio Provinciale Rifiuti e Green Schools, Scuola Agraria del Parco di Monza e Comune di Varese.

Provincia di Varese si è distinta per aver accompagnato i propri Comuni nel raggiungimento di ambiziosi risultati di buona gestione rifiuti ed iniziative di sostenibilità lungo tutto l’ultimo decennio, quali il progetto Green Schools, la partecipazione costante alla Settimana Europea di Riduzione dei Rifiuti e dal 2018 il progetto Famiglie Sballate;

Enzo Favoino, referente scientifico di progetto per la Scuola Agraria del Parco di Monza, e coordinatore scientifico di Zero Waste Europe, è attivo da tempo a livello internazionale e locale per lo sviluppo ed il consolidamento delle pratiche di raccolta differenziata, compostaggio, e prevenzione rifiuti, contribuendo a definire le politiche e strategie UE di settore.

Il Comune di Varese che, a partire dal progetto Plastic free, sta attivando numerose iniziative su questi temi, tra cui, oltre a Spesa Sballata, anche il progetto europeo Life RethinkWaste.

Il logo di progetto, apposto sui contenitori in uso alle Famiglie, è stato realizzato lo scorso anno scolastico dalla classe terza 3G2 Indirizzo Grafico del Liceo Artistico Statale Candiani Bausch di Busto Arsizio, assistiti dalla prof.ssa Alessia Recupero, in attività di Alternanza Scuola Lavoro.

Il progetto si sta realizzando grazie al sostegno e alla collaborazione di Coop Lombardia e Carrefour Italia, che hanno attivato i punti vendita per la sperimentazione. Una scelta non casuale quella di queste due catene di supermercati, partendo dall’impegno che Coop ha sempre dimostrato sui temi ambientali e sociali (come la campagna “dall’olio all’olio” per citarne una) e da Carrefour che ha già portato avanti la medesima sperimentazione in altri paesi europei (Francia, Spagna, Belgio e Polonia), oltre che Taiwan.

fonte: comunivirtuosi.org


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Greenatural - COSMETICI ALLA SPINA E NORMATIVA

Finalmente un'informazione chiara sulla legge e una proposta per permettere il riuso dei contenitori !





Cogli l'opportunità di vendere cosmetici e detergenti sfusi!!
Scegli i prodotti più indicati alla tua clientela.
Per maggiori informazioni consulta il sito www.greenatural.it





GREENATURAL EcoBio

La richiesta di cosmetici sfusi è molto alta. La legislazione di riferimento per la produzione e la commercializzazione di cosmetici è il Regolamento Europeo 1223 del 2009. Questa normativa prevede la possibilità di vendere cosmetici sfusi seguendo la corretta etichettatura del prodotto ma introduce un vincolo molto rigoroso: per tutelare la salute dei consumatori la produzione deve essere effettuata secondo le buone pratiche di fabbricazione. Occorre quindi garantire la massima sicurezza in tutte le fasi del processo produttivo, dalla scelta delle materie prime, durante la produzione fino all'immissione nel mercato. Nella vendita di cosmetici sfusi, il riempimento e l'etichettatura sono fasi di produzione effettuate dal negoziante, spesso in un luogo aperto al pubblico. Questo aumenta il rischio di contaminazione del sistema di vendita perché è esposto alle persone. Ma sempre più clienti chiedono anche i cosmetici perchè considerano il riuso del flacone un aspetto molto importante. Molto spesso sono già abituati a prendere prodotti alimentari sfusi come l'acqua, il vino ed anche frutta dove le normative sono ancora più rigorose. Nel caso della frutta, ad esempio, i prodotti sono esposti alla clientela ma i negozi mettono a disposizione guanti usa e getta per garantire l'igiene ai consumatori. Allo stesso modo noi abbiamo cercato una soluzione per proporre i prodotti cosmetici sfusi ai clienti e garantire la sicurezza richiesta dalla legge. Per la vendita usiamo i bag in box, con sacche di grado alimentare, dove il prodotto viene conservato in modo ottimale. Infatti le sacche si svuotano mano a mano che il prodotto viene spinato senza mai venire a contatto con l'aria. Forniamo ai negozianti i flaconi con il sigillo di garanzia per garantire al consumatore finale che il flacone è pulito e non è mai stato usato prima. Nel caso in cui sia il cliente a portare il flacone, la responsabilità della corretta pulizia è in capo al cliente, non del negoziante. Ad ogni modo in ogni etichetta riportiamo i suggerimenti per una corretta pulizia del flacone prima di un nuovo ri-uso. *** La fase più importante e l'aspetto chiave sia operativo e che normativo è il riempimento che deve avvenire in maniera sicura. Abbiamo brevettato un distanziatore che ripara e protegge il rubinetto da contaminazioni e consente di riempire il flacone senza contatto. Di conseguenza, il passaggio del liquido dalla sacca al flacone avviene senza rischio di contaminazione. Il negoziante dovrà infine eseguire la corretta etichettatura applicando al flacone l'etichetta corrispondente al prodotto venduto, oltre al numero di lotto e data inizio PAO per garantire la tracciabilità della produzione.

