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La Groenlandia ha deciso di vietare le attività petrolifere

Il governo della Groenlandia ha annunciato che non saranno più sfruttate riserve petrolifere sul proprio territorio, per ragioni economiche e climatiche.








La Groenlandia ha deciso di vietare le attività di ricerca di petrolio su tutto il territorio nazionale. Ad annunciarlo è stato il governo guidato da Mute Egede, nella giornata di venerdì 16 luglio: secondo l’esecutivo dell’immensa isola nordica, lo sfruttamento delle fonti fossili è poco redditizio e troppo pericoloso per clima e ambiente.

Allo studio un divieto anche sull’estrazione di uranio

Si tratta della prima grande riforma approvata sulla questione dal governo, retto da una coalizione composta da sinistra ed ecologisti. I dirigenti della Groenlandia stanno riflettendo anche ad una seconda legge, che vieterebbe anche l’estrazione di uranio. Già è stato congelato, in questo senso, un vasto progetto della società australiana Geeenland Minerals. Una scelta in linea con l’orientamento della popolazione: un sondaggio indica che il 63 per cento degli abitanti dell’isola è contraria allo sfruttamento dell’uranio.

Il cambiamento è epocale: numerosi studi hanno indicato infatti la Groenlandia come una terra ricchissima di risorse naturali. Una stima dell’Istituto per gli studi geologici degli Stati Uniti ha valutato in 51 miliardi di barili la quantità di petrolio che potrebbe essere presente nella regione. Ovvero un quinto delle riserve petrolifere non ancora sfruttate nel Pianeta.



Lo sfruttamento del petrolio in Groenlandia rischierebbe di compromettere il complesso ecosistema locale © robas/GettyImages

“Troppi rischi per il clima e scarsa redditività economica”

Dal punto di vista politico, inoltre, si tratta di una scelta diametralmente opposta rispetto a quella assunta nel 2010, quando vennero concesse sette autorizzazioni per l’esplorazione alla ricerca di greggio a diverse grandi imprese petrolifere, tra cui l’inglese Shell e la scozzese Cairn Energy.

Ma il governo, secondo quanto riferito dall’agenzia Afp, è stato chiaro: “Una nuova analisi economica della redditività petrolifera in Groenlandia mostra chiamante che essa è pari alla metà di ciò che era stato previsto dalle compagnie”. La ministra delle Risorse naturali Naaja Nathanielsen ha quindi aggiunto che “si tratta di una tappa logica, poiché per noi la crisi climatica è una questione seria”.

fonte: www.lifegate.it


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Monouso fuorilegge in Inghilterra

Entrato in vigore il bando a cannucce, agitatori e bastoncini per la pulizia delle orecchie in materiale plastico. Raddoppiata la tassa sui sacchetti.









Il 1° ottobre scorso è entrato in vigore in Inghilterra il divieto alla vendita di cannucce, agitatori e bastoncini per la pulizia delle orecchie in materiale plastico, parte dell’impegno del Governo nel limitare l’utilizzo di articoli monouso. Il provvedimento avrebbe dovuto avere efficacia all’inizio di aprile, ma l’emergenza sanitaria da Covid-19 ha spinto le autorità a rinviare di qualche mese il divieto. É consentita esclusivamente la vendita controllata di cannucce o bastoncini in plastica nelle farmacie, per uso medico.

Secondo una stima del Governo inglese, ogni anno nel paese vengono utilizzati 4,7 miliardi di cannucce di plastica, 316 milioni di agitatori da cocktail 1,8 miliardi di bastoncini per le orecchie con stelo in materiale plastico, con il rischio di una dispersione nell’ambiente, in particolare in mare.

La stretta colpirà anche i sacchetti di plastica: alla fine di agosto è stato infatti deciso un aumento, da 5 a 10 pence, della tassa che grava sui sacchetti monouso di plastica, che entrerà in vigore nell’aprile del 2021. Il Governo ha anche messo al bando le microplastiche aggiunte e sta valutando l’introduzione di uno schema di deposito su cauzione per favorire il recupero e riciclo di bottiglie per bevande. Inoltre, dall’aprile del 2022 potrebbe essere applicata un’imposta sugli imballaggi in plastica con contenuto di materiale riciclato inferiore al 30%.

fonte: www.polimerica.it


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Microplastiche: si allungano tempi per il divieto Ue

L'intervento dell'industria chimica e cosmetica indebolisce il parere degli esperti Echa, che suggeriscono un bando da 100 nanometri in su e la piena applicazione di alcuni divieti non prima del 2028 e nel 2030.



