Produttori di imballaggi per bevande Usa: il deposito migliora il riciclo, pronti a collaborare
Coreve: peggiora la qualità della raccolta del vetro

Campagna tv e social
Per provare a interrompere i comportamenti errati che finiscono per compromettere parte del lavoro e dell’impegno dei cittadini più attenti, CoReVe (Consorzio Recupero Vetro), d’accordo con ANCI (Associazione dei Comuni Italiani), ha deciso di lanciare una campagna di sensibilizzazione, con il Patrocinio del MiTe (Ministero per la Transizione Ecologica) e con l’aiuto di Licia Colò, giornalista e divulgatrice, da sempre molto attenta alle tematiche ambientali e alla sostenibilità. Due mesi di campagna TV che vedranno Licia Colò raccontare ai telespettatori di Mediaset e La7, quali errori evitare nel momento in cui si vanno a differenziare i rifiuti di imballaggio in vetro, a cui, da giugno a fine anno, si affiancherà una campagna “social” voluta per raccontare agli italiani l’importanza e i benefici ambientali derivanti dal corretto riciclo del vetro.
Scotti: fanalino di coda per la qualità
“Nel 2020 – spiega Gianni Scotti, Presidente di CoReVe – la qualità della differenziata è ulteriormente peggiorata rispetto all’anno precedente. Mentre migliorano le performance degli impianti di riciclo, i cui scarti si riducono grazie al costante miglioramento tecnologico, c’è evidentemente ancora molto lavoro da fare. L’Italia, che è tra i Paesi più virtuosi d’Europa per le percentuali di raccolta differenziata degli imballaggi di vetro, è tuttavia fanalino di coda per quanto riguarda la qualità. Serve quindi un cambio di passo e serve subito, per evitare inutili sprechi e sostenere l’Economia Circolare del vetro. Per questo abbiamo deciso di lanciare la nuova campagna con un’ambasciatrice d’eccellenza per tutto ciò che riguarda l’ambiente, Licia Colò, che già in passato aveva offerto la sua autorevole voce ai messaggi del Consorzio”.
fonte: www.e-gazette.it
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Carta e cartone dove li butto? Tutti i consigli per una corretta raccolta differenziata
Il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica (Comieco) ha avviato una nuova campagna per migliorare la qualità della raccolta di carta e cartone, correggendo gli errori di conferimento che ancora persistono. Meno errori nel cassonetto significano maggiore qualità nel riciclo. Conoscere le regole da seguire è dunque fondamentale ma ancora oggi, in base ai risultati dell’indagine, 4 intervistati su 10 nutrono dubbi su cosa sia possibile conferire e cosa no nei contenitori per la carta: il 45,4% si definisce tuttora confuso e il 44% si considera bravo ma insicuro.
Gli Italiani, nel complesso, sono un popolo virtuoso: nel 2019 la raccolta differenziata di carta e cartone ha raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate e l’81% degli imballaggi a base cellulosica è stato avviato a riciclo. Sono questi i risultati dell’indagine di AstraRicerche che però confermano possibilità di margini di miglioramento molto ampi, soprattutto sul fronte della qualità di quanto si raccoglie. Inoltre, se da una parte è importante che nella carta non finiscano materiali estranei (ad esempio gli scontrini) è altrettanto importante che tutti i materiali cellulosici riciclabili possano avere una seconda possibilità.
Ecco allora quali sono le regole della corretta raccolta differenziata.
Carta e cartone da riciclare vanno depositati all’interno degli appositi contenitori
Non sempre quello che si chiama carta è da riciclare in questa frazione: stiamo parlando di materiali come la carta oleata o la carta stagnola…
Il sacchetto in cui tengo la carta da buttare se è di plastica, non va gettato con la carta!
