Visualizzazione post con etichetta #Toscana. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #Toscana. Mostra tutti i post

Gestione rifiuti: la Toscana fa la rivoluzione

 










Rivoluzione in vista nella gestione dei rifiuti in Toscana: porte aperte ai privati, addio alla termovalorizzazione e potenziamento del recupero di materia.

Si parte con un bando per raccogliere le manifestazioni d’interesse degli

Cermec, il biodigestore da 23,4 milioni di euro inizia a prendere corpo

Ciacci: «Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica verso l’economia circolare»



Da un impianto di trattamento meccanico biologico (Tmb) per i rifiuti indifferenziati a un polo industriale votato all’economia circolare, con al centro un biodigestore anaerobico in grado di valorizzare la frazione organica dei rifiuti differenziata dai cittadini: è questo il cuore del Piano industriale elaborato da Cermec – società interamente pubblica, partecipata dai Comuni di Massa e Carrara – che è entrato adesso in una nuova fase grazie alla pubblicazione di un bando di gara europeo per la progettazione definitiva, da 430mila euro come base d’asta.

«Siamo soddisfatti del percorso di progressiva conversione impiantistica di Cermec verso l’economia circolare – commenta Alessio Ciacci, amministratore unico della società – Desidero ringraziare tutti gli enti coinvolti in questo percorso e grazie ai quali stiamo costruendo questa nuova grande opera ambientale, utile al territorio, ai lavoratori e alla cittadinanza. Un ringraziamento ai soci in primis, i Comuni di Massa e di Carrara, a Retiambiente, all’Ato costa, alla Regione Toscana. La continua e proficua collaborazione tra tutti gli enti sarà fondamentale per conseguire quanto prima questo importante obiettivo».

L’organico è infatti di gran lunga la frazione più pesante della differenziata, tanto che in Toscana rappresenta il 40% dei rifiuti urbani raccolti: si tratta di circa 150 kg procapite/anno di Forsu, una quota destinata a crescere insieme alla raccolta differenziata (oggi al 60%), eppure già oggi siamo in difficoltà a gestirla perché sul territorio mancano gli impianti adeguati a valorizzarla.

Il cosiddetto “turismo dei rifiuti” impatta su molte frazioni – come l’indifferenziato – ma per quanto riguarda in particolare l’organico l’Arpat segnala criticità molto accentuate: circa il 10% di quanto raccogliamo sul territorio con la raccolta differenziata viene spedito altrove, per carenza d’impianti adeguati di prossimità. Un dato che secondo il Ref ricerche comporta uno sbilancio pari a 201.410 tonnellate l’anno.

Per colmare questo gap, Cermec – con un piano industriale illustrato per la prima volta un anno fa – prevede la realizzazione di un biodigestore anaerobico in grado di produrre energia da fonte rinnovabile (biogas e biometano) oltre a compost impiegabile anche in agricoltura biologica, miscelando adeguatamente il materiale organico in uscita dai processi di biodigestione e con sfalci e potature del verde.

Come spiegano dalla società «gli impianti di digestione anaerobica saranno in grado di trattare circa 60.000 tonnellate all’anno di rifiuti biodegradabili, è prevista l’introduzione delle tecnologia “a biocelle” per il compostaggio e la realizzazione di una linea per il trattamento dei fanghi da depurazione civile, per circa 15.000 t/anno; il tutto per un costo finale stimato di circa 23,4 milioni di euro».

L’incarico messo a gara prevede sia la progettazione sia tutti gli atti necessari a sottoporre il nuovo piano al vaglio della Regione toscana e di tutti gli enti a vario titolo competenti; per passare allo step successivo (esecutivo e affidamento opere), Cermec dovrà infatti prima ottenere le necessarie autorizzazioni (valutazione di impatto ambientale, revisione dell’Aia, Autorizzazione unica regionale.

Intanto negli uffici di via Longobarda si continua a lavorare sugli adempimenti della nuova Aia rilasciata lo scorso 16 giugno, con l’affidamento di alcune opere che ridurranno fin da subito alcuni impatti ambientali – come gli odori – così come la progettazione dei lavori per il completamento delle messe in sicurezza e bonifiche di terreni e falda: con il decreto dirigenziale n. 13635 del 4 agosto, infatti, è stato approvato il progetto di Bonifica dei suoli e sono state autorizzate le attività di Messa in sicurezza di rifiuti residui al di sotto degli edifici delle fosse di conferimento: verrà dunque realizzato un sistema di pompaggio delle acque di falda e di loro trattamento (Taf) che – dopo un periodo di verifica della funzionalità – potrà essere integrato nel più ampio progetto di bonifica della falda apuana.

fonte: www.greenreport.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 


=> Seguici su Blogger 
https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram 
http://t.me/RifiutiZeroUmbria
=> Seguici su Youtube 

Terminato tra gli applausi il progetto didattico-teatrale ROARR per le scuole primarie di Toscana, Umbria e Marche

Si è tenuto il saggio conclusivo di ROARR! Risparmia, ricicla...ruggisci! - percorso innovativo integrato di didattica digitale e laboratoriale per la costruzione delle competenze chiave di cittadinanza rivolto alle classi I, II, III delle scuole primarie di Toscana, Umbria e Marche.












Si è tenuto mercoledì 9 giugno 2021 il saggio conclusivo di ROARR! Risparmia, ricicla…ruggisci! – percorso innovativo integrato di didattica digitale e laboratoriale per la costruzione delle competenze chiave di cittadinanza rivolto alle classi I, II, III delle scuole primarie di Toscana, Umbria e Marche.

Il progetto, giunto alla quarta edizione, nasce dalla collaborazione tra Straligut Teatro e Estra Spa ed è sostenuto da Corepla e Ricrea per i temi legati alla corretta raccolta differenziata degli imballaggi in plastica e acciaio, il loro avvio a riciclo, le buone pratiche di sostenibilità ambientale.

Le classi vincitrici dell’edizione 20-21 hanno messo in scena un’originale versione del “Mago di Oz” raccontando a modo proprio la celebre fiaba che narra del viaggio di Dorothy, il leone codardo, lo spaventapasseri senza cervello e il boscaiolo di latta verso i loro desideri. Anche i costumi, le maschere e gli elementi di scena sono frutto della fantasia degli alunni, che hanno realizzato in prima persona ogni oggetto riciclando materiali e riutilizzando in modo creativo quel che avevano a disposizione in classe e a casa.

Nell’intervallo tra gli atti della rappresentazione, i video realizzati dalla Compagnia teatrale Kanterstrasse sulla raccolta differenziata di imballaggi in plastica e acciaio.



fonte: www.ecodallecitta.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 


=> Seguici su Blogger 
https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram 
http://t.me/RifiutiZeroUmbria
=> Seguici su Youtube 

Famiglie in cohousing: cambiare vita in Toscana

Un percorso condiviso di cambiamento che serba ancora posto per altre famiglie che volessero unirsi: è il progetto di cohousing che sta prendendo vita in Toscana grazie a Maria Casali e al gruppo che ha dato inizio a un'esperienza «che è un ritorno alla natura», spiega la stessa Maria.



















