Il clima e le regioni. Il confronto vede in testa la Campania, ultimo il Veneto
Clima 2020: calano le emissioni di gas serra. Rinnovabili al palo, Italia sempre più calda

Le performance climatiche dell’Italia nel 2020, anno della pandemia, hanno registrato la diminuzione delle emissioni di gas serra per merito, se è un merito, della grave recessione indotta dalle misure sanitarie che hanno fatto scendere i consumi energetici. Però le emissioni di gas serra negli ultimi 30 anni sono calate appena la metà del taglio necessario a centrare il nuovo target del -55% al 2030; e c’è lo stallo delle rinnovabili, che non crescono da un decennio e nel 2020 sono addirittura diminuite, perdendo una produzione di energia pari a 400mila tonnellate equivalenti petrolio. Il Covid, poi, non arresta la crisi climatica: l’Italia è sempre più “calda”, rispetto al 1880 la temperatura media è aumentata di quasi 2,4 °C, molto più della media mondiale di circa +1°C, e nel solo 2020 sono stati censiti in Italia quasi 1.300 eventi meteorologici estremi. Ma nel 2020 ci sono anche segnali incoraggianti: la drastica riduzione dell’uso del carbone, il boom delle vendite di auto elettriche e ibride che coprono ora circa il 20% del mercato.
La fotografia dell’Italia del clima è contenuta nel Rapporto “10 trend chiave sul clima2020: che cosa è accaduto in Italia nell’anno della pandemia” realizzato da Italy for climate, l’iniziativa della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile che ha raccolto le adesioni di imprese impegnate sul tema del cambiamento climatico (Chiesi, Conou, Davines, Edison, Erg, Illy, Italian Exhibition Group), che fornisce una rappresentazione sintetica di alcune tendenze rilevanti in materia di clima e energia.
I dieci trend
Nel 2020 con la pandemia l’economia italiana ha subito la più grave recessione dal dopoguerra a oggi, con il Pil in picchiata -8,9% e la produzione industriale che nel lockdown è scesa di quasi il 45%. In trent’anni si è registrato appena metà del taglio delle emissioni di gas serra necessario al 2030, nel 2020 -27% rispetto al 1990. L’Italia, nonostante gli effetti della pandemia, è quindi lontana dall’ obiettivo europeo del -55% al 2030 e dalla neutralità climatica entro metà secolo. Nel 2020 le emissioni sono diminuite del 9,8% rispetto all’anno precedente.
Calano tutti i consumi energetici, ma la pandemia colpisce in modo particolare i combustibili per i trasporti (-16%) e il carbone (-27%), in particolare quello per la produzione di elettricità.
Le rinnovabili non crescono da quasi un decennio e nel 2020 il consumo di energia rinnovabile è nuovamente diminuito: -400mila tonnellate equivalenti di petrolio. I nuovi impianti per la generazione elettrica da rinnovabili sono fermi al palo: in un anno installati circa 1.000MW, ne servirebbero almeno 7.000. In Europa nel 2020 sono stati installati oltre 30.000 MW, con Germania, Spagna e Francia in prima linea.
La produzione di energia elettrica da carbone ai minimi storici, con l’obiettivo del completo phase-out entro il 2025 che non sembra più irraggiungibile, e le emissioni specifiche del kWh elettrico non sono mai state così basse, 258 gCO2/kWh.
Calano gli spostamenti privati (-20% rispetto al 2019), cambiano un po’ le abitudini alla mobilità delle persone che vanno di più a piedi e in bicicletta, triplica lo smartworking (+200%). Boom di vendite di auto ibride ed elettriche che arrivano a coprire quasi il 20% del mercato, crollo di diesel e benzina (-40%). Tornano a diminuire le emissioni dei nuovi veicoli. Rebound: con la fine delle restrizioni, il periodo estivo, tornano subito a crescere consumi ed emissioni che raggiungono già livelli pre-crisi.
La crisi climatica morde in Italia: le temperature crescono più che nel resto del mondo +2,4 °C e si moltiplicano gli eventi estremi. Censiti per l’Italia quasi 1.300 eventi meteorologici estremi connessi al cambiamento climatico. Si tratta del valore più alto mai registrato dopo l’anno record 2019, dal 2008 si sono moltiplicati otto volte e questa è la tipologia: +480% i tornado, +580% le piogge intense e le bombe d’acqua, +1.100% le grandinate e +1.200% le raffiche di vento.
Il commento di Edo Ronchi
“Gli eventi generati dalla crisi climatica - ha sottolineato Edo Ronchi, presidente della Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile - sono sempre più drammatici. In Italia, solo nell’ ultimo mese, la Sardegna sta bruciando, Milano e la Lombardia sono andate sott’ acqua e hanno sperimentato grandinate eccezionali, l’Europa è stata colpita da quella che è stata definita l’alluvione del secolo. Incendi e alluvioni si succedono con frequenza e gravità in continuo peggioramento in varie parti del mondo. L’attenzione dei cittadini e del media è fortemente cresciuta, manca, invece, un’adeguata accelerazione delle misure, concrete e impegnative, di riduzione dei gas serra. Se aspettiamo che partano tutti per aumentare il nostro passo, saremo travolti dalla crisi climatica. Insieme all’Europa dobbiamo incalzare i ritardatari - a partire dalla Cina che sta rinviando misure incisive per il clima - dimostrando che siamo in grado di realizzare rapidamente un’economia climaticamente neutrale, con maggior benessere e più occupazione e tassando adeguatamente le importazioni di prodotti ad alte emissioni provenienti da Paesi che non si impegnano per il clima“.
