Economia circolare: martedì 19 ottobre a Roma presentazione del Rapporto Unirima
Comieco, nel 2020 il tasso di riciclo di carta e cartone supera l’87%, Alberto Marchi nuovo presidente

Ecco la composizione del neo-eletto CDA: Categoria “Produttori”: Michele Bianchi, Andrea Bortoli, Carlotta De Iuliis, Paolo Giacchi, Alberto Marchi; Categoria “Trasformatori”: Amelio Cecchini, Andrea D’Amato, Silvia Ferraro, Fausto Ferretti, Michele Mastrobuono; Categoria “Recuperatori”: Stefano Benini, Lorenzo Cini, Fabio Montinaro, Enzo Scalia, Andrea Trevisan. Fa parte del CDA anche il Collegio dei Revisori composto da Alessia Bastiani, Sergio Montedoro, Luigi Reale. Confermato il Direttore Generale Carlo Montalbetti.
fonte: www.e-gazette.it
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Pfas nei contenitori dei cibi da fast food, la denuncia di otto associazioni: ancora troppo usati negli imballaggi di carta

Ci sono ancora troppi Pfas nei contenitori per i cibi da fast food e d’asporto. È la denuncia di un gruppo di otto associazioni europee, coordinate dall’organizzazione ceca Arnika, che hanno raccolto imballaggi alimentari e stoviglie monouso in carta, cartone e fibre vegetali delle maggiori catene di fast food e takeaway come McDonald’s, KFC, Subway o Dunkin’ Donuts. I campioni, provenienti da sei Paesi europei (Danimarca, Francia, Germania, Paesi Bassi, Regno Unito e Repubblica Ceca), sono stati analizzati proprio con lo scopo di cercare le sostanze per- e polifluoralchiliche, una classe di composti chimici persistenti in grado di accumularsi nell’ambiente e negli organismi.
Per decidere quali contenitori portare in laboratorio alla ricerca dei Pfas, i campioni sono stati selezionati con un test semplicissimo. Siccome queste sostanze chimiche sono utilizzate per rendere gli imballaggi e le stoviglie in carta repellenti ai grassi, è stata usata una goccia d’olio: se non viene assorbita, è possibile che il contenitore sia stato trattato intenzionalmente con Pfas. Dopo il test della goccia, 38 imballaggi sono risultati sospetti.

Il contenuto totale di sostanze organiche fluorurate (un indicatore di Pfas) in contenitori alimentari di diverse catene di fast food in europa (Fornte: Arnika)
Alla fine, dei 42 campioni (28 contenitori scelti tra i “sospetti”, più 14 controlli) mandati in laboratorio, 32 contenevano livelli di Pfas tali da indicare un trattamento intenzionale. Ma non solo, tutti gli altri contenitori analizzati mostravano comunque la presenza di tracce di queste sostanze chimiche. Risultati che suggeriscono una contaminazione diffusa della materia prima utilizzata per realizzate questi prodotti.
I livelli più elevati di sostanze organiche fluorurate – un indicatore accettato di contenuto totale di Pfas – sono stati rilevati nelle stoviglie biodegradabili e compostabili realizzate con fibre vegetali. Talvolta, il contenuto di Pfas era 60 volte più alto del valore guida stabilito dall’Amministrazione veterinaria e alimentare danese per valutare la contaminazione dai packaging per il cibo in carta e cartone. La Danimarca è anche l’unico Paese che ha bandito, nel luglio 2020, l’uso di Pfas negli imballaggi alimentari realizzati con queste materie prime: infatti, i campioni di origine danese presentavano soltanto tracce di queste sostanze. E proprio qui McDonald’s è riuscita con successo a eliminare i Pfas dai suoi contenitori. La domanda che si fanno le associazioni: allora perché non lo fa ovunque?

McDonald’s in Danimarca ha rimosso con successo i Pfas dai sacchetti per patatine fritte, ma non negli altri Paesi europei (Fonte: Arnika)
Le associazioni hanno quindi cercato di capire quali siano le sostanze più utilizzati nella realizzazione di questi contenitori. Il risultato è stato che non è possibile identificare con certezza il 99% dei composti chimici fluorurati presenti negli imballaggi testati. La conclusione non stupisce, se consideriamo che la famiglia dei Pfas comprende oltre 5 mila sostanze e nel corso delle analisi ne sono state ricercate solo 55.
