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Linee guida per la tracciabilità dei materiali provenienti dalla raccolta differenziata

















Il Consiglio Direttivo dell’UNI ha approvato l’avvio dei lavori di elaborazione di un nuovo progetto di prassi di riferimento (UNI/PdR) sul tema del recupero dei materiali provenienti...

Percorso Cobat, un mega cervello contro l’illegalità nell’autodemolizione

Cobat Società Benefit ha sviluppato un software con cui tracciare tracciare ogni singolo componente delle autovetture giunte fine vita. Oggi lo offre liberamente a autodemolitori e case automobilistiche



Per l’autodemolizione inizia una vera e propria rivoluzione, fatta di trasparenza e intelligenza. È Percorso Cobat il nuovo progetto avviato dalla Cobat Società Benefit, piattaforma italiana di servizi per l’economia circolare. La società oggi garantisce un servizio efficiente di raccolta, stoccaggio e avvio al riciclo di un’ampia gamma di rifiuti: dalle batterie ai RAEE passando per gli pneumatici fuori uso. E aiuta le aziende italiane a gestire i rifiuti derivanti dalle proprie attività con una serie i prodotti e servizi ad ed esse dedicate. In questo contesto nasce Percorso Cobat, software certificato per il tracciamento di ogni singolo componente delle autovetture a fine vita. Un programma open, messo a disposizione gratuitamente di case automobilistiche e demolitori per aiutare a promuovere trasparenza e sicurezza.

La soluzione è stata presentata oggi a Roma alla presenza di rappresentati politici, ambientalisti e mondo delle associazioni. E assieme a Certiquality, organismo di certificazione specializzato nella certificazione dei sistemi di gestione aziendale, con cui Cobat collabora ormai da tempo.
Percorso Cobat, un mega cervello al servizio della legalità

La soluzione mira a rivoluzionare il concetto di autodemolizione. Come? Creando un sistema trasparente, affidabile e di qualità. Da un lato, infatti, il software permette agli autodemolitori di inserire i dati e i componenti di ogni veicolo in ingresso; dall’altro dà la possibilità all’industria automobilistica di avere accesso alle informazioni relative ai veicoli a fine vita. La piattaforma – certificata da Certiquality – consente di consultare report, statistiche e schede automezzi, e nel contempo di avere accesso immediato al magazzino, sia del singolo automezzo che all’intera lista ricambi.

L’idea è nata 3 anni fa, in concomitanza con i primi passi della Direttiva Europea 2018/849 sulla gestione dei veicoli fuori uso, pile e RAEE. Il provvedimento in questione, recepito nella legislazione italiana a settembre 2020, chiedeva tra le altre cose di riformare il sistema di gestione dei veicoli da demolire. Nello specifico di individuare forme di promozione e di semplificazione per il riutilizzo di alcuni parti come mezzi di ricambio; e di rafforzare l’efficacia e l’efficienza dei sistemi di tracciabilità e di contabilità dei mezzi e dei loro rifiuti, adeguando anche lo schema di responsabilità estesa del produttore. Per rispondere a queste esigenze Cobat ha deciso di dar vita a Percorso Cobat, trovando un sistema universale in grado di dialogare con la maggior parte dei software già utilizzati dagli autodemolitori.

“Un sistema aperto a tutti, offerto liberamente ad autodemolitori e case automobilistiche – spiega Giancarlo Morandi, presidente di Cobat – Attraverso un uso efficiente dei dati, è infatti possibile ridurre l’impatto sull’ambiente, generare un risparmio di energia e assicurare agli automobilisti un alto livello del servizio. È la creazione del valore condiviso, alla base della mission di Cobat in quanto Società Benefit. Un vantaggio per le aziende, un vantaggio per la società, un vantaggio per l’ambiente”.
Triplo audit per gli autodemolitori

Gli impianti di autodemolizione, per aderire alla piattaforma, vengono certificati da un triplo audit: in back office, sui dati dichiarati da tutti gli iscritti alla piattaforma; periodicamente, tramite un monitoraggio di tutta la documentazione e sul campo, con un’ulteriore verifica dei requisiti.