Per saperne di più: www.italyforclimate.it
fonte: www.e-gazette.it/
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Decreto semplificazioni? Per l’economia circolare solo un maquillage, mentre si agevola l’incenerimento
Si chiama decreto semplificazioni ma relativamente all’economia circolare contraddice il suo obiettivo e scontenta gli attori principali. Secondo chi se ne intende non tocca temi strategici, prevede modifiche che potrebbero addirittura complicare le procedure, e semplifica solo l’incenerimento (peraltro contro le linee guida della Commissione che esclude appunto l’incenerimento dai Pnrr).
Il decreto legge 31 maggio 2021, n. 77, approvato dal governo e affidato alla Camera per conversione (commissioni riunite Affari Costituzionali e Ambiente, dl 3146) dedica specificamente all’economia circolare due articoli: il 34 (Cessazione della qualifica di rifiuto) e il 35 (Misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare).
End of waste
Difficile orientarsi nel groviglio di taglia e incolla tipico della legislazione nazionale. Secondo la relazione illustrativa che accompagna il provvedimento del governo, l’articolo 34 “è volto a razionalizzare e semplificare la procedura in materia di end of waste (EoW) prevista dall’articolo 184 ter del Codice dell’ambiente, prevedendo in particolare che il rilascio dell’autorizzazione avvenga previo parere obbligatorio e vincolante dell’Ispra o dell’agenzia regionale di protezione ambientale territorialmente competente: in tal modo – afferma la relazione – la valutazione viene anticipata alla procedura all’esito della quale l’autorizzazione viene rilasciata da parte dell’autorità competente”. Insomma il controllo e il parere di Ispra o Arpa regionali arriva prima e diventa “obbligatorio e vincolante”.
Semplificazione solo apparente
“Oggi per emanare un provvedimento EoW occorrono almeno 5 anni, ma ogni anno vengono immessi nel mercato decine di nuovi prodotti che richiedono nuove tecnologie per poter procedere al loro riciclaggio. Semplificare è quindi fondamentale e per noi significa allineare i tempi della burocrazia a quelli dell’evoluzione tecnologica. Se ciò non avviene, la nostra sfida per la transizione ecologica è persa in partenza”, riflette Stefano Leoni della Fondazione per lo sviluppo sostenibile. “Introdurre un parere obbligatorio e vincolante da parte dell’ISPRA e delle Agenzie regionali per l’ambiente addirittura appesantisce un percorso già irto di ostacoli e crea diversi dubbi ordinamentali. Rimane infatti in capo ad un organismo tecnico (ISPRA e agenzie) una funzione da amministrativa attiva come ad esempio la verifica della sussistenza di un mercato per determinati tipi di materiali. Oltre al fatto che Ispra o le Agenzie non sono in grado di valutarlo, così come il fatto che quel prodotto sia correttamente venduto e utilizzato all’estero Bisogna ricordare che la promozione dello sviluppo dei mercati è una funzione prettamente politica e quindi di amministrazione attiva”. In altri termini la disposizione presentata dal Governo, aggiunge ancora Leoni, “travalica le competenze tecniche di quegli istituti per entrare nelle competenze di un’amministrazione attiva, che è quell’amministrazione che ha il potere di rilascio dell’autorizzazione, ossia un’amministrazione che ha anche funzioni politiche, come Comuni e Regioni. Il suo conferimento a organismi tecnici apre la porta a futuri contenziosi forieri di ulteriori problemi e lungaggini. L’antitesi della semplificazione”.
In conseguenza dell’articolo 34, ragiona poi Leoni, “il potere discrezionale dell’ente amministrativo attivo, delle Regioni, non esiste più: sono infatti costrette a ratificare quello che dicono Ispra e Arpa regionale e farlo proprio”. Inoltre “visto che col parere vincolante questi istituti avranno una capacità decisionale determinante, non so quanto saranno disposti ad assumersi responsabilità”.
MiTe, passo indietro sui controlli
Parte del citato articolo 184 ter (articolo relativo all’end of waste) viene poi cancellata dal decreto semplificazioni: sono le norme che regolavano lo scambio di pareri, a valle dei controlli a campione, tra Ministero e ISPRA o Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente responsabili dei controlli stessi. Il ministero, questo stabiliva il 184 ter prima dello stralcio, in particolare “adotta proprie conclusioni, motivando l’eventuale mancato recepimento degli esiti dell’istruttoria […], e le trasmette all’autorità competente. L’autorità competente avvia un procedimento finalizzato all’adeguamento degli impianti, da parte del soggetto interessato”. Un sistema “macchinoso”, secondo Leoni.
