Diffondere la cultura dell’economia circolare, privilegiando
Intesa tra Assobioplastiche e Federdistribuzione nel segno dell’economia circolare
Diffondere la cultura dell’economia circolare, privilegiando
Linee guida per la tracciabilità dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata
Il Consiglio Direttivo dell’UNI ha approvato l’avvio dei lavori di elaborazione di un nuovo progetto di prassi di riferimento (UNI/PdR) sul tema del recupero dei materiali provenienti...
A Torino nasce hub specializzato nella produzione artigianale con materiali sostenibili

A Torino c’è un’impresa sociale che sta creando il più grande hub territoriale specializzato nella progettazione e produzione artigianale realizzata con materiali sostenibili. Si tratta di Izmade, vincitrice del premio speciale Impacton nell’edizione 2020 di Welfare che impresa!, programma di capacity building per progetti di welfare ad alto potenziale di impatto sociale, economico e ambientale, promosso da Fondazione Italiana Accenture insieme a UBI Banca (Banca del Gruppo Intesa Sanpaolo), Fondazione Snam, Fondazione Bracco, Fondazione con il Sud, Fondazione Peppino Vismara, in partnership con Impacton, Aiccon e Fondazione Politecnico di Milano – Tiresia.
Izmade rappresenta una risposta imprenditoriale visionaria ad una delle sfide più complesse per la nostra società: la sostenibilità ambientale. L’impresa è stata selezionata tra i 12 progetti finalisti di Welfare che impresa! 2020 entrando a pieno titolo nello scaling program di Impacton, la cui missione è intercettare formule di impatto e trasformarle in toolkit digitali per renderle accessibili e adattabili a chiunque desideri replicarli nel proprio contesto territoriale.
La squadra di Izmade è composta da Alessandro, Giuseppe Pasquale e Paolo, giovani architetti e designer che guidano un team di professionisti altamente qualificati per la progettazione e produzione di arredi e allestimenti di design attraverso l’utilizzo creativo di materiali ecosostenibili – materiale di recupero, scarti di lavorazione industriale, materiali innovativi e riciclabili – allo scopo di diffondere e promuovere l'utilizzo delle risorse naturali e del materiale di riciclo nella vita quotidiana. Izmade è anche un MakerSpace aperto, al tempo stesso uno studio e un laboratorio dove progettare e prototipare. Obiettivo di Izmade è far crescere l’hub torinese e fare formazione sull’artigianato eco-sostenibile coinvolgendo la comunità locale e il territorio.
Izmade è stato scelto da Impacton per l’efficacia della sua formula, per essere un progetto solido e già validato, e perchè risponde ad un bisogno trasversale a molte geografie.
Il percorso di Impacton ha coinvolto Izmade attraverso tre workshop finalizzati a identificare la migliore strategia di scalabilità, gli elementi da adattare in ogni contesto locale e le metriche di misurazione d’impatto da tracciare in occasione di ogni replicazione, permettendo così di sintetizzare il progetto in un toolkit digitale che riassume tutti gli elementi fondanti del progetto e permette di replicarne la formula. Il toolkit funziona come una ricetta di cucina: si parte dall’identificare gli “ingredienti”, le risorse chiave necessarie per avviare la replica del progetto, fino ad arrivare alla descrizione di dettaglio dei passi necessari per implementarlo.
Grazie a Welfare che impresa! e al percorso con Impacton, Izmade ha lanciato recentemente la startup Plastiz, che lavorerà in modo verticale sul tema della plastica.
“Fondazione Italiana Accenture è soddisfatta del percorso evolutivo e dai risultati raggiunti da Izmade, anche grazie al supporto di Impacton. Welfare che impresa! è un programma di capacity building, scaling internazionale e investment readiness per imprese sociali che negli anni ha saputo intercettare progetti ad elevato potenziale di crescita, che abbiamo continuato a seguire da vicino per accelerarne lo sviluppo e l’espansione.” - commenta Simona Torre, Segretario Generale di Fondazione Italiana Accenture.
“Dalla nostra esperienza internazionale, sappiamo che per molti progetti ad alto impatto sociale e ambientale come Izmade scalare significa ‘replicare il proprio modello’, adattandolo alle esigenze dei diversi contesti locali! Siamo felici di poter accompagnare con i nostri programmi di replicazione, la diffusione di Izmade, amplificando così il suo impatto, generando connessioni e reti tra giovani imprenditori sociali, studenti e attivisti, enti del terzo settore, e attori pubblici-privati - Margherita Pagani, Founder e CEO di Impacton.
