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In Via Milano 59 rigenerazione urbana e socialità curano il degrado

Spese solidali, cortili aperti, laboratori e workshop, tutela dei diritti, cultura, socialità. In un quartiere periferico e multietnico di Brescia c'è un'associazione di cittadini che, dal basso, sta ricostruendo il tessuto sociale di una zona non facile, sanando anche le ulteriori ferite aperte dalla pandemia. Facciamo un giro in Via Milano 59 per conoscerla meglio.




Ascolto e partecipazione: due attività che l’associazione Via Milano 59 di Brescia ha fatto proprie fin dal momento della sua costituzione. A maggio del 2020 nasce per rispondere ad esigenze concrete – scaturite dalla pandemia – del quartiere in cui ha sede, il Quartiere Milano appunto. Questo rappresenta una delle aree più critiche e complesse della città. La multietnicità che lo anima convive con situazioni, talvolta estreme, di tensione sociale o abbandono degli spazi urbani a loro stessi, che spesso intimoriscono il resto della cittadinanza.

Prendersi cura di questo quartiere è l’obiettivo dell’associazione, che in un solo anno è cresciuta da 9 a 118 soci. Residenti e non hanno preso parte a questo progetto e da allora l’impegno volontario e la partecipazione hanno permesso di creare numerosi attività e servizi che stanno trasformando il quartiere da luogo di degrado a spazio di accoglienza e convivialità.

L’associazione ha fondato la sua operatività sul concetto di partecipazione attiva per dare risposte concrete alle necessità del quartiere. Nei primi mesi della sua attività ha così organizzato assemblee pubbliche per individuare le tematiche più sensibili e urgenti da affrontare. Da questi incontri sono emerse quattro tematiche diventate poi oggetto di quattro tavoli di lavoro, sempre condivisi e partecipati, dove da allora insieme si discute e decide. Mutualismo e solidarietà, parchi e cortili, salute e sanità, animazione e educazione sono i quattro ambiti nei quali si muove l’associazione e il quartiere.

Il primo grande tema affrontato è il diritto alla salute talvolta negato alle famiglie. La ricerca attivata ha permesso di giungere alla soluzione del problema: il Difensore Civico, una figura che è stata promossa e spiegata nel quartiere tramite la divulgazione di volantini in doppia lingua che permettono a tutti di comprendere e attivarsi.

Bambini e adolescenti sono l’altro tema che interessa il quartiere. Dal tavolo su animazione ed educazione è emersa la necessità di creare attività per i giovanissimi, che dopo mesi di chiusura in situazioni spesso disagevoli, avevano estrema necessità di fare attività all’aperto. Così maestre e docenti in pensione o ancora nella scuola, nell’estate 2020 hanno programmato un palinsesto di attività gratuite che hanno coinvolto più di cento bambini e adolescenti. Quest’anno per organizzare il nuovo calendario l’associazione ha coinvolto direttamente i ragazzi della scuola media del quartiere chiedendo a loro quali attività realizzare.




Il mutualismo e la solidarietà hanno dato luogo, durante il lockdown, a una dispensa alimentare (per 90 nuclei familiari) che agisce diversamente dal classico mutualismo caritatevole. Alle famiglie che accedono viene chiesto infatti di partecipare alle attività dell’associazione prestando aiuto alle persone in difficoltà o contribuendo al servizio della dispensa stessa, partecipando in base alle possibilità. La dispensa si trasforma così in uno strumento di coinvolgimento per quelle persone che ne usufruiscono, spesso poco partecipi alle iniziative.

La dispensa sociale ha dato poi origine al progetto “Negozi Solidali”, per vendere altro oltre ai viveri. Sono stati coinvolti 23 negozi tramite un sistema di buoni spesa che, pagati da altri residenti, possono essere utilizzati dalle famiglie in difficoltà assicurando loro beni che, seppur non di prima necessità, aiutano a migliorare la qualità della vita.

Il quartiere è uno spazio ricco di aree non utilizzate spesso diventate sedi di spaccio e malavita. Il tavolo spazi e parchi affronta questo problema cercando di rivitalizzare quegli spazi pubblici che potenzialmente potrebbero trasformarsi in aree gioco e di socialità. La prima idea nata dal tavolo di lavoro è la riapertura dei cortili del quartiere, spazi di condivisione fino agli anni ’70 e divenuti oggi parcheggi e zone di transito.