Secondo le otto associazioni, la presenza diffusa di Pfas negli imballaggi alimentari monouso è molto preoccupante per diversi motivi. In primo luogo, perché ogni giorno si crea un volume gigantesco di rifiuti contaminati da queste sostanze persistenti. Sostanze che possono poi contaminare le falde acquifere e, di conseguenza, la catena alimentare. Inoltre, alcuni studi hanno dimostrato la capacità dei Pfas di migrare dai contenitori al cibo, da cui arrivano direttamente alle persone, esponendole a rischi per la salute.
“È il momento che l’Unione europea agisca e vieti immediatamente e in maniera permanente l’intera classe dei Pfas negli imballaggi alimentari, per proteggere in primo luogo i consumatori. – ha dichiarato Jitka Strakova, autrice dello studio e consigliera scientifica di Arnika e della Rete internazionale per l’eliminazione degli inquinanti (Ipen) – È chiaramente non essenziale l’uso di sostanze chimiche altamente tossiche e persistenti, che pongono un tale rischio per la salute e l’ambiente, in imballaggi alimentari monouso, specialmente quando esistono alternative più sicure”
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Il nuovo packaging in carta riciclabile al 100% di Pasta La Molisana
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Addio plastica, anche i flaconi di detersivo passano alla carta
Plastica addio: anche i flaconi di detersivo preferiscono la carta. La sperimentazione parte dal Brasile primo mercato dove Unilever introdurrà le nuove bottiglie Pulpex. Frutto della collaborazione tra la multinazionale, Diageo, Pilot Lite e altri membri del settore, l’innovativa tecnologia di imballaggio nasce con l’obiettivo di dare una mano all’economia circolare.
Polietilene e polietilentereftalato (PET) sono due dei polimeri termoplastici più ampiamente usati nel packaging dei saponi per il corpo e per la casa. Nonostante si tratti di polimeri riciclabili, non sempre gli impianti di trattamento di questi rifiuti operano in upcycling. Per la maggior parte dei casi, infatti, si tratta ancora di dowcycling. In altre parole il trattamento restituisce una materia prima seconda di qualità più bassa del polimero vergine. Trovare un nuovo eco-materiale per bottiglie e flaconi di detersivo potrebbe rendere più semplice il fine vita. E la tecnologia Pulpex offre un’alternativa in questo senso.
Tecnologia Pulpex, come funziona?
Le bottiglie in carta nascono grazie alla pressurizzazione di polpa di legno, ottenuta da fonti certificate, all’interno di stampi. I contenitori vengono quindi polimerizzati in forni a microonde prima di essere spruzzati internamente con rivestimenti speciali, messi a punto per essere compatibili con i prodotti che contengono, respingendo l’acqua. Gli imballaggi Pulpex sono progettati per essere riciclati come carta e cartone. Ma nel caso in cui non venissero smaltiti correttamente, si biodegraderebbero in maniera naturale.
“La capacità di confezionare prodotti liquidi in bottiglie a base di carta sarà un enorme risultato”, spiega Unilever in una nota stampa. “Ma prima che arrivino sugli scaffali, i nostri scienziati del packaging eseguiranno una serie di test per comprenderne il comportamento in situazioni reali, dal trasporto allo stoccaggio in ambienti umidi. È importante che soddisfino i nostri requisiti in termini di durata, esperienza dell’utente e riduzione dell’impatto ambientale”. Il prototipo in fase di sviluppo debutterà nei flaconi di detersivo a marchio OMO in Brasile all’inizio del 2022. Ma la società avverte di star già lavorando con la stessa tecnologia su bottiglie di shampoo.
fonte: www.rinnovabili.it
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Basta plastica, per gli alimenti usiamo la carta bioattiva

Niente plastica per conservare gli alimenti, continuando a mantenere il cibo fresco e più a lungo. Usiamo della carta bioattiva, nutriente e protettiva, che dopo l’uso può essere anche riciclata. E’ la soluzione innovativa presentata dal Fraunhofer institute for process engineering and packaging IVV e il Fraunhofer institute for interfacial engineering and biotechnology IGB. La carta, frutto del progetto ‘BioActiveMaterials‘, è stata messa a punto per fornire un materiale di base per la produzione di imballaggi tipici e funzionali. Ma c’è un trucco: è stata dotata di uno speciale rivestimento fatto da componenti di origine vegetale con additivi a base biologica. Per la precisione scarti proteici provenienti da colza, lupini, siero di latte e girasoli, addizionati con cera di api, di Candelilla e della palma carnauba.