Gli imballaggi con residui di cibo, o sostanze chimiche/velenose, non vanno con carta e cartone
Nemmeno i fazzoletti di carta vanno con la carta perché, anche se puliti, sono anti spappolo e difficili da trattare
Scatole e scatoloni vanno appiattiti ripuliti dal nastro adesivo e dei punti metallici eventualmente presenti, poi vanno compressi per ridurne il volume
Gli scontrini non vanno gettati con la carta perché sono fatti con carte termiche che generano problemi nel riciclo
Per i cartoni che contengono liquidi ogni comune ha la sua modalità di raccolta.

Oltre ai consigli utili su come ridurre l’impatto ambientale, è bene ricordare che parlando di carta e cartone spesso circolano delle “fake news” che vanno smentite. Ecco le più diffuse.
1. Una volta che i cittadini hanno separato correttamente carta e cartone dagli altri rifiuti, spesso viene buttato via tutto insieme e non viene riciclato. Lo pensano 3 italiani su 5.
Falso! Imballaggi e oggetti in carta e cartone differenziati correttamente dai cittadini vengono raccolti dal gestore del servizio del Comune e portati in piattaforma, selezionati e lavorati. Una volta resi idonei a essere reintrodotti nei cicli produttivi, vengono trasferiti in cartiera dove, grazie al riciclo, diventano carta e cartone pronti per essere utilizzati per nuovi prodotti nelle cartotecniche. È un vero e proprio esempio di economia circolare che conferma l’Italia leader in Europa e ad oggi il tasso di riciclo è poco sotto l’80%, ovvero 4 imballaggi cellulosici su 5 vengono riciclati.
2. Fare la raccolta differenziata costa.
Falso! Raccogliere carta e cartone in modo differenziato è un semplice gesto di senso civico utile non solo a noi stessi ma anche alla comunità. Riciclare apporta benefici ambientali e anche economici. In base all’accordo Anci-Conai, Comieco riconosce ai Comuni un corrispettivo a fronte dell’effettivo riciclo: sono stati erogati circa 97 milioni di euro solo nel 2018. Anche questo deve poter essere stimolo per fare sempre meglio.

3. Il 60% degli italiani pensa che per produrre la carta le foreste vengono distrutte. Il suo consumo dovrebbe quindi essere ridotto.
Falso! La maggior parte del legno che viene utilizzato per produrre carta proviene da foreste gestite in modo sostenibile. In Europa per ogni albero tagliato, ne vengono piantati altri 3. Oggi l’aumento annuo delle foreste europee equivale a 6.450 km2, pari all’aerea di 4.363 campi da calcio.
4. La carta ha un forte impatto ambientale in termini di emissioni CO2.
Falso! In realtà la carta, essendo un prodotto naturale, rinnovabile e riciclabile, contribuisce al contenimento di emissioni di anidride carbonica. Leggere un quotidiano ogni giorno produce il 20% in meno di CO2 rispetto alla lettura online per circa 30 minuti.
5. La carta si ottiene da un processo di produzione inquinante.
Falso! L’industria cartaria italiana è sostenibile e costantemente impegnata nella ricerca tecnologica dedicata alla tutela dell’ambiente. Oggi per produrre 1 tonnellata di carta si usano 24 metri cubi di acqua; nel 1970 ne occorrevano 100. Generalmente il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo, solo il restante è costituito da acqua di primo impiego.
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Carta riciclata, materia prima seconda di qualità
Quello che invece è importante è fare bene la raccolta differenziata affinché la carta possa essere riutilizzata ed entrare a pieno titolo nell’economia circolare: il grande risparmio di materia prima viene da lì. Il macero è la nostra “foresta urbana”, come l’ha definita Amelio Cecchini, presidente di Comieco, il Consorzio nazionale che garantisce il recupero e il riciclo degli imballaggi a base cellulosica provenienti dalla raccolta differenziata comunale.