Così, nell’estate del 2020, ha preso il via il progetto il “Treno dei Desideri”, spettacolo teatrale itinerante che vede come protagonista un treno “viaggiatore” che sosta nei cortili dei palazzi offrendo ai residenti divertimento e, per molti, un’esperienza unica. Le persone del quartiere si spostano per seguire il Treno, e così facendo si incontrano, si conoscono e creano legami. Oggi l’impegno del tavolo è riportare in vita un’area verde abbandonata per offrire al quartiere uno spazio verde – rinominato “Parco del Sole Autogestito” – dove giocare e, come sempre, incontrarsi.

Questi sono i primi dodici mesi di vita di Associazione Via Milano 59, una realtà esplosiva che considera la cultura e la socialità come “cure” in grado di migliorare la vita delle persone. Stare insieme per stare bene, star bene stando insieme, questo il filo rosso che muove con successo l’associazione.

fonte: www.italiachecambia.org


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Orto Capovolto: a Palermo al posto del degrado nascono orti urbani

Dal 2015 a oggi sono più di cento i progetti compiuti nelle scuole e circa venti gli interventi di orti urbani realizzati per riqualificare spazi abbandonati di Palermo. Nata dall'idea di una donna architetto e di un educatore ambientale, Orto Capovolto sta cambiando il volto del capoluogo siciliano e diffondendo consapevolezza fra i suoi abitanti.



In questo periodo così opaco e scarso di emozioni belle, assembrate e colorate, in cui ogni cosa sembra perdere di senso e il significato delle azioni a volte è senza significante, la vita di prima del covid sembra un sogno lontano. Eppure Palermo prima della pandemia era un fiorire di iniziative, di tran tran di turisti e guide che urlavano “follow me” in giro tra i monumenti, di artigiani che aprivano botteghe, di startup geniali che nascevano, di comunità operose che valorizzavano il bene comune. La “città tutta porto” – questo vuol dire Palermo – era in continuo fermento.


In questo contesto pulsante di nuove energie e vibrante di emozioni, nasce Orto Capovolto, “la cooperativa sociale che vuole valorizzare il volto della città attraverso il verde commestibile” – questa la definizione che danno di loro stessi sul sito web del progetto. Ed era bello girare un angolo e stupirsi di trovarsi di fronte a cassoni pieni di terra con tanti ortaggi e fiori dentro. Succedeva spesso, in particolare durante Manifesta 12, la biennale di arte contemporanea che ha messo a soqquadro Palermo; c’era un progetto tutto curato da Orto Capovolto chiamato “Palermo, la città tutta orto”, dove gli orti urbani sono stati disseminati per il centro storico e non solo.

Ma come nasce l’idea di Orto Capovolto e con quali finalità? Ha origine dall’incontro di un architetto – Angelica – e un educatore ambientale – Giorgio –, che insieme immaginano una città più verde. Nel 2013 Angelica propone a un cliente di realizzare un orto sul tetto della sua casa e così inizia ad appassionarsi all’agricoltura urbana. Giorgio è convinto che solo partendo dalle nuove generazioni si può immaginare un futuro più sostenibile. Decidono quindi di aprire una startup – correva l’anno 2015 – con l’obiettivo di creare un orto diffuso a Palermo, per occuparsi tanto di progettazione e realizzazione di orti urbani, quanto di educazione ambientale e alimentare nelle scuole e non solo.



«Coltivare un orto in città non significa solo produrre la propria cena senza pesticidi», spiega Angelica Agnello. «Significa anche e soprattutto, imparare l’importanza della biodiversità, la stagionalità dei prodotti e concetti chiave come il chilometro zero, la filiera corta e l’importanza di tutti gli elementi naturali».

La cosa che i fondatori di Orto Capovolto ritengono più importante sono i progetti di riqualificazione urbana, che sono realizzati sempre in partnership con altre realtà, come associazioni e comitati di quartiere. Attraverso questi progetti cercano di coinvolgere un target che sia il più ampio possibile, principio che cozza con la pandemia e infatti da circa un anno questo filone di attività è fermo.

Ma di certo il covid non può fermare l’immaginazione: «In questo momento – spiega Angelica – abbiamo sospeso quasi del tutto le attività; manteniamo pochi progetti, come quello in partenza al Malaspina, (il carcere minorile di Palermo, ndr) dal titolo “Le buone erbe”. La maggior parte delle nostre iniziative era con i bambini. Abbiamo deciso di rimanere quasi del tutto fermi aspettando tempi migliori perché i laboratori erano dentro ludoteche o scuole. Sono in stand-by anche i progetti di riqualificazione urbana, che generalmente partono in primavera. Ma la grande bellezza è il coinvolgimento di tanta gente, cosa che per adesso è impensabile. Facciamo l’indispensabile e aspettiamo l’anno prossimo». Va molto bene però la linea di design di Orto Capovolto, prodotti legati al giardinaggio come grembiuli da orto o le bombe di semi.