Divieto delle microplastiche in cosmetici e detergenti non prima del 2030 e possibilità di continuare a usare le nanoplastiche, nonostante i dubbi degli esperti Ue. Sono alcuni punti del parere dell'Echa, l'Agenzia europea dei chimici, sul divieto Ue delle microplastiche intenzionalmente aggiunte nei prodotti, annunciato nel 2018 e che dovrebbe diventare legge nel 2022. Oggi si è conclusa la consultazione sul parere dell'agenzia Ue, che ha visto coinvolte associazioni di categoria dell'industria chimica e cosmetica.

"Con l'intervento delle lobby", si legge in una dettagliata analisi pubblicata sul blog dello European Environmental Bureau "quando il regolamento entrerà in vigore nel 2022 l'unico miglioramento immediato sarà il divieto delle microperle nei cosmetici che il settore si è già impegnato a eliminare". "Così - prosegue il blog - nel 2022 il regolamento affronterà solo lo 0,2% delle microplastiche disperse nell'ambiente. Questo ritmo lento significa che l'iniziativa dell'Ue ridurrà l'inquinamento da microplastica solo della metà nel 2028 e del 90% entro il 2030".

Rispetto alla sua stesura originale, in cui gli esperti proponevano 4 anni per l'applicazione del divieto sui cosmetici e suggerivano di vietare le microplastiche con una dimensione minima di 1 nanometro (nm), il parere finale dell'Echa suggerisce un bando da 100 nanometri in su e la piena applicazione di alcuni divieti non prima del 2028 e nel 2030.

Il parere, che sarà inviato alla Commissione entro dicembre, fornisce la base scientifica per la proposta di regolamento che l'Esecutivo presenterà a paesi Ue e dell'Europarlamento. Nel 2018 gli eurodeputati avevano chiesto il di vietare entro il 2020 l'uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente nei cosmetici, prodotti per la cura personale, detergenti e prodotti per la pulizia e hanno proposto norme più rigorose per i frammenti in plastica dispersi nell'ambiente da tessuti, pneumatici, vernici e mozziconi di sigarette.

"Così - prosegue il blog - nel 2022 il regolamento affronterà solo lo 0,2% delle microplastiche disperse nell'ambiente. Questo ritmo lento significa che l'iniziativa dell'Ue ridurrà l'inquinamento da microplastica solo della metà nel 2028 e del 90% entro il 2030". Rispetto alla sua stesura originale, in cui gli esperti proponevano 4 anni per l'applicazione del divieto sui cosmetici e suggerivano di vietare le microplastiche con una dimensione minima di 1 nanometro (nm), il parere finale dell'Echa suggerisce un bando da 100 nanometri in su e la piena applicazione di alcuni divieti non prima del 2028 e nel 2030.

Il parere, che sarà inviato alla Commissione entro dicembre, fornisce la base scientifica per la proposta di regolamento che l'Esecutivo presenterà a paesi Ue e dell'Europarlamento. Nel 2018 gli eurodeputati avevano chiesto il di vietare entro il 2020 l'uso di microplastiche aggiunte intenzionalmente nei cosmetici, prodotti per la cura personale, detergenti e prodotti per la pulizia e hanno proposto norme più rigorose per i frammenti in plastica dispersi nell'ambiente da tessuti, pneumatici, vernici e mozziconi di sigarette.

fonte: www.repubblica.it


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Nel coronavirus l'industria vede l'occasione per cancellare i divieti sui sacchetti di plastica
































Questo articolo è stato pubblicato sul New York Times in data 26 marzo 
2020 scritto da Hiroko Tabuchi.

L'industria dei sacchetti di plastica avverte che le borse per la spesa 
riutilizzabili che molti di noi usano al posto appunto dei sacchetti di 
plastica sono cariche di virus, vogliono bloccare  le leggi che vietano 
l'uso dei sacchetti monouso di plastica; scrivono che non vogliono che 
milioni di americani portino borse per la spesa riutilizzabili piene di 
germi negli esercizi di commercio al dettaglio mettendo a rischio il 
pubblico ed i lavoratori. Sostengono che le borse per la spesa 
riutilizzabili sono una minaccia per la salute pubblica.

All'interno dell'articolo c'è il link per accedere ad uno studio 
scientifico finanziato dal Consiglio per la chimica statunitense che ha 
trovato che dette borse riutilizzabili non vengono lavate molto di 
frequente, alla fine consigliano semplicemente di lavare le borse per la 
spesa riutilizzabili, non di tornare ai sacchetti di plastica monouso.