Questa carta bioattiva è un’alternativa agli imballaggi per tutti i tipi di cibo, dalla frutta alla verdura, dalla carne al pesce, ma anche formaggio e dolci. “I nostri imballaggi a base di carta sono adatti anche per merci che devono essere refrigerate, per esempio la carne. La funzione antiossidante rimane”, aggiunge Muller. Inoltre “il packaging può essere utilizzato anche per alimenti surgelati – afferma Cornelia Stramm, capo del dipartimento del Fraunhofer IVV – dopo l’uso, l’imballaggio viene collocato nel cestino della carta, il rivestimento è biodegradabile e non impedisce il processo di riciclaggio”.
fonte: www.rinnovabili.it
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End of waste carta, D'Aprile: “Provvedimento importante per filiera strategica”
Focus promosso da Unirima sul decreto end of waste per i rifiuti in carta e cartone. Laura D'Aprile: “Provvedimento fondamentale per una filiera strategica dell'economia circolare”
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Plastica, Lego anticipa l’addio ai sacchetti

La lotta all’inquinamento da plastica passa anche per i giocattoli e Lego, l’azienda che produce i famosi mattoncini colorati, è pronta a rendere i suoi prodotti sempre più sostenibili. Tanto che il gruppo potrebbe anticipare la dismissione dei sacchetti di plastica che contengono i pezzi dei loro giocattoli. Ad annunciarlo è Bloomberg, in un recente aggiornamento sull’azienda.
Da tempo Lego sta studiando nuove strade per rendere i suoi mattoncini più amici dell’ambiente. Fra le varie ipotesi in campo vi è l’uso di plastica di origine vegetale e completamente vegetale, la cui produzione è già stata avviata per alcuni elementi come alberelli e fiori. Ma anche il ricorso a un packaging completamente riciclabile.
Plastica, Lego e l’addio ai sacchetti
L’intenzione di abbandonare i sacchetti di plastica che contengono i mattoncini, in favore di soluzioni in carta completamente riciclabile, è stata annunciata da Lego lo scorso anno. Inizialmente il gruppo ha previsto una deadline al 2025 per la transizione di tutte le sue confezioni, ma sembra che il traguardo possa essere raggiunto con largo anticipo. Niels B. Christiansen, CEO della società, ha infatti affermato in una recente intervista:
La transizione sta andando molto bene, anche se siamo ancora agli stadi di prova. È un lungo processo che richiede modifiche e aggiustamenti nei nostri impianti, ma Lego sta procedendo bene, stiamo più che rispettando le nostre tempistiche.
Poiché la fase di trial sta procedendo senza intoppi, e addirittura in modo più veloce rispetto alle tempistiche prefissate, Bloomberg si dice certa di un anticipo dei nuovi sacchetti di carta amici dell’ambiente.
La società ha investito più di 400 milioni di dollari per i suoi piani ambientali, per rispettare tutte le deadline prefissate per il 2020. Il nodo più difficile sembra quello dei mattoncini, ovvero sviluppare una plastica vegetale che garantisca le stesse performance degli attuali giocattoli:
Dobbiamo sviluppare un prodotto che abbia tutte le caratteristiche degli attuali mattoncini. Deve essere resistente e durare molti anni, deve essere sicuro e non appuntito in caso di rottura, deve sopportare differenti temperature e deve essere chimicamente sicuro.
Nel frattempo, gli impianti potrebbero diventare carbon neutral addirittura entro la fine di quest’anno, così come spiega sempre Bloomberg.
Fonte: Bloomberg
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Carta e cartone: pubblicato il decreto end of waste
fonte: Ricicla.tv
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Viridor potenzia il riciclo in Inghilterra
Il riciclatore britannico Viridor ha investito 15,4 milioni di sterline (pari a 17 milioni di euro) per ammodernare e potenziare le attività di riciclo della frazione secca di imballaggi (carta, cartone e plastica) presso l'impianto di Masons, nella contea del Suffolk, in Inghilterra.
