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MdcPerugia: scarti alimentari, come ridurli e come gestirli - Webinar - 6 marzo 2021, ore 9:30

 












































NEWS EVENTI. 6 marzo 2021, ore 9:30 - WEBINAR: SU:

“SCARTI ALIMENTARI, COME RIDURLI E COME GESTIRLI”
PROGRAMMA
PACKAGING
• MOCA: IMBALLAGGI E SICUREZZA ALIMENTARE
Relatore: Rocco Cristaudo - biologo nutrizionista
• RIDURRE GLI IMABLLAGGI E' POSSIBILE ?
 L’esperienza di Vivogreen Terni
Relatore: Serenella Bartolomei – Ecologicpoint
 Progetto Spesa Sballata
Relatore: Silvia Colombo
ALTERNATIVE AGLI IMBALLAGGI IN PLASTICA ESISTONO?
 Il vetro liquido e le sue applicazioni
Relatore: Luca Panzeri – società QWARZO
COME RIDURRE LO SPRECO ALIMENTARE
• A QUANTO AMMONTA LO SCARTO ALIMENTARE? DATI
Relatore: Luca Falasconi - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
• RIDUZIONE DELLO SPRECO
 Start up Too Good To Go
Relatore: Valeria Cravero - Too Good To Go
 Start up Regusto
Relatore: Paolo Rellini - Regusto
DA RIFIUTO A COMPOST
• La valorizzazione degli scarti organici: il compostaggio domestico - Relatore: Antonio di Giovanni - esperto in gestione scarti organici
Modera: Valentina Bonaca - Movimento Difesa del Cittadino Perugia
Non mancate!
https://attendee.gotowebinar.com/regi.../8216864113006290444
ID Webinar: 255-363-803

fonte: Movimento Difesa Cittadino Perugia


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Carta e cartone dove li butto? Tutti i consigli per una corretta raccolta differenziata

 












Il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica (Comieco) ha avviato una nuova campagna per migliorare la qualità della raccolta di carta e cartone, correggendo gli errori di conferimento che ancora persistono. Meno errori nel cassonetto significano maggiore qualità nel riciclo. Conoscere le regole da seguire è dunque fondamentale ma ancora oggi, in base ai risultati dell’indagine, 4 intervistati su 10 nutrono dubbi su cosa sia possibile conferire e cosa no nei contenitori per la carta: il 45,4% si definisce tuttora confuso e il 44% si considera bravo ma insicuro.

Gli Italiani, nel complesso, sono un popolo virtuoso: nel 2019 la raccolta differenziata di carta e cartone ha raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate e l’81% degli imballaggi a base cellulosica è stato avviato a riciclo. Sono questi i risultati dell’indagine di AstraRicerche che però confermano possibilità di margini di miglioramento molto ampi, soprattutto sul fronte della qualità di quanto si raccoglie. Inoltre, se da una parte è importante che nella carta non finiscano materiali estranei (ad esempio gli scontrini) è altrettanto importante che tutti i materiali cellulosici riciclabili possano avere una seconda possibilità.

Ecco allora quali sono le regole della corretta raccolta differenziata.

Carta e cartone da riciclare vanno depositati all’interno degli appositi contenitori
Non sempre quello che si chiama carta è da riciclare in questa frazione: stiamo parlando di materiali come la carta oleata o la carta stagnola…
Il sacchetto in cui tengo la carta da buttare se è di plastica, non va gettato con la carta!
Gli imballaggi con residui di cibo, o sostanze chimiche/velenose, non vanno con carta e cartone
Nemmeno i fazzoletti di carta vanno con la carta perché, anche se puliti, sono anti spappolo e difficili da trattare
Scatole e scatoloni vanno appiattiti ripuliti dal nastro adesivo e dei punti metallici eventualmente presenti, poi vanno compressi per ridurne il volume
Gli scontrini non vanno gettati con la carta perché sono fatti con carte termiche che generano problemi nel riciclo
Per i cartoni che contengono liquidi ogni comune ha la sua modalità di raccolta.