“Siamo molto lieti della lunga collaborazione tra Certiquality e Cobat – ha detto Cosimo Franco, direttore generale di Certiquality – e dell’importanza che Cobat ha sempre riconosciuto al sistema delle certificazioni quale strumento per valorizzare il proprio impegno per la qualità e la sostenibilità. Insieme alle certificazioni ambientali secondo lo standard internazionale ISO 14001 ed il Regolamento europeo EMAS, Certiquality ha certificato il sistema di gestione della sicurezza dei dati e delle informazioni di Cobat secondo lo standard ISO 27001. Business continuity, sicurezza informatica e sostenibilità, insieme a Industria 4.0, sono temi di assoluta attualità, anche alla luce del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che indirizza gli investimenti in queste direzioni. Il ruolo di CQY come organismo di certificazione indipendentemente – ha aggiunto Cosimo Franco – sarà una ulteriore garanzia per tutti gli stakeholder di trasparenza e qualità del dato della piattaforma”.

fonte: www.rinnovabili.it



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Parte la sperimentazione di Rentri

Il nuovo sistema per la tracciabilità elettronica della circolazione dei rifiuti raccoglie l'eredità del Sistri, abortito prima ancora di partire.











Il Ministero della Transizione ecologica (MiTE) ha annunciato l'avvio del programma di sperimentazione di Rentri , il nuovo sistema per la tracciabilità della circolazione dei rifiuti destinato a prendere il posto del Sistri, progetto abortito due anni fa prima ancora di partire.

L’iniziativa - si legge in una nota - nasce dalla necessità di attuare le Direttive Comunitarie che indicano in un registro nazionale un tassello fondamentale per l’economia circolare.

La sperimentazione si basa su un prototipo semplificato, che dovrà verificare la funzionalità e la fruibilità di alcune delle funzioni del Registro elettronico nazionale e, in particolare, l’interoperabilità con i sistemi gestionali attualmente in uso alle aziende. In questo modo, le imprese tenute all’iscrizione al Registro potranno testare, per almeno quattro mesi, le procedure operative che con l’applicazione della nuova disciplina diventeranno prassi quotidiana per la gestione degli adempimenti.

A tale scopo, nel sito del R.E.N.T.Ri  (www.rentri.it) è stata attivata la sezione riservata al Laboratorio Sperimentale per la Prototipazione Funzionale, che con la firma del protocollo di adesione da parte delle Associazioni professionali farà partire la fase di sperimentazione.


fonte: www.polimerica.it


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Come riciclare e recuperare il 95% dei materiali di cui è composta un’auto da rottamare. In 6 passi

Di un’auto da rottamare, in teoria, non si butta via niente, o quasi! È infatti possibile recuperare, reimpiegare o riciclare fino al 95% dei materiali di un veicolo fuori uso. Ma è necessario l’impianto giusto











Quando si parla dell’impatto in termini ambientali di un veicolo, spesso si finisce col pensare solo al suo utilizzo e all’alimentazione: elettrico, ibrido o a combustibili fossili? Invece nel LCA, life cycle assessment, vi sono ricompresi sia la costruzione che il fine vita. Con questo approfondimento partiremo proprio dal capire cosa accade quando decido di rottamare un’auto.

Cosa avviene esattamente dopo aver portato il veicolo ad un impianto di trattamento VFU (veicoli fuori uso)? Cosa è recuperabile? In che modo? Cosa c’entra tutto ciò con l’economia circolare? Andiamolo ad approfondire assieme.
Perché un veicolo viene rottamato

Un veicolo viene avviato a demolizione quando giunge al termine del suo ciclo di vita utile. Ciò può accadere per vetustà degli stessi o per eventi o incidenti che ne abbiano compromesso le funzioni. In alcuni casi chi decide di rottamare il veicolo lo fa per incompatibilità dello stesso con le disposizioni locali, come quelle sulla qualità dell’aria che impongono limiti alla circolazione a veicoli non conformi alle disposizioni di legge.

Quanta parte di un’auto si può riciclare o recuperare

Un veicolo è potenzialmente recuperabile, nelle sue componenti, per più del 95% del suo peso. Solo il 5%, in teoria, quindi rientrerebbe nella parte non riciclabile o riutilizzabile.

La direttiva 2000/53/CE (“direttiva ELV”) sui veicoli fuori uso mira a far sì che questo recupero da potenziale diventi reale. Ciò che il legislatore europeo vuole, è rendere le attività di demolizione e di riciclaggio dei veicoli fuori uso più rispettosi dell’ambiente.

