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Sacchetti ortofrutta riutilizzabili: boom all’estero e al palo in Italia

 














A distanza di tre anni dal provvedimento entrato in vigore nel gennaio del 2018 che vietando l’utilizzo dei sacchetti sottili in plastica ha finito per vietare anche i sacchetti riutilizzabili, tutto tace.

Nessun ulteriore chiarimento o ripensamento è arrivato infatti da parte dei due ministeri, che si sono defilati dopo essersi rimpallati la decisione se ammettere o meno i sacchetti riutilizzabili almeno nel reparto ortofrutta.

Come abbiamo raccontato in precedenti post su questa questione siamo ancora fermi ad una circolare del 2018 del Ministero alla Salute, chiamato ad esprimersi dal Ministero all’Ambiente allora presieduto da Galletti, che ha escluso di fatto la possibilità di utilizzare sacchetti che non fossero monouso, onde prevenire gravi rischi sanitari.

Neanche l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa, che è stato il primo ad entrare nel dettaglio di possibili azioni che i singoli possono compiere nel quotidiano per ridurre l’impatto ambientale della plastica con le iniziative Plastic-free, non ha voluto o potuto prendersi a cuore la questione.

L’Italia rimane così l’unico paese al mondo dove è obbligatorio usare esclusivamente sacchetti monouso (e guanti) nel settore ortofrutta dei supermercati. Nonostante non sia mai stata presentata alcuna evidenza scientifica che dimostri che queste misure abbiano prodotto benefici in termini di minori tossinfezioni nella commercializzazione dell’ortofrutta. Quello che è certo è che le fonti di tossinfezioni documentate derivano invece dai prodotti, più che dal contenitore. Anche quando confezionati.

Neanche la “sfida” di buon senso lanciata da NaturaSì che ha adottato sacchetti riutilizzabili per ortofrutta e per il pane nei suoi punti vendita è servita per provocare qualche reazione. Si rimane pertanto appesi in una tipica situazione pilatesca all’italiana dove si lasciano gli operatori commerciali nel limbo delle possibili interpretazioni. Con il risultato che non si procede ad alcun controllo (ad esempio sulla battitura a scontrino del costo del sacchetto) e i provvedimenti legislativi possono essere disattesi senza conseguenze.

Assodato che prevenzione e riuso sono strategie portanti dei modelli di business circolari non sarebbe questa un’occasione di intervento facile facile per le Direzioni per l’Economia Circolare, istituite nei Ministeri proprio per creare una task force interdisciplinare che promuova una exit strategy dai vecchi modelli di business lineari?

Il consumo di imballaggi non è diminuito

Considerando che i sacchetti leggeri e ultraleggeri in plastica usati all’interno dei reparti dei supermercati e nei negozi di alimentari sono stati sostituiti con opzioni in carta e bioplastica compostabile non può essersi verificata una riduzione del consumo. Non è pertanto possibile affermare con rigore scientifico che dal 2018 ad oggi questa sostituzione di materiale abbia comportato dei benefici per l’ambiente in termini di riduzione di rifiuti evitabili ed emissioni di CO2. In compenso quello che studi di settore hanno rilevato è stato un aumento del consumo complessivo di packaging nel settore alimentare dovuto ad un maggiore consumo di cibi freschi pronti al consumo spesso in monoporzione. Nel settore ortofrutta è aumentata sia la quota di ortofrutta comprata confezionata che il consumo di ortofrutta di IV gamma come ad esempio le buste di insalata e spinaci già lavate o le vaschette di frutta a cubetti pronta al consumo.

Cessione onerosa obbligatoria dei sacchettini non sempre avviene

Se la maggior parte dei punti vendita della GDO addebita ormai per i sacchetti compostabili un importo inferiore al prezzo di acquisto che va da 0,01 a 0,02 € , altri rivenditori fuori dal circuito della distribuzione organizzata cedono ormai questi sacchetti ultraleggeri “gratuitamente”.

