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Gestione rifiuti: la Toscana fa la rivoluzione

 










Rivoluzione in vista nella gestione dei rifiuti in Toscana: porte aperte ai privati, addio alla termovalorizzazione e potenziamento del recupero di materia.

Si parte con un bando per raccogliere le manifestazioni d’interesse degli

Recupero di materia, ricerca e formazione, i pilastri dell’economia circolare

Il convegno on-line organizzato da Greentire. L’obiettivo è riuscire a dare visibilità alle competenze e all’innovazione








Recupero di materia, ricerca e sviluppo, e formazione. Sono questi i tre capisaldi su cui fondare l’economia circolare secondo il presidente di Greentire (la società che opera nel settore della gestione Pfu, i pneumatici fuori uso) Roberto Bianco, che ha aperto il convegno on-line ‘Il recupero di materia come pilastro del Green deal’. “Il settore Pfu in Italia è senz’altro un’eccellenza – dice Bianco – ma preferisco non focalizzare l’attenzione sulle filiere di riferimento quanto piuttosto far presente come questo comparto abbia ancora delle potenzialità inespresse”.

Obiettivo è riuscire a dare visibilità alle competenze e all’innovazione: anima dell’economia circolare e del riciclo pensando anche alla transizione ecologica e agli strumenti in atto per incentivare l’utilizzo della materia prima secondaria.

“Regolamentazione e progettazione sono fondamentali per passare da un modello di società lineare a un modello circolare – osserva l’ex sottosegretario a Palazzo Chigi Riccardo Fraccaro – serve un intervento importante dello Stato per orientare l’economia italiana”.

Secondo Rossella Muroni, vicepresidente della commissione Ambiente alla Camera, “a partire dal tema della scarsità di materie prime, l’economia circolare è la strada che società e imprese devono seguire per restare innovative e competitive, perseguendo la #sostenibilità. L’Italia ha tutte le carte in regola per farlo”. Anche perché – prosegue Muroni – il nostro Paese ha “una grande tradizione di recupero di materiali che ci permette di risparmiare e di tagliare le emissioni”. Però alle “imprese virtuose” della filiera dell’economia circolare bisogna dare una mano: “vanno sostenute, eliminando gli ostacoli burocratici, che fanno parte di quei blocchi non tecnologici”. E’ per questo che per esempio “i decreti ‘end of waste’ sono fondamentali; ma servono circa cinque anni per ottenerne uno. Troppo tempo”. Ora con l’esame del decreto Semplificazioni e governance del Piano nazionale di ripresa e resilienza (Pnrr) – rileva ancora Muroni – “provo con due emendamenti a snellire queste procedure, e insieme a rafforzare il sistema dei controlli ambientali”.

E proprio quello legislativo è un elemento che per Bianco è essenziale: “Il contesto normativo dovrebbe premiare le condotte virtuose e penalizzare quelle fraudolente”. I pilastri dell’economia circolare, da sostenere, sono tre: “recupero di materia, che è anche la mission di Greentire, insieme con un necessario cambio di mentalità, fondamentale per vincere la scommessa, e ripensare il prodotto fin dalla progettazione; mentre i gestori dei rifiuti invece dovrebbero allontanarsi da una concezione aziendalista, così come i consumatori dovrebbero privilegiare i prodotti riciclati, senza pregiudizi. Altro punto fondante è la ricerca e sviluppo. Terzo: la formazione, sempre in un’ottica di miglioramento”.



fonte: www.rinnovabili.it


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Maria De Biase: L' esperienza di una Preside del Cilento a cui piace volare alto e sporcarsi le mani


Qui si costruisce, qui vedo realizzate le cose, i ragazzi e le loro famiglie mi fermano per strada per dirmi che da quando ci siamo noi hanno cambiato stile alimentare oppure li incontro in spiaggia con le borracce di alluminio senza più plastica. Questa è una cosa meravigliosa, ne valeva la pena...




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L'economia circolare mostra il suo lato umano

















Un bambino raccoglie i rifiuti riciclabili in una discarica.


Questo articolo è apparso originariamente nello State of Green Business 2021. Puoi scaricare l'intero rapporto qui .

Con la crescita dell'economia circolare, abbiamo assistito a un'impressionante innovazione nei materiali, nei prodotti, nei modelli e nei processi, ma l'innovazione sul modo in cui trattiamo le persone è stata notevolmente assente.

Tuttavia, poiché le aziende, le città e i paesi allo stesso modo adottano una lente più olistica e abbracciano principi circolari, stanno riconoscendo l'opportunità di guidare il cambiamento sociale di pari passo con una trasformazione economica che metta le persone al centro.

Nel contesto dell'approvvigionamento e delle catene di approvvigionamento, abbiamo già visto questo film. Di fronte alle pressioni legali dei governi, al rischio reputazionale dei consumatori e al respingimento delle ONG, negli ultimi due decenni si è assistito a un drastico cambiamento nei protocolli di approvvigionamento e nell'impegno dei fornitori a monte nel tentativo di sradicare il lavoro forzato e minorile, i minerali dei conflitti e altre violazioni dei diritti umani nella fornitura Catene. Tuttavia, questi sforzi hanno tradizionalmente riconosciuto solo una fase della vita di un materiale.

In una filiera circolare, l'approvvigionamento non si concentra più esclusivamente sui materiali vergini. Poiché le aziende si assumono la responsabilità dell'intero ciclo di vita dei loro prodotti, le condizioni pericolose in cui un bambino smonta uno smartphone sono problematiche tanto quanto il cobalto ottenuto utilizzando il lavoro minorile forzato in una zona di conflitto per realizzare lo smartphone in primo luogo. Mentre la Convenzione di Basilea ha criminalizzato il movimento transfrontaliero di rifiuti pericolosi (di cui la maggior parte dell'elettronica è classificata) per limitare alcune implicazioni per la salute umana dei flussi di rifiuti elettronici, i rifiuti di plastica sono un'altra storia, solo di recente sono stati inclusi nella convenzione.