Col decreto semplificazioni, spiega Maria Letizia Nepi, Segretario generale Fise Unicircular, che unisce le imprese del recupero dei rifiuti, “viene stralciato il palleggio tra Ministero e ISPRA o Agenzia regionale ai fini del controllo. Ci si ferma semplicemente alla fase del controllo a campione, quella svolta ex post rispetto all’autorizzazione per verificare la conformità sulla modalità di gestione dell’impianto e su tutte le condizioni autorizzative e normative”. Conformità valutata seguendo le linee guida dell’ISPRA. Per la aziende questo stralcio è “un passo avanti verso la semplificazione e la certezza del titolo autorizzativo fatto con la salvaguardia del controllo e della trasparenza nell’ottica di una semplificazione e velocizzazione”. Quelle norme infatti, prosegue Nepi, “rappresentano una trafila farraginosa. Una trafila che abbiamo sempre criticato e che metteva in discussione da una parte le competenze dell’autorità autorizzatrice; dall’altra la certezza del diritto acquisito da un’azienda di vedersi riconosciuto un titolo autorizzativo senza che questo potesse essere messo in discussione”. Parliamo però, precisa, di una trafila che ad oggi è “totalmente accademica, irrealistica e inapplicabile”. Quindi una “minaccia” finora solo sulla carta.
L’economia circolare: ceneri vulcaniche, rifiuti pirotecnici, incenerimento
Oltre a modifiche di carattere formale (almeno apparentemente) e di adeguamento della terminologia utilizzata (come per i rifiuti urbani), tra le novità che riguardano i rifiuti pirotecnici, quelli sanitari e le ceneri vulcaniche, alcuni passaggi dell’articolo 35 (Misure di semplificazione per la promozione dell’economia circolare) sono interessanti. Anche se va premesso quanto afferma ancora Leoni: “Se si parla di semplificazioni ci si aspettano delle semplificazioni, se si parla di economia circolare ci si spetta che si affronti l’economia circolare. Purtroppo tutto questo nel decreto non c’è. Mi aspettavo qualcosa sulla simbiosi industriale, una spinta sulla ricerca, il riciclo chimico della plastica che nel Pnrr è appena accennato. Invece non c’è nulla”. Sembra, sorride, “che il problema dello sviluppo dell’economia circolare in Italia siano i rifiuti da prodotti pirotecnici o le ceneri vulcaniche”.
CSS, tana libera tutti
Eccoci finalmente a delle semplificazioni tangibili, anche se non sono certo quelle che avremmo preferito. E non sono quelle che avrebbe voluto la Commissione europea, che all’inizio dell’anno ha pubblicato gli orientamenti tecnici per la preparazione dei Pnrr in cui esclude esplicitamente l’incenerimento o comunque l’incremento dell’incenerimento dei rifiuti, in quanto contrario all’obiettivo ambientale dell’economia circolare.
I commi 2 e 3 dell’articolo 35 del decreto semplificazioni e governance del Pnrr, infatti, “recano disposizioni inerenti alla sostituzione di combustibili tradizionali con CSS-combustibile (combustibile solido prodotto da rifiuti che non sia più qualificabile come rifiuto) che rispetti le condizioni di utilizzo del medesimo e i limiti di emissione”, riferisce il servizio studi di Camera e Senato. Potranno sostituire combustibili tradizionali con CSS tutti gli impianti o installazioni che siano o no autorizzati alle “operazioni di recupero dei rifiuti mediante la loro utilizzazione principalmente come combustibile o come altro mezzo per produrre energia (operazioni R1)”. E questa sostituzione non costituisce “variante o modifica sostanziale” all’impianto, a condizione che non comporti un aumento della capacità produttiva autorizzata né un superamento dei limiti di emissioni.
Questo cambiamento richiederà la sola comunicazione dell’intervento di modifica all’autorità competente (per gli impianti autorizzati) o il solo aggiornamento del titolo autorizzatorio (per gli impianti non autorizzati R1). Province e le città metropolitane dovranno verificare la sussistenza dei requisiti di legge, e dopo queste verifiche le operazioni potranno partire.
Comma 2 e 3, se non ci rassicurano sull’idea che di economia circolare e transizione ecologica hanno governo e MiTe, quantomeno mostrano che se la volontà di semplificare c’è, i risultati arrivano.
Quello che non c’è
Sarà pure il nome (decreto semplificazioni) che dà luogo ad aspettative facili da deludere, ma sull’economia circolare, ci dicono gli interessati, si poteva fare di più.
“Per le attività di recupero, riciclaggio e preparazione al riutilizzo esiste una procedura semplificata voluta dall’Unione europea. Mi chiedo perché non adottarla anche per l’end of waste”, si chiede Stefano Leoni, additando una delle possibili semplificazioni da mettere in campo.
“Di economia circolare nel decreto non c’è n’è molta”, ribadisce Nepi: “Il settore ha altre esigenze, ha bisogno dell’effettiva velocizzazione delle procedure e della certezza dei tempi”. Si tratta “certamente di una materia complessa – ammette – però ci sono tantissime cose che si possono fare. Come ad esempio chiarire cosa significa ‘variante sostanziale’ rispetto ad una autorizzazione: da nessuna parte è spiegato cosa significhi. E una volta chiarito si deve rendere più veloce tutto quello che variante sostanziale non è”.
fonte: economiacircolare.com
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Edizero, la nuova vita sostenibile degli scarti
Si può fare industria pulita preservando il territorio, anzi valorizzandolo come nel caso di Edizero, l’azienda sarda che mette in contatto le filiere utilizzando gli scarti di produzione: i materiali da smaltire si trasformano in biomateriali non inquinanti che non generano rifiuti
Quale intuizione ha portato alla nascita delle filiere Edizero e qual è stato il Suo contributo personale?