La filiera della carta vale 25 miliardi di fatturato, ovvero l’1,5% del Pil; in più è un prodotto naturale, biodegradabile, compostabile, riciclabile e rinnovabile. Il tasso di circolarità della carta è del 57%, quello degli imballaggi raggiunge l’81%. A tale proposito, è interessante sapere che abbiamo superato la direttiva UE che indica il 75% come obiettivo da raggiungere entro il 2025; l’obiettivo al 2030 è dell’85%, quindi per l’Italia il passo è breve.
La carta riciclata rientra nel ciclo produttivo come materia prima seconda. Insomma, la carta sembra fatta apposta per inserirsi tra gli obiettivi sostenibili del PNRR (il Piano nazionale di ripresa e resilienza) per l’utilizzo delle risorse del Recovery Fund. Per questo le associazioni Federazione Carta e Grafica, Comieco e Unirima si sono unite per presentare insieme le proposte della filiera della carta per il Recovery Fund. La prima proposta è di aumentare la capacità di riciclo della carta delle cartiere in ottica di efficienza energetica, utilizzando i residui organici della cellulosa per produrre biogas; la seconda è promuovere ricerca e sviluppo a livello industriale; la terza è sviluppare la digitalizzazione per migliorare la logistica e la tracciabilità dei rifiuti e degli scarti.
Le tra associazioni richiedono incentivi per l’innovazione degli impianti e per la ricerca in un sistema virtuoso che fa bene all’ambiente e crea occupazione. Il fabbisogno di carta è in crescita sia perché ora si tende a preferire la carta alla plastica per gli imballaggi, sia perché a causa della pandemia c’è stata un’impennata dell’e-commerce che richiede molta più carta e cartone per gli imballaggi da spedire, sia perché si preferisce acquistare prodotti alimentari confezionati ritenuti più protetti dal virus. Anche se sono stati sviluppati nuovi materiali, come le pellicole biodegradabili, la carta è ancora il materiale preferito.
fonte: www.rinnovabili.it
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Raccolta differenziata, circa 3,2 milioni di tonnellate l’anno sono da ri-buttare
Una peculiarità tutta italiana nel modello di gestione dei rifiuti (urbani) è stata incentrare, da più di vent’anni, l’intera impostazione sulla raccolta differenziata come obiettivo da raggiungere: non solo però non abbiamo ancora raggiunto il target che abbiamo stabilito per legge (65% al 2012, invece nel 2019 è al 61,3%) ma abbiamo perso di vista tutta la filiera impiantistica che c’è dopo la suddivisione della nostra spazzatura – o meglio di una piccola parte, sostanzialmente imballaggi e organico – in tanti sacchetti diversi. Per scoprire, ad esempio, che circa un quinto della raccolta differenziata è da buttare di nuovo.
Il dato è noto, stavolta confermato da uno studio commissionato da Ricicla.tv al Politecnico di Milano.
«Nella gestione dei rifiuti urbani – sottolinea il Polimi – si è sempre posta particolare attenzione al raggiungimento di determinati obiettivi di raccolta differenziata. Più recentemente sono stati definiti obiettivi relativi alla quantità di rifiuti avviati ad effettivo recupero, nella consapevolezza che la raccolta differenziata rappresenta solo la prima fase di una virtuosa gestione dei rifiuti. I rifiuti raccolti in modo differenziato non possono essere avviati tal quali agli impianti di riciclo, ma necessitano di selezione, in modo da rendere il più omogeneo possibile il flusso destinato al riciclo. Ciò comporta la generazione di scarti, ossia rifiuti che non sono idonei all’avvio a recupero di materia. Anche nella fase di riciclo è possibile che si generino degli scarti dal processo di recupero vero e proprio». O meglio è certo, dato che il secondo principio della termodinamica naturalmente è valido anche per i processi industriali che hanno a che fare con l’economia circolare.