Gli scontrini non vanno gettati con la carta perché sono fatti con carte termiche

Oltre ai consigli utili su come ridurre l’impatto ambientale, è bene ricordare che parlando di carta e cartone spesso circolano delle “fake news” che vanno smentite. Ecco le più diffuse.

1. Una volta che i cittadini hanno separato correttamente carta e cartone dagli altri rifiuti, spesso viene buttato via tutto insieme e non viene riciclato. Lo pensano 3 italiani su 5.
Falso! Imballaggi e oggetti in carta e cartone differenziati correttamente dai cittadini vengono raccolti dal gestore del servizio del Comune e portati in piattaforma, selezionati e lavorati. Una volta resi idonei a essere reintrodotti nei cicli produttivi, vengono trasferiti in cartiera dove, grazie al riciclo, diventano carta e cartone pronti per essere utilizzati per nuovi prodotti nelle cartotecniche. È un vero e proprio esempio di economia circolare che conferma l’Italia leader in Europa e ad oggi il tasso di riciclo è poco sotto l’80%, ovvero 4 imballaggi cellulosici su 5 vengono riciclati.

2. Fare la raccolta differenziata costa.
Falso! Raccogliere carta e cartone in modo differenziato è un semplice gesto di senso civico utile non solo a noi stessi ma anche alla comunità. Riciclare apporta benefici ambientali e anche economici. In base all’accordo Anci-Conai, Comieco riconosce ai Comuni un corrispettivo a fronte dell’effettivo riciclo: sono stati erogati circa 97 milioni di euro solo nel 2018. Anche questo deve poter essere stimolo per fare sempre meglio.

Riciclare apporta benefici ambientali e anche economici

3. Il 60% degli italiani pensa che per produrre la carta le foreste vengono distrutte. Il suo consumo dovrebbe quindi essere ridotto.
Falso! La maggior parte del legno che viene utilizzato per produrre carta proviene da foreste gestite in modo sostenibile. In Europa per ogni albero tagliato, ne vengono piantati altri 3. Oggi l’aumento annuo delle foreste europee equivale a 6.450 km2, pari all’aerea di 4.363 campi da calcio.

4. La carta ha un forte impatto ambientale in termini di emissioni CO2.
Falso! In realtà la carta, essendo un prodotto naturale, rinnovabile e riciclabile, contribuisce al contenimento di emissioni di anidride carbonica. Leggere un quotidiano ogni giorno produce il 20% in meno di CO2 rispetto alla lettura online per circa 30 minuti.

5. La carta si ottiene da un processo di produzione inquinante.
Falso! L’industria cartaria italiana è sostenibile e costantemente impegnata nella ricerca tecnologica dedicata alla tutela dell’ambiente. Oggi per produrre 1 tonnellata di carta si usano 24 metri cubi di acqua; nel 1970 ne occorrevano 100. Generalmente il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo, solo il restante è costituito da acqua di primo impiego.

fonte: www.ilfattoalimentare.it


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Food delivery, asporto e Covid-19, tutte le indicazioni di sicurezza degli esperti dell’Istituto superiore di sanità