Più avanti nell'articolo c'è un secondo link per  accedere ad un secondo 
studio scientifico degli Istituti Nazionali per la Salute statunitensi 
che hanno trovato che il nuovo coronavirus può rimanare sulle superfici 
sia di plastica, sia di acciaio inossidabile fino a tre giorni, sul 
cartone fino ad un giorno; secondo i sostenitori dei sacchetti monouso 
di plastica, l'usa e getta sarebbe più sicuro in quel caso.

Ci sono i nomi di alcune fondazioni che sono contro regolamenti per 
vietare l'uso di plastiche usa e getta  e che finanziano l'opposizione  
contando sul fatto che con la pandemia in corso la gente è più 
preoccupata per l'igiene che per gli impatti delle plastiche sull'ambiente.


Nadia Simonini
Rete Nazionale Rifiuti Zero

"L'Ue vieterà gli imballaggi di plastica", l'annuncio del nuovo commissario all'Ambiente „

"L'Ue vieterà gli imballaggi di plastica", l'annuncio del nuovo commissario all'Ambiente
In una intervista a un quotidiano tedesco, il lituano Sinkevicius ha rivelato l'intenzione di Bruxelles di bandire l'uso di involucri monouso. Secondo Bloomberg, già con le attuali norme a rischio un'industria da 10 miliardi“





"L'Ue vieterà gli imballaggi di plastica", l'annuncio del nuovo commissario all'Ambiente


opo posate, piatti, palloncini e cotton fioc di plastica, che dal 2021 non potranno più essere venduti, adesso l'Unione europea potrebbe mettere al bando anche gli imballaggi. Di plastica, s'intende. Ad annunciarlo è stato il neo commissario all'Ambiente, il giovane lituano Virginijus Sinkevicius.

In una intervista al quotidiano tedesco Die Welt, Sinkevicius ha rivelato che la Commissione europea sta valutando di vietare l'uso del packaging di plastica e di stabilire nuovi requisiti per i produttori: "Vogliamo sicuramente ampliare le regole per le materie plastiche monouso e stiamo attualmente studiando in quale direzione sarebbe possibile", ha affermato. "Un passo importante sarebbe, ad esempio, vietare gli imballaggi in plastica o prescrivere l'uso di plastica riciclata".

Secondo l'agenzia Bloomberg, un tale divieto metterebbe ancora più a rischio un mercato da oltre 10 miliardi di dollari, che già con le attuali norme, che entreranno in vigore il prossimo anno, potrebbe entrare in crisi profonda. La scure Ue non finisce qui: secondo quanto riferito sempre da Sinkevicius, la Commissione europea starebbe valutando di introdurre un obbligo per i produttori di pneumatici o cosmetici affinché riducano drasticamente la microplastica dei loro prodotti. “Le microplastiche sono nella nostra agenda. Entro la fine dell'anno, forniremo un elenco molto dettagliato di tutti quei prodotti che contengono microplastiche o che usano microplastiche”, ha dichiarato il commissario all'Ambiente.

La direttiva Ue sulle plastiche monouso, il cui via libera definitivo è arrivato lo scorso anno, prevede la messa al bando di alcune dei prodotti di plastica più pericolosi per l'ambiente (cotton fioc, posate, piatti e bastoncini per palloncini) e prevede già una serie di misure per scoraggiare l'uso di imballaggi con questo tipo di materiale.


Secondo la Commissione Ue, la direttiva ridurrà le emissioni di Co2 di 3,4 milioni di tonnellate e scongiurerà danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030. Bruxelles smentisce poi le accuse di costi aggiuntivi per i consumatori, dato che i prodotti vietati sono a oggi meno costosi delle loro alternative plastic-free.“

fonte: http://europa.today.it/

Pesticidi. La Corte d'Appello dà ragione ai promotori del referendum
















Nuovo capitolo dell'intricata vicenda giudiziaria scaturita dal referendum con cui Malles ha provato a vietare sul proprio territorio l'uso di pesticidi