«L’attuale gestione e trattamento delle principali frazioni della raccolta differenziata dei rifiuti urbani genera – argomenta il Polimi – circa 3,2 milioni di tonnellate di scarti, di cui 3 milioni di tonnellate sono idonei al recupero energetico, che rappresenta la forma di gestione prioritaria rispetto allo smaltimento in discarica per i rifiuti che non possono essere sottoposti a recupero di materia. A questi si aggiungono 203.000 tonnellate di scarti derivanti dal trattamento delle altre frazioni della raccolta differenziata dei rifiuti urbani e non approfonditi in questa analisi (RAEE, raccolta selettiva, tessili, rifiuti da costruzione e demolizione e spazzamento stradale a recupero). Gli scarti generati dal trattamento di tutte le frazioni della raccolta differenziata dei rifiuti urbani costituiscono complessivamente circa il 19% del materiale raccolto per via differenziata, e se sommati al RUR attualmente generato lo incrementano del 26%, portando il quantitativo complessivo a sfiorare le 16 milioni di tonnellate all’anno».
Come riassumono dunque da Ricicla-tv, i numeri messi in fila dal Polimi «dicono che nel 2018 il trattamento di 17,5 milioni di tonnellate di rifiuti differenziati ha generato ben 3,2 milioni di tonnellate di scarti, circa un quinto del totale raccolto. Non tutte le filiere però generano uguale quantità di residui non riciclabili: per il vetro è il 14,8% del totale, per l’umido il 18,2%, per la carta il 22,6% mentre per alluminio e acciaio la percentuale supera di poco il 30%. Ma il dato più allarmante è quello sulla raccolta differenziata della plastica, che dallo studio è risultata generare, tra scarti di selezione e riciclo, oltre 778mila tonnellate di frazioni non riciclabili, pari al 66,3% del totale raccolto. Scarti che, quando non possono essere collocati in impianti sul territorio nazionale devono essere esportati a costi esorbitanti e che, quando anche la valvola dell’export viene meno, si accumulano negli impianti di selezione e riciclo fino a saturarli e a metterne a rischio il funzionamento».
Che fare dunque? La soluzione passa dagli elementi emersi ieri nel corso del webinar ‘Comparazione ambientale di scenari di sviluppo infrastrutturale nella gestione dei rifiuti’ organizzato da Utilitalia (la Federazione delle imprese di acqua, ambiente e energia).
«Il messaggio che vorremmo lanciare – dichiara il vicepresidente Filippo Brandolini – è di ‘evitare le semplificazioni’, cioè evitare di raccontare soltanto quello che fa comodo; è assolutamente indispensabile per affrontare la complessità che abbiamo di fronte. Dopo 20 anni di dibattito incentrato principalmente sul modello di raccolta differenziata da adottare, dobbiamo prendere decisioni urgenti e fare scelte coraggiose, cercando di recuperare un gap che se possibile è anche aumentato in questi anni; un divario sia culturale che industriale, oltre che di organizzazione e dotazione impiantistica. Abbiamo degli scenari di riferimento sulla base dei quali orientare le decisioni: il Programma nazionale di Gestione dei Rifiuti, il Piano Energia e Clima e la Tassonomia. Dobbiamo essere consapevoli – continua Brandolini – che la gestione dei rifiuti è parte dell’economia circolare, ma questa innanzitutto si può verificare o meno con l’immissione dei prodotti nel mercato, e quindi dalla loro progettazione, dall’eco-design, dalla loro riutilizzabilità o riciclabilità Nello studio presentato oggi, che punta a individuare qual è la soluzione migliore per la gestione dei rifiuti, è stato evidenziato un passaggio fondamentale ovvero che la strategia del recupero energetico determina il rendimento ambientale di un sistema di gestione; in altre parole se non abbiamo chiaro come risolviamo il problema di quei rifiuti non riutilizzabili e non riciclabili rischiamo di ostacolare e rendere più difficile tutto il processo».