Il primo pilastro è la Essedi di Guspini, azienda storica della Sardegna leader di settore che distribuisce ben 14.000 prodotti per le costruzioni. Sono partita con questo patrimonio di conoscenza di materiali del mondo, di segreti che non si trovano su internet o nelle schede tecniche. Grazie alla Essedi posso accedere in modo diretto alle aziende di produzione, conoscere tecnologie, prodotti e mercato, le cose raccontate e quelle non raccontate. Per creare il nuovo occorre conoscere bene ciò che esiste già. Capire punti di forza e limiti dell’esistente è il punto di partenza. Le filiere Edizero nascono nel 2010 sintonizzando insieme in modo interdisciplinare industrie, mondo commerciale, distributivo, logistico e ricerca scientifica globale: si produce locale, ma il sapere è mondiale.
Il mio contributo è quello di creare ponti con il mondo dove alla base ci sono il dialogo, lo scambio delle esperienze e la condivisione delle rispettive competenze con l’obiettivo preciso di realizzare in Sardegna con industria a km corto dei prodotti fossil free, non depredatori né consumatori di risorse e con caratteristiche tecniche non inferiori ai prodotti similari, con una sostenibilità economica capace di affermarsi anche in mercati molto competitivi nel prezzo come l’edilizia. Al momento sono presenti sul mercato circa 150 prodotti delle filiere Edizero come isolanti termici acustici, moduli coibenti portanti per coperture, pitture, rasanti, malte, colle, adesivi per piastrelle, geotessili disinquinanti, biotessili igrometrici e altri materiali specifici per i settori edilizia acustica, interior design, geotecnica, agrotecnica, ingegneria ambientale, arredo, packaging.
Lei va oltre i principi dell’economia circolare. Nessuno scarto, nessun trattamento con derivati di sintesi petrolchimica, nessun rifiuto a fine vita, nessuna tossicità dei materiali, massimo rispetto per persone e ambiente. Ci racconta la storia di qualche prodotto?

Sono molto legata ai coibenti di canapa. I Canapa Tech isolanti, termici acustici igrometrici, realizzati in Sardegna con industria a km corto, come tutti i prodotti Edizero utilizzano le materie seconde provenienti da sottolavorazioni di altre aziende. Ciò è possibile grazie alla Smart Biotechnology Edizero®, ingegneria industriale ad alta innovazione capace di assemblare in modo intelligente gli scarti disomogenei e amplificare al massimo la capacità di immagazzinare elevate quantità di aria all’interno delle fibre di canapa; per tale ragione Canapa Tech vanta uno dei migliori valori di potere isolante tra i coibenti presenti sul mercato mondiale. A queste ottime caratteristiche prestazionali si aggiungono quelle ambientali. Canapa Tech è infatti l’isolante con il minor dispendio di risorse: si produce a crudo con zero acqua, zero processi termici, zero additivi, zero colle, zero termoleganti. In Italia sono i primi isolanti in canapa bio ad aver ottenuto la certificazione etica ambientale Anab Icea, garanzia di salute. Anche l’imballo è rinnovabile, organico, compostabile, plastic free e contribuisce ad azzerare i rifiuti di cantiere.
Oltre alla produzione di materassini di canapa per l’efficienza energetica in edilizia, la linea Canapa Tech Design produce imbottiture isolanti termiche destinate alle industrie di moda, calzaturiero, arredo, bedding, sistemi letto e trapunte, imballaggio antiurto, packaging termico per mantenere la catena del freddo e del caldo e feltri termici acustici igrometrici usati soprattutto da aziende produttrici di arredi acustici, tende foniche, prodotti per il benessere respiratorio e uditivo, per il benessere animale, per trapunte antiumidità, allestimenti verdi, land art e vertical garden. I Canapa Tech Design sono realizzati per soddisfare le esigenze di aziende che vogliono riconvertirsi al green in quanto vanno a sostituire gli isolanti petrolchimici inquinanti ancora presenti in diversi settori dall’edilizia all’abbigliamento, dall’arredo casa all’imballaggio.

In Edizero non si butta nulla e anche gli scarti degli scarti ritrovano vita e valore. Nel 2020 in pieno lockdown unendo insieme gli scarti degli scarti della canapa e del sughero (ricavati dalla lavorazione degli isolanti di canapa e sughero prodotti nelle industrie Edizero)sono nati i Cork Hemp, pelle vegetale isolante di 3 mm e pelliccia vegetale isolante di 2 cm con svariati utilizzi: dall’arredo al packaging, dai tappeti ai materassini yoga, dalle testiere per letto regolatrici di umidità. Pelle vegetale e pelliccia vegetale di sughero-canapa in parte vanno a sostituire le pelli animali quindi con zero uccisione di animali; le pelli di sintesi petrolchimica e anche quelle definite vegetali attualmente nel 90% dei casi contengono quantità importanti di resine petrolchimiche, seppure non dichiarate nella comunicazione marketing.
I biotessili Salva Respiro Canapa Tech droplets assorbitori e fonoassorbitorigrazie alla loro capacità igrometrica e permeabilità al vapore, all’interno di spazi chiusi, limitano gli aerosol acquosi emessi con l’espirazione comprese le emissioni dell’alito carico di inquinanti ceduti all’ambiente con il respiro. Le goccioline emesse con la tosse, il parlare, gli starnuti o l’alito hanno distribuzioni dimensionali con diversi ordini 7, 15 16, fino a migliaia di micron. I batteri e i virus sono ampiamente diversi per dimensioni, forma, chimica superficiale e proprietà interfacciali che influenzano trasporto, adesione e permanenza nelle complesse superfici dei materiali. I Salva Respiro Canapa Tech droplets assorbitori e fonoassorbitori grazie alla loro struttura multistrato ricca di ampi cuscinetti d’aria rugosi assorbono e intrappolano all’interno delle loro fibre l’umidità circostante che vi aderisce con il suo contenuto di germi e batteri, migliorando la qualità dell’aria.