Una delle azioni che più sono rimaste impresse nella memoria della città è sicuramente l’intervento su Salita Raffadali, che per un periodo è stata chiusa al traffico, colorata e addobbata con alberi, fiori e ortaggi. Un intervento di riqualificazione che ha avuto una eco nazionale, ma che adesso rappresenta una grandissima delusione per Orto Capovolto e anche per Sos Ballarò, il comitato di quartiere: «È stato un intervento che sarebbe dovuto durare solo quattro settimane – aggiunge Angelica –, poi è piaciuto a tutti e si era deciso di farlo diventare permanente, ma non è stato così, l’amministrazione è scomparsa e la strada è tornata carrabile. Molto spesso i giardini che riqualifichiamo vengono abbandonati, per questo è importante fare innamorare i residenti del progetto».

Un intervento molto positivo è stato invece quello fatto alla Kalsa, in vicolo del Pallone: «Qui gli abitanti si sono messi davvero in gioco e hanno continuato a interagire con il giardino aggiungendo dettagli, come la statua di una madonnina; anche la vicina chiesa se ne prende cura, ha anche celebrato delle messe lì, all’aperto».

«Quello che ci manca di più è lavorare con i bambini», conclude Angelica. «Una cosa che vogliamo assolutamente fare appena torneremo alla vita di prima è mappare le aree urbane di Palermo non destinate a ospitare strutture e infrastrutture e che quindi possano essere dei luoghi di aggregazione dove far nascere delle aree verde e dei giardini condivisi».

fonte: www.italiachecambia.org


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Recuperare le città da degrado e crisi sociale, ecco la legge per la rigenerazione urbana

Il disegno di legge punta a “favorire il riuso edilizio di aree in stato di degrado incentivandone la riqualificazione e la sostenibilità ambientale”. Tiene in considerazione ricadute economiche, servizi pubblici, centri storici, mobilità sostenibile, rete digitale. Tra gli incentivi fiscali, stop al pagamento di Tasi e Tari, e detrazione al 65% delle spese





Favorire la rigenerazione urbanistica ed edilizia nelle città, soprattutto nelle aree colpite da degrado e crisi socio-economico. Con l’intenzione di riqualificare anche come opzione da preferire al consumo di suolo e combattere il dissesto idrogeologico. E’ questo, in sintesi, il cuore del disegno di legge dal nome esemplificativo ‘Misure per la rigenerazione urbana’, incardinato in commissione Ambiente a Palazzo Madama. Un provvedimento che – qualora uscisse mai dalla commissione per approdare in Aula, visti gli impatti del Covid-19 anche sull’attività legislativa e i ritmi di decretazione d’urgenza che ingolfano i lavori delle Camere – dovrebbe in ogni caso vedersela con le nuove misure introdotte sul tema dal decreto Semplificazioni. E che oggi, con il maltempo che continua a devastare il nostro Paese mettendone in risalto la fragilità storica dei territori, potrebbe essere un mezzo per arginare l’abbandono e la mancanza di cura.

Nella relazione – che accompagna il testo – si fa presente come l’approccio principale della materia sia “il coinvolgimento degli abitanti e dei soggetti pubblici e privati interessati”. Un miglioramento dell’ambiente urbano da un punto di vista sociale, ambientale e culturale viene già identificato come “rigenerazione urbana”.

In base al disegno di legge – composto da 20 articoli – la rigenerazione urbana punta a “favorire il riuso edilizio di aree già urbanizzate e di aree produttive, in stato di degrado o di abbandono o dismessi o inutilizzati, incentivandone la riqualificazione e la sostenibilità ambientale”, oltre che “il miglioramento del decoro urbano e architettonico”. Tra gli aspetti principali la necessità di prevedere “aree verdi”, il “contenimento del consumo di suolo”, la riduzione dei “consumi idrici ed energetici mediante l’efficientamento delle reti pubbliche e del patrimonio edilizio”. A questo si aggiungono le ricadute sociali e economiche, sui servizi pubblici e commerciali, sulle attività lavorative; la tutela dei centri storici e l’innalzamento del livello della qualità della vita dei cittadini; la mobilità sostenibile e il trasporto collettivo; la diffusione capillare della rete digitale.

