Visualizzazione post con etichetta #NaturaSì. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #NaturaSì. Mostra tutti i post

Sacchetti ortofrutta riutilizzabili: boom all’estero e al palo in Italia

 














A distanza di tre anni dal provvedimento entrato in vigore nel gennaio del 2018 che vietando l’utilizzo dei sacchetti sottili in plastica ha finito per vietare anche i sacchetti riutilizzabili, tutto tace.

Nessun ulteriore chiarimento o ripensamento è arrivato infatti da parte dei due ministeri, che si sono defilati dopo essersi rimpallati la decisione se ammettere o meno i sacchetti riutilizzabili almeno nel reparto ortofrutta.

Come abbiamo raccontato in precedenti post su questa questione siamo ancora fermi ad una circolare del 2018 del Ministero alla Salute, chiamato ad esprimersi dal Ministero all’Ambiente allora presieduto da Galletti, che ha escluso di fatto la possibilità di utilizzare sacchetti che non fossero monouso, onde prevenire gravi rischi sanitari.

Neanche l’ex ministro all’Ambiente Sergio Costa, che è stato il primo ad entrare nel dettaglio di possibili azioni che i singoli possono compiere nel quotidiano per ridurre l’impatto ambientale della plastica con le iniziative Plastic-free, non ha voluto o potuto prendersi a cuore la questione.

L’Italia rimane così l’unico paese al mondo dove è obbligatorio usare esclusivamente sacchetti monouso (e guanti) nel settore ortofrutta dei supermercati. Nonostante non sia mai stata presentata alcuna evidenza scientifica che dimostri che queste misure abbiano prodotto benefici in termini di minori tossinfezioni nella commercializzazione dell’ortofrutta. Quello che è certo è che le fonti di tossinfezioni documentate derivano invece dai prodotti, più che dal contenitore. Anche quando confezionati.

Neanche la “sfida” di buon senso lanciata da NaturaSì che ha adottato sacchetti riutilizzabili per ortofrutta e per il pane nei suoi punti vendita è servita per provocare qualche reazione. Si rimane pertanto appesi in una tipica situazione pilatesca all’italiana dove si lasciano gli operatori commerciali nel limbo delle possibili interpretazioni. Con il risultato che non si procede ad alcun controllo (ad esempio sulla battitura a scontrino del costo del sacchetto) e i provvedimenti legislativi possono essere disattesi senza conseguenze.

Assodato che prevenzione e riuso sono strategie portanti dei modelli di business circolari non sarebbe questa un’occasione di intervento facile facile per le Direzioni per l’Economia Circolare, istituite nei Ministeri proprio per creare una task force interdisciplinare che promuova una exit strategy dai vecchi modelli di business lineari?

Il consumo di imballaggi non è diminuito

Considerando che i sacchetti leggeri e ultraleggeri in plastica usati all’interno dei reparti dei supermercati e nei negozi di alimentari sono stati sostituiti con opzioni in carta e bioplastica compostabile non può essersi verificata una riduzione del consumo. Non è pertanto possibile affermare con rigore scientifico che dal 2018 ad oggi questa sostituzione di materiale abbia comportato dei benefici per l’ambiente in termini di riduzione di rifiuti evitabili ed emissioni di CO2. In compenso quello che studi di settore hanno rilevato è stato un aumento del consumo complessivo di packaging nel settore alimentare dovuto ad un maggiore consumo di cibi freschi pronti al consumo spesso in monoporzione. Nel settore ortofrutta è aumentata sia la quota di ortofrutta comprata confezionata che il consumo di ortofrutta di IV gamma come ad esempio le buste di insalata e spinaci già lavate o le vaschette di frutta a cubetti pronta al consumo.

Cessione onerosa obbligatoria dei sacchettini non sempre avviene

Se la maggior parte dei punti vendita della GDO addebita ormai per i sacchetti compostabili un importo inferiore al prezzo di acquisto che va da 0,01 a 0,02 € , altri rivenditori fuori dal circuito della distribuzione organizzata cedono ormai questi sacchetti ultraleggeri “gratuitamente”.