Non addebitare il costo dei sacchetti ai clienti, come avviene nella quasi totalità delle farmacie, del commercio ambulante, e in misura minore nei negozi di prossimità, significa non disincentivare il consumo usa e getta. Significa soprattutto non avere chiaro che dobbiamo decarbonizzare gli stili di vita e i modelli di consumo attuali perché non sono compatibili con l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Per non parlare dell’impegno sul fronte del perseguimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) entro il 2030 e in particolare per gli obiettivi nr. 12 (Consumo e sviluppo responsabili) e 13 (Lotta al cambiamento climatico).

FRANCIA AVANGUARDIA DEL RIUSO


Decisamente un’altra attenzione stanno guadagnando i modelli di riuso nella vicina Francia dove la quota di mercato riferita alle vendite di prodotti sfusi è aumentata del 40% tra il 2018 e il 2019.

Nel 2020 la Francia contava già oltre 560 negozi specializzati nella vendita di prodotti sfusi, ma se il disegno di legge sul clima e la resilienza che ha ottenuto il via libera dall’assemblea nazionale il 29 marzo verrà approvato anche al senato, questa modalità di acquisto potrebbe conoscere un vero boom negli anni a seguire. La Francia diventerà il primo paese a rendere la vendita sfusa materia di legge, anche se gli operatori commerciali e i grandi marchi non ne sono entusiasti per paura di perdere gli spazi conquistati a scaffale e le vendite correlate.

L’articolo 11 al Titolo 1 del DDL intitolato “Consumare” impone infatti ai negozi di oltre 400 mq di dedicare alla vendita di prodotti sfusi il 20% della superficie di vendita entro il 2030. Il testo prevede inoltre che gli imballaggi riutilizzabili possano essere forniti dal cliente che diventa il soggetto responsabile dell’igiene e dell’idoneità degli stessi. Dal canto suo il rivenditore può rifiutarli qualora non conformi.

Obiettivo del DDL è quello di supportare i cittadini nelle loro scelte di consumo sostenibile quotidiane attraverso misure che riguardano l’educazione ambientale, la pubblicità (come riduzione e regolamentazione del greenwashing), l’etichettatura ambientale obbligatoria e l’economia circolare.

Presentato da Barbara Pompili, Ministro della Transizione Ecologica, il testo del DDL prevede che i punti vendita coinvolti debbano dedicare almeno il 20% della loro superficie di vendita a prodotti venduti senza imballaggio oppure utilizzare altre metriche di rendicontazione come il numero di referenze di prodotti venduti sfusi versus confezionati, oppure in termini di percentuali di fatturato di prodotti venduti sfusi e non, che possano dimostrare il rispetto della legge. L’obbligo riguarda sia i punti vendita con servizio assistito che self service, e anche il settore del commercio online. Questo obbligo coprirebbe inoltre tutti i prodotti di consumo per l’uso quotidiano, ad eccezione dei medicinali e prodotti che non possono essere venduti sfusi per motivi di salute e sicurezza. Inoltre, per scoraggiare l’uso di bicchieri usa e getta, il disegno di legge prevede che i venditori di bevande da asporto debbano praticare prezzi più bassi sulle bevanda vendute in contenitori riutilizzabili quando forniti dai consumatori.

Albert Heijn verso l’azzeramento dei sacchetti ortofrutta monouso

L’insegna leader della GDO olandese Albert Heijn (AH) ha deciso di sospendere la distribuzione dei sacchettini di plastica nei reparti ortofrutta dei suoi punti vendita in Olanda che verranno sostituiti da sacchetti in poliestere riutilizzabili e lavabili.