In questo contesto anche le discariche «rimarranno indispensabili ma devono svolgere un ruolo residuale, dovranno essere impianti specialistici, ben distribuiti sul territorio nazionale e che per essere efficienti non abbiano bacini. Per il rispetto dei target di economia circolare, occuparsi delle discariche è una priorità e conseguentemente, come evidenziato dallo studio, va limitato il ricorso a impianti intermedi come i Tmb. Poi è necessario fare una scelta sul trattamento dell’organico, per il quale abbiamo stimato che al 2035 servono capacità impiantistiche aggiuntive per circa 3,2 milioni di tonnellate di rifiuti. Occorre inoltre recuperare e reinterpretare il principio di prossimità. Abbiamo visto che il trasporto dei rifiuti non è indifferente rispetto agli impatti ambientali; oggi 2,7 milioni di tonnellate di rifiuti vanno dalle regioni centro-meridionali a quelle settentrionali».
fonte: www.greenreport.it
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#RifiutiZeroEmiliaRomagna: #SOTTOMURO100KG
9,00 accreditamento
9,30 apertura dei lavori, saluti dell’amministrazione comunale di Soliera, introduzione al programma della giornata
PRIMA PARTE: Qualità delle raccolte differenziate e riciclaggio: verso le nuove regole europee
9,35 Troppi scarti nella differenziata: occorre qualià. I dati regionali, Natale Belosi, Coordinatore Rete Rifiuti Zero ER
10,00 Via i cassonetti per migliorare la qualità, Davide De Battisti, Direttore AIMAG
10,15 200 giorni di rivoluzione a Forlì, Paolo Di Giovanni, Direttore ALEA
SECONDA PARTE: comuni verso rifiuti zero
10,30 L’Italia delle 300 comunità rifiuti zero: inizia la rivoluzione ecologica, Rossano Ercolini, premio Goldman per l’ambiente 2013, presidente Zero Waste Europe
11,00 parlano i comuni – interventi dei comuni rifiuti zero e dei comuni partecipanti per esporre esperienze, problemi aperti, progetti, valori, obiettivi, prospettive, lavoro comune da mettere in campo. Coordina Monica Cinti, Sindaco di Monte S, Pietro, referente Comuni Rifiuti Zero ER
TERZA PARTE: i comuni virtuosi
12,30 Premiazione comuni sotto i 100 Kg
13,00 buffet
Dagli imballaggi ai RAEE: viaggio nelle filiere del riciclo in Italia
Le filiere del riciclo in Italia
Rifiuti, la cattiva qualità della differenziata frena il riciclo del vetro
TGR Piemonte: la città di Torino lancia Junker per la raccolta differenziata
I contenitori in plastica non sono sempre riciclabili
La British Plastics Federation chiede incentivi finanziari per permettere alle industrie di impiegare un numero maggiore di materiali plastici riutilizzabili
La maggior parte dei contenitori in plastica per alimenti non sembra essere realmente riciclabile. A parer dell’Associazione del governo londinese, solo un terzo dei prodotti destinati al riciclaggio può realmente essere riutilizzato.
Stop ai materiali di scarsa qualità
Secondo l'analisi LGA, delle 525.000 tonnellate di vasi, vaschette e vassoi di plastica che vengono utilizzati dalle famiglie nel Regno Unito ogni anno, solo 169.000 possono essere riciclate. Pare che i produttori di contenitori utilizzino un mix di polimeri di bassa qualità. La British Plastics Federation ha chiesto un incentivo finanziario al governo, per permettere ai progettisti di impiegare un numero maggiore di plastiche riutilizzabili, nella realizzazione della loro merce. Una migliore cura nei materiali utilizzati potrebbe rendere più riciclabili l’80% delle confezioni che vengono scartate. La LGA vorrebbe fortemente che il governo introducesse il divieto, per le industrie, di impiegare materie di scarsa qualità nella realizzazione dei propri prodotti. Sarebbe opportuno, inoltre, per la LGA, che i creatori di materie plastiche iniziassero a pagare i costi della raccolta e dello smaltimento dei loro articoli di basso livello.