Non addebitare il costo dei sacchetti ai clienti, come avviene nella quasi totalità delle farmacie, del commercio ambulante, e in misura minore nei negozi di prossimità, significa non disincentivare il consumo usa e getta. Significa soprattutto non avere chiaro che dobbiamo decarbonizzare gli stili di vita e i modelli di consumo attuali perché non sono compatibili con l’obiettivo della neutralità climatica al 2050. Per non parlare dell’impegno sul fronte del perseguimento dei 17 Obiettivi di sviluppo sostenibile (Sustainable Development Goals – SDGs nell’acronimo inglese) entro il 2030 e in particolare per gli obiettivi nr. 12 (Consumo e sviluppo responsabili) e 13 (Lotta al cambiamento climatico).

FRANCIA AVANGUARDIA DEL RIUSO


Decisamente un’altra attenzione stanno guadagnando i modelli di riuso nella vicina Francia dove la quota di mercato riferita alle vendite di prodotti sfusi è aumentata del 40% tra il 2018 e il 2019.

Nel 2020 la Francia contava già oltre 560 negozi specializzati nella vendita di prodotti sfusi, ma se il disegno di legge sul clima e la resilienza che ha ottenuto il via libera dall’assemblea nazionale il 29 marzo verrà approvato anche al senato, questa modalità di acquisto potrebbe conoscere un vero boom negli anni a seguire. La Francia diventerà il primo paese a rendere la vendita sfusa materia di legge, anche se gli operatori commerciali e i grandi marchi non ne sono entusiasti per paura di perdere gli spazi conquistati a scaffale e le vendite correlate.

L’articolo 11 al Titolo 1 del DDL intitolato “Consumare” impone infatti ai negozi di oltre 400 mq di dedicare alla vendita di prodotti sfusi il 20% della superficie di vendita entro il 2030. Il testo prevede inoltre che gli imballaggi riutilizzabili possano essere forniti dal cliente che diventa il soggetto responsabile dell’igiene e dell’idoneità degli stessi. Dal canto suo il rivenditore può rifiutarli qualora non conformi.

Obiettivo del DDL è quello di supportare i cittadini nelle loro scelte di consumo sostenibile quotidiane attraverso misure che riguardano l’educazione ambientale, la pubblicità (come riduzione e regolamentazione del greenwashing), l’etichettatura ambientale obbligatoria e l’economia circolare.

Presentato da Barbara Pompili, Ministro della Transizione Ecologica, il testo del DDL prevede che i punti vendita coinvolti debbano dedicare almeno il 20% della loro superficie di vendita a prodotti venduti senza imballaggio oppure utilizzare altre metriche di rendicontazione come il numero di referenze di prodotti venduti sfusi versus confezionati, oppure in termini di percentuali di fatturato di prodotti venduti sfusi e non, che possano dimostrare il rispetto della legge. L’obbligo riguarda sia i punti vendita con servizio assistito che self service, e anche il settore del commercio online. Questo obbligo coprirebbe inoltre tutti i prodotti di consumo per l’uso quotidiano, ad eccezione dei medicinali e prodotti che non possono essere venduti sfusi per motivi di salute e sicurezza. Inoltre, per scoraggiare l’uso di bicchieri usa e getta, il disegno di legge prevede che i venditori di bevande da asporto debbano praticare prezzi più bassi sulle bevanda vendute in contenitori riutilizzabili quando forniti dai consumatori.

Albert Heijn verso l’azzeramento dei sacchetti ortofrutta monouso

L’insegna leader della GDO olandese Albert Heijn (AH) ha deciso di sospendere la distribuzione dei sacchettini di plastica nei reparti ortofrutta dei suoi punti vendita in Olanda che verranno sostituiti da sacchetti in poliestere riutilizzabili e lavabili.