Un percorso condiviso di cambiamento che serba ancora posto per altre famiglie che volessero unirsi: è il progetto di cohousing avviato in Toscana da Maria Casali e dal gruppo che ha dato vita a un'esperienza «che è un ritorno alla natura», spiega la stessa Maria.

Tutti si stanno dando da fare ed entro la fine dell'anno il progetto dovrebbe diventare realtà tangibile. Per dare corpo a questa sfida hanno scelto la Toscana, una zona a una ventina di chilometri dal mare.

Abbiamo chiesto a Maria ci raccontarci il percorso che ha compiuto insieme alla sua famiglia e agli altri membri del gruppo promotore.

Qual è l'idea che sta dietro al vostro progetto e quali sono le motivazioni che vi hanno spinto a cercare di cambiare vita?

«Vogliamo avere, e dare ai nostri figli, la possibilità di una vita completamente diversa, vicina al mare, a stretto contatto con la natura, insieme a persone desiderose di condividere spazi e attività di vario tipo, senza rinunciare comunque a un minimo di privacy né andandosi a cercare particolari scomodità. Il cohousing risponde a queste aspettative e abbiamo avviato questo percorso coinvolgendo via via altre persone, tenendo presente che il nostro progetto non contempla l’autosufficienza economica, alimentare o energetica anche se alcuni di noi vorrebbero poter lavorare nel casale, ad esempio creando una fattoria didattica, accogliendo turisti interessati a vivere la nostra esperienza, coltivando, ecc. Ad oggi, il nostro gruppo è composto da tre famiglie con figli da un anno e mezzo a tre anni e mezzo, una coppia e una signora ultrasessantenni (entrambi con figli che non aderiscono però al progetto). Non escludiamo che ci possa essere spazio per altre famiglie, se troveremo un immobile grande. Stiamo cercando un casale in campagna che abbia spazi esterni grandi e possibilmente includano campi, frutteti, uliveti. Vorremmo un'area coperta comune per le attività da fare insieme, l'orto e, speriamo, anche un pozzo».

Come e quando nasce l’idea che ha ispirato il vostro progetto? Lo avete modificato nel tempo?



«Ogni nucleo del nostro gruppo ha motivazioni e spinte diversi. Per tutti credo ci siano un forte desiderio di cambiare radicalmente stile di vita, la voglia di vivere in armonia con la natura e di condividere l’esperienza con altri. Io personalmente sono stata ispirata da alcune letture e dalla pagina facebook di un cohousing di Livorno, che mi ha permesso di incontrare altre famiglie interessate ad avviare questo progetto. E’ iniziato, quindi, il percorso di coinvolgimento e ciascuno ha portato con sé la sua storia. Non ci uniscono ideologie o credi religiosi ma la nostra volontà di una qualità della vita migliore, di relazioni positive e stabili con i co-houser ma anche con il luogo che abbiamo scelto. Chiaramente, la condivisione del progetto iniziale ha portato a rivedere alcuni obiettivi. In particolare, ci siamo via via avvicinati al mare e stiamo definendo quali potrebbero essere gli spazi comuni (orto, piante, sale comuni, ecc.), il modello di partecipazione ed altri aspetti importanti per il successo del progetto. Si impara facendo, attraverso l’ascolto».

Per definire meglio la vostra idea di progetto, avete conosciuto e visitato altre esperienze simili?



«Ci siamo informati. Abbiamo letto alcune esperienze su internet e abbiamo effettuato alcune visite, scegliendo tra le realtà più vicine alle nostre aspettative. Ne faremo altre perché riteniamo importante raccogliere consigli da parte di chi ha imparato dall’esperienza concreta».

In quale situazione vi trovate adesso?

«Stiamo cercando appunto un immobile a circa 15 o 20 chilometri dal mare, che risponda alle nostre aspettative. Se non riuscissimo a trovarlo esattamente così come lo vogliamo, siamo pronti a rivedere alcune delle nostre attese, tenendo chiaramente conto dei vincoli di budget. Parallelamente, proseguiamo con la ricerca di altre famiglie decise a fare questo percorso insieme a noi».

Come state procedendo per contattare altre persone da coinvolgere?

«Attraverso pubblicazioni online laddove sappiamo esserci persone che condividono i nostri valori, oppure tramite annunci. Tuttavia, abbiamo notato che molte persone che ci hanno contattato non sono pronte per questo passo: alcune hanno un sogno ma non sono abbastanza determinate nel perseguirlo. Non si sentono pronte a lasciare il lavoro e le sicurezze, a vendere casa. Per altre ci sono oggettivi problemi di budget, perche’ al momento non sono in grado di acquistare e cercano dunque soluzioni di co-housing in affitto. Questo non ci ferma, andiamo avanti con l’obiettivo di riuscire ad avviare il co-housing entro la fine dell’anno. Per chi legge questo articolo, se vi ritrovate con quanto abbiamo espresso, non esitate a contattarci!».

A quali criteri deve rispondere il “gruppo giusto” in termini di sistemi valoriali?

«Nel nostro gruppo comunichiamo quotidianamente e ci siamo anche incontrati piu’ volte. Condividiamo la voglia e il coraggio di cambiare e siamo convinti che l’ascolto ci porti ad una visione pienamente condivisa di cambiamento. Nel tempo ci sono state entrate e uscite. Infatti, l’esperienza ci ha fatto capire quanto sia importante che il progetto punti su relazioni positive e stabili ed è, quindi, normale che nella fase di definizione del progetto ci siano uscite nonché nuove adesioni».

Avete già concordato un modello partecipativo, cosa e come condividere, come relazionarvi, come gestire i servizi e gli spazi comuni, come prendere le decisioni?


«Lo stiamo definendo. Per prima cosa, abbiamo deciso di stabilire una sorta di mini statuto/decalogo a supporto dei nuovi potenziali ingressi nel gruppo. Strada facendo, abbiamo imparato che un progetto di co-housing è un percorso di apprendimento. Alcune delle prime lezioni apprese:

· Essere in sintonia e in ogni caso non smettere mai di cercarla. Non tutte le persone sono propense a favorire relazioni positive oppure non condividono pienamente le aspettative degli altri. In questi casi è meglio non proseguire insieme il percorso, va presa una decisione e deve essere comunicata, non è semplice. Secondo noi, il decalogo potrebbe aiutare ad eliminare queste eventualità.

· L’importanza dell’ascolto. Condividiamo le stesse aspettative ma alcuni di noi possono avere idee diverse su come raggiungerle. È normale. Ad esempio, alcuni di noi vorrebbero che il progetto fosse supportato da un facilitatore, altri meno, oppure preferirebbero non essere supportati. Se qualcuno lo crede indispensabile, è importante ascoltare, comprendere e provare ad andare incontro alla richiesta».

Il vostro progetto prevede aperture verso la comunità esterna?

«Sì, siamo disponibili all’idea di aprirci alla comunità e/o a fare volontariato. Qualcuno di noi ha anche prospettato la possibilità di aprire le porte a turisti responsabili, desiderosi di vivere la nostra esperienza. Altri pensano alla possibilità di una fattoria didattica. Per il momento si tratta di idee che potremmo sviluppare più avanti in funzione delle possibilità che ci offrirà l’immobile».