In assenza di un'infrastruttura formale di gestione dei materiali, i raccoglitori di rifiuti - imprenditori qualificati nell'economia informale che raccolgono, smistano e vendono bottiglie usate, tappi e altri materiali di valore, a volte prelevandoli dalle discariche - hanno colmato una lacuna necessaria per rallentare la fuoriuscita di rifiuti di plastica nei corsi d'acqua e nelle comunità costiere. E poiché un numero crescente di aziende si impegna a raggiungere obiettivi in ​​materia di plastica riciclata e aspirazioni di plastica circolare, l'opportunità e la necessità di collaborare con queste comunità stanno diventando sempre più chiare.

Le aziende stanno iniziando ad espandere l'ambito delle considerazioni sull'approvvigionamento, implementando ciò che hanno imparato nell'approvvigionamento di materiali vergini all'approvvigionamento da prodotti e materiali utilizzati in precedenza e applicando questi apprendimenti a valle.

HP Inc. offre un esempio ormai iconico di significativa collaborazione a valle ad Haiti, avendo collaborato con le comunità di raccolta dei rifiuti con l'aiuto di First Mile Coalition, un'iniziativa dell'organizzazione senza scopo di lucro Work, per supportare l'infrastruttura sociale dei rifiuti di plastica e l'infrastruttura fisica del recupero dei materiali.

Nel 2019, HP ha investito 2 milioni di dollari in una nuova linea di lavaggio della plastica a Port-au-Prince per sostenere la raccolta di plastica oceanica nella comunità, che l'azienda acquista da un'azienda locale per utilizzarla nei suoi laptop e cartucce d'inchiostro.

Lo sforzo non solo ha fornito ad HP una fornitura affidabile di plastica riciclata post-consumo per svezzarsi lentamente dai materiali vergini, ma ha anche creato più di 1.000 nuovi posti di lavoro ad Haiti ampliando la capacità di riciclaggio della regione.

L'investimento di HP è un esempio di come il capitale venga impiegato in modo diverso nella lotta contro i rifiuti di plastica, concentrandosi sulla leadership della comunità piuttosto che esclusivamente su un intervento di sviluppo tecnico e infrastrutturale. Stiamo assistendo a un approccio olistico simile all'impiego di capitali per affrontare la crisi dei rifiuti di plastica a livello globale, compreso l'impegno dichiarato di Alliance to End Plastic Waste per l'impegno della comunità.

Proprio come le aziende hanno dato la priorità alla trasparenza e alla tracciabilità nelle operazioni a monte per affrontare i diritti umani, una catena di approvvigionamento circolare richiede lo stesso livello di controllo a valle. Le aziende stanno iniziando ad espandere l'ambito delle considerazioni sull'approvvigionamento, implementando ciò che hanno imparato nell'approvvigionamento di materiali vergini all'approvvigionamento da prodotti e materiali utilizzati in precedenza e applicando questi apprendimenti a valle.

Ma l'opportunità di miglioramento economico non si limita agli sforzi nel Sud del mondo, e attualmente i governi nazionali stanno aprendo la strada a una transizione dell'economia circolare incentrata sull'uomo.

In prima linea c'è il Green Deal europeo, il quadro politico inteso a portare l'Unione europea a zero emissioni nette di gas a effetto serra entro il 2050, disaccoppiando la crescita economica dall'estrazione di risorse e senza lasciare persone o luoghi indietro. L'obiettivo non è l'uno o l'altro, ma piuttosto un approccio integrato alla gestione delle risorse, alla responsabilità e alla mitigazione del clima.

Il piano d'azione per l'economia circolare associato alla Commissione europea sottolinea l'opportunità di sviluppo sociale ed economico attraverso catene di valore circolari, per un totale di 700.000 nuove opportunità di lavoro entro il 2030 nella sola Europa.

I modelli di business circolari richiedono una serie di nuove competenze, dalla riparazione e ristrutturazione allo smontaggio, recupero e riciclaggio, lasciando spazio a una nuova classe di lavori sostenibili e dignitosi. Un esempio con sede negli Stati Uniti è Homeboy Electronics Recycling, un'impresa sociale che offre la gestione dei rifiuti elettronici e lo smaltimento IT fornendo occupazione e formazione a persone che affrontano barriere sistemiche al lavoro.

Un'economia circolare incentrata sull'uomo non può concentrarsi esclusivamente sui posti di lavoro e sulla gestione dei materiali, ma deve anche garantire l'accesso ai vantaggi di questi nuovi modelli.

Considera il vantaggio per i consumatori di risparmiare denaro acquistando all'ingrosso: che tu stia acquistando cibo per cani, riso o ibuprofene, acquistare più di una singola porzione in anticipo consente di risparmiare denaro e imballaggi. Ma senza il denaro da investire in anticipo, le comunità a scarse risorse sono gravate da una tassa sulla povertà sotto forma di un aumento - fino al 50% - per l'acquisto di cibo e altri beni di prima necessità in piccoli formati piuttosto che all'ingrosso.

La startup cilena Algramo mira ad affrontare questo problema offrendo ai consumatori la possibilità di acquistare la quantità esatta di cui hanno bisogno, ma consentendo loro di pagare il prezzo all'ingrosso. Algramo ha collaborato con aziende di beni di consumo, tra cui Colgate-Palmolive, Nestlé, Clorox e Unilever, per rendere disponibili e accessibili a tutti i prodotti eredi e i formati di imballaggio riutilizzabili.