Durante la quarantena molti ristoranti (e non solo) si sono buttati sulla consegna a domicilio, almeno nelle regioni che la permettevano. Poi dal 4 maggio, è tornato anche l’asporto. Attività che continueranno ad andare forte anche durante la fase 2, vuoi per il timore che alcuni hanno all’idea di tornare al ristorante, vuoi per la capienza dei locali ridotta dalle norme per la prevenzione del contagio.
Per questo, l’Istituto superiore di sanità ha incluso nel suo rapporto “Indicazioni ad interim su contenimento del contagio da SARS-CoV-2 e igiene degli alimenti nell’ambito della ristorazione e somministrazione di alimenti” anche le linee guida per le attività che fanno food delivery e asporto. Il documento è stato redatto dal gruppo di lavoro dell’Iss sulla Sanità pubblica veterinaria e la sicurezza alimentare COVID-19, con la collaborazione di altri esperti, tra cui Antonello Paparella, microbiologo alimentare dell’Università di Teramo.
Ecco le linee guida per il cibo da asporto:
1) Per prima cosa, i ristoratori devono definire un’area destinata al ritiro degli alimenti pronti alla consegna ai clienti. È importante ricordare che la zona per il ritiro del cibo da asporto deve essere separata dai locali per la preparazione degli alimenti.
Young woman preparing takeaway food inside restaurant during Coronavirus quarantine time - Girl inside kitchen working while cooking delivery food for online take away service - Focus on hamburger
I ristoratori devono predisporre un’area di ritiro del cibo da asporto separata da quella di preparazione degli alimenti
2) Al momento della consegna del cibo da asporto, i ristoratori devono mettere a disposizione dei clienti prodotti igienizzanti per le mani.
3) Il cibo preparato per l’asporto deve essere posto in contenitori idonei per il contatto gli alimenti (MOCA) ed essere conservato separatamente da altri prodotti. La consegna ai clienti deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro. Se ciò non è possibile, personale e clienti devono indossare la mascherina.
4) Gli esperti consigliano di riservare un piano di appoggio dedicato, dal quale il cliente preleverà i prodotti solo quando il personale si sarà allontanato.
5) Come nei ristoranti e nei supermercati, devono essere preferite modalità di pagamento che evitino lo scambio di denaro, soprattutto contactless.
Per quanto riguarda, invece, la consegna a domicilio, ecco le indicazioni degli esperti:
1) Anche in questo caso, i ristoratori devono definire un’area destinata al ritiro degli ordini al personale addetto alle consegne. Come nel caso dell’asporto, quest’area deve essere separata dai locali di preparazione del cibo.
Delivery man holding paper bag with food on white background, food delivery man in protective mask
La consegna a domicilio deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro tra fattorino e cliente
2) I ristoratori devono mettere a disposizione del personale addetto alle consegne a domicilio, come fattorini e rider, prodotti igienizzanti per le mani.
3) Il personale addetto alle consegne deve mantenere un alto livello di pulizia personale, indossando la mascherina sia durante il ritiro che la consegna, igienizzando le mani prima di indossare i guanti e cambiandoli a ogni consegna.
4) Gli alimenti pronti per la consegna devono essere posti in contenitori adatti al contatto con gli alimenti (MOCA) ed essere separati da altre merci. Borse e zaini termici usati per la consegna degli ordini devono essere puliti e disinfettati dopo ogni uso. 
5) Il ritiro del cibo e la consegna ai clienti deve avvenire rispettando la distanza di almeno un metro e senza entrare nell’abitazione del cliente.
6) Nella consegna a domicilio, deve essere posta particolare attenzione al rispetto delle corrette condizioni di conservazione (tempo e temperatura) degli alimenti da consegnare.
7) Come sempre, devono essere preferite modalità di pagamento che evitino lo scambio di denaro, soprattutto contactless. 
I consumatori dovrebbero preferire le ordinazioni online o telefoniche per evitare assembramenti nei locali
Infine, gli esperti dell’Istituto superiore di sanità hanno incluso anche alcune raccomandazioni per i clienti che scelgono l’asporto o il food delivery
1) I consumatori dovrebbero privilegiare le ordinazioni online o telefoniche, per evitare assembramenti all’esterno dei locali e per garantire che il ritiro dei prodotti ordinati avvenga a un orario concordato.
2) All’interno dei locali, i clienti sono obbligati a indossare la mascherina, mantenendo comunque la distanza di sicurezza di almeno un metro tra di essi e nei confronti del personale. 
3) Al momento del ritiro del cibo ordinato, i clienti potranno entrare presso l’esercizio quando l’area destinata alla consegna degli ordini non è già occupata da altre persone. I clienti dovrebbero restare all’interno dei locali solo per il tempo strettamente necessario al ritiro e al pagamento del cibo ordinato. Se si è scelta la formula dell’asporto, è vietato il consumo sul posto.
4) Nel caso della consegna a domicilio, al momento del ritiro dell’ordine bisogna indossare la mascherina e rispettare la distanza di almeno un metro dal fattorino. 
Per scaricare il documento completo con le indicazioni per ristoranti e bar, clicca qui.
fonte: www.ilfattoalimentare.it