Era l'agosto 2014: con un referendum, la maggioranza dei cittadini di Malles chiese di inserire nello statuto comunale il divieto dell'uso di pesticidi in agricoltura.
Da allora, sia i promotori di quel referendum, come il farmacista del paese - Johannes Fragner Unterpertinger - sia chi lo fece svolgere, come il sindaco Ulrich Veith, hanno dovuto difendersi in sede processuale da numerose azioni legali promosse dai contadini del Bauernbund.
Addirittura 140 agricoltori di Malles, già nel 2014, si rivolsero al tribunale di Bolzano, con una causa civile, sostenendo che il comitato promotore e il Comune di Malles non avessero alcun diritto di promuovere e far svolgere quel referendum.
Il tribunale diede ragione ai contadini, ma in secondo grado la sentenza è stata ribaltata.
Secondo la Corte d'appello, mancavano addirittura i presupposti per fare causa, in quanto l'iniziativa dei promotori del referendum non andava a incidere su un interesse concreto e attuale dei contadini.
Pur non entrando nel merito, i giudici scrivono che al comitato promotore non si poteva negare il diritto di proporre il referendum.
I 140 contadini dovranno pagare a Johannes Fragner Unter-pertinger tutte le spese processuali.
Una piccola rivincita, dopo la sentenza del Tar che ha dichiarato illegittimo il regolamento comunale che vietava l'uso dei fitofarmaci, come richiesto dal referendum.
Il Comune ricorrerà al Consiglio di Stato. 


fonte: https://www.rainews.it

La Toscana vieterà il glifosato in tutta la regione dal 2021

La Toscana sarà la prima regione “glifosate free” d’Italia, anticipando lo stop all’uso del glifosato dell’Unione europea. Le nuove disposizioni regionali prevedono infatti il divieto d’uso dell’erbicida a partire dal 31 dicembre 2021, un anno prima rispetto all’UE.

















Il Presidente Enrico Rossi, insieme agli assessori all’ambiente Federica Federica Fratonie all’agricoltura Marco Remaschi, ha spiegato i modi e i tempi con cui il glifosato sarà bandito dalla regione.
Il primo passo è quello di vietare l’impiego dell’erbicida nelle zone di salvaguardia, nell’arco di 200 metri dai pozzi d’acqua destinata all’uso potabile.
L’utilizzo del glifosato sarà inibito anche nelle aree extra-agricole come scarpate e lungo i binari ferroviari, eliminando il rilascio di nulla osta finora concessi per motivi eccezionali.
Seguiranno accordi con le aziende, per condividere buone pratiche che verranno individuate e insieme ad ARPAT, al Genio civile e alla ASL, tra cui un protocollo da sottoscrivere con i vivaisti per ridurre l’uso di prodotti fitosanitari e in particolare del glifosato e per promuovere la sostenibilità ambientale.
Saranno previsti anche un marchio da apporre zone verdi e prodotti agricoli non trattati con glifosato e premi per chi coltiva utilizzando metodo biologici, con un intervento di 15 milioni di euro da destinare a incentivi allo scopo di aumentare i terreni biologici dal 25 al 30%.
Oltre al divieto d’uso del glifosato, la Regione intende procedere con una revisione delle sostanze ammesse in agricoltura dal Piano di utilizzazione per l’impiego sostenibile dei prodotti fitosanitari e dei fertilizzanti (PUFF), in linea con l’elenco ministeriale.
La Regione Toscana aveva già approvato una sua regolamentazione, ma con questo ulteriore aggiornamento, oltre ad anticipa gli obiettivi dell’Unione europea su glifosato, limita e regolamenta l’uso di sostanze potenzialmente pericolose dalle zone più sensibili e va verso un futuro più verde.
“Il nostro obiettivo è netto e chiaro, fare della Toscana una regione “glifosate free” dal 2021 – ha dichiarato il presidente Enrico Rossi – Un obiettivo che si raggiunge con una serie di divieti, limitazioni e tutele da un lato, e di intese con il mondo produttivo dall’altro. Intanto abbiamo eliminato il glifosate dalle aree di salvaguardia dei punti di captazione delle acque idropotabili sotterranee, come avviene già sulle acque idropotabili di superficie, e abbiamo aggiornato l’elenco delle sostanze vietate sulla base di quello ministeriale impegnandoci a aggiornarlo costantemente sulla base delle decisioni del Ministero. In Italia esistono già zone vocate per speciali produzioni agricole, come il Conegliano Valdobbiadene, che hanno deciso di eliminare questo diserbante dalle loro coltivazioni. Ebbene, noi vogliamo estendere l’eliminazione del glifosate all’intero territorio regionale. Si tratta di una scelta a favore dell’ambiente e del nostro comparto agroalimentare che deve poter contare sulla migliore qualità dei propri prodotti. Sono passi che richiedono tempo e lavoro ma grazie alla buona politica che è fatta di discussioni e di accordi, ingredienti fondamentali, possiamo centrare lo scopo nei tempi che ci siamo dati”.
 C’è da augurarsi che non intervenga l’Unione europea a fermare questa iniziativa, come si teme possa fare per il divieto d’uso al glifosato deciso di recente dal parlamento austriaco sul quale la Commissione dovrà esprimersi entro la fine di novembre di quest’anno.

fonte: www.greenme.it

La Danimarca vieta l’utilizzo dei PFAS nei contenitori alimentari

Il Governo danese è il primo a porre restrizioni sull’uso di sostanze perfluoroalchiliche nel packaging e nei contenitori da asporto.



