L'intervento ha portato la capacità di trattamento da 65.000 a 75.000 tonnellate annue, con un miglioramento complessivo della qualità del materiale in uscita.
Per questo progetto, Viridor si è affidata a Tomra Sorting Recycling e Stadler, fornitori di attrezzature per la selezione e separazione dei rifiuti.
Il flusso in ingresso è una combinazione di materiale riciclabile in miscela secca (imballaggi, carta e cartone), proveniente dalla raccolta differenziata.
La prima fase prevede la separazione meccanica mediante un tamburo di dosaggio, un separatore balistico (Stadler PPK), un vaglio rotante, separatori balistici (Stadler STT 2000), separatori magnetici a banda larga e separatori a correnti parassite. Dopo questa fase, il materiale passa attraverso un processo di separazione ad aria, per poi arrivare alle selezionatrici ottiche Autosort di Tomra, di nuova installazione. Prima della ristrutturazione, l'impianto disponeva di 3 selezionatrici ottiche, sostituite da 11 nuove Autosort. Inoltre, in una selezionatrice ottica installata quattro anni fa è stato aggiornato il software.
Le 12 selezionatrici ottiche Tomra sono state programmate per individuare e recuperare la miscela di materiali fibrosi (cartone, carta, giornali e opuscoli) e, separatamente, i materiali plastici in base alle diverse famiglie polimeriche per ottenere un flusso di elevata purezza (95%) suddiviso in PET, HDPE, plastica rigida, film, contenitori e vaschette. Il processo è completato da un controllo di qualità finale, prima del confezionamento e la spedizione ai riciclatori.
"Lo stabilimento di Masons è ora tra i più automatizzati del Regno Unito - commenta Steven Walsh, Sales Engineer di Tomra Sorting Recycling - Prima della ristrutturazione, l’impianto poteva selezionare solo plastica mista che poi veniva rilavorata presso l'impianto di Rochester. Inoltre, utilizzava troppo la cernita manuale. Ora, con l'integrazione delle selezionatrici ottiche di Tomra, i progressi nell'automazione e nella capacità dell'impianto consentono a Viridor di recuperare materiali di qualità superiore pronti per l’immissione nell'economia circolare".
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Carta e cartone dove li butto? Tutti i consigli per una corretta raccolta differenziata
Il Consorzio nazionale recupero e riciclo degli imballaggi a base cellulosica (Comieco) ha avviato una nuova campagna per migliorare la qualità della raccolta di carta e cartone, correggendo gli errori di conferimento che ancora persistono. Meno errori nel cassonetto significano maggiore qualità nel riciclo. Conoscere le regole da seguire è dunque fondamentale ma ancora oggi, in base ai risultati dell’indagine, 4 intervistati su 10 nutrono dubbi su cosa sia possibile conferire e cosa no nei contenitori per la carta: il 45,4% si definisce tuttora confuso e il 44% si considera bravo ma insicuro.
Gli Italiani, nel complesso, sono un popolo virtuoso: nel 2019 la raccolta differenziata di carta e cartone ha raggiunto i 3,5 milioni di tonnellate e l’81% degli imballaggi a base cellulosica è stato avviato a riciclo. Sono questi i risultati dell’indagine di AstraRicerche che però confermano possibilità di margini di miglioramento molto ampi, soprattutto sul fronte della qualità di quanto si raccoglie. Inoltre, se da una parte è importante che nella carta non finiscano materiali estranei (ad esempio gli scontrini) è altrettanto importante che tutti i materiali cellulosici riciclabili possano avere una seconda possibilità.
Ecco allora quali sono le regole della corretta raccolta differenziata.
Carta e cartone da riciclare vanno depositati all’interno degli appositi contenitori
Non sempre quello che si chiama carta è da riciclare in questa frazione: stiamo parlando di materiali come la carta oleata o la carta stagnola…
Il sacchetto in cui tengo la carta da buttare se è di plastica, non va gettato con la carta!