Limiti nell’impianto di riciclaggio
Potrebbero bastare pochi e semplici cambiamenti per fare la differenza. I pasti da scaldare al microonde, per esempio, vengono spesso serviti in involucri di materiale plastico nero, utilizzato per indicare l’alta qualità dell’alimento al loro interno. Questo colore, però, non può essere riconosciuto dagli scanner di selezione nell’impianto di riciclaggio e viene, per questo motivo, scartato e portato in discarica. “È impensabile che si permetta l’utilizzo di materie difficili da riciclare. La plastica nera è una di queste; l’unica ragione del suo impiego è la sua capacità di rendere il cibo migliore”, ha rivelato a BBC News Cllr Peter Fleming della LGA. I cestini per raccogliere la frutta e la verdura, inoltre, sembrano essere costituiti in buona parte dal polistirene, noto per essere un materiale di difficile riutilizzo. Al momento, nel Regno Unito, non è presente alcun sistema fiscale che spinga i progettisti a realizzare prodotti utili al riciclaggio. Simon Ellin, presidente dell’Associazione, ha dichiarato che le industrie dei materiali plastici hanno una grande responsabilità in questo campo ed è giunto il momento che se ne occupino.
fonte: https://tg24.sky.it
Il divieto di importare plastica in Cina ci riempirà di rifiuti
Mentre il riciclo è spesso considerato la soluzione alla produzione su larga scala di rifiuti di plastica, al contempo si tratta di operazioni che a quanto pare amiamo veder concretizzare non nel nostro giardino: ad oggi più della metà dei rifiuti di plastica destinati al riciclaggio viene esportata dai Paesi a più alto reddito verso altri Paesi, con la Cina che storicamente ne importava la quota maggiore. Ma nel 2017, la Cina ha approvato la politica della “National Sword” che, a partire dallo scorso gennaio, vieta in maniera permanentemente l’importazione di molti rifiuti plastici.
fonte: www.greenreport.it
Ecco come la Toscana cambierà il Piano regionale sui rifiuti, con orizzonte 2023
Entro il prossimo mese giugno la Giunta toscana avvierà una revisione del Piano regionale sui rifiuti e bonifiche (Prb) approvato alla fine del 2014 indicando nuovi obiettivi da raggiungere, e riguardo all’economia circolare sarà presentata al Consiglio una proposta di legge entro l’estate. Sono questi tempi della «svolta ambientalista» prospettata oggi dal presidente Enrico Rossi al Consiglio regionale, anticipando anche alcuni dei principali punti attorno ai quali si svilupperà il rinnovato Prb. In primis cambiano le tempistiche: l’attuale Prb prevede obiettivi al 2020, il nuovo avrà come orizzonte il 2023.
Per quanto riguarda invece i contenuti, relativamente ai rifiuti urbani il Piano vigente ha tra i principali target al 2020 una raccolta differenziata fino al 70% (nel 2016 era al 51,1%, e Rossi ha anticipato che le prime stime parlano di un 54% nel 2017); un riciclo effettivo di materia da rifiuti urbani di almeno il 60% degli stessi; arrivare al 20% di recupero energetico; portare i conferimenti in discarica a un massimo del 10%.
In cosa cambia il rinnovato Prb che vedrà presto la luce? Rossi ha anticipato oggi che la raccolta differenziata nel 2023 arriverà «almeno al 75%. Non diciamo l’80% perché, ci dicono i tecnici, lo sforzo richiesto per il raggiungimento di questa soglia potrebbe avere costi eccessivi, anche se non si capisce fino in fondo il motivo». Un obiettivo per il quale «la Giunta ha stanziato 30milioni di euro per i tre Ato. Ci siamo convinti che quella della raccolta porta a porta è la scelta fondamentale per compiere il salto».