La ricchezza di camera d’aria è utile anche per assorbire e quindi limitare le riflessioni e il riverbero delle onde sonore sulle superfici che ricoprono e così migliorare la resa acustica dell’ambiente per un’atmosfera avvolgente ovattata antistress. Gli assorbitori di droplets e di suoni Canapa Tech vengono realizzati con diversi spessori e dimensioni; laddove sia necessario avere un lato assorbente e l’altro idrorepellente si utilizza il Cork Hemp prodotto sempre nelle filiere Edizero. I Canapa Tech droplets assorbitori e fono assorbitori sono prodotti con diversi metraggi e spessori per realizzare separè, distanziatori, ante per mobili, testiere per letto, tende e sedie, nidi involucri per studio e relax, per luoghi pubblici e abitazioni.
La gestione dei rifiuti è sinonimo di illegalità. Non creare rifiuti fa bene all’ambiente ma anche alla vita del territorio.
C’è grande attenzione mediatica alla gestione e al riciclo dei rifiuti, in Edizero la regola è produrre merci che a fine vita non diventino rifiuti, ovvero non devono diventare un problema per chi verrà dopo. Questo modo di produrre a rifiuti zero non alimenta la malavita organizzata che ha nei rifiuti il suo maggiore business. Quindi produrre senza generare rifiuti è il piccolo contributo delle filiere Edizero per combattere la malavita organizzata.
Le filiere di Edizero sono diverse, dal disinquinamento alla geotecnica, dall’ingegneria ambientale all’agrotecnica. Come funziona la produzione di materiali così diversi?
I prodotti sono diversi ma uniti nella multidisciplinarità industriale che ne è l’aspetto vincente perché abbatte i costi, evita lo spreco non solo di materia ma anche di intelligenza. Poi la biotecnologia industriale e la logistica intelligente in Edizero sono accompagnate da elevata capacità distributiva dove il fulcro di tutto è la digitalizzazione delle filiere.
Oggi non si può immaginare un materiale trasformato, innovativo e privo di inquinanti senza l’apporto di un’eccellente tecnologia digitale. L’industria 4.0 e 4.1 ci permette di abbattere costi di energia e di trasporto, di non generare scarti o sovrapproduzioni, di realizzare prodotti nuovi di alta qualità senza bisogno di aggiungere additivi migliorando la qualità e producendo anche su misura per il cantiere. Abbiamo la possibilità di avere trasparenza e tracciabilità di ogni ingrediente per ciascun prodotto: con l’intelligenza artificiale stiamo rivoluzionando in meglio la produttività e la progettazione del nuovo.
La sede di Edizero è a Guspini, in Sardegna. Cosa l’ha spinta a rimanere qui?
È una fortuna e un’opportunità straordinaria vivere in Sardegna, prima terra emersa d’Europa e pertanto dotata di un ricchissimo patrimonio minerale, vegetale e animale. Sono tantissime le materie seconde disponibili nella nostra isola, quindi senza importazioni. Qui vengono trasformate in prodotti finiti nel medesimo luogo grazie all’industria green: ciò consente alle filiere Edizero di produrre a km cortissimo con un vantaggio ambientale ed economico. A questo si aggiunge l’aria di mare che si respira nella zona industriale di Guspini, la prima al mondo certificata pesticide free, a conferma che si può fare industria pulita preservando il territorio, anzi valorizzandolo come nel nostro caso.
Sin da piccola è stata sempre vicina alle innovazioni agronomiche di suo padre, specializzato in agrumeti e rose. Da ragazza ha praticato sport a livello agonistico come il tennis e la corsa in montagna, poi è stata insegnante. Le piante, lo sport e l’insegnamento hanno in qualche modo hanno influenzato il suo modo di essere imprenditrice?
Le piante sono il 90% del mio lavoro, fatto di trasformazioni di oltre 100 eccedenze vegetali; sicuramente guardarle con gli occhi esperti di mio padre (seppure sia venuto a mancare quando ero adolescente) e della mia insegnante di botanica Giuseppina Primavera, ha segnato il mio rapporto con il mondo vegetale ovvero un mondo superiore a cui si deve buona parte di ispirazione delle biotecnologie Edizero come l’ottimizzazione delle risorse e dell’energia.
Lo sport mi ha sicuramente allenato a curare la preparazione in ogni dettaglio, quindi disciplina, rigore, pazienza, sopportazione della fatica e adattamento ai cambiamenti climatici visto che si tratta di sport all’aperto e in mezzo alla natura dove le condizioni esterne come il caldo o il freddo estremi, il ghiaccio, il vento, seppur difficili vanno accolte e con esse si deve interagire al meglio. Questo ascolto ravvicinato multisensoriale mi ha fatto vivere le gare come situazioni di sopravvivenza dove era importante raggiungere il traguardo comunque, da vincente o da perdente. L’obiettivo primo non era la vittoria ma arrivare fino alla fine, quindi trovare nuove soluzioni, anche nelle situazioni peggiori, pur di concludere la gara e poi usare soprattutto le sconfitte come strategia di evoluzione.