Gli imballaggi con residui di cibo, o sostanze chimiche/velenose, non vanno con carta e cartone
Nemmeno i fazzoletti di carta vanno con la carta perché, anche se puliti, sono anti spappolo e difficili da trattare
Scatole e scatoloni vanno appiattiti ripuliti dal nastro adesivo e dei punti metallici eventualmente presenti, poi vanno compressi per ridurne il volume
Gli scontrini non vanno gettati con la carta perché sono fatti con carte termiche che generano problemi nel riciclo
Per i cartoni che contengono liquidi ogni comune ha la sua modalità di raccolta.

Oltre ai consigli utili su come ridurre l’impatto ambientale, è bene ricordare che parlando di carta e cartone spesso circolano delle “fake news” che vanno smentite. Ecco le più diffuse.
1. Una volta che i cittadini hanno separato correttamente carta e cartone dagli altri rifiuti, spesso viene buttato via tutto insieme e non viene riciclato. Lo pensano 3 italiani su 5.
Falso! Imballaggi e oggetti in carta e cartone differenziati correttamente dai cittadini vengono raccolti dal gestore del servizio del Comune e portati in piattaforma, selezionati e lavorati. Una volta resi idonei a essere reintrodotti nei cicli produttivi, vengono trasferiti in cartiera dove, grazie al riciclo, diventano carta e cartone pronti per essere utilizzati per nuovi prodotti nelle cartotecniche. È un vero e proprio esempio di economia circolare che conferma l’Italia leader in Europa e ad oggi il tasso di riciclo è poco sotto l’80%, ovvero 4 imballaggi cellulosici su 5 vengono riciclati.
2. Fare la raccolta differenziata costa.
Falso! Raccogliere carta e cartone in modo differenziato è un semplice gesto di senso civico utile non solo a noi stessi ma anche alla comunità. Riciclare apporta benefici ambientali e anche economici. In base all’accordo Anci-Conai, Comieco riconosce ai Comuni un corrispettivo a fronte dell’effettivo riciclo: sono stati erogati circa 97 milioni di euro solo nel 2018. Anche questo deve poter essere stimolo per fare sempre meglio.

3. Il 60% degli italiani pensa che per produrre la carta le foreste vengono distrutte. Il suo consumo dovrebbe quindi essere ridotto.
Falso! La maggior parte del legno che viene utilizzato per produrre carta proviene da foreste gestite in modo sostenibile. In Europa per ogni albero tagliato, ne vengono piantati altri 3. Oggi l’aumento annuo delle foreste europee equivale a 6.450 km2, pari all’aerea di 4.363 campi da calcio.
4. La carta ha un forte impatto ambientale in termini di emissioni CO2.
Falso! In realtà la carta, essendo un prodotto naturale, rinnovabile e riciclabile, contribuisce al contenimento di emissioni di anidride carbonica. Leggere un quotidiano ogni giorno produce il 20% in meno di CO2 rispetto alla lettura online per circa 30 minuti.
5. La carta si ottiene da un processo di produzione inquinante.
Falso! L’industria cartaria italiana è sostenibile e costantemente impegnata nella ricerca tecnologica dedicata alla tutela dell’ambiente. Oggi per produrre 1 tonnellata di carta si usano 24 metri cubi di acqua; nel 1970 ne occorrevano 100. Generalmente il 90% dell’acqua che si impiega nel processo produttivo è acqua di riciclo, solo il restante è costituito da acqua di primo impiego.
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Critiche alle Linee guida sulla Direttiva SUP

In una nota diramata dalle principali associazioni europee del settore plastica, carta e imballaggio viene analizzata e criticata la bozza che sta circolando delle Linee guida della Commissione europea relative alla direttiva sugli articoli monouso in plastica (direttiva SUP, 2019/904 del 5 giugno 2019).
I firmatari - tra i quali PlasticsEurope, EuPC, Plastics Recyclers Europe, Eumpes - si dicono preoccupati per l'ampliamento del campo di applicazione rispetto al testo pubblicato in GUCE e per i riflessi sulla tenuta del mercato unico per il comparto degli imballaggi. Invece di fornire i chiarimenti necessari alla sua applicazione - si legge nel documento - le linee guida potrebbero ostacolare la riduzione dei rifiuti e la transizione verso un'economia circolare per la plastica.
Le associazioni rispondono al documento con due osservazioni volte a garantire il raggiungimento degli obiettivi politici fissati dalla direttiva SUP.