Anima pulsante del ddl è la creazione della Cabina di regia nazionale per la rigenerazione urbana, presso Palazzo Chigi; a cui prendono parte – viene spiegato all’art.3 – i rappresentanti del ministero dell’Ambiente, del ministero delle Infrastrutture e trasporti, del ministero per i Beni culturali, il ministero dell’Economia, delle Regioni e dei Comuni. Obiettivi della Cabina saranno il coordinamento delle politiche, della normativa nazionale e regionale, e degli strumenti di intervento; inoltre incentiva l’utilizzo dei fondi pubblici, e oltre a fornire supporto porta avanti un’analisi sullo stato della ‘rigenerazione’.


Viene previsto anche un Piano nazionale per la rigenerazione urbana, che dovrà entrare a far parte – come allegato – del Documento di economia e finanza (Def); al suo interno dovranno entrare l’elenco e la descrizione degli interventi, sia quelli programmati che quelli in via di realizzazione; la stima dei costi per ciascuno degli interventi; le risorse disponibili. I suoi punti qualificanti vanno dalla “messa in sicurezza e rigenerazione del patrimonio edilizio pubblico e privato alla riduzione del consumo del suolo e degli sprechi energetici e idrici, fino alla rivalutazione degli spazi pubblici e dei servizi di quartiere”.

Inoltre, dal momento che senza soldini non si fa niente, viene prevista l’istituzione il Fondo nazionale per la rigenerazione urbana al ministero dell’Economia, con una dotazione pari a 500 milioni di euro per 20 anni, dal 2020 e fino al 2039. Vengono poi definiti i compiti delle Regioni e dei Comuni, alla necessità di inserire i Piani comunali di rigenerazione urbana che costituiscono il presupposto per accedere al bando ed eventualmente all’assegnazione delle risorse. Per le opere pubblica di rigenerazione urbana restano valide le regole del Codice appalti.

Per accelerare gli interventi è anche previsto che i Comuni possano ottenere un prestito dalla Cassa depositi e prestiti, dai fondi immobiliari privati, e la costituzione di fondi comuni di investimento. Infine, una serie di agevolazioni per snellire la catena amministrativa (con un abbattimento dei tempi della burocrazia), la parte dedicata ai controlli (che sono affidati all’Autorità nazionale anticorruzione), e le misure di incentivazione fiscale (come l’esclusione dal pagamento dell’Imu, della Tasi e della Tari, la riduzione per i Comuni fino al 50% delle tasse per l’occupazione del suolo pubblico, la detrazione del 65% delle spese, la detrazione del 50% dell’Iperf).

fonte: www.rinnovabili.it


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Dalla green economy in 5 anni 800mila nuovi posti di lavoro e 682 miliardi di Pil

I calcoli della Fondazione per lo sviluppo sostenibile sull'impatto al 2025 di maggiori investimenti in rinnovabili, efficienza energetica, riduzione dei rifiuti, rigenerazione urbana e mobilità sostenibile.




