La Danimarca diventerà il primo Paese al mondo a vietare le sostanze perfluoroalchiliche (i cosiddetti PFAS) nella fabbricazioni di contenitori ad uso alimentare: il bando, che entrerà in vigore dal luglio del 2020, è stato annunciato lunedì dal Ministro dell’Ambiente, Mogens Jensen.

Il divieto riguarda l’uso di composti PFAS in materiali a contatto con alimenti di cartone e carta. Le sostanze perfluoroalchiliche dovrebbero poter essere ancora utilizzati in contenitori alimentari ma solo a condizione di essere separati dai cibi attraverso una barriera che ne impedisca qualsiasi forma di contaminazione.

I PFAS, sono catene alchiliche idrofobiche fluorurate ovvero acidi liquidi resistenti alle alte temperature e ai processi di degradazione in natura. Sono stati usati fin dagli anni ’40 in svariati settori industriali, dal trattamento delle pelli, alla produzione di contenitori, carta e imballaggi per uso alimentare, dai rivestimenti antiaderenti delle padelle alla realizzazione di abbigliamento tecnico.
Le proprietà idrorepellenti e di resistenza all’assorbimento dei grassi hanno garantito ai PFAS largo utilizzo nell’industria del packaging alimentare e nei contenitori per pasti da asporto, in particolare quelli biodegradabili.

Nel 2018, il Centers for Disease Control, una delle agenzie per la salute pubblica USA, aveva appurato che l’esposizione ai perfluorurati può aumentare il rischio di cancro, quello di incorrere in malattie che compromettono il sistema immunitario, rischia di diminuire la fertilità femminile e di alzare i livelli di colesterolo oltre a limitare lo sviluppo mentale e fisico dei bambini.


“Non possiamo accettare il rischio che sostanze perfluoroalchiliche potenzialmente pericolose migrino dal packaging nei nostri alimenti – ha commentato il ministro danese Mogens Jensen – Queste sostanze rappresentano un tale problema per la salute da non poterci permettere di aspettare le decisioni in materia dell’Ue”.

fonte: www.rinnovabili.it

Dal 2021 saranno vietati posate e piatti di plastica. Ma non i bicchieri




Il Consiglio europeo ha approvato la direttiva che limita fortemente la produzione di oggetti monouso in plastica. Dal 2021 verrà messa al bando la plastica usa e getta per posate e piatti (sono esclusi stranamente i bicchieri), cannucce, cotton fioc, bastoncini per palloncini, contenitori per alimenti e tazze in polistirolo espanso. I Paesi si sono inoltre impegnati a raggiungere la raccolta delle bottiglie di plastica del 90% entro il 2019. Dal 2021, inoltre, scatterà anche il principio della responsabilità estesa del produttore che viene applicato a prodotti che contengono plastica come filtri del tabacco, palloncini, assorbenti igienici, salviette umidificate e prodotti per la pesca. Con le nuove norme si eviterà l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2, si scongiureranno danni ambientali per un costo equivalente a 22 miliardi di euro entro il 2030. Per il consumatore si genereranno risparmi per 6,5 miliardi di euro.”

fonte: www.ilfattoquotidiano.it

Unicoop Firenze rinuncia a vendere piatti, bicchieri e posate in plastica monouso

Si tratta di un totale di 220 milioni di pezzi l’anno, pari a 1.500 tonnellate. Legambiente: «Un esempio da seguire per tutto il comparto»





