La prima riguarda l'assenza di un riferimento per il recepimento armonizzato della direttiva a livello comunitario, lasciando così troppa discrezionalità a livello nazionale, anche perché le disposizioni fondamentali della direttiva SUP non sarebbero state chiarite in modo adeguato nel testo. Toccherebbe invece alle linee guida favorire un recepimento omogeneo e armonizzato per prevenire la frammentazione del mercato, l'incertezza e gli ostacoli al commercio intracomunitario che potrebbero innescarsi da interpretazioni diverse a livello locale.

Un altro esempio riguarda all'allegato, Parte A, che identifica gli articoli soggetti ad una riduzione dei consumi (quindi non vietati), tra i quali i contenitori per alimenti pronti per il consumo senza ulteriore preparazione, per esempio cottura, bollitura o riscaldamento. Nelle linee guida in bozza si afferma che lavaggio, pelatura o affettatura, come nel caso di frutta e verdura, non dovrebbero essere considerati una preparazione e quindi non andrebbero considerati criteri di esclusione dall'ambito di applicazione.
fonte: www.polimerica.it
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I materiali di scarto? Sono gioielli preziosi
Tonnellate di oggetti gettati via ogni anno in Italia hanno ancora grandi potenzialità per una seconda vita. Con creatività e tecniche artigianali, alcune realtà italiane recuperano materiali di scarto per la creazione di gioelli e accessori unici e personalizzabili. Nuova utilità a RAEE, carta e cartone, e piccola oggettistica inutilizzata. Le storie dell'Atlante Italiano dell'Economia Circolare.
Dal computer o frullatore che hai buttato un accessorio che completa il tuo outfit
A promuovere una seconda vita degli oggetti di scarto l’ingegno nei prodotti Midorj, realtà classificabile tra quelle dedite al riuso creativo di ciò che è destinato a discarica. In questo caso parliamo di rifiuti speciali elettrici e elettronici (RAEE) le cui componenti rappresentano il fulcro dei gioielli del laboratorio. Secondo il Centro di Coordinamento RAEE (CDCRAEE) in Italia la raccolta dei RAEE domestici ha toccato le 365 mila tonnellate nel 2020, un dato che supera la soglia del 2019 (+6,4%). Parliamo di un tipo di rifiuto che spesso racchiude ancora grandi potenzialità per un secondo riutilizzo nei settori più affini, come ad esempio l’elettronica, e in chiave di right to repair potranno essere centrali nel permettere a tutti i cittadini europei di avere a disposizione componenti sostitutive per riparare i propri apparecchi elettronici malfunzionanti. Con Midorj le piccoli componenti delle apparecchiature elettroniche trovano un’altra destinazione che comunque conferisce loro una vita più lunga e valorizza in maniera creativa il loro aspetto originale. Le capacità artigianali dell’artista si uniscono ai principi dell’economia circolare in un progetto dove parti elettroniche obsolete o di scarto vengono incastonate in modo creativo all’interno di una resina certificata che impedisce il loro deterioramento e la fuoriuscita di liquido dannoso. Questi piccoli elementi elettronici sono poi assemblati e abbelliti da profilati metallici industriali di recupero in ottone e acciaio che Midorj raccoglie da piccoli artigiani locali. La realtà ha infatti l’ambizione di creare una rete con gli artigiani locali e con chi si occupa del recupero di RAEE. Oltre alla progettazione di creazioni in cui si estende la vita di componenti elettroniche di scarto, Midorj riflette sull’importanza di prendersi cura dei prodotti che acquistiamo tramite una manutenzione costante che permetta di conservare intatta la loro bellezza nel tempo. Lo fa offrendo consigli su come trattare e pulire l’accessorio e mettendo a disposizione per ogni acquisto un panno dedicato alla manutenzione.