Andando a vedere le disposizioni comunitarie, entro il 1º gennaio 2015 gli Stati membri dovevano aver raggiunto i seguenti obiettivi:

– il 95% di reimpiego e recupero (del peso medio per veicolo e per anno)

– l’85% di reimpiego e riciclaggio (del peso medio per veicolo e per anno).

Cosa si può recuperare in un impianto di autodemolizione

Il veicolo fuori uso, all’interno di un impianto, viene innanzitutto privato dei componenti pericolosi, tramite operazione di messa in sicurezza. Dopodiché vengono estratti tutti i pezzi di ricambio reimpiegabili nel mercato dell’usato. Si provvede poi a selezionare i rifiuti non pericolosi (es. plastiche, pneumatici fuori uso, ecc.) destinati al riciclaggio e al recupero di materia.

Cosa altro prevede l’Europa per favorire il recupero e il riciclo dei veicoli fuori uso

Come chi segue i dettami dell’economia circolare sa, perché un oggetto sia disassemblabile, è necessario che sia pensato in certo modo a monte. Partendo da tali fondamentali considerazioni la normativa europea spinge i produttori a fabbricare nuovi modelli “circolari”, privi di sostanze pericolose (in particolare piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente), favorendo il riutilizzo, la riciclabilità e il recupero dei rifiuti dei veicoli, riducendo così l’impiego di sostanze e materiali la cui unica forma di gestione nel fine vita sarebbe lo smaltimento.

Come migliorare nel recupero dei veicoli da demolire

Dati gli obiettivi europei e le regole per i produttori, un altro importante tassello riguarda il come migliorare l’efficienza nei processi di de-montaggio e riciclaggio. Parliamo qui della fondamentale funzione degli impianti. Quale dimensionamento devono avere? Cosa è necessario per ottimizzare i processi di trasformazioni propri ai principi di economia circolare?

“La ricerca di cui sono coautore insieme all’ingegner Luca Pomili ha avuto l’obiettivo di individuare il dimensionamento ideale di un impianto di autodemolizione. Determinare la corretta ripartizione degli spazi, quali tipologie di trattamento siano realizzabili in loco, la capacità massima sia dei veicoli da gestire in entrata ma anche delle quantità delle materie prime seconde in uscita, è fondamentale per poter realizzare un impianto di demolizione che sia esempio virtuoso di economia circolare” ci ha spiegato Alessio Fabrizi, co-autore della pubblicazione, New Media Senior Account Manager per Pomili Demolizioni Speciali S.R.L.

Un impianto di trattamento di veicoli fuori uso in tal senso – come si sottolinea nella pubblicazione scientifica – deve garantire la totale tracciabilità del veicolo, dall’ingresso fino alle singole parti ricavate successivamente e alle materie prime seconde estratte. Richiede poi l’impiego di operatori con elevate competenze professionali, come quelle meccaniche, logistiche, di magazzino, nonché la certificazione del trattamento in termini di qualità, ambiente e sicurezza.

Auto elettriche e ibride, come cambieranno gli impianti di demolizione

Come evidenziato anche dalla pubblicazione, uno dei prossimi passi sarà l’organizzare gli impianti con linee specifiche e dedicate per il trattamento dei veicoli fuori uso a combustione interna e per i veicoli elettrici e ibridi. Quest’ultimi rappresentano, oggi, i rifiuti di domani e sarà quindi necessario che le linee di trattamento siano strutturate per gestire il rischio elettrico che nasce con le operazioni di messa in sicurezza e smontaggio di questi veicoli e le nuove tipologie di rifiuti prodotti e avviati al recupero e riciclo.

fonte: economiacircolare.com


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Una piattaforma dati per tracciare i rifiuti plastici nell’ambiente

IBM entra a far parte di Alliance to End Plastic Waste; la collaborazione include lo sviluppo di una piattaforma dati per aiutare tutte le parti interessate lungo la value chain della plastica ad affrontare la sfida globale dei rifiuti










IBM e The Alliance to End Plastic Waste hanno annunciato che IBM entrerà a far parte di Alliance come Membro Sostenitore.