Una volta a regime la decisione porterà ad un risparmio annuo di 130 milioni di sacchetti monouso che corrisponde a 243.000 chili di plastica evitati che non verranno sostituiti – come è prassi in Italia – con altre opzioni in carta o bioplastica compostabile.
Da metà aprile i clienti dei reparti ortofrutta della catena verranno informati che i sacchetti ortofrutta vanno “in pensione” e potranno ricevere per due settimane con i loro acquisti di ortofrutta
dei sacchetti ortofrutta riutilizzabili in omaggio . Entro la fine di quest’anno i sacchetti in plastica saranno scomparsi da tutti i negozi.
In Olanda gli shopper in plastica alle casse non sono stati vietati e sostituiti con opzioni compostabili ma è stato introdotto dal 2016 l’obbligo di farli pagare ai clienti un minimo di 25 centesimi, sia quando in plastica che in bioplastica. Il consumo si è notevolmente ridotto ma AH prevede di intercettare ancora 645.000 chili di plastica che corrispondono a 31 milioni di shopper attraverso le consegne a domicilio introducendo nel corso dell’anno la possibilità di restituire gli shopper per la spesa in plastica al momento della consegna della spesa. Dal riciclo di questi shopper AH ne ricaverà delle borse riutilizzabili disponibili in una nuova linea di 10 modelli in plastica riciclata, facilmente ripiegabili e igienizzabili che verranno lanciate con una campagna ad hoc.
Albert Heijn è stata riconfermata con il voto dei consumatori come la catena di supermercati più sostenibile dei Paesi Bassi. E’ il risultato dell’indagine Sustainable Brand Index ™ 2021 , un’indagine annuale su oltre 58.000 consumatori in Europa sui marchi di consumo e sulla sostenibilità.
Ci sono altre insegne di supermercati olandesi che che hanno introdotti i sacchetti ortofrutta come Lidl , Aldi che carica 1 centesimo di euro sui sacchetti monouso per incentivare il passaggio alla versione riutilizzabile e Carrefour. In netto contrasto con il divieto esistente nel nostro paese che non ha pari negli altri paesi europei, in qualsiasi supermercato olandese è possibile usare sacchetti ortofrutta riutilizzabili.

La bilancia permette al cliente di selezionare 3 opzioni di acquisto: sacchetto monouso, riutilizzabile, senza sacchetto.

In genere i prezzi dei sacchetti ortofrutta sono molto abbordabili come si può vedere dalla comunicazione presente presso l’angolo bilancia di Carrefour dove si può acquistare un set di sacchetti a oppure uno singolo a 0,60 centesimi. La bilancia e cartellonistica che appare nella foto riproduce la soluzione al problema del settaggio della tara – qualora i sacchetti utilizzati abbiano pesi differenti– proposta oltre 10 anni fa alla GDO all’interno di una campagna specifica denominata Mettila in rete. Il cliente che mette il prodotto sulla bilancia trova a video tre opzioni da selezionare che regolano la tara : a) acquisto con sacchetto riutilizzabile, b) con sacchetto monouso, c) senza alcun sacchetto. Va detto che i sacchetti che vengono utilizzati in Italia da NaturaSì e nella maggior parte delle esperienze che abbiamo raccontato utilizzano un sacchetto in poliestere che ha un peso corrispondente o molto vicino a quello delle opzioni in bioplastica e carta più usate.

Belgio

L’ultimo post su queste pagine del 2019 aggiornava sulla situazione in Belgio in cui la riduzione della plastica monouso secondo la direttiva è di competenza regionale, con il risultato che Fiandre, Bruxelles e Vallonia hanno ciascuna il proprio approccio.
Nelle Fiandre OVAM, l’Agenzia pubblica per i rifiuti incaricata a di sviluppare le misure politiche in merito ha deciso di non vietare i sacchetti in plastica leggeri inferiori ai 15 micron e a spingere sui sacchetti riutilizzabili mentre la regione di Bruxelles e la Vallonia li hanno vietati a favore di alternative biodegradabili. Secondo il portavoce di OVAM non è un atto di debolezza. “Non vogliamo vietare quei sacchetti perché temiamo che le alternative – anche la carta – danneggino ancora di più l’ambiente. OVAM vuole concentrarsi principalmente sul riutilizzo degli imballaggi“, afferma Verheyen.