Da un borgo unico come Calcata, Lazio, arriva la storia di La Cartonera. Dalla creatività di un grafico nascono gioielli e accessori fatti a mano utilizzando carta e il cartone usato che comunemente troviamo nelle nostre case. Parliamo quindi di buste, cartoni delle uova, rotoli finiti di carta da cucina e carta igienica: questo specifico materiale che butteremmo nella raccolta differenziata della carta offre infatti infinite possibilità di lavorazione. Però invece di finire nel cassonetto, tutti gli scarti trovati dall’artista vengono messi da parte. La raccolta differenziata di carta e cartone ha toccato i 3,5 milioni di tonnellate nel 2019 in Italia, la seconda frazione più raccolta dopo l’organico, ma il settore stesso rappresenta un caso positivo sul territorio con un tasso di circolarità, ovvero l’utilizzo di fibre da riciclo nella produzione cartaria, pari al 60%. Dei buoni traguardi, ma se si vuole seguire la gerarchia dei rifiuti stabilita dalla Direttiva 2008/98/CE al riciclaggio si dovrebbe preferire la prevenzione del rifiuto o il suo riutilizzo, e nel suo piccolo l’attività della realtà di Calcata segue questo schema. Il materiale di scarto è impreziosito con vernici ad acqua e impermeabilizzato con un prodotto per il legno atossico, quindi gli accessorio puntano a essere totalmente sostenibili. Altra caratteristica circolare a cui l’artigiano ha pensato sin dal tavolo di progettazione è la scomponibilità degli accessori: il 95% del materiale è carta e cartone, il restante sono colla, metallo e corde sintetiche che sono assemblati in modo tale che sia facile il conferimento dei diversi materiali nella raccolta differenziata quando si deciderà di non utilizzare più la creazione.
Caccia al tesoro tra mercatini e oggetti dimenticati
Le tecniche artigianali più svariate sono utilizzate da Davanti agli Elefanti, atelier creativo nella città di Bologna. Il laboratorio crea pezzi unici di design e gioielli costituiti da materiali di recupero e oggetti inutilizzati, a cui viene dato nuovo valore e utilità in maniera creativa. Gli oggetti scovati e ricercati in mercatini dell’usato, mercerie dismesse o dimenticati nelle soffitte, vengono assemblati e lavorati in maniera armonica tramite la lavorazione dei metalli, la decorazione pittorica e il ricamo, in modo tale da creare prodotti unici che diano dignità a materiali scartati. Le creazioni sono costituite per il 90% da questi materiali che vengono recuperati prevalentemente localmente, per portare avanti un’attività che sia il più possibile attenta a ridurre il proprio impatto sull’ambiente. L’elemento che sicuramente accomuna le tre realtà sono le storie di tre donne che son riuscite a fare di qualcosa che tutti comunemente consideriamo senza valore, quindi un rifiuto, la base per un’attività lavorativa in cui possano valorizzare non solo i materiali di scarto ma anche le capacità e la creatività unica che le caratterizza.
fonte: economiacircolare.com
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Acquisti online post pandemia: cresce il quantitativo di packaging e crescono i rifiuti

L’anno della pandemia ha segnato un’accelerazione degli acquisti online a sfavore delle compere in negozio. Un trend che, con la stagione dei regali, ha visto un’ulteriore crescita. Tra i tanti problemi che questa tendenza porta con sé da un punto di vista ambientale, non ultimo è l’aumento della produzione di rifiuti: confezionare i beni che consumiamo per il trasporto via corriere, infatti, comporta un utilizzo di materiali decisamente maggiore rispetto agli acquisti fatti direttamente in negozio.
Così, nel Natale appena passato, sotto l’albero ci siamo trovati milioni di scatole e scatoloni entrati nel ciclo dei rifiuti. Negli Stati Uniti, dove gli acquisti online erano molto diffusi già prima della pandemia, il fenomeno assume dimensioni preoccupanti e c’è chi sta provando a trovare soluzioni.
Più Internet vuol dire più imballaggio
Secondo dati del Department of Commerce, nel secondo quadrimestre del 2020 i consumatori americani hanno speso 211 miliardi di dollari online, il 16 per cento del totale degli acquisti, segnando un aumento del 44,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Nonostante una lieve flessione nel terzo quadrimestre dovuta alla riapertura dei negozi, l’e-commerce sembra il grande vincitore dell’anno che sta per finire. A conferma, basta citare un dato: nel secondo quadrimestre dell’anno, Amazon ha registrato un aumento del 40 per cento delle vendite per una cifra record pari a 88.9 miliardi di dollari.
Tutti questi acquisti arrivano nelle case dei consumatori imballati in confezioni spesso sovradimensionate. Secondo il rapporto mensile sui contenitori in cartone pubblicato lo scorso luglio dall’American Forest & Paper Association, nel primo semestre del 2020, la produzione di questi contenitori negli Usa è stata del 5 per cento maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019.