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Borracce, come scegliere quelle in regola con la legge? I consigli dell’esperto

















Volevo chiedere un’indicazione: la mia associazione intende acquistare delle borracce in acciaio per farne omaggio, nel quadro di una campagna di informazione sul tema della plastica, ai bambini degli ultimi anni delle scuole elementari e primi delle scuole medie della mia città. Nelle ricerche fatte non sono riuscito finora a trovare una chiara indicazione su come accertare, o come farmi dimostrare dal fornitore, che le borracce siano in regola rispetto alla normativa italiana/europea per i prodotti che devono essere a contatto con alimenti (penso a cose tipo: dichiarazione di corrispondenza del prodotto al modello omologato dal ministero, o attestazione con stampigliatura sul prodotto della corrispondenza con i requisiti delle norme pertinenti, ecc.)
Quanto reperito o sottopostomi finora consiste in poco convincenti attestati di “Istituti”, “Enti”, “Laboratori”, dei più disparati paesi del mondo, che comunque non mostrano nessun legame certo con i prodotti offerti. Poiché gli “utenti finali” saranno bambini, alunni di scuole pubbliche, la dimostrabile sicurezza alimentare e la rigorosa corrispondenza alla normativa sono per noi requisiti essenziali. Spero che possiate indirizzarci per la migliore riuscita della nostra iniziativa, e nel ringraziarvi già sin d’ora, vi saluto cordialmente
Lettera firmata
Risponde il nostro esperto di imballaggi e materiali a contatto con gli alimenti, Luca Foltran.
Secondo quanto previsto dalle legislazioni per gli articoli destinati al contatto con alimenti (Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE), tali oggetti devono essere corredati di una dichiarazione scritta che attesti la loro conformità alle norme vigenti. Pertanto il fornitore di borracce deve essere in grado di sottoporre questo tipo di dichiarazione. Documento che, sempre entro i termini di legge, deve essere corredato da una documentazione appropriata atta a sostenere tale conformità (dichiarazioni inerenti le materie prime utilizzate per produrre l’articolo, rapporti di prova di laboratorio, ecc.)
Le borracce devono avere un’indicazione specifica sull’impiego o il simbolo della forchetta e del bicchiere che attesta l’uso per alimenti
Detta documentazione (definita tecnicamente “Documentazione di supporto”) deve essere resa disponibile alle autorità competenti che la richiedano e durante una fase di compravendita può essere richiesta anche dall’acquirente (l’associazione, in questo caso) trattandosi di una commercializzazione diversa dalla vendita al dettaglio. In questo modo potrà stabilirne la genuinità e la correttezza, sia formale che analitica; la richiesta rientrerebbe in questa situazione tra accordi commerciali che intercorrono durante la fase di acquisto.
Qualora ci fossero dubbi in merito, ci si può rivolgere a un consulente esterno o a un’azienda in grado di verificare il dossier documentale/analitico sottoposto, che controllerà la corrispondenza rispetto ai parametri legali attualmente in forza. Ovviamente la documentazione dovrà avere una corrispondenza univoca e diretta con il prodotto che si sta acquistando (identificazione articolo, eventuali codici attribuiti all’oggetto o lotti di produzione).
Da ultimo, un campione del prodotto che si sta acquistando potrebbe essere inviato a un laboratorio per verificare, attraverso alcuni test, se effettivamente non sussistono criticità e se quanto vi dichiara il fornitore è da ritenersi attendibile.
A livello di marcature si dovrà controllare la presenza di un’indicazione che attribuisca la possibilità di usare la borraccia a contatto con alimenti (la dicitura «per contatto con i prodotti alimentari» o un’indicazione specifica circa l’impiego o il simbolo della forchetta e del bicchiere che attesta l’uso per alimenti). Queste informazioni possono essere presenti sulla borraccia stessa oppure sull’imballaggio o ancora su etichette che accompagnano l’articolo. Sebbene la procedura preveda diversi passaggi, in una situazione come questa sono indispensabili, visto che gli “utenti finali” saranno bambini e la sicurezza alimentare è essenziale.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Alluminio: un materiale che presenta dei rischi se non utilizzato correttamente. Come tutelare i consumatori?

