Regno Unito

L’insegna Asda dopo avere testato con successo i sacchetti ortofrutta riutilizzabili in 9 punti vendita ha annunciato l’eliminazione dei sacchetti ortofrutta in plastica.
La mossa che comporta un risparmio di 101 milioni di pezzi segue una sperimentazione avvenuta in nove punti vendita dove i sacchetti riutilizzabili hanno incontrato il favore dei clienti e addetti del reparto. Durante il periodo di prova, Asda ha dichiarato di aver venduto una media di 30.000 sacchetti riutilizzabili ogni settimana, prova che i clienti sono disposti a sostenere gli sforzi per contrastare l’inquinamento da plastica.
I sacchetti ortofrutta costano 30 pence al pezzo e sono realizzati con poliestere ottenuto dal riciclo delle bottiglie in PET .
Oltre ad Asda ci sono state anche altre catene inglesi tra cui Sainsbury e Waitrose ad avere introdotto sacchetti riutilizzabili per l’ortofrutta.

“Abbiamo avuto modo di rilevare con questa sperimentazione che i nostri clienti e colleghi hanno aderito con passione reputandola una scelta giusta per l’ambiente e questa iniziativa è solo un altro modo in cui aiutiamo i nostri clienti a fare scelte sostenibili, senza compromettere la qualità dei nostri prodotti. La rimozione dei sacchetti di plastica in tutti i nostri negozi è parte del nostro impegno aziendale di riduzione della plastica monouso” ha dichiarato il responsabile del settore Ortofrutta di Asda, Dominic Edwards .

Asda ha lanciato lo scorso anno una sperimentazione in un nuovo punto vendita a Leeds in collaborazione con grandi marche tra le quali Kellogg’s, Unilever, Quaker Oats, Lavazza, Radox e Persil. Alcuni dei prodotti di queste marche possono essere acquistati con contenitori riutilizzabili attraverso 15 stazioni self service di rifornimento in una zona dedicata del negozio.

Dal 2018, il gruppo dei Big 4 a cui appartiene Asda insieme a Tesco, Sainsbury’s e Morrisons ha eliminato 9000 tonnellate di plastica e si è impegnato ad eliminare almeno 3 miliardi di pezzi di plastica dai prodotti a marca propria entro il 2025. Nella maggioranza dei casi si tratta ancora di azioni in cui si sostituisce la plastica monouso con altri materiali monouso senza fornire dati analitici sul consumo di materia complessivo. Per escludere qualsiasi tentativo di greenwashing sarebbe auspicabile nei casi in cui si comunicano le tonnellate di plastica risparmiata all’ambiente specificare se si tratta di eliminazione totale dell’imballaggio o meno. Nella seconda ipotesi sarebbe più corretto precisare la natura e le quantità in peso delle opzioni alternative introdotte.

fonte: comunivirtuosi.org

#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Mascherine in mare, è già allarme

Per ridurre al minimo quello che si prospetta come un inevitabile aumento dell’usa e getta, NaturaSì, l’azienda leader del bio in Italia, rende disponibili alla vendita le mascherine in cotone lavabili fino a 15 volte, realizzate dalla Cooperativa sociale Quid















Tutto il mondo è a caccia delle mascherine chirurgiche, aziende di ogni tipo stanno convertendo la loro produzione e si stanno preparando a sfornarne un numero sempre maggiore, i Comuni e la Protezione civile a distribuirle gratuitamente laddove mancano. Un dispositivo indispensabile per ridurre il rischio di contagio da Covid-19 che però rischia di tramutarsi in una vera e propria tragedia ambientale per i nostri mari e le specie che li abitano.

A lanciare l’allarme è Silvio Greco, biologo marino e dirigente di ricerca della Stazione Zoologica Anton Dohrn: “ci segnalano già adesso che siamo in un periodo di quarantena – afferma lo scienziato – la presenza di centinaia di mascherine sulle spiagge, così come sappiamo che altrettante ne vengono pescate in mare. Non oso immaginare cosa succederà quando, finita la quarantena, di mascherine ne circoleranno miliardi”.