L'economia circolare è un mezzo, non un fine, che offre strategie e quadri per creare flussi economici al di sopra dei flussi di materiali a sostegno di un sistema più sostenibile, resiliente e prospero. Funziona solo se può trasformare i sistemi, non rinforzare quelli esistenti.

Man mano che i diritti umani, l'inclusione economica e l'equità sociale sono al centro delle iniziative circolari, l'opportunità di una comprensione olistica di ciò che le economie circolari possono consentire sta diventando sempre più chiara.

fonte: www.greenbiz.com


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Come riciclare e recuperare il 95% dei materiali di cui è composta un’auto da rottamare. In 6 passi

Di un’auto da rottamare, in teoria, non si butta via niente, o quasi! È infatti possibile recuperare, reimpiegare o riciclare fino al 95% dei materiali di un veicolo fuori uso. Ma è necessario l’impianto giusto











Quando si parla dell’impatto in termini ambientali di un veicolo, spesso si finisce col pensare solo al suo utilizzo e all’alimentazione: elettrico, ibrido o a combustibili fossili? Invece nel LCA, life cycle assessment, vi sono ricompresi sia la costruzione che il fine vita. Con questo approfondimento partiremo proprio dal capire cosa accade quando decido di rottamare un’auto.

Cosa avviene esattamente dopo aver portato il veicolo ad un impianto di trattamento VFU (veicoli fuori uso)? Cosa è recuperabile? In che modo? Cosa c’entra tutto ciò con l’economia circolare? Andiamolo ad approfondire assieme.
Perché un veicolo viene rottamato

Un veicolo viene avviato a demolizione quando giunge al termine del suo ciclo di vita utile. Ciò può accadere per vetustà degli stessi o per eventi o incidenti che ne abbiano compromesso le funzioni. In alcuni casi chi decide di rottamare il veicolo lo fa per incompatibilità dello stesso con le disposizioni locali, come quelle sulla qualità dell’aria che impongono limiti alla circolazione a veicoli non conformi alle disposizioni di legge.

Quanta parte di un’auto si può riciclare o recuperare

Un veicolo è potenzialmente recuperabile, nelle sue componenti, per più del 95% del suo peso. Solo il 5%, in teoria, quindi rientrerebbe nella parte non riciclabile o riutilizzabile.

La direttiva 2000/53/CE (“direttiva ELV”) sui veicoli fuori uso mira a far sì che questo recupero da potenziale diventi reale. Ciò che il legislatore europeo vuole, è rendere le attività di demolizione e di riciclaggio dei veicoli fuori uso più rispettosi dell’ambiente.

Andando a vedere le disposizioni comunitarie, entro il 1º gennaio 2015 gli Stati membri dovevano aver raggiunto i seguenti obiettivi:

– il 95% di reimpiego e recupero (del peso medio per veicolo e per anno)

– l’85% di reimpiego e riciclaggio (del peso medio per veicolo e per anno).

Cosa si può recuperare in un impianto di autodemolizione

Il veicolo fuori uso, all’interno di un impianto, viene innanzitutto privato dei componenti pericolosi, tramite operazione di messa in sicurezza. Dopodiché vengono estratti tutti i pezzi di ricambio reimpiegabili nel mercato dell’usato. Si provvede poi a selezionare i rifiuti non pericolosi (es. plastiche, pneumatici fuori uso, ecc.) destinati al riciclaggio e al recupero di materia.

Cosa altro prevede l’Europa per favorire il recupero e il riciclo dei veicoli fuori uso

Come chi segue i dettami dell’economia circolare sa, perché un oggetto sia disassemblabile, è necessario che sia pensato in certo modo a monte. Partendo da tali fondamentali considerazioni la normativa europea spinge i produttori a fabbricare nuovi modelli “circolari”, privi di sostanze pericolose (in particolare piombo, mercurio, cadmio e cromo esavalente), favorendo il riutilizzo, la riciclabilità e il recupero dei rifiuti dei veicoli, riducendo così l’impiego di sostanze e materiali la cui unica forma di gestione nel fine vita sarebbe lo smaltimento.

Come migliorare nel recupero dei veicoli da demolire

Dati gli obiettivi europei e le regole per i produttori, un altro importante tassello riguarda il come migliorare l’efficienza nei processi di de-montaggio e riciclaggio. Parliamo qui della fondamentale funzione degli impianti. Quale dimensionamento devono avere? Cosa è necessario per ottimizzare i processi di trasformazioni propri ai principi di economia circolare?

“La ricerca di cui sono coautore insieme all’ingegner Luca Pomili ha avuto l’obiettivo di individuare il dimensionamento ideale di un impianto di autodemolizione. Determinare la corretta ripartizione degli spazi, quali tipologie di trattamento siano realizzabili in loco, la capacità massima sia dei veicoli da gestire in entrata ma anche delle quantità delle materie prime seconde in uscita, è fondamentale per poter realizzare un impianto di demolizione che sia esempio virtuoso di economia circolare” ci ha spiegato Alessio Fabrizi, co-autore della pubblicazione, New Media Senior Account Manager per Pomili Demolizioni Speciali S.R.L.

Un impianto di trattamento di veicoli fuori uso in tal senso – come si sottolinea nella pubblicazione scientifica – deve garantire la totale tracciabilità del veicolo, dall’ingresso fino alle singole parti ricavate successivamente e alle materie prime seconde estratte. Richiede poi l’impiego di operatori con elevate competenze professionali, come quelle meccaniche, logistiche, di magazzino, nonché la certificazione del trattamento in termini di qualità, ambiente e sicurezza.