Anticipando in parte gli obblighi previsti per il 2021 dall’Unione europea con la nuova direttiva approvata a marzo, Unicoop Firenze ha deciso di togliere dai propri scaffali – a partire dal 1 giugno – piatti, bicchieri e posate in plastica monouso: si tratta di 220 milioni di pezzi l’anno, pari a 1500 tonnellate di plastica in meno.
«Ancora una volta Unicoop Firenze è la prima azienda della grande distribuzione organizzata nella lotta all’inquinamento da plastica; è un esempio da seguire per tutto il comparto – commenta il presidente nazionale di Legambiente, Stefano Ciafani – Seguendo la tradizione aziendale, che ha visto Unicoop Firenze per prima sostituire i sacchetti in plastica per la spesa con quelli in mater-bi e poi quelli per l’ortofrutta, ora la cooperativa fa da apripista anche per le plastiche monouso. Insieme abbiamo promosso con il progetto Arcipelago pulito anche il fishing for litter, inserito poi nel disegno di legge Salvamare che speriamo venga approvato al più presto dal Parlamento». Si tratta dell’iniziativa promossa in Toscana per permettere ai pescatori di diventare “spazzini” dei mari conferendo a terra i rifiuti accidentalmente pescati con le proprie reti, per poi avviarli a recupero (circa nel 20% dei casi) o a smaltimento (nel rimanente 80%) grazie al contributo della Revet di Pontedera, che ha finito per ispirare una legge di respiro nazionale.
L’inquinamento marino da rifiuti in plastica rappresenta infatti un elemento di forte preoccupazione per il nostro Paese. Come testimoniano i dati presentati ieri a Slow fish dal ministero dell’Ambiente, la densità dei microrifiuti plastici inferiori ai 5 mm ritrovati sulla superficie marina è di 179.023 particelle per km quadrato; la plastica rappresenta infatti un materiale con eccellenti proprietà a partire dalla sua durabilità, che diventano però un problema enorme per l’ambiente nel momento in cui – ad esempio – i rifiuti non vengono conferiti correttamente dai cittadini ma gettati all’aria aperta.
La direttiva Ue come l’iniziativa di Unicoop Firenze cercano di prevenire questo scempio togliendo dal mercato i prodotti incriminati, non potendo incidere direttamente sul comportamento dei cittadini, ma è importante sottolineare che il problema non si risolve sostituendo semplicemente i prodotti in plastica monouso tradizionale con i prodotti in plastica monouso biodegradabile: come evidenziato dalle stesse imprese di settore, infatti, anche questi ultimi sono progettati per essere gestiti nel circuito della raccolta dell’umido in appositi impianti industriali, e non per essere irresponsabilmente gettati in mare.
Vero è che l’esperienza maturata già maturata coi sacchetti in mater-bi da Unicoop Firenze – anche in questo caso anticipando la normativa nazionale introdotta a gennaio 2018 – è incoraggiante nel testimoniare come i consumatori siano oggi approdati a comportamenti più sostenibili: come ricorda oggi la stessa azienda, Unicoop Firenze «ha favorito nei consumatori la consapevolezza dell’importanza di evitare la plastica (o meglio i prodotti monouso, ndr). Non è un caso se oggi oltre il 70% dei soci e clienti Unicoop Firenze fa la spesa con la borsa riutilizzabile».
«Dopo aver redatto assieme la prima guida all’ecologia quotidiana in Italia e inaugurato la grande campagna regionale Liberi dai Rifiuti, con Unicoop Firenze la relazione si conferma strategica e di lunga durata – conclude il presidente di Legambiente Toscana, Fausto Ferruzza – il provvedimento infatti di eliminazione della plastica monouso dai punti vendita della Coop è una di quelle decisioni epocali e lungimiranti che condizionerà positivamente il mercato e lo stile di vita di tutti i consumatori».
fonte: www.greenreport.it

La Puglia vieta la plastica nei lidi. È la prima Regione in Italia




L'estate pugliese sarà finalmente libera dalla plastica. Dalla prossima stagione estiva 2019 infatti sarà vietata nei lidi la somministrazione di cibo e bevande in materiale monouso non compostabile. La Puglia è la prima regione in Italia: tutti gli stabilimenti balneari dovranno rinunciare alla plastica monouso in favore di materiale ecocompatibile.
“È un risultato prezioso per l’equilibrio futuro del nostro ambiente marino”, ha detto il presidente Michele Emiliano.

La decisione è stata presa durante un incontro con ambientalisti e balneari. I rappresentanti degli stabilimenti hanno condiviso all’unanimità la decisione sin da questa stagione estiva. È un risultato storico per la difesa dell’ambiente e del mare. Oltre l’80% dei rifiuti marini è infatti costituito da plastica e oltre il 27% da attrezzi da pesca smarriti o abbandonati in acqua, come le reti e i fili.