Porta la Sporta Campagna

Al supermercarto con il contenitore per alimenti portato da casa, a Modena si sperimenta

Al supermercarto con il contenitore per alimenti portato da casa, a Modena si sperimenta
Al supermercarto con il contenitore per alimenti portato da casa, a Modena si sperimenta
Sei punti vendita si attrezzano per dare la possibilità ai clienti di acquistare gli alimenti freschi nei loro contenitori, riducendo così il consumo dei monouso: "Ma il sistema italiano non aiuta"











Al supermercarto con il contenitore per alimenti portato da casa, a Modena si sperimenta
Come sarebbe se potessimo utilizzare i nostri contenitori portati da casa per comprare i prodotti venduti al supermercato ai banchi di gastronomia, panetteria, macelleria e pescheria? È quello che sta succedendo in otto punti vendita dislocati tra Bologna e la provincia di Modena - sei della catena Sigma, uno di Ecu e uno di Economy-  che ora permettono ai loro clienti di acquistare prodotti freschi con i propri contenitori riutilizzabili. 
È una delle vittorie della campagna "Porta la Sporta", progetto di educazione e sensibilizzazione ambientale dell'associazione Comuni Virtuosi, nato dieci anni fa per promuovere un percorso di abbandono dell'usa e getta. "Questa modalità di acquisto offre una risposta alla necessità sempre piu' forte di ridurre i rifiuti, che nel nostro paese stanno tornando a crescere- affermano i promotori della campagna- Il nostro messaggio è chiaro: sono i piccoli gesti quotidiani di tanti individui che possono fare la differenza, trasmettendo nuovi valori, modelli e stili di vita alternativi a quelli consumistici. Anche se paragonabile a una goccia nel mare, oggi si apre una discussione importante sulle procedure che garantiscono la sicurezza alimentare nel nostro paese. La circolare del ministero della salute che impedisce l'uso di sacchetti riutilizzabili nel settore ortofrutta è un esempio di come le norme per l'igiene vengano interpretate in modo restrittivo, al punto che si arriva a confondere il livello di igiene necessario in una sala operatoria con quello di un banco di un supermercato".
Nel frattempo, in altri paesi già da anni diverse catene di supermercati si erano mosse per ridurre il consumo di plastica monouso: è il caso di Marks and Spencer, Morrisons e Waitrose nel Regno Unito e di Carrefour in Spagna e in Francia. In Italia, per rispettare la normativa Haccp, i supermercati che hanno aderito all'iniziativa seguono alcune semplici procedure: il contenitore portato dal cliente deve essere in materiale trasparente, avere una forma e un coperchio tali da essere facilmente igienizzato, e deve essere consegnato perfettamente pulito e asciutto. L'addetto al banco si riserva il diritto di controllare, ed eventualmente rifiutare, i contenitori non ritenuti idonei, e in ogni contenitore puo' essere inserito un solo tipo di prodotto. 
"Il sistema italiano, costruito sull'utilizzo prevalente del monouso, rema contro qualsiasi iniziativa basata sul riuso- dichiarano gli organizzatori- Quando non sono le stesse legislazioni a complicare le cose, si mettono in mezzo altri fattori: l'eccessiva solerzia dei responsabili della sicurezza alimentare e il timore degli stessi esercenti nel prendersi la responsabilità, la mancanza di obblighi di legge per le aziende a investire nella riduzione del proprio impatto ambientale, e la mancanza di incentivi che premino le imprese che non solo riducono i rifiuti, ma che permettono anche ai propri clienti di farlo. Eppure questo è un cambiamento importante e necessario: è fondamentale che questa iniziativa si estenda anche nel resto del paese".