Monitorare la presenza e il rilascio di alluminio da materiali a contatto, informare e comunicare a cittadini ed aziende i rischi associati ad un uso improprio di articoli in alluminio, definire limiti di migrazione per questo metallo, oggi assenti, a livello europeo.
Questi gli obbiettivi del Comitato nazionale per la sicurezza alimentare (Cnsa), espressi attraverso il parere del 30 Gennaio 2019 sull’“Esposizione del consumatore all’alluminio derivante dal contatto alimentare”.
Dopo il parere emesso nel 2017 dallo stesso Cnsa in cui si suggeriva di adottare particolari precauzioni per prevenire la contaminazione degli alimenti e delle bevande, nuovi studi sperimentali condotti dal Laboratorio nazionale di riferimento dell’ISS hanno confermato che è necessario rafforzare l’attenzione sul tema alluminio per fasce della popolazione particolarmente vulnerabili come i bambini, gli anziani sopra i 65 anni, le donne in gravidanza e persone con funzionalità renale compromessa.
In particolare, il nuovo studio ipotizza che per bambini (da 1 fino a 9 anni di età) vi sarebbe una significativa probabilità di superamento della soglia di assunzione settimanale tollerabile (Twi fissata da Efsa in 1 mg per ogni chilogrammo di peso corporeo per settimana (1 mg/Kg/pc per settimana). Questi soggetti sarebbero infatti maggiormente esposti all’alluminio contenuto negli alimenti.
Fasce di età superiori sarebbero meno esposte a rischi sia per le diverse abitudini alimentari sia per il minore rapporto consumo di cibo/peso corporeo. A tal proposito il Cnsa ricorda che, oltre ad essere più esposti, i bambini sono una fascia biologicamente più suscettibile agli effetti neurotossici dell’alluminio.
In questo conto va tuttavia valutato un aspetto importante: in media, la maggior parte della popolazione, in particolare adolescenti e adulti, già assume fino alla metà del limite settimanale tollerabile di 1 mg di alluminio per kg di peso corporeo attraverso il cibo. Se si considera anche il contributo di cosmetici o materiali a contatto con alimenti, questo valore soglia può essere chiaramente superato.
L’alluminio è un metallo leggero che si presenta come il terzo elemento più comune nella crosta terrestre ed è contenuto anche in prodotti di consumo come deodoranti antitraspiranti, dentifrici, rossetti creme solari, nonché nei farmaci.
Interferendo con diversi processi biologici (stress ossidativo cellulare, metabolismo del calcio, etc.) può indurre effetti tossici in diversi organi e sistemi: il tessuto nervoso è il bersaglio più vulnerabile; ha biodisponibilità orale molto bassa nei soggetti sani anche se, per contro, la dose assorbita ha una certa capacità di bioaccumulo.
Poiché l’escrezione avviene essenzialmente tramite il rene, la tossicità dell’alluminio è nettamente maggiore nei soggetti con funzionalità renale immatura o diminuita (bambini piccoli, anziani, nefropatici).
In ambito alimentare è usato per la realizzazione di imballaggi e recipienti destinati a venire in contatto con gli alimenti, come pentole, film per avvolgere, vaschette monouso, caffettiere.
Considerato che il rilascio di alluminio dai materiali a contatto è condizionato dalle modalità di uso e da altri fattori combinati, quali il tempo di conservazione, la temperatura e la composizione dell’alimento, la contaminazione del cibo per fenomeni di migrazione da utensili o imballaggi è la fonte più prevenibile.
Ma da cosa dipende il livello di migrazione quando l’alluminio si trova a contatto con il cibo?