Una volta a regime la decisione porterà ad un risparmio annuo di 130 milioni di sacchetti monouso che corrisponde a 243.000 chili di plastica evitati che non verranno sostituiti – come è prassi in Italia – con altre opzioni in carta o bioplastica compostabile.
Da metà aprile i clienti dei reparti ortofrutta della catena verranno informati che i sacchetti ortofrutta vanno “in pensione” e potranno ricevere per due settimane con i loro acquisti di ortofrutta
dei sacchetti ortofrutta riutilizzabili in omaggio . Entro la fine di quest’anno i sacchetti in plastica saranno scomparsi da tutti i negozi.
In Olanda gli shopper in plastica alle casse non sono stati vietati e sostituiti con opzioni compostabili ma è stato introdotto dal 2016 l’obbligo di farli pagare ai clienti un minimo di 25 centesimi, sia quando in plastica che in bioplastica. Il consumo si è notevolmente ridotto ma AH prevede di intercettare ancora 645.000 chili di plastica che corrispondono a 31 milioni di shopper attraverso le consegne a domicilio introducendo nel corso dell’anno la possibilità di restituire gli shopper per la spesa in plastica al momento della consegna della spesa. Dal riciclo di questi shopper AH ne ricaverà delle borse riutilizzabili disponibili in una nuova linea di 10 modelli in plastica riciclata, facilmente ripiegabili e igienizzabili che verranno lanciate con una campagna ad hoc.
Albert Heijn è stata riconfermata con il voto dei consumatori come la catena di supermercati più sostenibile dei Paesi Bassi. E’ il risultato dell’indagine Sustainable Brand Index ™ 2021 , un’indagine annuale su oltre 58.000 consumatori in Europa sui marchi di consumo e sulla sostenibilità.
Ci sono altre insegne di supermercati olandesi che che hanno introdotti i sacchetti ortofrutta come Lidl , Aldi che carica 1 centesimo di euro sui sacchetti monouso per incentivare il passaggio alla versione riutilizzabile e Carrefour. In netto contrasto con il divieto esistente nel nostro paese che non ha pari negli altri paesi europei, in qualsiasi supermercato olandese è possibile usare sacchetti ortofrutta riutilizzabili.

La bilancia permette al cliente di selezionare 3 opzioni di acquisto: sacchetto monouso, riutilizzabile, senza sacchetto.

In genere i prezzi dei sacchetti ortofrutta sono molto abbordabili come si può vedere dalla comunicazione presente presso l’angolo bilancia di Carrefour dove si può acquistare un set di sacchetti a oppure uno singolo a 0,60 centesimi. La bilancia e cartellonistica che appare nella foto riproduce la soluzione al problema del settaggio della tara – qualora i sacchetti utilizzati abbiano pesi differenti– proposta oltre 10 anni fa alla GDO all’interno di una campagna specifica denominata Mettila in rete. Il cliente che mette il prodotto sulla bilancia trova a video tre opzioni da selezionare che regolano la tara : a) acquisto con sacchetto riutilizzabile, b) con sacchetto monouso, c) senza alcun sacchetto. Va detto che i sacchetti che vengono utilizzati in Italia da NaturaSì e nella maggior parte delle esperienze che abbiamo raccontato utilizzano un sacchetto in poliestere che ha un peso corrispondente o molto vicino a quello delle opzioni in bioplastica e carta più usate.

Belgio

L’ultimo post su queste pagine del 2019 aggiornava sulla situazione in Belgio in cui la riduzione della plastica monouso secondo la direttiva è di competenza regionale, con il risultato che Fiandre, Bruxelles e Vallonia hanno ciascuna il proprio approccio.
Nelle Fiandre OVAM, l’Agenzia pubblica per i rifiuti incaricata a di sviluppare le misure politiche in merito ha deciso di non vietare i sacchetti in plastica leggeri inferiori ai 15 micron e a spingere sui sacchetti riutilizzabili mentre la regione di Bruxelles e la Vallonia li hanno vietati a favore di alternative biodegradabili. Secondo il portavoce di OVAM non è un atto di debolezza. “Non vogliamo vietare quei sacchetti perché temiamo che le alternative – anche la carta – danneggino ancora di più l’ambiente. OVAM vuole concentrarsi principalmente sul riutilizzo degli imballaggi“, afferma Verheyen.