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fonte: https://www.modenatoday.it

Rilegno contest: reinventare la cassetta di legno per i prodotti bio

Rilegno lancia un concorso di idee per ripensare la cassetta di legno quale nuovo imballaggio per i prodotti biologici all'insegna del motto "la natura trasporta la natura". E' possibile candidare i progetti fino al 2 marzo 2020.





L'economia circolare passa anche dai materiali che utilizziamo. Come possiamo usare il legno per realizzare nuove soluzioni progettuali per contenere e trasportare il biologico? Questa l'idea alla base del contest lanciato da Rilegno, il consorzio ambientale per il recupero e il riciclo degli imballaggi in legno. 
La sfida è quella di reinventare la cassetta di legno per ideare un nuovo contenitore per i prodotti biologici, ripensando il rapporto tra oggetto fisico, beni di consumo in esso contenuti, relazione con la filiera commerciale (dalla logistica al punto vendita) e rapporto con il consumatore. 
La cassetta di legno, quella che vediamo al mercato piuttosto che nel negozio sotto casa, è un oggetto apparentemente comune, ma che racchiude un mondo di valori economici, culturali e sociali. Un imballaggio che è metafora fisica di un processo: riciclo, economia circolare, utilizzo delle materie prime naturali. Le cassette di legno rappresentano, infatti, un imballaggio sostenibile e green in grado di garantire una reale economia circolare.
In Italia se ne producono ogni anno circa 450milioni, destinate in gran parte al settore ortofrutticolo, perché il legno per sua natura è un materiale adatto al contatto alimentare: alcuni studi, promossi da Assoimballaggi e Rilegno, evidenziano come le cassette in legno risultano avere il più basso impatto ambientale dal punto di vista emissivo (gas ad effetto serra, eutrofizzazione, acidificazione, rilascio di smog fotochimico) e dell'ecotossicità.
A monte della filiera delle cassette in legno vi è la pioppicoltura che, oltre ad essere una fonte di approvvigionamento di legno, svolge importanti funzioni paesaggistiche e ambientali, mentre a fine vita le cassette entrano nel sistema di raccolta e riciclo degli imballaggi in legno gestito da Rilegno, diventando nuova materia prima. 
Il contest promosso da Rilegno è aperto a tutti, e in particolare rivolto a studenti e professionisti del design e dell'architettura, di età non inferiore ai 18 anni e con la possibilità di partecipare in gruppo. Sarà possibile candidare i progetti fino al 2 marzo 2020 attraverso il sito www.contest.rilegno.org. Una giuria di qualità selezionerà i lavori più interessanti in base all'originalità, ai valori simbolici del progetto, alla fattibilità tecnica ed economica e alla riproducibilità su scala industriale.
Al primo classificato andrà un riconoscimento in denaro pari a 10.000 Euro, premi anche al secondo e terzo classificato, così come ai progetti meglio comunicati su Instagram (#rilegnocontest). L'iniziativa si concluderà con la premiazione dei vincitori durante la Milano Design Week 2020. 

fonte: www.greencity.it

Alluminio: un materiale che presenta dei rischi se non utilizzato correttamente. Come tutelare i consumatori?

