Quali sono i prossimi passi per realizzare il progetto? Quali le principali sfide?

«Sono tutti in corso. Trovare e acquistare il casale. Coinvolgere altre famiglie. Definire il modello partecipativo. La principale sfida è riuscire ad avviare il cohousing entro la fine dell’anno. Riteniamo che darci delle scadenze sia molto importante per mantenere vivo l’entusiasmo, Per raggiungere i nostri scopi ci vuole passione!».

fonte: www.ilcambiamento.it
 


 #RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

#Iscriviti QUI alla #Associazione COORDINAMENTO REGIONALE UMBRIA RIFIUTI ZERO (CRU-RZ) 

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Economia circolare, da Scapigliato 4 milioni di euro per il via alla “Fabbrica dei materiali”

Giari: «Quattro anni fa abbiamo presentato un ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa. Oggi passiamo dalle parole ai fatti»











Con un investimento da quasi 4 milioni di euro inizia la messa a terra della “Fabbrica dei materiali” di Scapigliato, un tassello cardine del progetto avanzato dalla società – al 100% del Comune di Rosignano Marittimo – per rendere marginali i conferimenti di rifiuti in discarica favorendo il recupero di materia e di energia. Sarà la società Tonello energie (un player di riferimento nel settore ambientale, con sede nella provincia di Vicenza) ad occuparsi del completo revamping dell’impianto di trattamento meccanico-biologico (Tmb) già presente nel polo di Scapigliato, al cuore del primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

«Quattro anni fa abbiamo presentato un grande e ambizioso progetto strategico che traghettasse Scapigliato da discarica a moderno e innovativo polo industriale, per garantire la trasformazione del rifiuto in risorsa, creando sviluppo, occupazione e un forte alleggerimento dell’impatto ambientale. Oggi – commenta Alessandro Giari, presidente e ad di Scapigliato (nella foto durante la firma del contratto con Tonello energie, ndr) – passiamo dalle parole ai fatti. Questa è la prima colonna della Fabbrica del futuro, a cui seguiranno nei prossimi mesi ed anni opere ben più importanti».

La Fabbrica del futuro rappresenta il percorso di risalita della gerarchia Ue per la gestione dei rifiuti intrapreso da Scapigliato, approvato con Autorizzazione integrata ambientale da parte della Regione nel 2019: all’interno di questo percorso entro il 2030 termineranno i conferimenti nella discarica più grande della Toscana, per dare spazio a forme di recupero dei rifiuti.

È in questo contesto che il nuovo Tmb verrà realizzato con le migliori tecnologie disponibili (Bat), che miglioreranno notevolmente gli aspetti ambientali – con la lavorazione in totale aspirazione dell’aria si elimineranno le potenziali maleodoranze – mentre al contempo la potenziata capacità di separazione e selezione del rifiuto garantirà una più elevata capacità di avvio a riciclo. Con le soluzioni robotiche che saranno sviluppate in corso d’opera, il Tmb diviene di fatto il primo lotto della “Fabbrica dei materiali”.

Ad oggi il Tmb di Scapigliato gestisce circa 45mila ton/anno di rifiuti urbani indifferenziati provenienti dalle nostre case, che qui vengono sottoposti a vagliatura meccanica per ottenere la separazione in sopravaglio (frazione secca) e sottovaglio (frazione organica). Grazie all’investimento stanziato per la Fabbrica del futuro il Tmb, una volta concluso il revamping, potrà trattare oltre 80mila ton/anno di rifiuti aumentando il rendimento di recupero dell’impianto – ovvero il rapporto tra la quantità complessiva di materiali selezionati avviati ad impianti di recupero e la quantità totale di rifiuti in ingresso – e anche l’efficienza con cui vengono selezionati meccanicamente i diversi materiali di cui sono composti gli scarti.

«Finalmente, dopo molte tribolazioni dovute alla situazione sanitaria che stiamo vivendo – sottolinea l’ing. Stefano Soncini, manager di esperienza internazionale nel settore delle costruzioni che per tre anni accompagnerà lo sviluppo degli investimenti di Scapigliato – siamo riusciti a dare avvio ad uno degli importanti progetti previsti nel programma di sviluppo della società che consentiranno di collocare il sito di Scapigliato fra i più moderni e tecnologicamente avanzati siti di trasformazione dei rifiuti a livello nazionale. Entro la prossima primavera confidiamo di dare inizio anche agli altri importanti progetti impiantistici e subito dopo daremo avvio agli interventi di natura paesaggistica finalizzati alla modellazione dell’area e alle piantumazioni, opere che costituiscono il naturale completamento di un grande progetto di trasformazione dell’intero sito di Scapigliato confermando che la società, oltre alla tecnologia, riserva grande attenzione alla sostenibilità ambientale e all’inserimento paesaggistico nel territorio».

fonte: www.greenreport.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

Come garantire la partecipazione dei cittadini: l'esperienza toscana

La partecipazione dei cittadini non è un ostacolo, ma un supporto per decisioni pubbliche più sostenibili ed efficaci



L’ordinamento comunitario e le norme internazionali, dopo la riforma costituzionale del 2001, sono entrati più direttamente nell’ordinamento italiano, introducendo una visione democratica del procedimento amministrativo, e quindi del procedimento di pianificazione territoriale, e prevedendo diritti e obblighi partecipativi che il legislatore statale e regionale è stato chiamato a declinare. Da questo quadro normativo sono emersi per tutte le Regioni alcuni principi a partire dai quali prevedere un regime giuridico della partecipazione democratica all’interno del procedimento di pianificazione e quindi:
la necessità di prevedere non solo l’informazione e la comunicazione, ma anche la partecipazione dei soggetti interessati e dei soggetti portatori di interessi collettivi e diffusi, all’interno dei procedimenti di pianificazione territoriale, urbanistica, paesaggistica e ambientale;
l’introduzione della partecipazione nella fase iniziale del processo decisionale, anteriore all’adozione, quando sono ancora possibili e praticabili più alternative, perché la partecipazione possa avere una influenza effettiva sul processo decisionale dell’amministrazione;
l’obbligo di motivazione della decisione dell’amministrazione sui risultati della partecipazione a garanzia della effettiva incidenza della partecipazione nel processo.

Per attuare pienamente questi principi la Regione Toscana, con la Legge regionale 65/2014, ha disciplinato nel dettaglio la partecipazione all’interno del procedimento pianificatorio. In realtà in Toscana già la legge 5/95 e la 1/2005 erano state all’avanguardia nel panorama nazionale dell’epoca, poiché includevano la partecipazione nel governo del territorio, anche se in entrambe il rapporto tra cittadini e amministrazione si declinava sostanzialmente nell’essere “adeguatamente informati”.

Con la 65 il legislatore regionale ha quindi completamente riscritto la disciplina, estendendo gli obblighi partecipativi e andando oltre la sola informazione, per ottenere una partecipazione effettiva ed efficace all’interno del processo decisionale dell’amministrazione, rafforzando quindi gli effetti del coinvolgimento dei cittadini nelle diverse fasi di formazione degli atti di governo del territorio.