Auto elettriche e ibride, come cambieranno gli impianti di demolizione

Come evidenziato anche dalla pubblicazione, uno dei prossimi passi sarà l’organizzare gli impianti con linee specifiche e dedicate per il trattamento dei veicoli fuori uso a combustione interna e per i veicoli elettrici e ibridi. Quest’ultimi rappresentano, oggi, i rifiuti di domani e sarà quindi necessario che le linee di trattamento siano strutturate per gestire il rischio elettrico che nasce con le operazioni di messa in sicurezza e smontaggio di questi veicoli e le nuove tipologie di rifiuti prodotti e avviati al recupero e riciclo.

fonte: economiacircolare.com


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Auto elettriche, Volkswagen ricicla le batterie

Auto elettriche, Volkswagen avvia un piano di riciclo delle batterie per recuperarne circa il 90% dei materiali e minerali.



Importanti novità per l’universo delle auto elettriche e della sostenibilità ambientale, grazie a un progetto targato Volkswagen. La società automobilistica ha infatti avviato un piano per il riciclo delle batterie usate, affinché se ne possano recuperare gran parte delle componenti. Fra questi anche minerali e metalli preziosi, che potranno essere impiegati per la produzione di nuovi accumulatori.
Il progetto è stato avviato presso l’impianto di Salzgitter e mira, nel primo anno di attività, a riciclare quasi 4.000 batterie, per circa 1.500 tonnellate di materiali gestiti.

Auto elettriche, il riciclo delle batterie

Le batterie delle auto elettriche rappresentano una risorsa davvero preziosa. Produrle è complesso e i minerali impiegati per il loro funzionamento non sono semplici da recuperare. Per questo motivo. Volkswagen ha deciso di avviare un progetto innovativo, per recuperare circa il 90% di tutte le componenti delle batterie.

Normalmente le batterie godono di una seconda vita: estratte dalle vetture, finiscono in accumulatori domestici – ad esempio abbinate a pannelli solari – per garantirne ancora molti anni di utilità. Ma cosa farne quando il ciclo di vita si conclude definitivamente? Volkswagen ha quindi elaborato una tecnologia all’avanguardia per lo smontaggio di questi componenti, affinché minerali, metalli e plastica possano essere impiegati nella produzione di nuovi componenti dalla medesima efficacia.

Dopo essere state smontate, le batterie vengono sottoposte a un processo di triturazione. Se ne ricavano quindi dei granuli, contenenti materiali come alluminio, rame e plastica, ma anche la famosa “black powder”: la polvere nera ricca di componenti preziose come litio, nichel, manganese, cobalto e grafite. Non viene invece impiegato un altoforno, scelta sostenibile poiché limita le emissioni di CO2 per l’intero processo.

Thomas Schmall, Membro del Consiglio di Amministrazione del Gruppo Volkswagen, responsabile per la Divisione Tecnica e Presidente del CdA di Volkswagen Group Components, ha così commentato:

Volkswagen Group Components ha compiuto un ulteriore passo avanti verso la propria responsabilità end-to-end sostenibile per la batteria come componente chiave dell’e-mobility. Stiamo implementando il ciclo sostenibile per i materiali riciclabili e abbiamo un ruolo pionieristico nell’industria su un tema futuro con un grande potenziale in termini di protezione del clima e approvvigionamento delle materie prime.

fonte: www.greenstyle.it


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Plastica dai RAEE

L'anno scorso sono state recuperate da Erion oltre 35mila tonnellate di materiali plastici da apparecchiature domestiche giunte a fine vita.



Nato l'anno scorso dalla fusione dei consorzi Ecodom e Remedia (leggi articolo), Erion è oggi il principale sistema multi-consortile per la raccolta e il trattamento di rifiuti elettrici ed elettronici (RAEE) in Italia. Nel 2020, il consorzio ha gestito 300.000 tonnellate di E-waste, con un incremento del +4% rispetto all'anno precedente.
Nel complesso, il tasso di riciclo si è attestato all'89% del peso dei RAEE domestici gestiti. Sono state recuperate 35.000 tonnellate di materiale plastico, oltre a 133.000 tonnellate di ferro, 5.000 tonnellate di alluminio e 6.000 tonnellate di rame.

Il corretto trattamento di questa tipologia di rifiuti - sottolinea Erion - ha permesso di risparmiare oltre 420 milioni di kWh di energia elettrica, pari ai consumi domestici annui di una città di quasi 400.000 abitanti (come Bologna) e di evitare l’immissione in atmosfera di oltre 1.700.000 tonnellate di anidride carbonica, come la quantità di CO2 che verrebbe assorbita in un anno da un bosco di 1.700 kmq (esteso quanto la provincia di Lucca).

"Risultati molto importanti - sostiene Giorgio Arienti, Direttore Generale di Erion WEEE -, non solo perché superiori a quelli raggiunti precedentemente da Ecodom e Remedia, ma soprattutto perché confermano che la fusione di queste due grandi realtà rappresenta una scelta vincente. Ancora più significativi se si considerano i disagi che la pandemia da Covid-19 ha causato al Paese. Il blocco quasi totale della filiera dei rifiuti elettronici ha portato a una contrazione della raccolta nei mesi di marzo e aprile. Un calo che Erion ha saputo colmare nella seconda metà dell'anno, superando così del 4% i già ottimi risultati del 2019".

fonte: www.polimerica.it


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Conai: Prevenzione e gestione dei rifiuti da imballaggi

Pubblicato da Conai il documento con le linee di azione per la prevenzione e le stime su riciclo recupero dei rifiuti di imballaggio.