Circa 190 miliardi di investimenti con 682 miliardi di aumento della produzione, 242 mld di valore aggiunto e circa 800.000 nuovi posti di lavoro al 2025. Questi sono i benefici che l’economia italiana potrebbe ottenere, puntando su obiettivi di sostenibilità tra cui uno sviluppo delle rinnovabili e una riduzione dei consumi energetici in linea con la sfide climatiche globali.
Il calcolo arriva da un nuovo rapporto della Fondazione per lo sviluppo sostenibile “Rilanciare l’economia e l’occupazione in Italia con misure e politiche al 2025 per 5 obiettivi strategici di green economy”, presentato a Roma in occasione del Meeting di primavera, in preparazione degli Stati generali della green economy del 2019 (allegato in basso).
Uno studio nel quale, in collaborazione con gli economisti di Cles Srl, si sono calcolati gli impatti economici dell’azione su 5 sfide: oltre alla citata crisi climatica, da affrontare con rinnovabili ed efficienza energetica, il necessario cambiamento verso l’economia circolare, il miglioramento delle città con un programma di rigenerazione urbana e infine un percorso per una mobilità sostenibile.
Ecco una sintesi degli obiettivi, delle misure per raggiungerli e dei loro impatti economici e occupazionali:
Primo obiettivo: una più efficace riduzione dei consumi di energia in edifici, scuole e uffici ristrutturando 35 milioni di metri quadrati di cui un terzo a bassissimi consumi energetici.
Oltre il 40% dei consumi energetici finali in Italia, spiega il rapporto, è riconducibile al settore residenziale e terziario: si tratta del comparto più energivoro del Paese. Per compiere questa vasta operazione di risparmio energetico sia su edilizia pubblica che privata sono necessari investimenti pari a 19,3 mld in sei anni (8 mld per i pubblici e 11,3 mld per i privati).
I primi – si suggerisce – potrebbero essere finanziati spostando l’intera dotazione del conto termico su questi interventi. Per quanto riguarda il settore privato, abitazioni e uffici, si potrà continuare ad utilizzare il meccanismo dell’ecobonus che potrebbe arrivare a finanziare il 75% degli interventi.
Questi dovrebbero essere affiancati per la parte rimanente (25%) delle ristrutturazioni energetiche profonde da un meccanismo di prestito agevolato alimentato dal Fondo nazionale per l’efficienza energetica, integrandolo ed estendendolo fino al 2025.
Questi investimenti – si stima – creerebbero un incremento della produzione quantificabile in circa 62,7 mld di €, un incremento del valore aggiunto di circa 23,4 mld€ e 130.600 nuovi occupati al 2025.
Secondo obiettivo: un forte aumento delle rinnovabili elettriche, termiche e nei carburanti, arrivando al 2025 a 2 Mtep per allinearsi agli obiettivi di Parigi (vedi grafico sotto, che propone una traiettoria di crescita ben più ambiziosa del PNIEC).
Al 2025 – si propone – le rinnovabili elettriche dovrebbero raggiungere il 50% dei consumi, le rinnovabili termiche dovrebbero aumentare di circa il 33% e bisognerebbe alzare il tetto per il biometano fino a 1,5 miliardi di metri cubi, con investimenti totali pari a 104 mld€ al 2025.
Per raggiungere questi obiettivi, secondo gli autori dello studio, è necessario rendere più efficaci le normative e le procedure esistenti, a partire dalla semplificazione degli iter di sostegno e di autorizzazione degli impianti e infrastrutture, e sono necessari strumenti economici idonei.
Per finanziare la parte non coperta dai meccanismi esistenti, lo studio propone di istituire un Fondo nazionale per la transizione energetica alimentato da diverse fonti: i proventi dell’Ets, parte dei sussidi ambientalmente dannosi, l’introduzione di un sistema di carbon pricing, utilizzando parte dei proventi anche per ridurre il prelievo sul lavoro, da applicare anche al contenuto di carbonio dei prodotti importati con una climate border tax.
Queste misure e questi investimenti creerebbero un incremento della produzione di 335,7 mld€, un valore aggiunto di 115,8 mld€ e un aumento dell’occupazione di 312.000 unità al 2025:
Terzo obiettivo: realizzare un rapido cambiamento verso l’economia circolare aumentando il riutilizzo e il riciclo dei rifiuti, promuovendo riparazioni e leasing.
Recependo e attuando il pacchetto di Direttive europee in materia di rifiuti e di economia circolare, l’Italia dovrebbe anticipare al 2025 l’obiettivo europeo del 60% di riciclo di rifiuti urbani e assimilati fissato al 2030, attraverso una raccolta differenziata di oltre il 70%. Portare il riutilizzo e la preparazione per il riutilizzo al 10% dei rifiuti urbani. Anticipare al 2025 l’obiettivo europeo del 70% in peso di riciclo degli imballaggi fissato al 2030 e gli obiettivi di riciclo delle diverse filiere, con particolare attenzione al 55% delle plastiche. Aumentare la raccolta della frazione organica dei rifiuti urbani, adeguare la disponibilità degli impianti e migliorare almeno il 50% degli impianti esistenti per la produzione di biometano. Da aumentare, all’80%, anche il riciclo dei rifiuti speciali. E ancora: migliorare il riciclo di qualità degli inerti da costruzione e demolizione e di altri rifiuti. Aumentare il riutilizzo dei rifiuti speciali. Incrementare al 2025 il settore delle riparazioni del 25% e quello del leasing del 15%.
Questo cambio di passo, si spiega, ha bisogno di alcuni adeguamenti normativi (normativa End of Waste, più consistente applicazione del Gpp, semplificazioni), insieme ad un rapido recepimento del nuovo pacchetto di Direttive.
Gli investimenti per queste misure sono quantificati in 11,1 mld e genererebbero un incremento della produzione quantificabile in oltre 104,5 mld€, un valore aggiunto di 38,5 mld e oltre 149.000 occupati al 2025.
Quarto obiettivo: una migliore qualità della città con un programma di rigenerazione urbana.
Le città più avanzate e dinamiche nel mondo – si premette – sono quelle che hanno puntato su programmi di rigenerazione urbana secondo il modello delle green city. Il nuovo Programma di rigenerazione urbana per il periodo 2020-2025 dovrebbe essere fondato su una strategia integrata per le diverse politiche settoriali, attraverso il recupero delle aree dismesse, la manutenzione del patrimonio edilizio, l’housing sociale, misure di adattamento climatico, infrastrutture verdi.
Per raggiungere questi obiettivi si potrebbe utilizzare uno strumento simile al Programma straordinario di intervento per la riqualificazione urbana e la sicurezza delle periferie, con un nuovo bando che ripartisca fra lo Stato e le Regioni 2 miliardi di euro l’anno dal 2020 al 2025.
Il programma permetterebbe una crescita della produzione di oltre 93 mld€, un valore aggiunto di oltre 35 mld€ e nuova occupazione di oltre 96.000 unità al 2025.
Quinto obiettivo: una mobilità urbana più sostenibile per abbattere smog e congestione.
Per passare a un nuovo sistema di mobilità occorre incrementare la mobilità condivisa, sia quella dei mezzi pubblici con un consistente rinnovo del parco autobus e almeno 4.000 Km di nuove corsie preferenziali, sia potenziando i sistemi innovativi di sharing mobility. Occorre inoltre potenziare la mobilità ciclo pedonale realizzando, entro il 2025, 13.000 km di nuove piste ciclabili e promuovere l’elettrificazione dei veicoli estendendo fino al 2025 l’incentivo previsto dalla legge di bilancio 2019 non solo alle auto e agli scooter ma anche ai veicoli commerciali leggeri, ai quadricicli e alle biciclette.
Questo piano che prevede un investimento di 26 mld potrebbe produrre un incremento della produzione pari a circa 86 mld€, del valore aggiunto di 29 mld€ e un aumento dell’occupazione di oltre 111.000 unità di lavoro al 2025.
fonte: https://www.qualenergia.it