La decisione pugliese è in linea con la proposta della Commissione Europea, approvata pochi mesi fa, di vietare dal 2021 la vendita di articoli in plastica monouso: grazie alla nuova direttiva, si eviterebbe l’emissione di 3,4 milioni di tonnellate di CO2, danni ambientali pari a 22 miliardi di euro entro il 2030 e si produrrà un risparmio per i consumatori di 6,5 miliardi di euro.
“Così come già previsto dalla legge di bilancio approvata lo scorso dicembre, la Regione Puglia metterà a disposizione una dotazione finanziaria di 250mila euro per i Comuni e gli organizzatori di eventi che, in occasione di sagre e altre manifestazioni pubbliche, si impegneranno a ridurre la produzione dei rifiuti e ad incrementare la raccolta differenziata“. Lo ha annunciato l’assessore all’Ambiente della Regione Puglia, Gianni Stea.
Il contributo potrà essere concesso per eventi, sagre, feste patronali e ogni altra manifestazione ricreativa, culturale, sportiva purché plastic free.
fonte: http://www.facemagazine.it

Senigallia vieta la plastica in tutta la città (spiagge comprese)

Firmata l'ordinanza che vieta agli esercenti della località marchigiana di distribuire piatti, bicchieri, cannucce e sacchetti non compostabili. 













È stata firmata lo scorso venerdì l’ordinanza del Comune di Senigallia che vieta a tutti gli esercenti della località - compresi gli stabilimenti balneari - di distribuire ai propri clienti piatti, bicchieri, cannucce e sacchetti per la spesa che non siano realizzati in materiale biodegradabile e compostabile. L’iniziativa, che rientra nell’ambito delle azioni pensate per la giornata di "M’illumino di meno", segue l’adesione data lo scorso anno dall’amministrazione comunale alla campagna "Ecocannucce" promossa da Marevivo, volta a ridurre il più possibile il consumo di plastica. «Abbiamo scelto di varare questo provvedimento proprio in occasione di "M’illumino di meno" – spiega il sindaco Maurizio Mangialardi – per sottolineare lo stretto legame esistente tra il tema del risparmio energetico e quello della salvaguardia dei nostri mari e dei nostri oceani. Mari e oceani che rischiano di essere letteralmente soffocati dalla plastica, con gravi ripercussioni anzitutto sulla salute del pianeta, e in particolare sulla difesa della biodiversità e sulla tutela degli ecosistemi». «Credo che una città come la nostra – aggiunge l’assessore Enzo Monachesi - che vive di turismo e soprattutto di turismo balneare, debba mostrarsi ancora più sensibile alla questione. L’ordinanza di oggi rappresenta un primo passo, ma l’obiettivo è quello di rendere Senigallia una città plastic free». «Aderiamo volentieri a questa iniziativa – concludono Giacomo Cicconi Massi (Confartigianato) e Riccardo Pasquini (Confcommercio) – perché la difesa dell’ambiente marino e delle spiaggia è fondamentale per la crescita e lo sviluppo di un’economia locale fondata su servizi di alta qualità capaci di rendere Senigallia sempre più attrattiva sul mercato turistico». 

Fonte: MondoBalneare.com

Cina: messa al bando plastica monouso non biodegradabile

Nell’ottica di dare un contributo alla lotta contro l’inquinamento nazionale, la provincia cinese dell’isola di Hainan vieterà la produzione, la vendita e l’uso di tutti i prodotti di plastica monouso non biodegradabile entro il 2025



















La provincia cinese dell’isola di Hainan vieterà la produzione, la vendita e l’uso di tutti i prodotti di plastica monouso non biodegradabile entro il 2025 nel tentativo di alleviare l’inquinamento. Stando a quanto riferito dall’ufficio ambientale della provincia e riportato da alcuni media, infatti, Hainan elaborerà un piano con nuovi standard e stabilirà un sistema di monitoraggio e applicazione entro la fine dell’anno. Secondo quanto stimato dal governo, la provincia cinese utilizza ogni anno circa 120.000 tonnellate di materiale plastico che non è biodegradabile, una quantità che va ad aggiungersi all’ondata di rifiuti di plastica che ha investito il paese negli ultimi anni. Hainan è la prima regione cinese a impegnarsi ufficialmente in una sfida ambientale identificata dalle Nazioni Unite tra le più importanti a livello mondiale: l’eliminazione della plastica monouso non biodegradabile. Si inizierà con il divieto di sacchi di plastica non biodegradabili e utensili da cucina entro la fine del 2020, per poi allargare il divieto a tutti i materiali entro il 2025.

L’inquinamento plastico è attualmente uno dei maggiori problemi ambientali della Cina, considerata l’enorme quantità di rifiuti di plastica non trattati, che vengono sepolti nelle discariche o gettati nei fiumi e dispersi nell’ambiente. Il Paese ha già iniziato a incrementare i tassi di riciclo e dichiarato guerra ai rifiuti puntando il più possibile sul riuso dei materiali e una migliore gestione delle risorse. Il governo sta inoltre lavorando a nuove misure volte a limitare l’uso di imballaggi in plastica da parte di corrieri e imprese di consegna di generi alimentari; proprio gli imballaggi sono stati la causa principale della mole di rifiuti di plastica generati in Cina negli ultimi anni.