Le analisi sperimentali ISS rafforzano i dati secondo cui sono determinanti, oltre al tipo di alimento posto a contatto con l’alluminio, anche i condimenti: quelli di tipo acido, come il succo di limone, aumentano i livelli di migrazione. Ma le variabili sono veramente numerose: tempo di contatto, temperatura, stato fisico dell’alimento e composizione. In particolare, l’alluminio migra in quantità più elevate in matrici acquose, acide o salate specialmente se a contatto per tempi prolungati e temperature elevate.
AlluminioLo stato fisico dell’alimento (solido o liquido) è determinante: nel caso di cibi liquidi vi è un maggiore interscambio tra la matrice liquida e la superficie solida dal contenitore. In cibi secchi come le spezie, privi di umidità e salinità, non vi è alcun livello di migrazione.
Non a caso la legge italiana attuale prescrive che siano presenti indicazioni precise in relazione agli usi consentiti; secondo il Decreto Ministeriale n°76, i MOCA realizzati in alluminio devono riportare in etichetta le seguenti istruzioni:
a) non idoneo al contatto con alimenti fortemente acidi  o fortemente salati;
b) destinato al contatto con alimenti a temperature refrigerate;
c) destinato al contatto con alimenti a temperature non refrigerate per tempi non superiori alle 24 ore;
d) alimenti a basso potere estrattivo** possono essere conservati a temperatura ambiente anche per tempi superiori alle 24 ore.
**alimenti a basso potere estrattivo indicati nel decreto: Prodotti di cacao e cioccolato, Caffè, Spezie ed erbe infusionali, Zucchero, Cereali e prodotti derivati, Paste alimentari non fresche, Prodotti della panetteria, Legumi secchi e prodotti derivati, Frutta secca, Funghi secchi, Ortaggi essiccati, Prodotti della confetteria, Prodotti da forno fini a condizione che la farcitura non sia a diretto contatto con l’alluminio.
Istruzioni per l’uso corretto dei MOCA dovrebbero entrare a far parte dei manuali aziendali di corretta prassi igienica (sistema HACCP)
L’auspicio è che la recente valutazione espressa sul tema, accompagnata tra l’altro da una campagna informativa del Ministero della Salute, porti i consumatori ad un uso corretto e consapevole dell’alluminio.
Un materiale che di per sé non comporta danni alla salute, ma il cui utilizzo non corretto può essere rischioso.
Un’ulteriore opportunità risiede nel fatto che istruzioni circa l’uso corretto dei MOCA possano entrare a far parte dei manuali aziendali di corretta prassi igienica (sistema Haccp).
Esistono tuttavia situazioni in cui è necessario usare materiali diversi dall’alluminio (come riporta il Cnsa nel suo parere 2019) ed in particolare quelle già contemplate dal decreto italiano n°76: la cottura, la trasformazione e la conservazione di alimenti fortemente acidi o fortemente salati e più in generale il mantenimento di cibo a temperatura non refrigerate (o di congelamento) per tempi superiori alle 24 ore.
L’alluminio è infatti solubile sotto l’influenza di acidi o sale. Per questo motivo, i comuni imballaggi che troviamo sugli scaffali come lattine per bevande, coperchi per yogurt e contenitori in alluminio per il succo di frutta sono dotati di rivestimenti che impediscono il trasferimento di ioni di alluminio. Importante ricordare che un uso corretto dell’alluminio da parte di tutti, consumatori e operatori del settore alimentare, tutela la salute.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