La spinta è arrivata dal settore residenziale, proprio per via dell’aumento delle consegne a domicilio e del ricorso all’e-commerce. E non c’è solo cartone nei pacchi consegnati nelle nostre case: spesso le confezioni contengono plastica e polistirolo per proteggere i prodotti in esse contenuti. Secondo il rapporto E-Commerce Plastic Packaging – Global Market Outlook, il mercato globale degli imballaggi in plastica per l’e-commerce raggiungerà i 28,60 miliardi di dollari nel 2027, quando nel 2019 ammontava a 9,62 miliardi. Il rapporto cita la crescente penetrazione di Internet e degli acquisti online tra i fattori principali di questa crescita.
Se a restituire all’azienda ci pensa lo stesso corriere
Il problema è reale e tante sono le aziende che stanno esplorando soluzioni. Da una parte, c’è la necessità di confezionare meglio ed evitando lo spreco di materiali: diverse sono le associazioni di categoria che stanno portando l’attenzione verso la spesso frustrante esperienza del consumatore che si ritrova ad aprire grossi pacchi multistrato per scartare prodotti dalle dimensioni ridotte. Dall’altra c’è una spinta a riciclare di più e meglio gli imballaggi. L’Environmental Protection Agency la scorsa primavera ha pubblicato una serie di video informativi per diffondere buone pratiche legate al riciclo, con una particolare enfasi sui cartoni per gli imballaggi, e alcune aziende stanno iniziando a prediligere materiali facilmente differenziabili e riciclabili.
Ma soprattutto si sta diffondendo sempre di più l’idea che le confezioni possano essere utilizzate più volte. In questo filone si inseriscono diverse esperienze che cercando di eliminare gli imballaggi usa e getta dalla catena dell’e-commerce. Tra queste c’è The Lime Loop che offre alle aziende la possibilità di utilizzare i propri servizi e imballaggi per garantire ai propri consumatori un’esperienza di acquisto online a rifiuti zero. Lime Loop fornisce ai propri clienti delle confezioni riutilizzabili all’interno delle quali il consumatore finale riceve i prodotti ordinati online, per poi restituire il contenitore semplicemente dandolo in consegna al corriere. Le confezioni prodotte da Lime Loop sono realizzate in vinile riciclato da vecchi cartelloni pubblicitari. Le aziende le affittano e sono riutilizzabili fino a 2000 volte. Quando il pacco arriva a destinazione, il cliente tira fuori i suoi prodotti, appone sulla confezione un’etichetta di spedizione inclusa nel pacco e lascia o spedisce il contenitore vuoto al corriere che lo restituisce al mittente.
Imballaggi su misura
La startup ha creato anche una app attraverso la quale le aziende possono tracciare le consegne, valutare la soddisfazione dei propri clienti e l’impatto ambientale della scelta di confezioni riutilizzabili. Molto simile è il modello di RePack, nata in Europa nel 2011 e arrivata anche negli Stati Uniti nel 2019. Repack offre ai commercianti che aderiscono le proprie buste riutilizzabili, le loro confezioni sono meno durevoli, ma i vantaggi sono comunque assicurati, non solo per l’ambiente ma anche per i budget delle aziende che, sul lungo periodo, spendono meno in imballaggi. Tante altre sono le aziende che progettano e vendono ai negozi online confezioni riutilizzabili.
Un esempio è quello di Returnity che offre imballaggi su misura e personalizzati sulla base degli specifici bisogni dei diversi venditori che possono ordinarne le quantità di volta in volta desiderate. Concetto simile ma design decisamente meno accattivante per Reusepac e Livingpackets. Il tema interessante, e che approfondiremo molto presto su EconomiaCircolare.com, è per chi invece chi si spinge ancora più in là proponendo alle aziende, non solo gli imballaggi per la consegna, ma contenitori riciclabili per i loro stessi prodotti, come fa Terracycle con il suo sistema Loop.
Intanto, nel nostro Paese sono ancora pochi i negozi online che si servono di imballaggi riutilizzabili. E allora buoni propositi per il nuovo anno: gli acquisti della Befana, meglio farli in negozio.
fonte: economiacircolare.com/
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