Mashable: la Cina sta radicalmente reinventando l’architettura urbana

















Un articolo su Mashable racconta i contrasti del territorio cinese: dalle estese campagne cinesi agli ambienti urbani fortemente inquinati. Le città cinesi sono in fatti considerate tra le più inquinate al mondo e infatti la Cina, “che ospiterà la metà dei nuovi cantieri nel mondo nei prossimi dieci anni,” ha cominciato a intraprendere una serie di azioni per contrastare questo fenomeno e non rendere le sue città invivibili.
Il paese sta combattendo con soluzioni innovative, investendo in energia eolica e solare, riducendo le produzioni industriali più inquinanti, ma anche promuovendo la presenza della natura in città, come nei progetti di Forestazione Urbana elaborati da Stefano Boeri Architetti Cina che considerano la natura vivente come parte integrante dell’architettura, come nel progetto del Bosco Verticale di Nanchino, adesso in cantiere, e in quello per la Città Foresta di Liuzhou.

Per leggere l’articolo originale: https://mashable.com/article/green-cities-china
fonte: https://www.stefanoboeriarchitetti.net

L’abisso culturale del consumo di suolo

La legge in discussione al Senato non frena né ferma la “speculzione edilizia” su suoli liberi o agricoli, e sembra scritta negli anni Cinquanta. “Piano terra”, l’editoriale di Paolo Pileri
















Non è consentito il consumo di suolo tranne che per “gli interventi e i programmi di trasformazione […] previsti nei piani attuativi […] per i quali i soggetti interessati abbiano presentato istanza per l’approvazione prima della data di entrata in vigore della presente legge, nonché le varianti, il cui procedimento sia attivato prima della data di entrata in vigore della presente legge, che non comportino modifiche di dimensionamento dei piani attuativi”.
Non state leggendo un estratto da “La speculazione edilizia”, scritto da Italo Calvino nel 1957. La frase arriva dal disegno di legge che il Senato sta decidendo se approvare o no, nel 2017. Alcuni articoli vanno bene, ma molti altri, come questa che è particolarmente grave e fa l’esatto contrario di quel che abbiamo bisogno, nient’affatto. Con poche parole si sta dicendo che a) i piani attuativi che galleggiano vuoti e stanchi da anni nelle carte della nostra pianificazione urbanistica non si toccano: sono “salvi”; b) basta che si faccia una domanda o semplicemente si inizi una variante a un piano perché entrambe queste azioni abbiano il via libera al consumo di suolo: non devono essere verificate e approvate da un qualche organismo, ma solo depositate. Assurdo. Tutto è delegittimato di fronte al furore del “soggetto interessato”. È come se un imputato chiedesse di essere prosciolto e questo bastasse a non fare il processo. Tutto ciò fa fare al Paese un balzo indietro e lo consegna al capriccio speculativo di proprietari terrieri, di immobiliari e finanziarie e di impresari senza scrupoli che affolleranno gli uffici tecnici comunali giusto un attimo prima si approvare la legge.
Basta una semplice domanda… capite? Un timbro del protocollo! Quello di cui invece abbiamo un bisogno urgente è invece una legge che di fronte alla sciagura del consumo di suolo e dei suoi perversi effetti sociali, economici e ambientali dica con chiarezza che le previsioni non attuate, evaporano, fintanto che ciò che già abbiamo (volumi inutilizzati, incompiuti, da recuperare, aree dismesse…) non verrà utilizzato. C’è bisogno di un congelamento preventivo delle domande di consumo di suolo e non una nuova variante smart di uno pseudo-condono. Il Consiglio di Stato nel 2012 aveva già detto chiaramente che non esiste una vocazione edificatoria dei suoli se non quando su essi ci siano già dei volumi (n. 6656).