Il concorso “Welfare, che impresa!” ha riaperto le porte lo scorso 16 marzo per la sua Quinta Edizione e intende premiare e supportare i migliori progetti di welfare di comunità promossi da Enti in grado di produrre benefici in termini di sviluppo locale, in settori quali: cultura, valorizzazione del patrimonio e del paesaggio, sostenibilità ambientale e circular economy, smart cities e mobilità, energia, welfare territoriale, servizi di cura e welfare aziendale, agricoltura sociale e rigenerazione e restituzione alla fruizione collettiva di beni pubblici inutilizzati o di beni confiscati alla criminalità organizzata.
Il concorso è promosso da Fondazione Italiana Accenture, Fondazione Bracco, Fondazione Snam, Fondazione CON IL SUD, Fondazione Peppino Vismara e UBI Banca (Banca del Gruppo Intesa Sanpaolo), con il contributo di AICCON, Fondazione Politecnico di Milano – Tiresia, Fondazione Social Venture Giordano Dell’Amore e Impacton e degli incubatori PoliHub, SocialFare, Hubble Acceleration Program, G-Factor, incubatore-acceleratore di Fondazione Golinelli; a|cube e Campania NewSteel.
fonte: www.torinooggi.it
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Per 7 italiani su 10 i contenitori per la raccolta dei rifiuti sono troppo piccoli
I contenitori per la raccolta differenziata sarebbero ormai diventati troppo piccoli per le abitudini di consumo degli italiani. E’ quanto emerge da una ricerca condotta da OnePoll per DS Smith, azienda che opera nel settore del packaging sostenibile, secondo cui il 71% degli italiani ha riempito almeno una volta nell’ultimo mese i contenitori per la raccolta differenziata dei rifiuti, non avendo più spazio per conferirne di nuovi.
La pandemia Covid-19 e i relativi lockdown hanno pesantemente influito su questo fattore: il 60% degli intervistati dichiara che l’aumento della produzione di rifiuti riciclabili sia stata generata dal maggior tempo passato in casa per via delle restrizioni, mentre il 35% indica tra le cause anche l’aumento degli acquisti in Rete. Un italiano su tre, invece dà anche una motivazione più “ecologica” legato all’aumento della raccolta differenziata, e cioè uno sforzo maggiore per differenziare e conferire correttamente i rifiuti per l’avvio a riciclo.
Con l’85% degli italiani che dichiara di aumentare o mantenere il livello di acquisti on-line anche al termine delle restrizioni, e l’affermarsi dello smart working come modalità di lavoro anche nella nuova normalità, questa situazione è destinata a rimanere in via permanente. Per questo, il 64% degli italiani vorrebbe poter contare su contenitori più capienti, in grado di ospitare tutti i rifiuti conferiti a livello domestico.
Avere contenitori più grandi farebbe anche bene all’ambiente: il 15% dei rispondenti ammette infatti – a contenitori pieni – di buttare i rifiuti rimanenti nell’indifferenziata, non permettendone così il corretto riciclo.
In particolare, dall’inizio della pandemia gli italiani riportano un aumento delle seguenti tipologie di rifiuti prodotte a livello domestico: imballaggi per lo shopping online (48%), imballaggi per la farina (40%), contenitori per l’asporto dai ristoranti (34%) e contenitori per il sapone per le mani (34%).
Questa situazione crea frustrazione negli intervistati, con il 58% dei rispondenti che è in imbarazzo per la quantità di rifiuti prodotti, in buona parte (40%) perché pensa di crearne troppi. Gli italiani sono anche preoccupati dell’impatto dei rifiuti sull’ambiente (92%) e sul servizio di raccolta dei rifiuti, con il 45% preoccupato per una gestione non corretta, che vanificherebbe gli sforzi condotti per differenziare i rifiuti. Infine, il 78% concorda sul bisogno di maggiori informazioni e trasparenza su ciò che può e ciò che non può essere riciclato.