La parte restante dei rifiuti, il «25% a obiettivo raggiunto – ha dichiarato il presidente – vogliamo riservarlo alle discariche e ai termovalorizzatori». Nel dettaglio, la riduzione dei conferimenti in discarica «fino al 10% passerà per una prima riduzione del numero di discariche attive fino a 5 (lo stesso numero previsto nel vigente Prb al 2020, ndr), con una graduale riduzione dei conferimenti (al 2016 sono 9 le discariche attive, ndr)». Nel frattempo la Giunta regionale ha già bloccato il conferimento di rifiuti da altre regioni, che «ammonta a circa 150mila tonnellate l’anno, pari a circa il 7% dei 2milioni e 300mila tonnellate di rifiuti urbani che la Toscana produce ogni anno».
In riferimento al recupero energetico Rossi osserva che «l’Europa non esclude la termovalorizzazione, ma pone paletti ben precisi, ci richiama alla necessità di valutare bene la disponibilità degli attuali termovalorizzatori». La previsione del presidente è dunque quella di «escludere la realizzazione di nuovi impianti di incenerimento in nuovi siti e di puntare solo sui revamping di quattro degli impianti esistenti (su 5 presenti in totale al 2016, e rispetto ai 7 previsti nel vigente Prb, ndr) per raggiungere una quota di trattamento adeguata».
L’attuale Prb ritiene infine «prioritaria la realizzazione di un’adeguata rete di impianti di trattamento biologico, aerobico e anaerobico, delle frazioni organiche», e dal nuovo Piano emergerà al proposito una configurazione impiantistica più precisa: nasceranno «sei impianti per la biodigestione anaerobica», nei quali conferire «circa 600mila tonnellate l’anno di rifiuti urbani». La frazione organica rappresenta attualmente oltre il 40% di tutti i rifiuti urbani prodotti, e i biodigestori anaerobici potranno rivolgersi tecnicamente solo a questa frazione – umido, sfalci, potature – producendo compost ed energia.
A queste evoluzioni del Prb «vogliamo – ha poi aggiunto Rossi – accompagnare un piano attuativo relativo in particolare ai problemi dei rifiuti dei nostri distretti industriali: carta, cuoio, tessile». Al proposito il presidente cita l’esempio della carta: «Ne raccogliamo ogni anno 200mila tonnellate, mentre il fabbisogno delle cartiere di Lucca supera il milione di tonnellate. Dovremo capire se l’attuale 200mila possa diventare 400mila. Con i distretti della Toscana – aggiunge – apriremo una serie di tavoli, lo abbiamo deciso nell’ultima Giunta, per concordare modalità di raccolta e di riuso (o meglio riciclo, ndr) dei materiali provenienti sia dai rifiuti urbani che dai rifiuti speciali». Senza escludere «che in qualche caso, come dicono i regolamenti europei, sia necessaria la valorizzazione energetica per chiudere il ciclo produttivo». Proprio il riciclo della carta ad opera delle cartiere, ad esempio, ha attualmente in questa mancata chiusura del cerchio una delle difficoltà più significative nel portare avanti il lavoro.
Più in generale, come riassume l’Agenzia di informazione della Giunta regionale, sono quattro i cardini su cui poggerà il nuovo Prb, che riportiamo di seguito testualmente:
– incentivare, attraverso gli Ato ed i gestori, le famiglie per migliorare la quantità e la qualità della raccolta differenziata
– incentivare la “domanda” di materia recuperata attraverso la raccolta differenziata da parte del sistema produttivo regionale. In particolare da parte dei principali distretti produttivi della carta, del cuoio e del tessile
– assicurare la chiusura dei cicli di produzioni toscani attraverso il riconoscimento di una priorità negli impianti toscani che trattano rifiuti speciali
– stimolare la ricerca e l’innovazione tecnologica in materia
fonte: www.greenrepot.it