2383 è il disegno di legge sul contenimento del consumo di suolo che il Senato sta discutendo (già approvato alla Camera il 12 maggio 2016, A.C. 2039) e che contiene pericolosi scivoloni che rischiano di spalmare inutile cemento su quel che rimane del nostro Bel Paese
Se il Parlamento approva una legge del genere, addio recupero, addio rigenerazione urbana e ristrutturazioni varie. Sarà il far west: tutti correranno a costruire fin tanto che ce n’è. Anche culturalmente queste parole sono un abisso. Già, perché negli anni ’60 ci si è dannati l’anima per dire che non basta essere proprietari o “soggetti interessati” per essere automaticamente autorizzati a costruire: ora invece si torna indietro di 50 anni. Il consumo di suolo prende forma nella legge che dovrebbe fermarlo e il piano urbanistico diventa ancor più carta straccia. Il potere del sindaco viene amputato perché di lui serve solo il braccio che deve depositare cemento su suolo e non quello che può toglierlo, visto che i suoli sono bene comune e risorsa ecosistemica (così la proposta afferma, palesando il suo carattere bipolare). Mi appello al buon senso dei Senatori della Repubblica, quell’istituzione che ha l’ambizione di essere “esente da difetti” e “di esempio agli altri” (Cicerone), per statuto indifferente ai soggetti interessati, quell’istituzione che conosce il bordo pericoloso delle leggi pavide e sa che “una società non è migliore della propria idea di diritto” (Philip Allott).

fonte: https://altreconomia.it

NASCE L’OSSERVATORIO SUL RIUSO DEGLI SPAZI ABBANDONATI

Non serve cercare dati altrove, internet offre un bacino illimitato di opinioni, si tratta solo di sapere come cercarle ed utilizzarle al meglio, governando le funzioni di ricerca e comunicazione” [Dario Manuli, Product Strategy di Roialty].