Aver insegnato didattica della musica nelle medie e nelle scuole superiori (istituto pedagogico) è una condizione matematica che vive con me sempre. La musica è fatta di numeri, è uno studio matematico. La matematica tradotta in suono diventa musica. È la colonna sonora portante della mia vita. Come diceva il filosofo Leibnitz «abbiamo bisogno di musica perché abbiamo bisogno di matematica». La musica è il nostro desiderio ed esercizio inconscio di contare. Nella musica come nello sport sono i numeri a dettare legge e non le parole. A parole si può raccontare qualsiasi cosa anche senza averla compiuta per davvero. I numeri mettono a nudo, vince chi ottiene il miglior tempo il miglior punteggio, chi si è conquistato il numero di misura superiore. Il numero migliore assegna la vittoria.
Nello sport grazie ai numeri siamo tutti uguali e abbiamo una possibilità. Ciò in un certo modo avviene in parte in alcuni settori industriali come quello dei materiali per l’edilizia, dove il prodotto è definito dai numeri della chimica di cui è composto e da un insieme di numeri corrispondenti a formule matematiche e dai dati tecnici che ne misurano la prestazione e più di recente anche la sostenibilità. Si può avere il miglior ufficio marketing del mondo, come nel caso delle multinazionali, ma se un prodotto dell’edilizia vanta numeri migliori di prestazione tecnica può avere la possibilità di riuscire a conquistare il suo spazio e ad esistere, esattamente come nello sport. Ecco perché in Edizero siamo così legati all’innovazione tecnologica, perché una volta scoperti i segreti delle materie seconde, occorre tradurre queste conoscenze in numeri e questi in prodotti, che per essere realizzati necessitano dei più elevati saperi industriali. Se mi fossi cimentata in settori merceologici meno misurabili dai numeri e più governati dal marketing delle parole non sarei riuscita ad ottenere questi risultati.
Quindi la matematica continuerà a guidare le sue future innovazioni? C’è qualcosa che può preannunciarci?
Vedo che molti prodotti (di settori diversi dall’edilizia) sono raccontati prevalentemente dalle parole. Spesso il successo del prodotto è affidato all’uso delle parole. Tutti i prodotti contengono numeri, sono fatti di chimica, di proporzioni, ma spesso non si dichiarano (perché non è conveniente). I numeri ci sono sempre, un abuso di parole serve talvolta per nascondere la debolezza dei numeri. Sarebbe come escludere da una gara di velocità l’atleta detentore del miglior tempo registrato a favore di un atleta che non corre ma di cui qualcuno simula la corsa e ci fa credere sia vero. Nello sport non può esistere, nella produzione delle merci invece succede, anzi talvolta è auspicato. Il mondo della produzione si attrezza di parole, addirittura di parole ingannevoli per non dichiarare la chimica la matematica del prodotto.
Non posso ancora svelare la nuova filiera che mi vedrà impegnata nel 2021 ma di sicuro ad alcuni prodotti restituiremo la chimica e la matematica finora negate. Ed anche la storia e la geografia.
Quando si scende in campo non contano le parole ma il sentire l’altra persona, percepire la sua forza, il suo respiro, le sue intenzioni, intuire il suo gioco. Spesso questa capacità del sentire gli altri, ci aiuta non solo a fare alleanze ma anche a prendere le distanze da chi può farci perdere tempo o da chi è nostro avversario e si avvicina per depredarci. Lo sport mi ha aiutato sin da piccola ad allenare queste condizioni mentali che sono importanti in qualsiasi contesto di vita, di lavoro e soprattutto di innovazione.
fonte: www.rinnovabili.it
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Il riciclo dei rifiuti nell’anno della pandemia
Nel 2020 è diminuita anche la produzione di rifiuti. A causa della pandemia essendo diminuite le attività industriali, delle costruzioni e, soprattutto, quelle commerciali e del turismo sono diminuiti anche i rifiuti speciali in modo significativo, si stima di circa il 10%.
Un po’ minore è stimato il calo dei rifiuti urbani: la quota di organici della ristorazione e delle mense è calata in modo consistente, di almeno il 15%, ma quelli domestici sono rimasti gli stessi. I rifiuti d’imballaggio delle utenze commerciali assimilati agli urbani sono calati parecchio, ma non i rifiuti degli imballaggi domestici, anche per via del forte aumento degli acquisti on-line che generano quantità importanti di rifiuti d’imballaggio. Queste stime sono fornite dal Rapporto annuale 2020 ”L’Italia del riciclo” elaborato dalla Fondazione per lo sviluppo sostenibile, da Fise-Unicircular, in collaborazione con le varie filiere della gestione dei rifiuti.
Sia pure con qualche difficoltà la raccolta dei rifiuti è proseguita regolarmente, ma si è registrata una forte crescita, specie in alcune aree del Sud, della mancata riscossione delle bollette sui rifiuti sia di utenze commerciali, sia di un numero importante di famiglie che si trovano in serie difficoltà economiche. Anche la filiera del riciclo ha avuto seri problemi sia per gli sbocchi di mercato delle materie prime seconde (MPS) sia per la caduta dei loro prezzi.
I tradizionali settori di impiego delle materie prime seconde (industria e costruzioni) hanno rallentato le attività e quindi anche la loro domanda di materiali provenienti dal riciclo. Anche l’export di questi materiali è stato fortemente rallentato per le chiusure o le forti limitazioni dei transiti delle frontiere di diversi Paesi per lunghi periodi.