Negli obiettivi della legge trovano posto dunque gli stessi principi che avevano precedentemente animato il legislatore con la Legge regionale 46/2013 che detta una disciplina generale sulla partecipazione alla elaborazione delle politiche regionali, legge anch’essa all’avanguardia nel panorama nazionale, essendo l’unica in Italia ad essere ispirata al concetto di partecipazione come una “fase” ordinaria del processo decisionale e all’idea che per migliorare la qualità delle decisioni sia necessario che le istituzioni tengano conto e motivino le proprie decisioni rispetto all’esito del processo partecipativo. La stessa legge definisce poi un’Autorità specifica regionale per la partecipazione (già prevista in realtà con la precedente legge 69/2007).

Grazie a queste norme regionali, in Toscana sono dunque addirittura due gli organi istituzionali di garanzia sui processi partecipativi, ovvero l’Autorità per la garanzia e la promozione della partecipazione di cui alla 46/2013 e il Garante dell’informazione e della partecipazione previsto dalla 65/2014; si tratta di due figure non confondibili in quanto
l’Autorità vede stabilita la propria indipendenza esterna al procedimento amministrativo, ha il compito di promuovere la partecipazione dei cittadini nei processi di costruzione delle politiche regionali e locali, un aspetto dell'ordinamento toscano sancito dallo Statuto regionale. L’Autorità è un organo collegiale, composto da tre persone nominate dal Consiglio regionale e dura in carica cinque anni;
il Garante non è un’autorità indipendente ma un organo della pubblica amministrazione che deve assicurare ai cittadini informazione e partecipazione all’interno di procedimenti amministrativi dati, certi e temporalmente predefiniti. In questo senso, è un organo che dispone di una sua autonomia e discrezionalità ma al servizio di un’azione amministrativa predefinita, di cui deve presidiare la qualità informativa e partecipativa, e la tempistica procedurale. La Legge ne prevede l’istituzione in Regione, nelle province, nella città metropolitana e nei comuni con popolazione superiore ai 20.000 abitanti. Il Garante regionale è nominato dal Presidente della Giunta regionale e resta in carica per la durata della legislatura.

Quali sono i rapporti formali tra le due istituzioni? Il Garante regionale, in merito all’esame delle domande di sostegno a processi partecipativi da parte dell’Autorità, redige un parere non vincolante.


Tra gli strumenti partecipativi previsti nella nostra Regione tramite la LR 46/2013 troviamo il dibattito pubblico; in questo caso la partecipazione è intesa come intervento nella discussione, ma non alla decisione. Nonostante questa limitazione, è chiaro comunque come la nostra regione abbia previsto e sperimentato prima di altri questo strumento, anticipando di molto quanto poi introdotto a livello nazionale con il decreto attuativo dell’Art.22 del Codice dei contratti pubblici che ha previsto un ruolo di cittadini e territori nelle procedure di «informazione, partecipazione e confronto pubblico sull’opportunità, le finalità e le soluzioni progettuali di opere, progetti o interventi pubblici».

Nel mese di settembre 2020, con la pubblicazione della Legge 120/2020, sono entrate in vigore le modifiche al Codice contenute nel Decreto legge 76/2020 (cd Decreto semplificazioni). Si tratta per lo più di modifiche a tempo e quindi non strutturali e, tra queste, una riguarda proprio il dibattito pubblico. Data l'emergenza sanitaria in atto e le conseguenti esigenze di accelerazione dell'iter autorizzativo di grandi opere infrastrutturali e di architettura di rilevanza sociale aventi impatto sull'ambiente, sulla città o sull'assetto del territorio, il Decreto 76 prevede che sino al 31 dicembre 2023, su richiesta delle amministrazioni aggiudicatrici, le regioni possono autorizzare la deroga alla procedura di dibattito pubblico, previo parere favorevole della maggioranza delle amministrazioni provinciali e comunali interessate.

La disposizione, che consente quindi alle amministrazioni aggiudicatrici di procedere direttamente agli studi di prefattibilità tecnico economica nonché alle successive fasi progettuali, nel rispetto delle norme del codice dei contratti pubblici, prevede tale possibilità di deroga laddove le regioni ritengano le opere di particolare interesse pubblico e rilevanza sociale.

Questa novità normativa, se pur non strutturale ma a tempo, ha destato preoccupazione tra gli studiosi ed esperti di partecipazione che hanno firmato l’appello promosso dall’Associazione Italiana per la Partecipazione Pubblica, che richiede il ritiro della misura. In generale i firmatari della petizione denunciano l’errore di comprensione che ha mosso l’approvazione della norma, ovvero quello di considerare il dibattito pubblico, e in generale l’apertura del processo decisionale, qualcosa che complica e rallenta.

Analoghe preoccupazioni erano state già denunciate da 170 associazioni, comitati e reti che hanno sottoscritto il dossier “Decreto semplificazioni, così sono devastazioni. L’attacco a bonifiche, acqua, partecipazione dei cittadini, valutazione di impatto ambientale e clima”.

fonte: www.arpat.toscana.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

La Toscana vieterà il glifosato in tutta la regione dal 2021

La Toscana sarà la prima regione “glifosate free” d’Italia, anticipando lo stop all’uso del glifosato dell’Unione europea. Le nuove disposizioni regionali prevedono infatti il divieto d’uso dell’erbicida a partire dal 31 dicembre 2021, un anno prima rispetto all’UE.

















Il Presidente Enrico Rossi, insieme agli assessori all’ambiente Federica Federica Fratonie all’agricoltura Marco Remaschi, ha spiegato i modi e i tempi con cui il glifosato sarà bandito dalla regione.
Il primo passo è quello di vietare l’impiego dell’erbicida nelle zone di salvaguardia, nell’arco di 200 metri dai pozzi d’acqua destinata all’uso potabile.
L’utilizzo del glifosato sarà inibito anche nelle aree extra-agricole come scarpate e lungo i binari ferroviari, eliminando il rilascio di nulla osta finora concessi per motivi eccezionali.
Seguiranno accordi con le aziende, per condividere buone pratiche che verranno individuate e insieme ad ARPAT, al Genio civile e alla ASL, tra cui un protocollo da sottoscrivere con i vivaisti per ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e in particolare del glifosato e per promuovere la sostenibilità ambientale.
Saranno previsti anche un marchio da apporre zone verdi e prodotti agricoli non trattati con glifosato e premi per chi coltiva utilizzando metodo biologici, con un intervento di 15 milioni di euro da destinare a incentivi allo scopo di aumentare i terreni biologici dal 25 al 30%.
Oltre al divieto d’uso del glifosato, la Regione intende procedere con una revisione delle sostanze ammesse in agricoltura dal Piano di utilizzazione per l’impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti (PUFF), in linea con l’elenco ministeriale.
La Regione Toscana aveva già approvato una sua regolamentazione, ma con questo ulteriore aggiornamento, oltre ad anticipa gli obiettivi dell’Unione europea su glifosato, limita e regolamenta l’uso di sostanze potenzialmente pericolose dalle zone più sensibili e va verso un futuro più verde.
“Il nostro obiettivo è netto e chiaro, fare della Toscana una regione “glifosate free” dal 2021 – ha dichiarato il presidente Enrico Rossi – Un obiettivo che si raggiunge con una serie di divieti, limitazioni e tutele da un lato, e di intese con il mondo produttivo dall’altro. Intanto abbiamo eliminato il glifosate dalle aree di salvaguardia dei punti di captazione delle acque idropotabili sotterranee, come avviene già sulle acque idropotabili di superficie, e abbiamo aggiornato l’elenco delle sostanze vietate sulla base di quello ministeriale impegnandoci a aggiornarlo costantemente sulla base delle decisioni del Ministero. In Italia esistono già zone vocate per speciali produzioni agricole, come il Conegliano Valdobbiadene, che hanno deciso di eliminare questo diserbante dalle loro coltivazioni. Ebbene, noi vogliamo estendere l’eliminazione del glifosate all’intero territorio regionale. Si tratta di una scelta a favore dell’ambiente e del nostro comparto agroalimentare che deve poter contare sulla migliore qualità dei propri prodotti. Sono passi che richiedono tempo e lavoro ma grazie alla buona politica che è fatta di discussioni e di accordi, ingredienti fondamentali, possiamo centrare lo scopo nei tempi che ci siamo dati”.
 C’è da augurarsi che non intervenga l’Unione europea a fermare questa iniziativa, come si teme possa fare per il divieto d’uso al glifosato deciso di recente dal parlamento austriaco sul quale la Commissione dovrà esprimersi entro la fine di novembre di quest’anno.