Monitorare la presenza e il rilascio di alluminio da materiali a contatto, informare e comunicare a cittadini ed aziende i rischi associati ad un uso improprio di articoli in alluminio, definire limiti di migrazione per questo metallo, oggi assenti, a livello europeo.
Questi gli obbiettivi del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (Cnsa), espressi attraverso il parere del 30 Gennaio 2019 sull’“Esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”.
Dopo il parere emesso nel 2017 dallo stesso Cnsa in cui si suggeriva di adottare particolari precauzioni per prevenire la contaminazione degli alimenti e delle bevande, nuovi studi sperimentali condotti dal Laboratorio nazionale di riferimento dell’ISS hanno confermato che è necessario rafforzare l’attenzione sul tema alluminio per fasce della popolazione particolarmente vulnerabili come i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, le donne in gravidanza e persone con funzionalità renale compromessa.
In particolare, il nuovo studio ipotizza che per bambini (da 1 fino a 9 anni di età) vi sarebbe una significativa probabilità di superamento della soglia di assunzione settimanale tollerabile (Twi fissata da Efsa in 1 mg per ogni chilogrammo di peso corporeo per settimana (1 mg/Kg/pc per settimana). Questi soggetti sarebbero infatti maggiormente esposti all’alluminio contenuto negli alimenti.
Fasce di età superiori sarebbero meno esposte a rischi sia per le diverse abitudini alimentari sia per il minore rapporto consumo di cibo/peso corporeo. A tal proposito il Cnsa ricorda che, oltre ad essere più esposti, i bambini sono una fascia biologicamente più suscettibile agli effetti neurotossici dell’alluminio.
In questo conto va tuttavia valutato un aspetto importante: in media, la maggior parte della popolazione, in particolare adolescenti e adulti, già assume fino alla metà del limite settimanale tollerabile di 1 mg di alluminio per kg di peso corporeo attraverso il cibo. Se si considera anche il contributo di cosmetici o materiali a contatto con alimenti, questo valore soglia può essere chiaramente superato.
L’alluminio è un metallo leggero che si presenta come il terzo elemento più comune nella crosta terrestre ed è contenuto anche in prodotti di consumo come deodoranti antitraspiranti, dentifrici, rossetti creme solari, nonché nei farmaci.
Interferendo con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.) può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso è il bersaglio più vulnerabile; ha biodisponibilità orale molto bassa nei soggetti sani anche se, per contro, la dose assorbita ha una certa capacità di bioaccumulo.
Poiché l’escrezione avviene essenzialmente tramite il rene, la tossicità dell’alluminio è nettamente maggiore nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita (bambini piccoli, anziani, nefropatici).
In ambito alimentare è usato per la realizzazione di imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti, come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso, caffettiere.
Considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento, la contaminazione del cibo per fenomeni di migrazione da utensili o imballaggi è la fonte più prevenibile.
Ma da cosa dipende il livello di migrazione quando l’alluminio si trova a contatto con il cibo?
Le analisi sperimentali ISS rafforzano i dati secondo cui sono determinanti, oltre al tipo di alimento posto a contatto con l’alluminio, anche i condimenti: quelli di tipo acido, come il succo di limone, aumentano i livelli di migrazione. Ma le variabili sono veramente numerose: tempo di contatto, temperatura, stato fisico dell’alimento e composizione. In particolare, l’alluminio migra in quantità più elevate in matrici acquose, acide o salate specialmente se a contatto per tempi prolungati e temperature elevate.
AlluminioLo stato fisico dell’alimento (solido o liquido) è determinante: nel caso di cibi liquidi vi è un maggiore interscambio tra la matrice liquida e la superficie solida dal contenitore. In cibi secchi come le spezie, privi di umidità e salinità, non vi è alcun livello di migrazione.
Non a caso la legge italiana attuale prescrive che siano presenti indicazioni precise in relazione agli usi consentiti; secondo il Decreto Ministeriale n°76, i MOCA realizzati in alluminio devono riportare in etichetta le seguenti istruzioni:
a) non idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi  o fortemente salati;
b) destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate;
c) destinato al contatto con alimenti a temperature non refrigerate per tempi non superiori alle 24 ore;
d) alimenti a basso potere estrattivo** possono essere conservati a temperatura ambiente anche per tempi superiori alle 24 ore.
**alimenti a basso potere estrattivo indicati nel decreto: Prodotti di cacao e cioccolato, Caffè, Spezie ed erbe infusionali, Zucchero, Cereali e prodotti derivati, Paste alimentari non fresche, Prodotti della panetteria, Legumi secchi e prodotti derivati, Frutta secca, Funghi secchi, Ortaggi essiccati, Prodotti della confetteria, Prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio.
Istruzioni per l’uso corretto dei MOCA dovrebbero entrare a far parte dei manuali aziendali di corretta prassi igienica (sistema HACCP)
L’auspicio è che la recente valutazione espressa sul tema, accompagnata tra l’altro da una campagna informativa del Ministero della Salute, porti i consumatori ad un uso corretto e consapevole dell’alluminio.
Un materiale che di per sé non comporta danni alla salute, ma il cui utilizzo non corretto può essere rischioso.
Un’ulteriore opportunità risiede nel fatto che istruzioni circa l’uso corretto dei MOCA possano entrare a far parte dei manuali aziendali di corretta prassi igienica (sistema Haccp).
Esistono tuttavia situazioni in cui è necessario usare materiali diversi dall’alluminio (come riporta il Cnsa nel suo parere 2019) ed in particolare quelle già contemplate dal decreto italiano n°76: la cottura, la trasformazione e la conservazione di alimenti fortemente acidi o fortemente salati e più in generale il mantenimento di cibo a temperatura non refrigerate (o di congelamento) per tempi superiori alle 24 ore.
L’alluminio è infatti solubile sotto l’influenza di acidi o sale. Per questo motivo, i comuni imballaggi che troviamo sugli scaffali come lattine per bevande, coperchi per yogurt e contenitori in alluminio per il succo di frutta sono dotati di rivestimenti che impediscono il trasferimento di ioni di alluminio. Importante ricordare che un uso corretto dell’alluminio da parte di tutti, consumatori e operatori del settore alimentare, tutela la salute.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