É stato approvato e pubblicato dal Consorzio nazionale imballaggi (Conai) il Programma Generale di Prevenzione e di Gestione degli Imballaggi e dei rifiuti di imballaggio, contenente le linee di azione e la previsione dei risultati di riciclo e di recupero dei rifiuti di imballaggio.

Come previsto dalla normativa vigente (art. 225 del TUA), il documento illustra le linee di intervento e gli obiettivi per il prossimo quinquennio (2020-2024), sulla base di quanto contenuto nei documenti istituzionali dei Consorzi di filiera e dei sistemi autonomi.

Quattro i punti fondamentali individuati dal documento in tema di prevenzione: eco-design e valutazione ambientale a monte, mediante strumenti scientifici per permettere di valutare le diverse scelte progettuali; riutilizzo e relative applicazioni ambientalmente sostenibili, attraverso la modulazione del contributo ambientale e la promozione di momenti di confronto scientifico; raccolta differenziata di qualità, al fine di ottimizzare i flussi a riciclo e crearne di nuovi; ricerca e sviluppo di nuove tecnologie di selezione e riciclo, e promozione dell’utilizzo di materiale riciclato.

Vedi anche: Programma generale prevenzione e gestione imballaggi 2020 (PDF)

fonte: www.polimerica.it

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Riciclo: il futuro della produzione delle auto

Le case automobilistiche stanno lavorando per rendere sempre meno impattante la produzione ricorrendo al riciclo.



L’economia circolare fa l’auto sostenibile. D’altronde tutti i costruttori, in base a una direttiva europea del 2000 recepita in Italia tre anni dopo, devono realizzare veicoli composti per almeno il 95% del peso della vettura da materiali recuperabili. Nello specifico, l’85% attraverso il riuso dei componenti e il 10% tramite recupero energetico. Parliamo di moli enormi di materiali: 10 milioni di tonnellate annue solo in Europa dei cosiddetti “vfu”, i rifiuti provenienti dai “veicoli fuori uso”. Una fra le tematiche più calde degli ultimi anni, che ci riguarda da vicino. Una sfida che Škoda ha sposato a pieno. Il brand ceco, che fa parte del gruppo Volkswagen, è infatti costantemente impegnato nella riduzione dell’impatto ambientale delle proprie auto con una strategia a 360 gradi: dall’estrazione delle materie prime alla fine del ciclo di vita.

Non solo: il brand dall’inizio dell’anno ha riciclato in modo pressoché totale tutti i rifiuti prodotti utilizzati durante i cicli produttivi, negli impianti e stabilimenti. Un traguardo emblematico che pone una pietra essenziale per l’economia circolare nel settore automotive. Un modello per tutti gli altri costruttori. Dal modo in cui viene costruita e dai materiali e processi impiegati a quello in cui viene venduta, la vita di un’automobile può infatti impattare sull’ambiente in molti aspetti, di cui i consumi sono solo uno degli elementi. La produzione, come testimonia Škoda, è il punto di partenza.

“In qualità di costruttore abbiamo una responsabilità precisa nel fornire un ottimo esempio in tema di sostenibilità – spiega Michael Oeljeklaus, membro del Board Škoda per produzione e logistica – abbiamo raggiunto un traguardo importante nella strategia GreenFuture e, nello specifico, nell’area GreenFactory. Siamo in grado di riciclare al 100% tutti gli scarti generati durante la produzione di un’auto. Questo è un importante passo in avanti e dimostra il nostro impegno verso il rafforzamento della cosiddetta economia circolare”. I fronti aperti nel settore sono d’altronde moltissimi. Dalla ricerca su nuove fibre minerali basaltiche completamente riutilizzabili al riciclo della plastica, visto che in media in ogni vettura ci sono circa 340 chili di componenti realizzati in polimeri plastici ma solo la metà sono riciclabili.

Una delle strade prese da un altro brand Volkswagen come Audi: i rivestimenti dei sedili della nuova A3, per esempio, sono realizzati partendo da 45 bottiglie di plastica da 1,5 litri. Un processo emblematico che inizia dalla raccolta delle bottiglie usate, lavate e triturate in fiocchi fino a ricavarne un granulato che viene impiegato per realizzare fili di poliestere, a loro volta trasformati in filato plastico. Con tutte le sfide che ne conseguono in termini di colorazione e raffinazione. Una volta lavorato, quel filato diventa il tessuto per i rivestimenti dei sedili e viene sottoposto a una serie di controlli di qualità, con specialisti che verificano 200 metri all’ora. Dopodiché il tessuto viene arrotolato, lavato a 60 gradi centigradi, levigato e asciugato, fino all’aiuto di un macchinario che lo incolla sul rivestimento, insomma la fase di laminazione. Considerando tutti gli “ingredienti”, il rivestimento del sedile finisce per essere composto per l’89% da bottiglie di plastica riciclata.

Tornando a Škoda, c’è da dire che il gruppo punta a un approccio sostenibile anche nello smaltimento dei rifiuti, proprio per quanto riguarda la plastica. Numerosi componenti di alta qualità sono per esempio ricavati dal riciclo di scarti e se lo smaltimento prevede processi termici, la casa boema – che collabora con l’Istituto ceco per l’economia circolare con l’obiettivo di azzerare ogni forma di scarto industriale – sfrutta l’energia ricavata dagli inceneritori, utilizzati dal 2016 per chiudere nel 2020 i siti di stoccaggio esterni, per produrre elettricità o calore. Molti costruttori, per esempio, hanno spinto anche sulla raccolta delle bottiglie usate, lavate e triturate in fiocchi fino a ricavarne un granulato che, a sua volta, viene impiegato per realizzare fili di poliestere che vengono trasformati in filato plastico.