fonte: www.greenme.it

San Casciano: il Centro del Riuso di Canciulle diventa modello nazionale

















È stato studiato e preso a esempio da un team di esperti e tecnici ministeriali. Il ricavato dell’attività serve a finanziare progetti di solidarietà e cooperazione internazionale.

SAN CASCIANO VAL DI PESA (Fi) – Un modello virtuoso per allungare la vita agli oggetti che non servono più. È il Centro del Riuso di Canciulle, nato nella stazione ecologica di San Casciano. Qui decine di volontari, coordinati dall’associazione Mani Tese, sono all’opera tutti i sabati per gestire lo spazio che investe sulla buona pratica del riuso. L’obiettivo è triplice: tutelare l’ambiente, evitando agli oggetti di trasformarsi in rifiuti; aiutare le persone in difficoltà, offrendo la possibilità di acquistare a prezzi modestissimi mobili, vestiti, accessori, libri, giocattoli, casalinghi, elettrodomestici in buono stato; sostenere progetti di solidarietà e cooperazione locale e internazionale.

L’attività del centro, che fa parte di un progetto più ampio sulla riduzione dei rifiuti promosso dai Comuni del Chianti denominato Wasteless in Chianti , è stata osservata da un team di esperti, tecnici ministeriali e rappresentanti della Regione Liguria che in questi giorni hanno partecipato a un workshop nella sala consiliare del Comune prendendo a modello nazionale le buone pratiche ambientali di San Casciano, in particolare quelle messe in atto dal Centro del Riuso solidale.

La gestione del Centro è affidata a Mani Tese Firenze Onlus, coordinata da Federico Preti. L’associazione di volontariato è attiva da anni sui temi della solidarietà internazionale e della proposta di stili di vita sostenibili, in collaborazione con altre realtà come Mato Grosso e Forum Cittadini Insieme. Il ricavato va a finanziare progetti di Mani Tese e Mato Grosso in America Latina (Guatemala, Ecuador, Bolivia) e del Forum Cittadini Insieme sul territorio di San Casciano.

E’ possibile anche concordare con le associazioni il ritiro degli oggetti a domicilio. Chi desidera acquisire un oggetto lasciato in esposizione in conto donazione può prenotarlo e passare a ritirarlo nelle giornate organizzate nel corso dell’anno, dove sarà possibile anche prendere visione dei progetti e delle iniziative delle associazioni che saranno finanziate con i proventi delle donazioni.

“Chi regala al Centro del Riuso fa un conto donazione – spiega l’assessore all’Ambiente Consuelo Cavallini – e sa che il proprio oggetto, prima di diventare rifiuto, potrà rinascere, entrare in un’altra casa e tornare utile se non necessario a una famiglia in difficoltà. Chi compra fa un favore all’ambiente e alle proprie tasche, risparmia in maniera considerevole, dato che le varie categorie merceologiche in vendita hanno prezzi modestissimi. E offre un piccolo ma importante contributo per alimentare progetti di solidarietà e cooperazione internazionale”.

L’associazione Mani Tese e i volontari che gestiscono il Centro sono disponibili ogni sabato dalle 9 alle 12.30 e dalle 15 alle 18.30.

fonte: https://www.toscanachiantiambiente.it

A Follonica 60.000 bottiglie di plastica diventano pista ciclopedonale

Una prima sperimentazione di 20 metri per valutare la resistenza al passaggio quotidiano delle biciclette. La pista è accessibile a disabili, passeggini e carrozzine.



FOLLONICA (Gr) – Non si tratterà certo della prima pista ciclopedonale al mondo realizzata con plastica riciclata ma quella di Follonica è all’avanguardia in Italia. E’ iniziata nei giorni scorsi l’installazione dei primi 20 metri di passerella nel passaggio che collega il ponte sul Petraia e la Biblioteca della Ghisa nell’area ex Ilva. Si tratta del primo esperimento di questo genere in città e si pone come obiettivo quello di coniugare la sostenibilità, il miglioramento dei passaggi accessibili e migliorare il decoro urbano.

“Si tratta – dichiara il vicesindaco Andrea Pecorini – di una piccola rivoluzione. Abbiamo deciso di sostituire i primi 20 metri del camminamento interno all’ex Ilva con il materiale in plastica riciclata che avevamo disponibile in cantiere per valutarne la resistenza al passaggio quotidiano delle biciclette. Grazie a questa sostituzione il vialetto ha raddoppiato di larghezza arrivando a misurare 3 metri e ad essere quindi una vera pista ciclopedonale completamente e comodamente accessibile anche alle persone con disabilità e alle famiglie con bambini piccoli nei passeggini o nelle carrozzine. Speriamo che questa sperimentazione si concluda positivamente in modo da poter sostituire l’intero vialetto con listelli di plastica riciclata, che si integrano perfettamente nell’ambiente naturale del Parco della Petraia, e poter collegare la scuola dell’Ilva con il ponte sul Petraia”.