Greco parla di una vera e propria tragedia per le tartarughe e i mammiferi marini che, scambiando le mascherine e i guanti per cibo, finiranno per mangiarli come già succede con gli altri rifiuti in plastica che arrivano in mare. “Da non sottovalutare il fatto – aggiunge- che si tratta di plastiche che, una volta sfaldate, si tramutano in micro e nano plastiche e vengono ingerite anche dai pesci fino a risalire la catena alimentare e arrivare all’uomo”. Già oggi nei nostri mari finiscono ogni anno 8 milioni di tonnellate di plastica, se a questo dato aggiungiamo uno scorretto smaltimento delle mascherine, così come dei guanti e degli altri dispositivi di sicurezza necessari per proteggere la nostra salute, arriviamo a numeri stratosferici. Ma tutto ciò evitabile? Ovviamente sì, partendo innanzitutto da comportamenti individuali responsabili fino ad arrivare a un corretto riciclo e smaltimento del rifiuto. Ancora meglio “sarebbe se mettessero in mercato mascherine e guanti mono-materiali e non, come oggi, poliaccoppiati (come la plastica utilizzata, fatta di polietilene e polipropilene) impossibili da differenziare e riciclare, o se si riducesse a monte il problema, eliminando il monouso e ricorrendo, per esempio, a mascherine in tessuto”, spiega il ricercatore del Dohrn.

Sono in molti che stanno comunque cercando di capire come orientarsi in quella che sembra essere una lunga fase di transizione in cui le mascherine e i guanti saranno obbligatori o almeno consigliati. Le multiutility si cominciano a interrogare sul come gestire 1 miliardo e 200 milioni di mascherine che si calcola verranno gettate da qui alla fine del 2020, assieme a un numero ancora non definitivo di guanti usa e getta che rischiano, appunto, di finire nella catena alimentare marina, aggravando la situazione di sofferenza già alta delle popolazioni di delfini, balene e tartarughe. La più grande azienda del biologico in Italia, NaturaSì, ha annunciato che nei propri punti vendita saranno disponibili mascherine in cotone lavabili fino a 15 volte, realizzate dalla Cooperativa sociale Quid di Verona. A certificarle è l’Istituto Superiore di Sanità che le classifica come maschera a uso medico di Tipo I. Le confezioni di mascherine lavabili saranno messe a disposizione di tutto il personale del Gruppo, compresi gli addetti ai negozi, oltre che vendute al pubblico.

''Le mascherine in cotone garantiscono la protezione richiesta ma con un impatto sull'ambiente ridotto di 15 volte. Una scelta in linea con quanto abbiamo fatto fino ad ora per ridurre il più possibile il ricorso all'usa e getta, e quindi la produzione di rifiuti, a partire dalla spesa'', spiega Fausto Jori, amministratore delegato di NaturaSì. L'azienda è più volte intervenuta, negli ultimi due anni, per la riduzione dell’usa e getta, eliminando le bottiglie in plastica in quasi 60 negozi, dove sono stati installati degli erogatori per l'acqua, e introducendo la vendita di 22 prodotti secchi sfusi che prima venivano venduti solo in confezioni di plastica. Il lavaggio delle mascherine – fanno sapere dalla Cooperativa Quid - è semplice: basta immergerle in 1 litro di acqua con 5 grammi di candeggina, sciacquare con acqua corrente e fare asciugare all'aria per poi stirare a massima temperatura fino al quindicesimo utilizzo. Ma la strada per arginare le centinaia di milioni di presidi sanitari dispersi nell’ambiente è ancora in buona parte da esplorare.




fonte: www.lastampa.it


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Burger King: stop ai giocattoli di plastica con i menù per bambini in UK. NaturaSì dice addio ai volantini promozionali

















Si moltiplicano le iniziative di supermercati, ristoranti e fast food in direzione di una maggiore sostenibilità, eliminando imballaggi inutili e sostituendo materiali difficili da smaltire con alternative più sostenibili. Plastica in testa. In questa scia si inserisce la campagna ‘Meltdown’ di Burger King, che ha deciso di dire basta ai giocattoli in plastica regalati insieme ai menu per bambini. Ma non solo, ha anche installato dei bidoni speciali per raccogliere e smaltire quelli vecchi (e non solo quelli che erano stati distribuiti dalla catena di fast food).
L’iniziativa, lanciata lo scorso settembre, è una risposta alla petizione di due bambine che chiedevano a Burger King e McDonald’s di non inserire più giocattoli in plastica nei menu per i piccoli. Tutti i giochi raccolti, verranno sottoposti a un processo di selezione e separazione dei materiali per essere trasformati in aree gioco, vassoi e altri oggetti per i ristoranti della catena.