Regno Unito

L’insegna Asda dopo avere testato con successo i sacchetti ortofrutta riutilizzabili in 9 punti vendita ha annunciato l’eliminazione dei sacchetti ortofrutta in plastica.
La mossa che comporta un risparmio di 101 milioni di pezzi segue una sperimentazione avvenuta in nove punti vendita dove i sacchetti riutilizzabili hanno incontrato il favore dei clienti e addetti del reparto. Durante il periodo di prova, Asda ha dichiarato di aver venduto una media di 30.000 sacchetti riutilizzabili ogni settimana, prova che i clienti sono disposti a sostenere gli sforzi per contrastare l’inquinamento da plastica.
I sacchetti ortofrutta costano 30 pence al pezzo e sono realizzati con poliestere ottenuto dal riciclo delle bottiglie in PET .
Oltre ad Asda ci sono state anche altre catene inglesi tra cui Sainsbury e Waitrose ad avere introdotto sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta.

“Abbiamo avuto modo di rilevare con questa sperimentazione che i nostri clienti e colleghi hanno aderito con passione reputandola una scelta giusta per l’ambiente e questa iniziativa è solo un altro modo in cui aiutiamo i nostri clienti a fare scelte sostenibili, senza compromettere la qualità dei nostri prodotti. La rimozione dei sacchetti di plastica in tutti i nostri negozi è parte del nostro impegno aziendale di riduzione della plastica monouso” ha dichiarato il responsabile del settore Ortofrutta di Asda, Dominic Edwards .

Asda ha lanciato lo scorso anno una sperimentazione in un nuovo punto vendita a Leeds in collaborazione con grandi marche tra le quali Kellogg’s, Unilever, Quaker Oats, Lavazza, Radox e Persil. Alcuni dei prodotti di queste marche possono essere acquistati con contenitori riutilizzabili attraverso 15 stazioni self service di rifornimento in una zona dedicata del negozio.

Dal 2018, il gruppo dei Big 4 a cui appartiene Asda insieme a Tesco, Sainsbury’s e Morrisons ha eliminato 9000 tonnellate di plastica e si è impegnato ad eliminare almeno 3 miliardi di pezzi di plastica dai prodotti a marca propria entro il 2025. Nella maggioranza dei casi si tratta ancora di azioni in cui si sostituisce la plastica monouso con altri materiali monouso senza fornire dati analitici sul consumo di materia complessivo. Per escludere qualsiasi tentativo di greenwashing sarebbe auspicabile nei casi in cui si comunicano le tonnellate di plastica risparmiata all’ambiente specificare se si tratta di eliminazione totale dell’imballaggio o meno. Nella seconda ipotesi sarebbe più corretto precisare la natura e le quantità in peso delle opzioni alternative introdotte.

fonte: comunivirtuosi.org

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Nel coronavirus l'industria vede l'occasione per cancellare i divieti sui sacchetti di plastica
































Questo articolo è stato pubblicato sul New York Times in data 26 marzo 
2020 scritto da Hiroko Tabuchi.

L'industria dei sacchetti di plastica avverte che le borse per la spesa 
riutilizzabili che molti di noi usano al posto appunto dei sacchetti di 
plastica sono cariche di virus, vogliono bloccare  le leggi che vietano 
l'uso dei sacchetti monouso di plastica; scrivono che non vogliono che 
milioni di americani portino borse per la spesa riutilizzabili piene di 
germi negli esercizi di commercio al dettaglio mettendo a rischio il 
pubblico ed i lavoratori. Sostengono che le borse per la spesa 
riutilizzabili sono una minaccia per la salute pubblica.

All'interno dell'articolo c'è il link per accedere ad uno studio 
scientifico finanziato dal Consiglio per la chimica statunitense che ha 
trovato che dette borse riutilizzabili non vengono lavate molto di 
frequente, alla fine consigliano semplicemente di lavare le borse per la 
spesa riutilizzabili, non di tornare ai sacchetti di plastica monouso.

Più avanti nell'articolo c'è un secondo link per  accedere ad un secondo 
studio scientifico degli Istituti Nazionali per la Salute statunitensi 
che hanno trovato che il nuovo coronavirus può rimanare sulle superfici 
sia di plastica, sia di acciaio inossidabile fino a tre giorni, sul 
cartone fino ad un giorno; secondo i sostenitori dei sacchetti monouso 
di plastica, l'usa e getta sarebbe più sicuro in quel caso.