“Utilizzare la plastica riciclata per gli arredi urbani e per camminamenti e piste ciclabili – aggiunge l’assessora all’Ambiente Mirjam Giorgieri – dimostra come fare la raccolta differenziata porti benefici diretti, anche in prodotti che usiamo per migliorare il decoro della città. Si stima infatti che per produrre i listelli per questi primi 20 metri di camminamento ciclopedonale siano servite 60.000 bottiglie. Quindi possiamo dire che è grazie all’impegno di chi ogni giorno ricicla e separa correttamente i propri rifiuti che abbiamo questa nuova passerella”.

fonte: https://www.toscanachiantiambiente.it

I piatti usa e getta compostabili? “Gettateli nell’indifferenziato”

















Presentate come un’alternativa ecologica, creano più problemi di quelli che risolvono: le stoviglie monouso compostabili – piattini, bicchieri e posate che da qualche tempo riempiono gli scaffali dei supermercati – stanno provocando parecchi guai negli impianti di compostaggio. Sul caso sollevato da Lady Radio nei giorni scorsi è intervenuta Alessia Scappini, amministratore delegato della società Alia che gestisce il ciclo di rifiuti nell’area Firenze-Prato-Pistoia. Nell’intervista Scappini conferma il problema: le bioplastiche negli impianti di compostaggio vengono scartate oppure finiscono in frammenti che contaminano il compost finale, che a quel punto non potrà essere utilizzato in agricoltura ma dovrà essere trattato come un rifiuto. Il problema, spiega Scappini, è che le condizioni per la degradabilità delle bioplastiche “non sono le stesse che si verificano nei processi di compostaggio e questo crea un rischio di ritrovarsi queste bioplastiche negli scarti o, peggio ancora, i frammenti di plastiche rigide vanno a vanificare quel percorso virtuoso di recupero del rifiuto organico”. Quindi le stoviglie usa e getta compostabili non diventano compost, ma anzi contaminano il compost rendendolo inservibile; non possono essere riciclate – a differenza delle plastiche fossili – perché ancora non sono stati messi a punto dei processi adatti; diventano, insomma, rifiuti indifferenziati e come tali vanno anche smaltiti: “In questo momento – spiega Scappini – l’unica cosa che possiamo indicare è che questo tipo di rifiuto venga messo nell’indifferenziato”. Il vero comportamento ecologico, alla fine, resta quello di non comprare l’usa e getta e di usare stoviglie lavabili.
Ascolta l’intervista.
fonte: www-ladyradio-it

Toscana plastic free, al via la campagna #spiaggepulite














E’ partita la campagna “Toscana plastic free” e #spiaggepulite. Un kit composto da due pannelli, in materiale riciclabile, e sei locandine arriveranno a tutti i concessionari degli stabilimenti balneari toscani attraverso le amministrazioni comunali: in italiano e in inglese. Pannelli e locandine saranno installati anche nelle spiagge libere. E poi ci saranno cartoline, adesivi, una pagina web (www.plastic-free.toscana.it) e cover per personalizzare i propri profili facebook, perché la campagna sarà naturalmente anche social e soprattutto, nelle intenzioni, partecipata.
Una campagna in linea anche con quella “Plasticfree” lanciata dal Ministero dell’Ambiente, ma che in questo caso si lega ad un provvedimento normativo già efficace che bandisce l’uso dei prodotti di plastica monouso.
L’obiettivo è quello informare e sensibilizzare turisti e residenti che il 25 giugno il Consiglio regionale della Toscana ha approvato una legge che bandisce, prima che nel resto d’Europa (come prevede la Direttiva Europea recentemente varata in via definitiva),  stoviglie ed oggetti di plastica ‘usa e getta’ in spiaggia e negli stabilimenti balneari che vi si affacciano.
Un divieto, certo: ma anche e soprattutto un buon esempio di istituzioni e operatori economici e un invito a tutti, partecipato, a mantenere spiagge e mare puliti, contribuendo a risolvere insieme e alla radice il problema delle plastiche abbandonate o disperse in acqua. 


Tutti i comuni della costa coinvolti
Sono 34 le amministrazioni comunali che riceveranno dalla Regione il kit; quindi saranno i Comuni a distribuire pannelli e locandine a loro volta agli stabilimenti balneari: 1.405 in tutto (e 63 spiagge libere), tutta la costa toscana dal confine con la Liguria fino a quello con il Lazio, nessuno escluso.

La convinzione delle associazioni: “un percorso culturale”

La plastica mono-uso costituisce il maggior fattore di inquinamento degli arenili e del mare. Per questo Toscana ha deciso, assieme agli operatori economici, di mettere subito al bando questi oggetti. Chi li aveva già acquistati potrà smaltire le scorte di magazzino. Non sono moltissime, pare. Poi posate, piatti, cannucce, contenitori per alimenti, mescolatori per bevande, tazze e bicchieri dovranno rigorosamente essere di materiale compostabile, quelli ad esempio derivati dal mais che si trovano già da tempo in commercio. Addio dunque fin da questa estate a stoviglie ‘usa e getta’ nei lidi e su tutte le spiagge del demanio marittimo. 
E chi non lo farà rischia, magari non da subito, una multa. Rischiano i cittadini che continueranno ad utilizzarle: la sanzione sarà determinata dal Comune, che potrebbe tener conto della maggiore o minore delicatezza di una spiaggia rispetto ad un’altra.
Rischia l’esercente che somministrerà cibi e bevande con prodotti in plastica mono-uso, con multe in questo caso già indicate da 1.032 a 3.098 euro. Fatto salvo, naturalmente, quanto previsto dalla norma transitoria per lo smaltimento delle scorte.
Rifiuti e mozziconi
La campagna toscana “Spiagge pulite” ricorda anche che è reato, oltre che un gesto di inciviltà, abbandonare i rifiuti:  pure in spiaggia o in mare, chiaramente. Le sanzioni vanno, in questo caso, da 30 a 150 euro per oggetti di piccole dimensioni  – dagli scontrini e i fazzoletti di carta alle gomme da masticare – e da 300 a 3000 per quelli più grandi.
Ci sono poi i mozziconi di sigaretta. Chi li getta a terra o in acqua è passibile di una multa da 60 a 300 euro.  La norma è nazionale. I singoli Comuni stanno ragionando se optare per il divieto di fumo in spiaggia – in altre regioni, in alcuni paesi dell’Adriatico, qualcuno l’ha già fatto –  oppure se installare contenitori ermetici per evitare l’abbandono delle cicche.
fonte: http://www.snpambiente.it

Rifiuti, la Toscana del sud diventa avanguardia europea per la tariffa puntuale

Parte un percorso all’interno dell’Urban agenda Ue per definire un modello che sia replicabile in tutta Europa, nell’ottica di “chi inquina paga”



