Tornando in Italia, bisogna menzionare la decisione di NaturaSì , che ha puntato l’attenzione verso la carta. Dal primo di novembre, infatti, la catena del biologico ha detto addio ai volantini promozionali nei negozi NaturaSì e Cuorebio. Si tratta di 2,1 milioni di copie all’anna eliminate, pari a 30 tonnellate di carta e cartone. Questi numeri equivalgono al risparmio di circa 100 alberi l’anno che non devono essere tagliati per produrre carta, oltre che la quantità di acqua consumata da una città di provincia di medie dimensioni e l’elettricità utilizzata da 53 famiglie in anno.
La decisione di EcorNaturaSì arriva dopo un lungo percorso verso una maggiore sostenibilità. In passato, la catena ha eliminato l’acqua in bottiglia dagli scaffali di un centinaio di punti vendita, sostituita da erogatori e borracce riutilizzabili, ha reintrodotto le retine riutilizzabili per la l’ortofrutta e è ricorsa alla vendita sfusa per 22 prodotti alimentari distribuiti nei suoi supermercati.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Via le bottiglie in plastica dagli scaffali: la scelta di NaturaSì















Via le bottiglie di plastica dagli scaffali. È NaturaSì la prima catena di negozi in Italia a eliminare l’acqua imbottigliata nel PET, per fare spazio agli erogatori che depurano ulteriormente l’acqua “del sindaco”, che comunque rimane - tengono a sottolineare gli organizzatori - la più sicura e controllata. Parte insomma in coincidenza con la Giornata mondiale dell’acqua del 22 marzo l’operazione Plastic Free ideata dall’azienda del biologico assieme a Legambiente e con il patrocinio del ministero dell’Ambiente per liberare l’acqua dalla plastica, fornendola ai clienti in bottiglie di vetro da ricaricare, a un costo che è tre o quattro volte inferiore rispetto all’acqua in PET.

“È una rivoluzione”, commenta il presidente di Legambiente Stefano Ciafani presentando l’iniziativa. “NaturaSì è la prima azienda importante che si mette in gioco per ridurre la diffusione di plastica usa e getta in settore che è particolarmente insostenibile, dal punto di vista ambientale, quello della vendita dell’acqua. Ed è un atto di coraggio in un Paese che è il primo in Europa per consumo di acque on bottiglia e terzo nel mondo. Occorre scalare a ritroso questa classifica negativa: ci auguriamo che altri seguano”.

L’inquinamento pervasivo da plastica, soprattutto in mare, è la seconda emergenza ambientale dopo quella climatica, e i due problemi sono strettamente correlati. Secondo i dati di Legambiente, sono oltre 8 miliardi le bottiglie in plastica vendute ogni anno nel nostro Paese. Gli italiani consumano, primi nel mondo, 206 litri di acqua in bottiglia pro capite l’anno, corrispondenti a 1 milione 165 mila tonnellate equivalenti di CO2 tra produzione e trasporto. Si tratta di una produzione che contribuisce alle emissioni di gas serra del nostro Paese e che è ad alto livello di spreco di acqua: per produrre un chilo di PET, da cui si ricavano appena 25 bottiglie da un litro e mezzo, servono 17 litri d’acqua e due di petrolio. Una filiera insostenibile che, sommando tutti i passaggi di produzione e distribuzione, consuma un’energia circa 2.000 volte superiore a quella necessaria per ottenere la stessa quantità d’acqua da un rubinetto collegato a un acquedotto.