L’interesse verso qualunque tema oggi può essere non solo ricercato e rilevato, ma anche misurato attraverso modalità on line. Ci accorgiamo di quanto la pubblicità, ad esempio, si avvale costantemente di questi flussi di informazioni… Infatti, come molte altre attività che hanno risvolti sociali, anche la ricerca sul tema è nata nel mondo profit (nella forma della indagine di mercato) per rilevare preferenze, interessi, temi dibattuti con maggior frequenza e gusti delle persone. Tutto ciò, con l’avvento del 2.0, dei social e dei “Big data”, assume coordinate diverse, ben più potenti, tanto che il societing – più del marketing – sembra essere la nuova disciplina utile a comprendere innovazioni e tendenze.
Il web è oggi “vita reale”, dunque non una “second life”: infatti, nella normalità dei casi, tanto sul web, che “dal vivo”, si condividono gli stessi pareri, si fanno acquisti, ci si informa, si guardano musica e film, si fanno pagamenti, si comunica e si partecipa alla vita culturale e sociale. Condividere, esprimere pareri ed apprezzamenti (dai “mi piace” agli “emoticons”), partecipare a discussioni on line, sono quotidfianità; le informazioni che vengono pubblicate in rete sono tracciabili e rintracciabili, misurabili e valutabili.
Come detto, questi strumenti di “social intelligence” sono già ben utilizzati dalle imprese profit. Trasferire queste modalità di ricerca anche in ambito sociale, permette di ottenere molte indicazioni progettuali e operative, tendenze, ”sentiment” sulle questioni. Così oggi “Riusiamo l’Italia” ha voluto sperimentare questi strumenti proprio sul tema degli spazi vuoti e della rigenerazione urbana, sviluppando un Osservatorio on line su questi argomenti, utilizzando piattaforme di social intelligence realizzate ad hoc da  Bewe e Roialty e che si appoggiano sul web costruito da Leonardo . Queste piattaforme permettono il web monitoring (cioè l’analisi delle conversazioni on line su oltre 3,5 milioni di fonti), per analizzare quanto si parla di un tema, come se ne parla, dove e a cosa viene maggiormente correlato.
Questa modalità di lavoro ha permesso lo sviluppo di una partnershipcon il mondo profit, con la multinazionale PPG/Univer con cui si è dato vita all’ambiente formativo dell’Università del Riuso, per favorire percorsi di apprendimento su questi temi.
Nello specifico della ricerca, dal “Readers” dell’Osservatorio emerge che anche in questi ultimi 10 giorni, si è parlato in modo approfondito di riuso, così come già emerso nell’articolo di inizio luglio. Molte le news rilevanti, in diversi ambiti, a partire da quello istituzionale. La questione del riuso è arrivata infatti alle istituzioni, tanto da essere oggetto di due disegni di legge: uno sull’autorecupero di immobili abbandonatipresentato dai Cinque Stelle alla Camera, l’altro, presentato da Forza Italia al Senato, per destinare immobili dismessi a start-up.  Vi è anche un Decreto del Mibact per la trasformazione di caserme in residenze artistiche, da affittare a non più di 150 euro al mese.
Nei Comuni, a Napoli, il tema è oggetto della contestata delibera del Sindaco De Magistris che regola l’uso degli immobili di proprietà dell’Ente, in quanto “beni comuni”. Gli stessi temi, a metà luglio, sono stati dibattuti a Foggia in una due giorni e ad Imperia. Invece il tema della valorizzazione è promosso in Toscana, dove la rigenerazione incontra la “finanza”, a partire dal recupero di patrimoni di pregio, vuoti. Sempre dalla Toscana, la news di un borgo abbandonato (v. più avanti), divenuto ora “eco villaggio”.
Un tema molto sentito on line è quello degli spazi vuoti immediatamente riusabili: c’è sia un Decreto del Ministro Del Rio sugli alloggi sfitti, che l’azione di CittadinanzAttiva sul censimento per il recupero di spazi disponibili vuoti. Non solo: molto interessante l’azione di recupero dei teatri attivati dalla Regione Lazio e, sempre in ambito culturale, la candidatura di Palermo a capitale della cultura a partire dal recupero di alcuni luoghi simbolo della città.
La dimensione del “vuoto” viene sempre sottolineata dal web, sia nelle “aree interne” che in quelle urbane. Si parla infatti di 1.500 borghi abbandonati, con 1,26 mln di edifici, e di ben 5.000 “paesi fantasma”. Nelle città, il caso emblematico è a Milano dove, pur essendo invenduto il 50% di ciò che è stato costruito, si procede comunque nell’azione di consumo di suolo. Stessa questione a Lucca. Non solo: anche le Scuole chiudono e calano di numero: 100 in meno il prossimo anno. Infine, nel 2016, sono ben 838 le infrastrutture pubbliche incompiute, 90 delle quali in Campania e 116 in Sicilia.
Continuano costantemente episodi di cronaca legati a spazi dismessi ed abbandonati, che portano a sviluppare un “sentiment” fortemente negativo per le situazioni di degrado che lì vengono generate. I casi emblematici vanno da Bari a Vigevano, così come le questioni di salute pubblica a Terni, amianto a Senigallia, le paure a Erba, i crolli a Salerno, le demolizioni a Brescia, i “rave” a Cremona. Negative sono sempre anche le situazioni legate a opere oggetto di fallimento, abbandonate da anni, che spesso assumono la forma di “ecomostri”: un esempio rilevato in questi giorni è quello di Villasanta  (MB). Riprendersi uno spazio sportivo, è stata un’azione tra protesta e diritto di cittadinanza, a Pisa, sui campi sportivi chiusi perché dichiarati inagibili dalla Provincia.
Tutto ciò per dire che il tema del riuso ha diverse sfaccettature, che il web coglie puntualmente e bene. Rimane il fatto (vedi Figura) che il vuoto ha comunque un sentiment complessivamente negativo, viste le questioni descritte in precedenza, molto legate ad emozioni, a partire dalla paure, che sono preponderanti. E’ anche vero che si registra la percentuale più alta di sentiment positivo sui social, dove l’interazione è potenzialmente maggiore. Come dire: se se ne parla, si creano nei dibattiti, arrivano idee, proposte, buone prassi, soluzioni.
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giovanni.campagnoli@riusiamolitalia.it
Fonte: http://www.ilgiornaledellefondazioni.com/content/nasce-l’osservatorio-sul-riuso-degli-spazi-abbandonati