"Shopping on-line e lavoro da casa erano fenomeni già diffusi prima della pandemia, ma le restrizioni dovute alla diffusione del Covid-19 hanno drammaticamente accelerato queste tendenze” ha commentato Mike Harrison, Recycling South Region Managing Director. “Molti di questi cambiamenti sono destinati a diventare permanenti, comprese le abitudini di riciclo, per cui dobbiamo assicurarci che il sistema di raccolta dei rifiuti permetta di avviare il processo di riciclo dai flussi domestici di quanto più materiale possibile”.
fonte: www.greencity.it
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Plastica, Lego anticipa l’addio ai sacchetti

La lotta all’inquinamento da plastica passa anche per i giocattoli e Lego, l’azienda che produce i famosi mattoncini colorati, è pronta a rendere i suoi prodotti sempre più sostenibili. Tanto che il gruppo potrebbe anticipare la dismissione dei sacchetti di plastica che contengono i pezzi dei loro giocattoli. Ad annunciarlo è Bloomberg, in un recente aggiornamento sull’azienda.
Da tempo Lego sta studiando nuove strade per rendere i suoi mattoncini più amici dell’ambiente. Fra le varie ipotesi in campo vi è l’uso di plastica di origine vegetale e completamente vegetale, la cui produzione è già stata avviata per alcuni elementi come alberelli e fiori. Ma anche il ricorso a un packaging completamente riciclabile.
Plastica, Lego e l’addio ai sacchetti
L’intenzione di abbandonare i sacchetti di plastica che contengono i mattoncini, in favore di soluzioni in carta completamente riciclabile, è stata annunciata da Lego lo scorso anno. Inizialmente il gruppo ha previsto una deadline al 2025 per la transizione di tutte le sue confezioni, ma sembra che il traguardo possa essere raggiunto con largo anticipo. Niels B. Christiansen, CEO della società, ha infatti affermato in una recente intervista:
La transizione sta andando molto bene, anche se siamo ancora agli stadi di prova. È un lungo processo che richiede modifiche e aggiustamenti nei nostri impianti, ma Lego sta procedendo bene, stiamo più che rispettando le nostre tempistiche.
Poiché la fase di trial sta procedendo senza intoppi, e addirittura in modo più veloce rispetto alle tempistiche prefissate, Bloomberg si dice certa di un anticipo dei nuovi sacchetti di carta amici dell’ambiente.
La società ha investito più di 400 milioni di dollari per i suoi piani ambientali, per rispettare tutte le deadline prefissate per il 2020. Il nodo più difficile sembra quello dei mattoncini, ovvero sviluppare una plastica vegetale che garantisca le stesse performance degli attuali giocattoli:
Dobbiamo sviluppare un prodotto che abbia tutte le caratteristiche degli attuali mattoncini. Deve essere resistente e durare molti anni, deve essere sicuro e non appuntito in caso di rottura, deve sopportare differenti temperature e deve essere chimicamente sicuro.
Nel frattempo, gli impianti potrebbero diventare carbon neutral addirittura entro la fine di quest’anno, così come spiega sempre Bloomberg.
Fonte: Bloomberg
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Lettera aperta a Comieco
Si chiama ATICELCA 501 (da Associazione Tecnica Italiana Cellulosa e Carta) approvato nel 2019 e rappresenta la modalità per valutare i livelli di riciclabilità degli imballaggi a prevalenza in carta. Esso prevede classificazioni definite A+ quando l’imballaggio non produce più di 1,5% di impurità nel riciclo, A quando produce fino al 10% di impurità, B, quando produce fino al 20% di impurità, C, quando produce fino al 40% di impurità. In pratica, a parte la prima classificazione tutte le altre ci pongono di fronte a dei “polimateriali” o a degli “accoppiati” soprattutto con plastiche. Cosa succede? Quando questi materiali vanno differenziati con la carta, nelle operazioni di riciclo, i maceri derivanti producono uno scarto plastico che va a formare lo scarto di pulper che nell’area della piana di Lucca (tra Capannori e Lucca) che assorbe circa il 40% di tutti i maceri italiani, produce circa 100.000 tonnellate di questo scarto.