A causa della flessione delle produzioni e dei consumi i prezzi di molte materie prime vergini sono crollati e, di conseguenza, anche quelli di diversi materiali provenienti dal riciclo. In condizioni così avverse il sistema italiano del riciclo ha tuttavia, complessivamente, dimostrato una buona resilienza: non c’è stata un’emergenza con rifiuti lasciati per strada e le attività di riciclo non sono state interrotte.
In questo contesto il provvedimento che ha consentito di aumentare gli stoccaggi in attesa di riciclo è stato certamente utile, ma il sistema ha retto soprattutto perché dispone di imprese solide e di un sistema di consorzi che si è confermato fattore strategico per il presente e il futuro del riciclo dei rifiuti.
In particolare va segnalato - anche per la rilevanza quantitativa degli imballaggi nei rifiuti urbani - il sistema CONAI - Consorzi di filiera che, in questa crisi, ha assicurato la continuità del ritiro di tutti i rifiuti d’imballaggio raccolti in maniera differenziata, nonostante le difficoltà di riciclo, ha aumentato le quantità di rifiuti ritirate sopperendo alle riduzioni delle gestioni indipendenti legate al mercato. Ha mantenuto e versato regolarmente ai comuni, in maggiore difficoltà, contributi ambientali consistenti, anche se sono diminuiti i suoi ricavi. ha sostenuto le imprese del riciclo, assicurando un conferimento di rifiuti da riciclare a prezzi non di mercato, anche se ciò ha costretto ad aumentare i costi e il deficit a suo carico.
Che sarebbe successo in questa crisi se invece del sistema CONAI avessimo avuto un sistema basato sul mercato, con una pluralità di consorzi in concorrenza fra loro? Chi avrebbe potuto assicurare, in una crisi come questa, la gestione e l’avvio al riciclo della quota più importante dei rifiuti urbani - gli imballaggi - anche in condizioni così economicamente svantaggiose, contribuendo in modo decisivo a tenere aperto e pienamente operativo il settore del riciclo, strategico non solo per l’ambiente, ma per la ripresa e il cambiamento verso un’economia circolare?
fonte: www.huffingtonpost.it
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10 dicembre verrà presentata: L’Italia del Riciclo 2020
L’Italia del Riciclo 2020, il rapporto annuale sul riciclo e il recupero dei rifiuti, realizzato dalla FONDAZIONE PER LO SVILUPPO SOSTENIBILE e FISE UNICIRCULAR, con il patrocinio del Ministero dell’Ambiente e di Ispra.
Il Rapporto, presentato da Edo Ronchi sarà l’occasione per aprire un confronto con i rappresentanti istituzionali sui trend del settore, gli effetti della pandemia, le misure adottate e sulle proposte per rendere il riciclo sempre più protagonista del rilancio economico del nostro paese.
Per i Consorzi e le imprese, infatti, la priorità nei mesi di emergenza e nei successivi è stata quella di garantire il ritiro dei rifiuti su tutto il territorio nazionale e continuare ad avviarli a riciclo cercando di evitare la saturazione degli impianti e la crisi del sistema, ma tra gli effetti a medio termine dell’epidemia ci sono sicuramente i ritardi, i rallentamenti e i tagli degli investimenti programmati nel settore dei rifiuti.
Servono quindi azioni di stimolo per il riciclo e per l’economia circolare di cui si parlerà durante l’evento, in un confronto con Roberto Morassut, Sottosegretario di Stato all’Ambiente, Elio Catania, Consigliere Politiche Industriali del Ministero Sviluppo Economico, Antonio Scino, Capo del Dipartimento per la Programmazione e il Coordinamento della Politica Economica (DIPE) – Presidenza del Consiglio dei Ministri, Alessandro Bratti, Direttore Generale ISPRA, Alessia Rotta, Presidente, Commissione Ambiente, Camera dei Deputati e Gianni Girotto, Presidente, Commissione industria, Senato della Repubblica.
Al seguente link potete consultare il programma:
Programma | Link
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Registrazione online | Link
L’appuntamento è il 10 dicembre 2020, dalle ore 10.00 alle ore 12.30, sui seguenti canali:
– Ricicla Tv
– pagina facebook @fondazionesvilupposostenibile
– sul nostro sito web – www.fondazionesvilupposostenibile.org
fonte: https://www.fondazionesvilupposostenibile.org/
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Green deal per l’Italia: la gestione circolare dei rifiuti

Come sostenere la crescita nazionale senza abbandonare le sfide ambientali e climatiche? A dare una risposta, nella maniera più esaustiva possibile, è oggi la maratona digitale “Green deal per l’Italia” organizzata organizzato dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile. L’evento, in streaming su Raiplay da questa mattina alle 10, è un lungo confronto tra politici, protagonisti dell’industria italiana, intellettuali, artisti e rappresentanti delle istruzioni su idee e soluzioni per la rinascita green del Paese.
Uno dei temi necessariamente affrontati durante la maratona è stata la questione rifiuti. Oggi il nuovo Green Deal Europeo, voluto da Ursula von der Leyen, ha definito una precisa tabella di marcia con azioni volte a promuovere l’economia circolare. Una roadmap che si fa forte delle ultime direttive sul riciclo ma che sposta ancora più in alto l’asticella dell’ambizione. Su questo fronte l’Italia vanta già ottime prestazioni. Sono diverse le realtà nazionali in grado offrire oggi risultati maggiori a quelli richiesti da Bruxelles. Nonostante ciò i problemi non mancano e la crisi del COVID-19 ha rimarcato ulteriormente le sfide che il comparto vive quotidianamente.