Ci sono i nomi di alcune fondazioni che sono contro regolamenti per 
vietare l'uso di plastiche usa e getta  e che finanziano l'opposizione  
contando sul fatto che con la pandemia in corso la gente è più 
preoccupata per l'igiene che per gli impatti delle plastiche sull'ambiente.


Nadia Simonini
Rete Nazionale Rifiuti Zero

Il bando tedesco non risparmia i bioshopper

Nelle intenzioni del Governo, nel 2020 i sacchetti monouso per la spesa, anche compostabili, non saranno più venduti nei supermercati.

















La ministra dell’ambiente tedesco, Svenja Schulze (nella foto), è tornata a parlare della messa al bando dei sacchetti di plastica nei supermercati, progetto già preannunciato in agosto. Nelle intenzioni del dicastero, la legge potrebbe entrare in vigore a metà del 2020, dopo un periodo transitorio di sei mesi per permettere ai distributori e ai punti vendita di esaurire le scorte di sacchetti.
A differenza di quanto avviene in Italia il divieto alla vendita di sacchetti monouso in plastica per la spesa dovrebbe riguardare anche quelli biodegradabili e compostabili, in quanto - ha affermato la ministra - i biopolimeri non offrirebbero una soluzione alla protezione dell’ambiente.
Salate le sanzioni per chi non rispetterà il divieto: secondo le prime indiscrezioni, le multe per le imprese potrebbero arrivare fino a 100mila euro.
In base ai dati forniti dal Ministero per l’ambiente, il consumo procapite in Germania è pari a 24 sacchetti, un volume tutto sommato limitato, anche grazie ai programmi volontari avviati negli anni scorsi di concerto tra il governo e la GDO, ritenuti però non più sufficienti a ridurne ulteriormente la diffusione. Prima di queste misure, nel 2015, il consumo procapite ammontava a 64 shopper.
fonte: https://www.polimerica.it

Sacchetti ultraleggeri: scelte giuste, modalità sbagliate. Il Ministro dell’Ambiente può superare le polemiche di questi giorni in poche ore