Qualche altro esempio per Škoda? Nel nuovo impianto di verniciatura di Mladá Boleslav si utilizzano circa 210g in meno di solventi per ogni auto e il 17% in meno di “trasparente” rispetto ai sistemi convenzionali. Così non si creano liquami e il sistema di purificazione dell’aria riduce di oltre due chili gli scarti di vernice per ogni mezzo sfornato. E al centro di formazione tecnica del brand, la Škoda Academy, si usano materiali meno impattanti come il diluente C6000 che si può pulire attraverso un semplice processo di distillazione che consente di riutilizzarlo per oltre il 90%.

La strategia di riferimento, che punta a rendere la produzione “carbon neutral” entro la fine del decennio, è stata battezzata “GreenFuture”. Tre gli elementi essenziali: “GreenProduct” che ha l’obiettivo di produrre vetture più sostenibili in termini di consumi, materiali impiegati e riciclabilità. Poi “GreenRetail”, per promuovere i comportamenti virtuosi nelle concessionarie e nei partner. Infine “GreenFactory” mette insieme tutte le attività volte alla conservazione delle risorse durante i processi produttivi, come quelle appena illustrate che si aggiungono al monitoraggio costante di parametri chiave come consumo di energia, di acqua e la quantità di scarto generata così come le emissioni di CO2 e alle cosiddette particelle volatili (VOCs) che vengono generate durante le fasi di verniciatura.

fonte: www.greenstyle.it


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ZeroWasteEurope: costruire una strategia ponte per i rifiuti residui

Recupero materiale e trattamento biologico per la gestione dei rifiuti residui all'interno di un'economia circolare











Zero Waste Europe (ZWE) ha rilasciato oggi un briefing politico che evidenzia l'importanza di definire una nuova strategia per la gestione dei rifiuti residui che corrisponda ai requisiti dell'età dell'emergenza climatica in cui viviamo. 

Il rapporto definisce un approccio basato sul recupero materiale e sul trattamento biologico come una strategia ponte per la gestione dei "residui" (1) all'interno di un'economia circolare. 

La visione dell'economia circolare riguarda la conservazione di materiali e risorse nel sistema, riducendo al minimo le cosiddette perdite, come discariche e incenerimento dei rifiuti. La tabella di marcia per l'economia circolare e la direttiva sulle discariche dell'UE richiedono inoltre un'adeguata considerazione per la gestione dei rifiuti residui.

L'attuale eccessiva dipendenza dall'incenerimento ha contribuito a un effetto di blocco nei sistemi di gestione dei rifiuti che impedisce un corretto riciclaggio (2) e peggiora i cambiamenti climatici (3). Questa pratica mina anche gli sforzi dell'Unione europea, che cerca di decarbonizzare le economie degli Stati membri (4).

“L'attuale sistema di gestione dei residui è obsoleto e rotto. L'incenerimento dei rifiuti distrugge enormi quantità di risorse, richiedendo l'estrazione di nuove materie prime primarie, perpetuando un modello economico lineare e rilasciando gas a effetto serra da materiali a base fossile come la plastica. Questa pratica viola gli obiettivi strategici del pacchetto sull'economia circolare e l'obiettivo dell'UE di diventare neutrali dal punto di vista climatico entro il 2050. "
Janek Vähk, coordinatrice per il clima, l'energia e l'inquinamento atmosferico, Zero Waste Europe

ZWE propone un sistema di recupero materiale e trattamento biologico (MRBT) che combina il trattamento biologico (per stabilizzare i materiali fermentabili ancora inclusi nei rifiuti residui) con le apparecchiature di selezione (per recuperare materiali che non sono stati presi di mira o catturati da una raccolta separata). Ciò garantisce che gli impatti negativi dei residui vengano ridotti in discarica e, allo stesso tempo, mantenga la flessibilità necessaria per migliorare continuamente le prestazioni dei sistemi di gestione dei rifiuti. 

"Abbiamo bisogno dell'MRBT come" strategia ponte "per i residui mentre lavoriamo per massimizzare la raccolta differenziata e ridurre i rifiuti: la strategia deve considerare le opzioni per la gestione dei rifiuti residui in linea con i requisiti della Direttiva UE sulle discariche e dovrebbe ridurre al minimo gli impatti climatici; allo stesso tempo, deve mantenere il sistema adattabile alla riduzione della quantità di rifiuti residui e all'aumento delle tonnellate di materiali puliti provenienti dalla raccolta differenziata, che è e deve essere mantenuta come priorità strategica. "
Enzo Favoino, Coordinatore scientifico di Zero Waste Europe 

Dotato di sistemi di trattamento biologico, i siti MRBT sarebbero anche in grado di affrontare le situazioni attuali e future simili a COVID-19come la stabilizzazione biologica, simile al compostaggio, che è perfettamente in grado di disinfettare i rifiuti trattati, grazie principalmente, ma non solo, al calore biogenico che rilascia (4).