Parte dalla Toscana del sud una vera e propria rivoluzione di respiro europeo, nell’ottica di un’economia circolare dove “chi inquina paga”: un percorso per giungere a definire una tariffa puntuale dei rifiuti che i cittadini pagheranno in base alla quantità di rifiuti indifferenziati effettivamente conferiti, andando così oltre agli attuali criteri sui quali è parametrata la Tari (che è un tributo, non una tariffa), ovvero i metri quadri dell’abitazione di riferimento e l’ampiezza del nucleo familiare. Sei Toscana – il gestore unico dei servizi di igiene urbana nei 104 Comuni dell’Ato Toscana sud – è infatti la prima azienda italiana di raccolta integrata dei rifiuti ad entrare nel programma europeo Urban agenda per l’economia circolare, con un apposito protocollo presentato oggi alla Casa dell’ambiente di Siena.
«È un accordo molto importante perché la sperimentazione interessa uno dei territori più belli della nostra Europa – dichiara Håkon Jentoft, coordinatore di Urban Agenda per l’economia circolare a nome della città di Oslo – Puntiamo a mettere a punto un modello per applicare la tariffa puntuale che sia replicabile in tutta la comunità europea». Un percorso che sul territorio si concretizzerà grazie alla collaborazione tra Sei Toscana, l’Ato Toscana sud e Operate – l’Osservatorio nazionale dedicato alla tariffazione rifiuti –, che nell’ambito dell’Urban agenda ha collaborato alla realizzazione di un toolkit a disposizione di tutti quegli enti locali interessati a implementare la tariffa puntuale. Una “cassetta degli attrezzi” che verrà messa a disposizione e ritagliata su misura dei Comuni dell’Ato Toscana sud.
«È un principio di equità – spiega il presidente di Sei Toscana Leonardo Masi – nella fruizione di altri servizi pubblici, si pensi all’acqua, il cittadino paga per quanto consuma, mentre nell’ambito dei rifiuti finora questo non accade. Inoltre non viene premiato chi contribuisce al raggiungimento di performance di raccolta differenziata, e dunque di obiettivi ambientali importanti per il territorio dove abita. Sei Toscana è l’unica azienda italiana che è stata scelta per questa sperimentazione: gestisce i servizi nell’Ato più grande d’Italia, molto variegato e su un territorio tra i più belli d’Europa. Chi ha l’onore di vivere in cotanta bellezza deve anche farsi carico dell’onere di migliorare l’ambiente in cui vive».
La parola chiave di questo percorso è, appunto, sperimentazione. La tariffa puntuale è infatti generalmente associata a più alte percentuali di raccolta differenziata, ma cosa assicura che tra i motivi di questo slancio non ci siano comportamenti disonesti da parte dei cittadini, desiderosi di ottenere sconti sulla tariffa? Non è facile controllare che parte dell’indifferenziato non venga indebitamente “smistato” nei sacchetti della differenziata, o ancor peggio impedire che vada ad alimentare discariche abusive sul territorio. Il tutto a detrimento della qualità dei materiali raccolti, e dunque delle successive fasi di riciclo e recupero (che rappresentano il vero fine della raccolta differenziata). Per trarre il meglio dalla tariffa puntuale è dunque indispensabile individuare la – o le – modalità migliore per le caratteristiche del territorio dove si cala e le rispettive esigenze dei cittadini: che si tratti di porta a porta o cassonetti intelligenti, ad esempio, alla base «c’è un metodo di misurazione puntuale dei rifiuti conferiti dai singoli cittadini, che presuppone l’identificazione del singolo cittadino e a sua volta comporta l’attuazione di un’infrastruttura molto importante. Non si passa alla tariffa puntuale con una delibera comunale: servono anni di investimenti per garantire al cittadino gli strumenti evoluti», come spiega il direttore di Ato Toscana Sud, Paolo Diprima, che non a caso sottolinea la necessità di instaurare un rapporto di fiducia tra cittadini, Comune e soggetto gestore.

Sul piatto ci sono 50 milioni di euro stanziati per potenziare i sistemi di raccolta differenziata nell’arco di un quadriennio, e una sperimentazione della tariffa puntuale che inizierà entro la fine dell’anno con l’individuazione dei Comuni interessati e adeguati (ovvero con l’infrastruttura necessaria già completata sul proprio territorio) a iniziare questo percorso innovativo. La tabella di marcia rimane da dettagliare, ma l’ipotesi è di concentrare la sperimentazione in una manciata di Comuni all’avanguardia per tutto il 2020, per poi valutare ed eventualmente estendere il percorso nel resto dell’Ato Toscana sud nei 2-3 anni successi. Una strategia di lungo periodo e scientificamente fondata dunque, l’unica possibile per far sì che l’economia circolare non si limiti ad essere uno slogan di moda ma un concreto strumento di sviluppo sostenibile per il territorio.

fonte: www.greenreport.it

Firenze: l'economia circolare che non c'è. Ancora

Venerdì 14 giugno 2019, presso il Convitto della Calza, a Firenze, si è tenuto un convegno sul tema dell'economia circolare, dal titolo: "L'economia circolare che non c'è. Ancora"



