COMUNICATO STAMPA
Rileviamo anzitutto con soddisfazione come il tema abbia scalato le classifiche degli interessi dell’opinione pubblica. Anche se il dibattito ha sofferto di alcune distorsioni sul merito della Legge e sui suoi effetti, l’attenzione generatasi ha consentito, per una volta, di mettere il tema ambientale e quelli collegati in cima all’agenda politica, stimolando riflessioni da parte dell’opinione pubblica sul problema della plastica, dei danni da essa provocati, della sua prevenzione e delle alternative. Riconosciamo che la Legge intendesse costituire una estensione ai sacchetti ultraleggeri delle previsioni già a suo tempo adottate, e con successo, per gli shopper, allo scopo di:
  • estendere i principi di riduzione del ricorso alla plastica tradizionale ad altri ambiti, contigui, di intervento;
  • evitare fenomeni di elusione delle precedenti disposizioni, quali l’uso come shopper dei sacchetti in plastica tradizionale, codificati come “per uso interno”, allo scopo di aggirare il divieto sugli shopper od eluderne il costo;
  • conseguire uniformità di approccio su tutti i sacchetti, ed evitare la contaminazione dei flussi avviati a compostaggio, fenomeno determinato proprio dalla confusione spesso ingenerata nell’utente, tra shopper e sacchetti ultraleggeri.
Come tale, l’intenzione di partenza della Legge, ossia superare l’uso della plastica tradizionale nei sacchetti ultraleggeri per asporto dei generi alimentari, è condivisa e va nella direzione di mettere anche in questo caso (come nel caso degli shopper, in cui l’iniziativa italiana ha poi stimolato l’adozione di disposizioni analoghe da altri Paesi e della Direttiva europea in merito) l’Italia alla testa di un fronte di eliminazione progressiva delle buste in plastica. Ricordiamo che gli shopper di plastica costituiscono uno degli elementi più soggetti a dispersione nell’ambiente con conseguenti danni agli ecosistemi e alle catene alimentari.
Nell’ambito di questa strategia, siamo a favore del rendere evidente il prezzo dell’ultraleggero, cosi come già nel caso degli shopper, proprio per disincentivarne il prelievo, ma è altrettanto evidente, e per noi fondamentale, che una strategia di disincentivazione deve mettere a disposizione l’alternativa, che sia ambientalmente preferibile e dunque economicamente incentivata: anche in questo caso, l’alternativa è la borsa (“sporta”) riutilizzabile. Una alternativa pratica, conveniente, ambientalmente sostenibile, che rispetta la gerarchia del riuso come opzione preferibile ed immediatamente adottabile, almeno nel caso di generi alimentari (come è il caso in genere per l’ortofrutta) che non creano, a differenza di carni, pesci, e prodotti caseari molli, problemi di imbrattamento e sgocciolamento.
È qui che è intervenuto l’errore (fondamentale, a nostro avviso) commesso dal Ministero, ossia la lettera alla Grande Distribuzione (GDO) in cui si dichiara che le borse riutilizzabili non possono essere impiegate; rileviamo per inciso che nella Legge, di questo divieto non vi è traccia.
Purtroppo, ed inevitabilmente, questo errore, oltre a determinare un allontanamento dalle finalità stesse della Legge, ha fatto avvertire l’uso del sacchetto biodegradabile come imposizione e balzello, distorcendo il dibattito e deviandolo dal merito ambientale della strategia (superamento della plastica tradizionale) a quello economico: l’imposizione del prezzo esplicito del sacchetto, che doveva funzionare da incentivo all’adozione della alternativa ambientalmente preferibile, nel momento in cui viene impedita tale alternativa, è stato percepito come una vessazione.
Sono a nostro avviso irricevibili le motivazioni di carattere sanitario addotte nella comunicazione del Ministero alla GDO, e nella più recente nota del Ministero della Sanità, di cui abbiamo avuto notizia dai media, se solo si pensa a tutta la filiera di produzione, raccolta, trasporto, distribuzione della ortofrutta: una filiera in cui non è certo il prelievo finale dallo scaffale il momento più delicato. Né possono essere additati come irresponsabili tutti gli altri Paesi dell’Unione Europea (Paesi certo non meno attenti del nostro ai temi della sicurezza alimentare) in cui le borse riutilizzabili sono consentite, ed addirittura promosse, senza incorrere in procedure di infrazione.
Chiediamo dunque al Ministro di tornare, in forma coordinata con gli altri Ministeri, alle previsioni della Legge, revocando la lettera alla GDO. Se, si procederà in questo modo sarà possibile garantire un vantaggio ambientale, economico e sociale per tutti, consumatori ed esercenti.
Chiediamo contestualmente al Ministero e agli altri soggetti interessati di sviluppare una campagna di informazione sul destino preferenziale dei sacchetti ultraleggeri, laddove acquistati dal consumatore al posto della borsa riutilizzabile. Tale campagna dovrebbe superare molta della confusione che avvertiamo nel dibattito in corso ed andrebbe focalizzata sui comportamenti virtuosi (es. apposizione delle etichette adesive sui manici, onde poterle asportare senza danno al resto del sacchetto) finalizzati a fare reimpiegare successivamente i sacchetti per la raccolta differenziata dell’organico.
Zero Waste Italy
http://www.zerowasteitaly.org

Sacchetti per l’ortofrutta biodegradabili. Esselunga segue l’esempio di NaturaSì, UniCoop e Eataly. Dal 2018 saranno obbligatori per tutti
















Da qualche anno in Italia è vietata la vendita di sacchetti per la spesa monouso in plastica non biodegradabili che una volta venivano distribuiti dai supermercati. Il divieto però non riguarda i sacchetti e i guanti utilizzati dalla persone quando devono scegliere frutta e verdura. Per questo motivo nella maggior parte dei punti vendita sacchetti e guanti sono realizzati con le tradizionali plastiche ottenute da fonti fossili, tra cui il polietilene, e quindi non biodegradabili. Qualcosa però sta cambiando.
In alcuni punti vendita Esselunga, nel reparto ortofrutta, i clienti possono utilizzare dei sacchetti biodegradabili e compostabili per pesare la frutta e la verdura sfusa. “Si tratta di un test – ci hanno spiegato dall’azienda – che al momento vede coinvolti oltre 20 negozi in Lombardia, Piemonte e Toscana”. La catena di supermercati assicura che se l’esperimento darà dei risultati positivi, allora si estenderà progressivamente anche agli altri negozi.