A tal fine, Zero Waste Europe chiede una strategia UE dedicata per la gestione dei rifiuti residui per allineare il trattamento ai principi generali e agli obiettivi strategici dell'agenda dell'economia circolare dell'UE, in particolare includendo:
  • Una comunicazione della Commissione europea sul ruolo (marginale) delle discariche in un'Europa circolare.
  • Una definizione per un approccio comune a livello dell'UE per la gestione dei residui che dovrebbe includere la codificazione del "pre-trattamento" e gli obiettivi del trattamento biologico.
  • Compilazione di un sondaggio a livello UE sulle tecnologie che possono essere utilizzate per recuperare materiali dai rifiuti residui e relative applicazioni di materiali recuperati, iniziative attuali, migliori pratiche e siti di trattamento biologico che sono già trasformati in siti di compost.
  • Supporto per la trasformazione di siti esistenti di trattamento biologico biologico (MBT) in siti MRBT e ulteriore rinnovamento (parziale o totale, a seconda della situazione) di entrambi in siti di compostaggio e impianti di recupero di materiale pulito per prodotti organici puliti e riciclabili asciutti con programmi di finanziamento dedicati .
Scarica il documento informativo .



Contatti stampa:
Janek Vahk , clima, energia e inquinamento atmosferico Coordinatore Zero Waste Europe janek@zerowasteeurope.eu | +32 (0) 49 355 3779
Rossella Recupero , addetta alle comunicazioni presso Zero Waste Europe
rossella@zerowasteeurope.eu | +39340 47 39827

NOTA:
  1. Numerosi rapporti evidenziano la presenza di materiali riciclabili nei cosiddetti "rifiuti residui", ad esempio l' integrazione delle preoccupazioni ambientali nei fondi della politica di coesione (FESR, FSE, FC) e  La BEI Circular Economy Guide .
  2. Rapporto sulla tassonomia dell'UE: allegato tecnico 
  3. L'impatto dell'incenerimento di Waste-to-Energy sul clima
  4. 2050 strategia a lungo termine
  5. Inattivazione del coronavirus che induce grave sindrome respiratoria acuta, SARS-CoV

fonte: https://zerowasteeurope.eu



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Una proposta per la scuola

Dobbiamo imparare dunque a utilizzare gli spazi esterni alle scuole, magari privilegiando materiali di recupero e naturali. Dobbiamo imparare a vivere il tempo scuola in parte all’aperto, accompagnati da passeggiate ed escursioni, in parte in aule diverse, tra cui cinema, teatri, case canoniche, chiese, musei, biblioteche, palestre e altre spazi spesso poco utilizzati. Dovremo imparare anche a coinvolgere gli anziani e gli altri attori delle comunità locali. Questo, dice Maria De Biase, è il tempo per immaginare uno scenario nuovo e dinamico. Questo è il tempo per creare insieme dal basso un’educazione diffusa

























La scuola, dunque, riaprirà a settembre. Non so se è giusto o sbagliato. Se è meglio o peggio. So che devo provare a fidarmi e ad affidarmi a chi ci governa. So che i bambini sono scomparsi dall’agenda politica. So che la didattica a distanza è una modalità utile solo e solamente durante l’emergenza e che si dovrà tornare alla scuola in presenza, unica forma di scuola degna di essere definita tale.
Intanto abbiamo quattro mesi di tempo per individuare tempi, spazi e modalità nuovi per non arrivare impreparati a settembre. Non sarà possibile, questo lo so, tornare nelle nostre aule, con lo stesso schema di prima. Continuo a pensare che, soprattutto nei nostri piccoli centri, abbiamo la possibilità di un cambiamento vero e profondo della scuola, da anni e da tanti auspicato. Dovremo imparare a utilizzare gli spazi esterni di cui quasi tutte le nostre scuole dispongono. Spazi che dovranno essere allestiti e attrezzati per svolgere ore di didattica esterna. Strutture leggere, ecosostenibili, belle, semplici, realizzate senza appesantire, imbruttire, inquinare, cementificare. Penso a materiali di recupero e di riciclo, a materiali naturali e semplici, pietre, paglia, legno, canne, alberi, cespugli, ecc. Penso ai tanti architetti che praticano green building, bioarchitettura o agli esperti di permacultura che abbondano nel nostro Paese e nello stesso Cilento. Penso alle tante risorse e competenze presenti presso il Parco Nazionale del Cilento Vallo di Diano e Alburni.
Tutti potrebbero dare una mano alle scuole e ai Comuni per indicare strutture, a basso costo, di facile realizzazione. Dalle nostre parti, ad esempio, c’è bel tempo e clima mite fino ad autunno inoltrato e, quindi, gli alunni a turno, ma tutti, piccoli e grandi potrebbero vivere il loro tempo scuola, in parte all’aperto, in spazi attrezzati e sicuri, in parte in aulaBisognerà prevedere passeggiate, escursioni, trekking, pedalate, a turno. Qui, ma anche in tanti altri luoghi italiani, l’ambiente circostante permette una miriade di attività da realizzare fuori, godendo di paesaggi naturali di ineguagliabile bellezza. C’è tutto quello che serve ai nostri ragazzi, dopo mesi di chiusura per recuperare salute, serenità, socialità e bellezza.
Poi, per qualche mese, arriverà l’inverno e le piogge e il freddo, quindi, fuori non si potrà più stare. Ma, come ho già detto, gli spazi interni delle scuole non basteranno a garantire in sicurezza la presenza di tutti gli alunni e di tutti i docenti contemporaneamente. E la proposta di accoglierne una parte mentre gli altri seguono a distanza da casa a me non piace e la vedo difficile da realizzare, oltre che dispersiva. Penso, invece, a tutti quegli edifici, a quelle strutture, quasi sempre chiusi di mattina e, molti anche di pomeriggio, che potrebbero accogliere bambini e ragazzi. Classi intere, non parziali. Cattedrali, chiese, cinema, teatri, case canoniche, musei, biblioteche, palestre, conventi, monasteri, spazi comunali e religiosi, strutture chiuse e inutilizzate da anni. Potrebbero aprire, rendersi disponibili ad accogliere, in maniera strutturata e organizzata, le classi ed i loro docenti. Si potrebbero creare alternanze settimanali tra le classi che lavorano a scuola e quelle che fanno scuola fuori. Si realizzerebbe, finalmente, quella educazione diffusa, innovativa, inclusiva, esperienziale e attiva che tanti pedagogisti auspicano.
Sarebbe davvero una possibilità di cambiamento che le nostre comunità potrebbero cogliere. Insieme, scuola e istituzioni locali, dalla parte dei bambini. Uscire, a turno, dai confini di scuole ed aule e provare a vivere l’extramoenia, fuori dalle mura per vivere il fuori con le sue magie e i suoi stimoli. I nostri piccoli paesi ne sarebbero vivificati e riattivati. Immagino l’impatto positivo che subirebbero i piccoli, sonnolenti, disabitati centri storici con l’invasione di scolaresche allegre e vocianti. E penso a quanto sarebbero felici gli anziani, i vecchi dei nostri paesi se potessero collaborare, stare insieme ai ragazzi per qualche ora al giorno.
Forse da questa brutta storia della pandemia ne potrebbe nascere una davvero bella se saremo abbastanza coraggiosi e visionari da saper immaginare uno scenario nuovo, dinamico, esploso. Sono sicura, renderebbe più motivati e felici i nostri ragazzi e più partecipi e responsabili i cittadini. I nostri alunni sono, è vero, il nostro futuro ma sono soprattutto il nostro presente e loro con la loro vitalità e la loro ingombrante presenza potrebbero rendere migliore la vita di tutti noi e delle nostre comunità.
È solo una piccola, iniziale proposta, si dovrà con l’aiuto di tanti e tante migliorare, arricchire, strutturare. Ci possiamo lavorare insieme, superando i particolarismi, gli individualismi e il pessimismo del “non si può fare”. E infine, bisogna sospendere, per questo tema, le campagne elettorali, stare tutti insieme, dalla stessa parte, per il bene della comunità.