Il titolo "ad effetto" del convegno, "L'economia circolare che non c'è. Ancora", tenutosi presso il Convitto della Calza, venerdì 14 giugno 2019, sicuramente apparirà provocatorio per alcuni, ma disvelare certe realtà sull'economia circolare determina sempre qualche "piccolo o grande terremoto".
Gli interventi, che si sono susseguiti, sono stati tutti molto concreti e soprattutto tesi a spazzare via una "visione bucolica" dell'economia circolare, riportando l'attenzione sulla vera natura della questione: l' economia circolare è una politica industriale, che non riguarda tanto e solo il perimetro delle politiche ambientali ma quelle industriali ed economiche.
convitto calza_ pubblicoQuesto vuole dire interessarsi dei mercati, dei flussi dei mercati, con perdite e profitti, ma anche della dimensione industriale delle imprese; in sostanza parlare di economia circolare significa in primo luogo parlare di una maggiore industrializzazione, una maggiore presenza di impianti di gestione rifiuti nei nostri territori.
Come fa notare Antonio Cianciullo, giornalista di La Repubblica, moderatore del convegno, di recente, abbiamo assistito ad un'accelerazione del dibattito sull'economia circolare, probabilmente sotto la spinta di un rinnovato interesse per l'ambiente manifestato a livello globale dal movimento per il clima "Friday for future", ma anche da alcuni importanti, quanto inquietanti, dati sulle temperature raggiunte nel 2018, uno degli anni più caldi, mai registrati, non solo in Italia ma anche in Europa.
Anche la finanza sembra mostrare un interesse per l'ambiente con il green bond; in particolare, in Norvegia, dove è presente uno dei fondi sovrani più forti al mondo, stanno disinvestendo, con un preciso piano finanziario, dai fossili per puntare sulle energie rinnovabili. La Norvegia infatti non vuole farsi cogliere impreparata, e quindi sanzionabile, nel caso in cui venisse seriamente reso operativo il Patto di Parigi, in questo modo, dal punto di vista economico-finanziario avrebbe guadagnato con la decarbonizzazione ambientalmente ma anche finanziariamente.
Non ci rimane che prendere atto che l'ambiente "comincia ad essere di moda", questo lo dimostra anche la recente richiesta dei costruttori di automobili negli Stati Uniti d'America: questi hanno chiesto al Presidente americano di re-introdurre norme restrittive circa le emissioni prodotte dalle auto perché il consumatore è sensibile alle questioni ambientali e richiede un'auto rispettosa dell'ambiente, non mostrandosi disponibile a comprarne una priva di certe caratteristiche di sostenibilità ambientale.
Il trend è chiaro ... ma i tempi meno!
Ingresso convittoStefano Carnevali, AD Unieco Ambiente, sottolinea come ancora oggi, in Italia, l'economia circolare non sia pensata come un comparto industriale.
Questo stallo deve essere superato, per questo è necessario andare oltre alla dimensione sanitaria della questione, le attività e le infrastrutture non possono essere bloccate tenendo conto solo della dimensione sanitaria del loro impatto.
Al tempo stesso è opportuno mantenere una posizione di rilievo, in Europa l'Italia può vantare una certa esperienza nel riciclo ma non deve perdere terreno e rinunciare a margini di crescita.
Affinché l'economia circolare possa affermarsi, Carnevali suggerisce di dotarsi di
  • un quadro giuridico certo, con ridotte, se non nulle, possibilità di interpretazione
  • una PA che si ponga al fianco delle imprese e non in antagonismo con queste
  • attività produttive con dimensione industriale, superando la logica del "piccolo è bello".
Carnevali conclude che, nel nostro Paese, dobbiamo convincerci che la presenza di impianti industriali di gestione rifiuti è un deterrente all'abbandono e alla gestione illecita degli stessi, al contrario, il settore rischia di finire nelle mani delle organizzazione malavitose e chi si oppone alla costruzione di nuovi impianti, seppur involontariamente e indirettamente, diviene complice delle ecomafie.
Antonio Cianciullo riprende il tema dei nuovi impianti, che oggi, ancora di più, rappresenta una questione di interesse, infatti la Cina insieme ad altri paesi asiatici hanno deciso di bloccare le importazioni di molti materiali, come la plastica, che dobbiamo quindi gestire, meglio riciclare o smaltire nel nostro territorio nazionale, senza pensare a destinazioni altre in Europa o in altre parti del mondo.
Andrea Sbandati, Direttore Cispel Toscana, precisa che l'economia circolare spesso è vista come una sorta di bacchetta magica che fa sparire i rifiuti. In realtà, economia circolare significa più imprese e più mercato, con i pro e i contro dei flussi legati ai mercati ed i rischi industriali connessi alle attività imprenditoriali.
Questo nuovo modo di concepire l'economia, non più lineare ma circolare, è una sfida industriale che deve essere sostenuta anche dalle istituzioni pubbliche, non solo a livello nazionale ma anche regionale e locale, con un impegno forte e chiaro in questa direzione.
convitto-relatori.jpgDobbiamo prendere coscienza del fatto che l'economia circolare parte dalla produzione di beni, passa da uno stadio intermedio, rappresentato dallo stoccaggio e dalla preparazione del rifiuto per un suo riutilizzo e riciclo, e finisce in un'attività industriale in grado di re-inserire in un processo produttivo quello che inizialmente era un rifiuto. Questo comporta che la filiera a monte e quella a valle si muovano con un certo coordinamento, in ottica appunto di filiera integrata, perché l'economia circolare funziona, con buoni risultati che ci fanno anche primeggiare in Europa, laddove esiste un mercato consolidato che accoglie i materiali per re-inserli in processi produttivi.
Antonio Cianciullo sottolinea come, nel nostro Paese, si faccia economia circolare dal Medioevo, un esempio per tutti è Prato, ma, da venti anni circa, siamo fermi. Questo è dovuto anche ad una totale assenza di piano industriale che comporta l'incapacità di realizzare gli impianti industriali necessari.
Luana Frassinetti, AD di CSAI, ricorda come, nel prossimo futuro, lo smaltimento in discarica dovrà diventare un pezzetto piccolo della gestione dei rifiuti, perché questo avvenga, in primo luogo, è necessario cominciare a produrre materiali eco-sostenibili, ovvero prodotti il cui ciclo di vita sia stato studiato e valutato attentamente, determinandone preventivamente la destinazione del fine vita.
Fino ad oggi, la discarica (come ad esempio quella di podere Rota) ha avuto un importante ruolo, anche in Toscana, in quanto ha fornito la risposta a molte crisi dei rifiuti; non ultima quella relativa alla gestione dei fanghi, che ha coinvolto, di recente, la nostra regione e che ha visto la discarica prendersi carico di questa tipologia di rifiuti che altri impianti hanno rifiutato.
Oltre alla produzione di prodotti ecosostenibili, dobbiamo anche pensare al fatto che aumentando la raccolta differenziata aumentano gli scarti, che, per lo più, almeno sinora, sono destinati alla discarica, e probabilmente lo saranno anche nel futuro, con "buona pace per la politica del rifiuto zero".
Infine Frassinetti sottolinea che i gestori di impianti di smaltimento rifiuti, ogni anno, effettuano svariati controlli ambientali e intervengono per eliminare, e se non è possibile fortemente ridurre, ogni tipo di impatto che la loro attività industriale produce sulla popolazione, mostrandosi sensibili all'ambiente ma anche alla popolazione circostante.
Antonio Cianciullo sostiene che, in Italia, ci siano molte paure, nessuno vuole vivere vicino ad impianti di gestione rifiiuti, anche per questo, essendo molto bravi a produrre parole, abbiamo inventato il termine "termovalorizzatore", che non usano in altri paesi, questo conferma la nostra tendenza a misurarci con gli scenari della fantasia piuttosto che con quelli industriali.
Alessia Schiappini, AD di Alia, ritiene che per affermare l'economia circolare, in primo luogo, serva una buona raccolta differenziata, questo comporta un patto con l'utenza e l'introduzione della tracciabilità del rifiuto, "tracciare l'utenza per avere rifiuti di qualità". Al contrario sarà difficile potere garantire quelle caratteristiche di qualità, richieste dalle imprese e condicio sine qua non per avviare al riciclo i nostri rifiuti, se questo non avverrà, purtroppo, avremo solo una quantità maggiore di scarti.
Sergio Gatteschi, Presidente regionale di Amici della Terra, pensa che si possa affermare un modello basato sull'economia circolare se verrà:
  • superata la cultura del sospetto, che vede la gestione illecita dei rifiuti ovunque
  • dettato un quadro normativo dove sia disciplinata in modo corretto la materia seconda, nonché normato l'end of waste
  • implementata la progettazione di beni facilmente riciclabili a fine vita; come accade, ad esempio, nel settore dell'automobile, dove è previsto che i materiali utilizzati siano riciclabili al 90%
  • superato il pregiudizio legato al recupero energetico, che deve anch'esso trovare uno spazio privo di  osteggiamenti.
Federica Fratoni, Assessore Ambiente Regione Toscana, riconosce che la Toscana si deve dotare di un maggiore numero di impianti per la gestione di rifiuti, che ancora oggi lo smaltimento in discarica è alto (circa il 30%) mentre la raccolta differenziata non raggiunge percentuali tra le più alte nel panorama nazionate, attestandosi a circa il 50%.
Il cambiamento di modello economico deve sicuramente subire un'accelerazione ma molto deve fare anche il legislatore nazionale, si pensi alla disciplina del sottoprodotto o a quella dell'end of waste o alla necessità di creare una normazione su certi aspetti similare tra rifiuti urbani e speciali e molto altro ancora.
Probabilmente l'occasione concreta, a livello nazionale, per dare avvvio ad un reale cambiamento potrà manifestarsi con il recepimento del pacchetto UE sull'economia circolare.
convegno economia circolare-fratoniNel frattempo l'Assessore ricorda che la Regione ha avviato alcuni tavoli sull'economia circolare, definendo in certi settori, come il conciario, anche interessanti accordi, altri ne verranno stipulati in futuro, con il settore tessile, per esempio, ma anche con altri comparti industriali rappresentativi nel nostro tessuto industriale regionale.
Chiude il convegno il moderatore, Antonio Cianciullo, auspicando che un ritardo, come quello che si registra in Toscana, possa trasformarsi in un futuro vantaggio costituito da un'accorta pianificazione e realizzazione di impianti di nuova generazione utili alla realizzazione di un concreto sistema fondato sull'economia circolare. 
fonte: http://www.arpat.toscana.it/