I MOCA, questi sconosciuti

Gli imballaggi per alimenti sono sufficientemente inerti da evitare che i loro componenti incidano sulla salute del consumatore? Quali norme ne regolano produzione e utilizzo? Risponde la chimica Daniela Maurizi


















Avete mai sentito parlare dei MOCA? Niente a che vedere con il caffè, è la sigla che indica i materiali e oggetti a contatto con gli alimenti. Quante volte ci siamo chiesti se gli imballaggi degli alimenti che compriamo potrebbero essere nocivi o se le confezioni sono adeguatamente controllate. Anche a casa, qualche dubbio ci assale: meglio la pellicola o l’alluminio? E la carta forno? Abbiamo girato queste domande al chimico Daniela Maurizi, Segretario della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici. Esperta di sicurezza alimentare, è AD del Gruppo Maurizi.

Nella grande distribuzione i prodotti freschi sono spesso venduti in vassoi di polistirolo ricoperti di pellicola trasparente. Cosa comporta per la salute del consumatore il contatto di questi materiali con gli alimenti?
Se i materiali sono realizzati conformemente alle normative sui materiali a contatto con gli alimenti, non ci sono rischi per la salute del consumatore. Le normative sui MOCA prevedono infatti che tali prodotti vengano sottoposti a test specifici per valutare l’eventuale cessione di sostanze indesiderate negli alimenti. Naturalmente tali prodotti devono essere anche conservati e utilizzati in modo adeguato. Ciascun materiale possiede delle proprie caratteristiche di utilizzo che, se non seguite, possono causare un danno all’alimento (e al consumatore stesso). Generalmente queste caratteristiche prevedono temperature minime o massime di utilizzo oppure utilizzi solo con alcune categorie di alimenti.

Il contatto di pellicola, alluminio o carta forno con gli alimenti avviene anche nelle nostre case (ad esempio per conservare gli avanzi o per alcuni tipi di cotture): come utilizzarli in modo corretto?
Tali materiali sono studiati e realizzati in modo da essere idonei alle normali condizioni di utilizzo. Sulle confezioni è possibile comunque trovare utili e preziose indicazioni su come dovranno essere impiegati, soprattutto in merito alle restrizioni d’uso o ai divieti, come ad esempio potrebbe essere quello di non utilizzare la pellicola trasparente nel forno a microonde.

Quali norme regolano la produzione e l’utilizzo dei MOCA?
I MOCA sono disciplinati innanzitutto da alcuni Regolamenti Europei, alcuni dei quali si applicano indistintamente a tutti i MOCA, altri solo a particolari gruppi di materiali/oggetti. In particolare, il Reg. CE 1935/2004 costituisce la norma quadro e detta i principi generali cui devono conformarsi tutti i MOCA in termini di sicurezza, etichettatura e rintracciabilità. L’altra norma europea trasversale è il Reg. CE 2023/2006 che stabilisce le norme relative alle buone pratiche di fabbricazione dei MOCA disponendo che le imprese del settore abbiano sistemi di assicurazione e controllo della qualità a garanzia della conformità dei prodotti. Esistono poi disposizioni nazionali, più o meno recenti come il DM 21/03/73 che ha gettato le basi per la normativa nazionale sui MOCA o il D.Lgs. 29/2017 che ha stabilito le sanzioni relative alla violazione delle norme di produzione e commercializzazione.
Naturalmente tutte le norme del settore sono costantemente aggiornate sulla base degli sviluppi tecnici in questo campo, sia relativamente alla produzione dei MOCA che alla loro sicurezza (ovvero l’idoneità al contatto con gli alimenti).

Daniela Maurizi, Segretario della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici
Daniela Maurizi, Segretario della Federazione Nazionale degli Ordini dei Chimici e dei Fisici

In che modo il consumatore può capire se sono realizzati con i materiali consentiti?
Se il MOCA è venduto come prodotto finito non ancora a contatto con un alimento deve riportare il simbolo di idoneità a contatto con gli alimenti (bicchiere e forchetta) o la dicitura “per contatto con i prodotti alimentari” (tali indicazioni non sono necessarie se la destinazione d’uso del materiale/oggetto è inequivocabile). Il simbolo o la dicitura “per alimenti” attestano l’idoneità del materiale al contatto alimentare ovvero la sua realizzazione a partire da materiali consentiti. Se invece il materiale è già a contatto con l’alimento, ad esempio ne costituisce l’imballo, non sono obbligatorie le informazioni al consumatore relative alla sua idoneità essendo questa accertata dall’industria alimentare che lo ha utilizzato.