Alliance è un’organizzazione no-profit nata per riunire in un’unica comunità tutti i membri della value chain dei beni di consumo e della plastica per combattere la sfida globale relativa ai rifiuti. IBM collaborerà con Alliance per progettare una nuova piattaforma dati ospitata su IBM Cloud con l’obiettivo di tracciare i rifiuti plastici e contribuire al loro recupero a livello globale.

Chiamata Plastics Recovery Insight and Steering Model (“PRISM”) la piattaforma servirà come unica fonte di dati coerenti che forniranno informazioni sulle azioni intraprese da ONG, membri della value chain, comunità, autorità di regolamentazione e altre organizzazioni per migliorare le decisioni e i programmi di gestione dei rifiuti.

La piattaforma sarà progettata per consentire alle parti interessate di far confluire e unire vari set di dati in modo utili a collaborare e affrontare la sfida dei rifiuti plastici. Le principali aree di intervento comprendono: il consumo e la raccolta della plastica, i rifiuti plastici generati e dispersi nell’ambiente, la gestione dei rifiuti e le soluzioni di riciclo in atto. Ulteriori set di dati verranno inclusi man mano che lo strumento verrà ampliato.

“Un ostacolo molto significativo che dobbiamo affrontare nel combattere la sfida dello spreco di plastica è come riunire la moltitudine di dati esistenti in modo verificabile, flessibile e operativo”, ha detto Nick Kolesch, Vice Presidente per i Progetti, Alliance to End Plastic Waste. “IBM Cloud offre la flessibilità a tutti gli stakeholder e i partecipanti di contribuire in modo sicuro fornendo i propri dati, attraverso un percorso facile per la migrazione, l’hosting e l’accesso. Siamo lieti che IBM si sia unita ai nostri sforzi e siamo emozionati per il contributo in termini di soluzioni, tecnologie avanzate e capacità che IBM potrà apportare nel perseguimento della nostra missione”.

“La plastica gioca un ruolo essenziale nella nostra economia globale, dal semplice imballaggio per la spedizione, ai materiali critici e salvavita per gli ospedali e gli operatori sanitari”, ha detto Manish Chawla, Global Industry Managing Director, Energy, Resources, and Manufacturing di IBM. “Sfruttando la potenza del cloud e dell’intelligenza artificiale possiamo riunire dati preziosi e disparati in un ambiente sicuro e flessibile dove tutti, dai membri dell’Alleanza ai governi e alle autorità di regolamentazione, possono collaborare per affrontare questa sfida globale”.

La piattaforma sarà progettata per consentire agli utenti di integrare e scalare facilmente set di dati diversi senza compromettere la loro sicurezza. Il progetto è già in fase di sviluppo con il supporto di IBM Garage – un luogo in cui le organizzazioni possono lavorare con IBM per accelerare l’innovazione e i risultati attesi combinando tecnologia, design e strategia aziendale.

La collaborazione con l’Alleanza si basa sulla lunga esperienza di IBM nell’aiutare le aziende ad operare in modo più sostenibile. Le tecnologie IBM, tra cui cloud, AI e blockchain, sono utilizzate dai clienti per sostenere i loro obiettivi ambientali.

L’impegno di IBM per l’ambiente risale al 1971, quando pubblicò la sua prima dichiarazione di politica ambientale. Oggi, IBM continua ad impegnarsi per una buona gestione delle risorse del pianeta e ha compiuto notevoli progressi nella gestione dei rifiuti, nella conservazione dell’energia, nell’utilizzo di fonti rinnovabili e nella riduzione delle emissioni di anidride carbonica. Il rapporto annuale IBM sull’ambiente descrive nel dettaglio come IBM smaltisce i prodotti e come si adopera per fare in modo che oltre il 95% (in peso) degli scarti venga riutilizzato, rivenduto o riciclato.

L’Alleanza è stata costituita nel gennaio 2019 e comprende più di 50 aziende associate, partner di progetto, alleati e sostenitori con l’impegno di contribuire a porre fine alla dispersione dei rifiuti plastici nell’ambiente. L’obiettivo dell’Alleanza è investire 1,5 miliardi di dollari in cinque anni per finanziare e incubare progetti e programmi pilota che creino valore dai rifiuti di plastica e, in ultima analisi, sostengano la realizzazione di progetti di economia circolare. Ad oggi, l’Alleanza ha attivato 14 programmi e iniziative globali e prevede di raddoppiare questo numero nel prossimo futuro.

fonte: www.rinnovabili.it


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