OCCORRE MODIFICARE QUESTI CRITERI, in quanto essi appaiono troppo permissivi a produrre imballaggi che quasi fino a metà della loro composizione producono scarti plastici per i quali l’industria cartaria (incredibilmente responsabile per aver approvato i criteri di cui sopra) invoca gli inceneritori. CHE SIA IL COMIECO A FARSI CARICO DI QUESTA REVISIONE per evitare che l’attuale passaggio da parte di molte imprese dall’utilizzo di imballaggi plastici ad imballaggi a prevalenza cellulosica non significa passare di nuovo da plastica a…plastica! SI ABOLISCA almeno la “fascia C” (vedi imballaggi del tipo biscotti Balocco) di fatto praticamente in plastica ma che può essere conferito nella raccolta differenziata della carta. Ma anche molti imballaggi cellulosici che il Centro Ricerca RZ di Capannori sta studiando in particolare per quanto riguarda gli imballaggi per frutta appaiono del tutto fuorvianti in quanto mentre all’esterno risultano in cartoncino all’interno sono rivestite in polietilene (PE) provocando almeno il 20% del peso in scarto. Passare dagli imballaggi in plastica ad imballaggi in carta…plastificata E’ INACCETTABILE!Mentre tutto questo avviene, che dire poi di imballaggi misti carta e plastica come quelli adoperati da Pasta Rummo, Tortellini Rana, Emiliane Barilla ed addirittura da marche del biologico come Alce Nero che devono essere conferiti nell’indifferenziato? Dov’è la Responsabilità Estesa del Produttore? Non è più accettabile questa “esternalizzazione” dei costi ambientali! Nonostante l’evidente iniquità di questo i Governi che si succedono si occupano d’altro, salvo parlare…di “sostenibilità”. BASTA RETORICA E FALSITA’! Occorre una svolta vera. Poichè ormai i cittadini italiani hanno imparato la raccolta differenziata, anche le aziende devono fare la loro parte. Presto il Centro Ricerca RZ di Capannori e Zero Waste Italy intraprenderanno iniziative clamorose come rispedire al mittente questi imballaggi. A meno che non si apra un tavolo vero.
Rossano Ercolini 3206352017
fonte: www.zerowasteitaly.org
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Economia circolare UE: Bruxelles studia target vincolanti per l’uso di materiali riciclati
I membri della commissione hanno sottoscritto in generale l’approccio dell’esecutivo UE. Bisogna convertire il modello produttivo, abbandonando quello incardinato sui principi “take-make-dispose”, preleva-produci-getta, in favore di un’economia circolare matura che mette al centro la prevenzione dei rifiuti e la riduzione dell’uso di materia e di energia.
I deputati chiedono obiettivi UE vincolanti per il 2030 per l’impronta ambientale dell’uso e del consumo dei materiali, che coprano l’intero ciclo di vita di ciascuna categoria di prodotto immessa sul mercato europeo. In più, la richiesta è di inserire anche degli obiettivi vincolanti per il contenuto di materiale riciclato in specifiche tipologie di prodotti. Infine, i membri della commissione ambiente chiedono di fissare degli obiettivi verdi anche per quanto riguarda le forniture nei settori pubblici.
L’obiettivo di queste misure è sostenere e rendere conveniente l’uso maggiore di materiali riciclati. In alcuni casi, infatti, come quello cruciale della plastica, la versione riciclata costa di più di quella nuova. E quindi fatica ad avere un suo mercato. Anche per questa ragione la proposta vuole fare leva sul potere d’acquisto delle amministrazioni pubbliche europee, che nel complesso esprimono il 14% del PIL del continente.
Di fatto, la commissione ambiente dell’europarlamento non ha solo sposato la linea della Commissione, ma l’ha approfondita e allargata. L’esecutivo UE, infatti, aveva proposto inizialmente di fissare dei volumi minimi di uso di materiali da riciclo solo per la plastica. Resta ancora da vedere se le ambizioni della commissione tematica riusciranno a fare breccia nell’aula di Strasburgo, che deve ancora votare la proposta. Che finora sembra godere di una maggioranza larga, visto che ha raccolto 66 voti a favore, solo 6 contrari e 7 astenuti.
Per Jan Huitema (Renew Europe), relatore della proposta, la transizione verso un’economia circolare UE è un’opportunità visto che l’Europa “non è un continente ricco di risorse, ma abbiamo le competenze e la capacità di innovare e sviluppare le tecnologie necessarie per chiudere il cerchio e costruire una società senza sprechi. Questo creerà posti di lavoro e crescita economica e ci avvicinerà al raggiungimento dei nostri obiettivi climatici: è un vantaggio per tutti”.
fonte: www.rinnovabili.it
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