Di questi problemi e delle soluzioni da attivare ne hanno parlato Herambiente e i principali consorzi del riciclo italiano assieme al giornalista Marco Frittella.
“I risultai nazionali sono spesso importanti e lusinghieri e ci mettono ai vertici di molte classifiche europee – commenta Frittella – ma non possiamo nascondere i problemi esistenti: carenza degli impianti, una raccolta differenziata a macchia di leopardo soprattutto al Sud, il carattere barocco delle norme, ma anche la pervasività della criminalità organizzata”.
La pandemia e le misure di blocco attivate per contrastarla hanno in molti casi solo esasperato criticità già presenti come ricorda Filippo Brandolini, Presidente Herambiente, citando la chiusura delle frontiere cinesi all’import di rifiuti esteri. Lo stop imposto dalla Repubblica Popolare alla spazzatura occidentale dal 2018, ha scosso profondamente mercato, creando in Europa vie parallele di smaltimento o pericolosi stoccaggi.
Una delle prime necessità per il Belpaese, sono dunque le strutture di trattamento e riciclo rifiuti, compresi gli scarti del riciclo stesso e quelli che non possono essere più recuperati. “L’Italia fa troppo ricorso a impianti collocati all’estero o a filiere produttive che con il lockdown non poteva accogliere i nostri rifiuti e le materie prime seconde”, spiega Brandolini. “Servono dunque sistemi impiantistici resilienti, con capacità di riserva, flessibili, e che consentano di coprire tutte le parti della filiera”. In questo senso una delle maggiori difficoltà riguarda le tempistiche autorizzative, su cui qualcosa potrebbe già fare il prossimo decreto Semplificazioni. Basti pensare, sottolinea il Presidente Herambiente, che “il 50% del tempo richiesto per realizzare un impianto è legato all’iter autorizzato e gare d’appalto”.
In questi mesi il settore ha dovuto fare i conti anche con un calo della domanda di materie prime seconde. “Durante il lockdown gran parte delle industrie italiane erano ferme, per cui tutto quello che veniva raccolto dai cittadini e selezionato dai centri di riciclo non trovava sbocco”, ha aggiunto Antonello Ciotti, Presidente Corepla. Accanto alla fame di impianti c’è dunque anche la necessità di un mercato finale che accetti le materie prime seconde generate dalla raccolta differenziata. Come? Ad esempio, stabilendo una quantità minima di materiale riciclato da impiegare nei nuovi prodotti.
In Italia era stato definito a livello normativo un contributo quantitativo minimo negli acquisti verdi della PA, ma sono mancati decreti attuativi. “Gli appalti verdi sono fermi (su questo fronte) perché non viene definita con attenzione e precisione cosa debba esservi presente”, ha commentato Ciotti. “Tutto il mercato che abbiamo sviluppato si basa sulla forza del nostro sistema industriale, sulla buona volta delle imprese”.
Uno degli strumenti richiesti dal comparto per favorire il nuovo modello circolare è la leva fiscale per il consumo privato di risorse riciclate. Come spiega Giorgio Quagliuolo, Presidente Conai, in un futuro non troppo lontano avremo sul mercato comunitario un’offerta di materia prima seconda “esorbitante”, anche per effetto delle nuove direttive UE. “Questo materiale dovrà trovare un’utilizzazione all’interno dei confini europei perché i paesi asiatici, tradizionalmente destinatari di quei rifiuti che non trovavano sbocco nell’UE, oggi hanno chiuso le frontiere”. I provvedimenti utili ad affermare l’economia circolare, aggiunge Quagliuolo, “non sono tanti”. Parliamo dei “decreti End of Waste che stanno dormendo da tempo immemore, il Green public procurement che dovrebbe divenire obbligatorio per le amministrazioni e l’incentivazione fiscale per chi utilizza le materie prime seconde da riciclo al posto di quelle vergini”.
Nei mesi di pandemia, le difficoltà non sono mancate neppure per un’eccellenza dell’economia circolare italiana come il CONOU. Nonostante il lockdown, il consorzio è riuscito a garantire sia il servizio di raccolta che le attività di rigenerazione degli oli minerali usati, anche se in presenza di una consistente riduzione dei volumi. E il calo delle quantità raccolte è stato sorprendentemente minore rispetto alle aspettative.
Il problema? Il prodotto recuperato – nuove basi lubrificanti e gasolio – ha trovato un mercato decisamente più contenuto, sia come richiesta (le immissioni sono scese del 42%) che sul fronte prezzi (calati del 25% rispetto alla valutazione internazionale dell’olio base). “Tutto il sistema è andato in crisi e il Consorzio è intervento”, afferma il presidente Paolo Tomasi. “Ovviamente non era la prima che ci trovavamo di fronte ad una situazione di questo tipo, basti pensare alla crisi del 2009”. In risposta all’emergenza CONOU ha aumentato gli stoccaggi e concordato un sostegno alla rigenerazione ma il problema, spiega Tomasi, potrebbe aggravarsi se la crisi dovesse continuare.
fonte: www.rinnovabili.it
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