Maria De Biase è dirigente scolastica in Campania, dove insieme a insegnanti, genitori, alunni ha creato una straordinaria “scuola della terra“.
fonte: https://comune-info.net

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CONAI, prima stima 2019: in Italia avviato a riciclo il 71,2% degli imballaggi

Si tratta di oltre 9 milioni e mezzo di tonnellate: superato il 65% richiesto dall’Unione Europea al 2025. Il recupero complessivo è superiore all’82% dell’immesso al consumo















La Giornata Mondiale del Riciclo si apre anche quest’anno con una nota di ottimismo. «Secondo le prime stime CONAI, nel 2019 l’Italia ha avviato a riciclo il 71,2% dei rifiuti di imballaggio, una quantità superiore a 9 milioni e mezzo di tonnellate. Se pensiamo che la richiesta dell’Europa è quella di raggiungere il 65% entro il 2025, possiamo dirci molto soddisfatti e guardare con ottimismo al futuro dell’economia circolare nel nostro Paese». Ad affermarlo è Giorgio Quagliuolo, presidente del Consorzio Nazionale Imballaggi, che persegue in Italia gli obiettivi di recupero e riciclo dei materiali di imballaggio.
«La stima 2019 indica anche una crescita rispetto allo scorso anno, quando la percentuale di riciclo si è assestata al 69,7%» aggiunge il presidente Quagliuolo. «Un segno che i risultati continuano a migliorare, anche alla luce del fatto che lo scorso anno l’immesso al consumo è cresciuto: dai 13 milioni e 267mila tonnellate del 2018 siamo passati a sfiorare i 13 milioni e mezzo. Una percentuale di riciclo più alta, insomma, nonostante sia cresciuto il quantitativo di imballaggi sul mercato».
Nel dettaglio, sui primi dati 2019  (il consolidato arriverà a giugno), CONAI stima che in Italia siano state complessivamente avviate a riciclo 390.000 tonnellate di acciaio, 52.000 tonnellate di alluminio, 4 milioni e 14mila tonnellate di carta, 1 milione e 995mila tonnellate di legno, 1 milione e 79mila tonnellate di plastica e 2 milioni e 10mila tonnellate di vetro.
I numeri crescono se si considerano tutti gli imballaggi che, nel 2019, hanno evitato la discarica, sommando ai numeri del riciclo quelli del recupero energetico: un totale di 11 milioni e 49mila tonnellate, ossia l’82,4% dell’immesso al consumo. Una crescita di quasi due punti percentuali rispetto al 2018.
Fiducia e soddisfazione, quindi, nonostante il 2019 sia stato caratterizzato da un crollo del valore delle materie prime seconde, macero in primis. Se si analizza solo la quota parte di imballaggi gestita direttamente da CONAI e dai suoi Consorzi di filiera (RICREA, CIAL, COMIECO, RILEGNO, COREPLA e COREVE), infatti, si nota come siano state quasi 600mila le tonnellate di materiale in più proveniente dalla raccolta differenziata, non assorbite dal mercato, e rientrate in convenzione con il sistema consortile. Imballaggi per i quali CONAI, nel suo ruolo di sussidiarietà al mercato, ha direttamente garantito lo sbocco a riciclo.
«Non dimentichiamo che, per quanto l’Italia sia oggi un modello di economia circolare in Europa, ci sono ancora traguardi da raggiungere» conclude Giorgio Quagliuolo. «Oltre al crollo del prezzo delle materie prime seconde, va risolto anche il problema della loro collocazione sul mercato: occorre incentivare l’uso di materia riciclata. Senza contare che la carenza di impianti, soprattutto in alcune regioni del Sud, rischia di essere un freno sia per la nostra attività sia per gli sforzi di imprese e cittadini».
fonte: www.lastampa.it