A ciò si aggiunge anche il divieto alle importazioni di rifiuti esteri partito dal 1° gennaio 2018, proprio per riuscire a gestire gli immensi volumi di spazzatura in entrata nel mercato della Repubblica popolare; il divieto è partito con plastica, carta e tessuti, per poi essere allargato anche ai rottami di auto e navi e all’acciaio, ma l’obiettivo del governo è quello di ridurli a zero entro la fine del prossimo anno.

fonte: www.rinnovabili.it

New York City vieta i vassoietti e i contenitori di polistirolo per cibi

Polistirolo al bando anche a Chicago, Honolulu, Boston, Washington DC e in altre città Usa





















Con il primo gennaio a New York il salario minimo è di 15 dollari  all’ora, ma con il nuovo annoi nella Grande Mela, la città dello street food e degli hot dog,  è iniziato un altro grande cambiamento: come riferisce Nikita Richardson su  Grub Street, «E’ entrata in vigore anche un’altra importante normativa: il divieto a livello cittadino di contenitori monouso di schiuma plastica».
Il Foam Ban, come viene chiamata la nuova misura anti-polistirolo, lo aveva in realtà proposto per la primo nel 2013  Michael Bloomberg, l’ex sindaco conservatore (ma “ambientalista”) di New York e ha provato a metterlo in atto per la prima volta nel 2015 l’attuale sindaco progressista Bill de Blasio. Ma una coalizione di proprietari di ristoranti, produttori e riciclatori ha citato subito in giudizio la città, e un giudice aveva stabilito che l’Amministrazione cittadina di New York non aveva presentato sufficienti prove per dimostrare che i contenitori di polistirolo non possono essere riciclati. La stessa coalizione ha nuovamente denunciato nel 2017 l’Amministrazione de Blasio che aveva riproposto il bando del polistirolo monouso forte di un nuovo rapporto, ma nel giugno 2018 un giudice e ha messo fine alla disputa dando ragione all’amministrazione cittadina.
Il divieto riguarda i prodotti monouso in polistirolo espanso, con ’eccezioni per gli alimenti che sono stati confezionati prima di raggiungere i negozi e i ristoranti di New York, per i contenitori usati per conservare carne cruda, frutti di mare o pollame e per i proprietari di piccole imprese che possono dimostrare che l’acquisto di prodotti alternativi non in schiuma può creare loro  difficoltà finanziarie. Ma tutte le altre imprese hanno tempo fino al 30 giugno per esaurire i loro stock di polistirene se non lo faranno verranno multati fino a 1.000 dollari per ogni violazione.
New York ha messo al bando i contenitori in polistirene espanso (EPS) perché, «Non possono essere riciclati in un modo che sia economicamente sostenibile, ecologico e sicuro per i dipendenti come parte del City’s curbside recycling program».
I vassoietti e i contenitori in polistirolo che tutti noi ben conosciamo sono fatti perline di polipropilene polimerico che si espandono fino  50 volte la loro dimensione originale e secondo la Città di New York è proprio  questo processo a rende i prodotti EPS difficili da riciclare. Joe Biernacki, professore di ingegneria chimica alla Tennessee Tech University conferma in un intervista alla BBC: «Ogni volta che viene realizzata un vassoio o un piatto in EPS, quel che servono sono perle di polistirolo vergine»  Poi c’è il problema del polistirene che finisce in mare, dove viene inghiottito dagli animali con gravi impatti suli loro sistemi digestivi e sulla catena alimentare, tanto che alcuni esperti si preoccupano delle implicazioni sulla salute per gli esseri umani che mangiano pesci e delle altre creature marine che ingeriscono pezzetti di polistirolo espanso e altre microplastiche.
New York va quindi a unirsi a  diverse città che hanno vietato la produzione di schiuma di plastica, tra le quali Chicago, Honolulu, Boston e Washington DC, la capitale che questa settimana è diventata la seconda importante città degli Stati Uniti a proibire ai ristoranti e alle altre aziende di utilizzare cannucce di plastica, un altro prodotto monouso che è stato al centro delle campagne ambientaliste che puntano a ridurre i prodotti monouso che hanno un impatto negativo sull’ambiente.
fonte: www.greenreport.it