La Danimarca vieta l’utilizzo dei PFAS nei contenitori alimentari

Il Governo danese è il primo a porre restrizioni sull’uso di sostanze perfluoroalchiliche nel packaging e nei contenitori da asporto.



















La Danimarca diventerà il primo Paese al mondo a vietare le sostanze perfluoroalchiliche (i cosiddetti PFAS) nella fabbricazioni di contenitori ad uso alimentare: il bando, che entrerà in vigore dal luglio del 2020, è stato annunciato lunedì dal Ministro dell’Ambiente, Mogens Jensen.

Il divieto riguarda l’uso di composti PFAS in materiali a contatto con alimenti di cartone e carta. Le sostanze perfluoroalchiliche dovrebbero poter essere ancora utilizzati in contenitori alimentari ma solo a condizione di essere separati dai cibi attraverso una barriera che ne impedisca qualsiasi forma di contaminazione.

I PFAS, sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate ovvero acidi liquidi resistenti alle alte temperature e ai processi di degradazione in natura. Sono stati usati fin dagli anni ’40 in svariati settori industriali, dal trattamento delle pelli, alla produzione di contenitori, carta e imballaggi per uso alimentare, dai rivestimenti antiaderenti delle padelle alla realizzazione di abbigliamento tecnico.
Le proprietà idrorepellenti e di resistenza all’assorbimento dei grassi hanno garantito ai PFAS largo utilizzo nell’industria del packaging alimentare e nei contenitori per pasti da asporto, in particolare quelli biodegradabili.

Nel 2018, il Centers for Disease Control, una delle agenzie per la salute pubblica USA, aveva appurato che l’esposizione ai perfluorurati può aumentare il rischio di cancro, quello di incorrere in malattie che compromettono il sistema immunitario, rischia di diminuire la fertilità femminile e di alzare i livelli di colesterolo oltre a limitare lo sviluppo mentale e fisico dei bambini.


“Non possiamo accettare il rischio che sostanze perfluoroalchiliche potenzialmente pericolose migrino dal packaging nei nostri alimenti – ha commentato il ministro danese Mogens Jensen – Queste sostanze rappresentano un tale problema per la salute da non poterci permettere di aspettare le decisioni in materia dell’Ue”.

fonte: www.rinnovabili.it