Dove finisce la responsabilità dei fabbricanti e dove comincia quella degli operatori del settore alimentare?
I fabbricanti hanno l’obbligo di realizzare i propri prodotti secondo le pratiche di buona fabbricazione e nel rispetto dei requisiti disposti dalla normativa cogente di settore. A tale riguardo il fabbricante deve emettere per iscritto una dichiarazione di conformità che attesta la conformità del MOCA alle norme cogenti. Tale dichiarazione unitamente alla documentazione che comprova la conformità dichiarata deve essere fornita all’industria alimentare.
L’industria alimentare, in quanto responsabile dell’alimento, deve valutare la completezza e l’adeguatezza delle informazioni ricevute affinché possa utilizzare il MOCA correttamente e in condizioni di sicurezza.

fonte: www.rinnovabili.it

Bisfenolo A, restrizioni maggiori per imballaggi e materiali a contatto con gli alimenti. Il nuovo regolamento europeo



La Commissione europea ha pubblicato un nuovo regolamento per ridurre ulteriormente l’esposizione dei consumatori al bisfenolo A (BPA), una sostanza classificata come interferente endocrino in grado di alterare l’equilibrio ormonale e il metabolismo dell’organismo. Il bisfenolo A è utilizzato per la produzione di rivestimenti di bottiglie riutilizzabili per bevande, articoli per la tavola (piatti e tazze) e contenitori per la conservazione, nonché nella carta termica degli scontrini. In tracce si trova anche nei rivestimenti di lattine per bibite, visto che circa l’80% possiede all’interno vernici epossidiche a base di BPA.
Finora l’uso  è stato autorizzato in Europa per la produzione di materiali a contatto con alimenti in plastica (Regolamento (UE) n. 10/2011), ma  è stato vietato, in base al principio di precauzione, per i biberon in policarbonato destinati ai lattanti (Regolamento (UE) n. 321/2011). Il nuovo regolamento si è reso necessario perché la stessa Commissione parla di “situazione di incertezza sul piano scientifico, anche se il rischio per la salute umana non ha ancora potuto essere pienamente dimostrato”.

La Commissione europea ha pubblicato un nuovo regolamento sull’uso del bisfenolo A nei materiali a contatto con gli alimenti
Le nuove misure si sviluppano sostanzialmente in due direzioni. In primo luogo, si ha l’estensione del divieto totale di impiego del BPA per la produzione di tazze e bottiglie in policarbonato destinate a lattanti, così come per rivestimenti di imballaggi destinati a formule e alimenti per la prima infanzia (latte artificiale, formule di proseguimento, alimenti a base di cereali, alimenti per l’infanzia o latte e bevande a base di latte). In seconda battuta, c’è l’estensione di parte del campo di applicazione della norma (finora riguardante solo i polimeri) anche a vernici e rivestimenti. In questo caso il limite di migrazione di bisfenolo A da articoli e imballaggi (ovvero la quantità massima di sostanza che può contaminare l’alimento) è stato ridotto da 0.6 mg/kg a 0.05 mg/kg. Livelli che ogni produttore di articoli e imballaggi dovrà monitorare, mediante specifiche prove di laboratorio, per mettere in commercio i propri prodotti.
Il regolamento introduce una novità relativa alle “dichiarazioni di conformità”, ovvero i documenti che dovranno essere messi a disposizione delle autorità competenti, in caso di controllo. Le nuove norme si applicano a decorrere dal 6 settembre 2018, per consentire alle aziende di uniformarsi alle disposizioni e smaltire eventuali scorte.
Sebbene il Parlamento europeo nella risoluzione del 2016 avesse richiesto l’attuazione di regolamenti più restrittivi vietando il BPA in tutti i materiali a contatto con alimenti e per gli imballaggi, le misure della Commissione sono state ben più morbide. Tanto che alcuni Stati membri hanno introdotto restrizioni nazionali. Danimarca e Belgio hanno bandito il bisfenolo A in materiali a contatto con alimenti per lattanti e bambini piccoli; la Svezia lo ha vietato in rivestimenti e vernici di articoli e imballaggi per alimenti  destinati a lattanti e bambini piccoli; la Francia ha bandito il BPA in tutti gli imballaggi e i materiali a contatto con gli alimenti (eccetto le attrezzature industriali come tubi e serbatoi) a partire dal 1° gennaio 2015. Lo stesso Parlamento europeo, nel 2016, sottolineò che eventuali alternative non dovrebbero includere il bisfenolo S (BPS) poiché questa sostanza ha un profilo tossicologico simile al BPA.

fonte: www.ilfattoalimentare.it