 

Sacchetti biodegradabili per l’ortofrutta. Esselunga segue l’esempio di NaturaSì, UniCoop e Eataly.

Prima di Esselunga anche altre catene hanno deciso di sostituire la plastica con materiale compostabile. Si tratta di Unicoop Firenze, Eataly e il gruppo EcorNaturaSì (che comprendono i marchi Cuorebio e NaturaSì). In genere si usano buste di carta oppure shopper in Mater-Bi o in Biocartene, derivati rispettivamente dall’amido di mais e dall’amido di patata.
Tutto questo zelo ecologista si deve anche al fatto che tra meno di un anno i guanti e sacchetti distribuiti nei supermercati per l’ortofrutta dovranno essere biodegradabili e compostabili. Lo ha stabilito il Consiglio dei ministri con un decreto legislativo finalizzato alla riduzione di borse di plastica in materiale leggero, in attuazione della direttiva (UE)*.
*Direttiva (UE) 2015/720 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 29 aprile 2015.

fonte: http://www.ilfattoalimentare.it/


Sacchetti monouso di plastica: in Francia divieto in vigore dal 1 luglio 2016

Sacchetti monouso di plastica: in Francia divieto in vigore dal 1 luglio 2016








Posticipato di qualche mese rispetto alla data iniziale, il 1 luglio 2016, in Francia, entrerà in vigore il divieto alla vendita e distribuzione (gratuita o a pagamento) degli shopper monouso in plastica per asporto merci e dal 1 gennaio 2017 il divieto si estenderà anche ai sacchi per il confezionamento di frutta e verdura. Sono esclusi dal divieto i sacchi frutta e verdura compostabili (seconda la norma NFT51-800), ottenuti da materie prime rinnovabili e idonei al compostaggio domestico.

Il decreto di attuazione è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale francese il 30 marzo 2016. La messa al bando riguarda gli shopper in plastica con spessore sotto i 50 micron. Gli shopper compostabili, invece, dovranno gradualmente aumentare la percentuale di materie prime rinnovabili: 30% a partire dal 1 gennaio 2017, 40% dal 1 gennaio 2018, per poi salire al 50% dopo il 1 gennaio 2020 e al 60% a partire dal 1 gennaio 2025.
Positivo il commento dell’associazione delle bioplastiche francese Club Bio-plastiques. "Accolgo con favore - ha sottolineato il presidente Christophe Doukhi-de Boissoudy -  la pubblicazione del decreto attuativo della legge “transition énergétique” e l’implementazione della misura sugli shopper monouso che aspettavamo da molto tempo. I sacchetti compostabili - si legge ancora nella nota - contribuiscono in modo efficace all’ottimizzazione della raccolta differenziata del rifiuto organico, promossa peraltro dalla legge transition énergétique”.
Il decreto è stato fortemente promosso e sostenuto dal Ministro dell’Ambiente Ségolène Royal, con l’obiettivo di ridurre gli impatti ambientali connessi alla produzione, distribuzione e dispersione dei sacchi di plastica. Inoltre con la sostituzione dei sacchi di plastica con quelli compostabili, gli operatori del settore prevedono una crescita del comparto delle bioplastiche da fonti rinnovabili e la creazione di 3000 nuovi posti di lavoro.

Ad Enzo Favoino, della Scuola Agraria del Parco di Monza, abbiamo chiesto un parere sul requisito francese che prevede l'idoneità dei sacchetti al compostaggio domestico. "Su questo punto - ha spiegato Favoino ad Eco dalle Città - la Francia, a differenza dell'Italia, ha scelto un requisito più elevato. A livello pratico però questo elemento non è fondamentale per lo scopo prefissato. Nel caso del compostaggio domestico il sacchetto non serve. A livello industriale, invece, i bioshopper in regola con la norma italiana sono pienamente compostabili".

Fonte: Eco dalle Città