“È da tempo che cerchiamo una soluzione per togliere l’acqua in bottiglia di plastica dai nostri negozi”, spiega Fabio Brescacin, presidente di EcorNaturaSì. “Da oggi i primi 50 negozi NaturaSì apriranno un settore acqua libero dalla plastica per arrivare a quota 100 entro la fine dell’anno. Questo traguardo, che interessa circa un terzo della rete di NaturaSì, porterà a un risparmio di quasi 1 milione e 300 mila bottiglie di plastica nell’ambiente e una diminuzione di oltre 190 tonnellate di CO2 equivalente nell’atmosfera. Si tratta di un piccolo passo ma crediamo fortemente di poter fare da apripista per un percorso di liberazione dalla plastica per uno dei prodotti più inquinanti e – in assoluto – di minore giustificazione di consumo. E per il 2020, tutti i quasi 300 negozi NaturaSì avranno eliminato l’acqua in plastica dagli scaffali”.
Rimarranno a disposizione dei consumatori, oltre all’erogatore e al set di bottiglie in vetro in cui ricaricare all’infinito l’acqua purificata, anche alcune marche di acqua in bottiglia, rigorosamente di vetro, per rispondere a esigenze particolare di alimentazione e dieta. “Anche per un’azienda biologica, quella dell’eliminazione progressiva della plastica negli imballaggi non è una strada semplice”, ricorda Brescacin. “Sono molti i consumatori che potrebbero scegliere altri negozi per avere la ‘comodità’ della plastica, che è leggera e infrangibile. Ma noi crediamo anche che compiere azioni concrete per salvare l’ambiente sia un bisogno profondo per molti”.
fonte: https://www.lastampa.it


NaturaSì 'disobbedisce', sacchetti riutilizzabili all'ortofrutta




















Orgogliosamente fuori legge, o almeno disobbedienti. La legge non lo permettere ma loro hanno deciso di portare lo stesso i sacchetti riutilizzabili nel reparto ortofrutta dei propri punti vendita. "Non è un problema, è una cosa sensata e intelligente. Non penso proprio che ci contesteranno questa scelta ma se lo faranno ci daranno l'occasione di affrontare l'argomento", dice all'Adnkronos Fabio Brescacin, presidente EcornaturaSì, azienda di distribuzione di prodotti biologici e biodinamici e prima in Italia a offrire un'alternativa al sacchetto usa e getta.
Iniziativa lanciata oggi a Roma insieme a Legambiente, alla vigilia della Giornata mondiale dell'Ambiente, con la distribuzione di 100mila sacchetti riutilizzabili per l'ortofrutta. Perché NaturaSì disobbedisce? Scattato il 1 gennaio di quest'anno il bando ai sacchetti di plastica ultraleggeri usa e getta, non prevede, per i consumatori, l'alternativa riutilizzabile come accade invece con gli shopper usati per la spesa. Il rimpallo tra i ministeri dell'Ambiente e della Salute, che avrebbero dovuto affrontare la questione, si è chiuso con la circolare che prevede la possibilità di usare dei sacchetti portati da casa dal consumatore, sì, purché monouso. Insomma, nessuna alternativa riutilizzabile.
Ma Legambiente e EcorNaturaSì hanno deciso di proseguire sulla strada che punta a ridurre l’utilizzo di plastica monouso e aumentare la consapevolezza e la responsabilità dei consumatori a partire dai negozi NaturaSì e Cuorebio, ma che potrebbe diventare un esempio per tutta la grande distribuzione italiana.
In vista della nuova direttiva europea contro l’inquinamento da plastica, EcorNaturaSì, insieme con l’associazione ambientalista, ha voluto lanciare l’iniziativa che guarda oltre le polemiche legate ai sacchetti biocompostabili per l’ortofrutta a pagamento, culminate paradossalmente con un crollo delle vendite dello sfuso e un’impennata degli acquisti di ortofrutta fresca confezionata.
L’Italia, infatti, è il settimo Paese produttore di rifiuti plastici in Europa, secondo gli ultimi dati l’Eurostat, e negli ultimi 16 anni la produzione pro capite è aumentata leggermente passando da 34,19 kg a 35,05 all'anno. Secondo l’ultimo rapporto Beach Litter di Legambiente, solo sulle spiagge italiane il 31% dei rifiuti censiti è stato creato per essere gettato immediatamente o poco dopo il suo utilizzo.
Parliamo di imballaggi di alimenti, carte dei dolciumi, bastoncini per la pulizia delle orecchie, assorbenti igienici, barattoli, mozziconi di sigaretta. I rifiuti plastici usa e getta sono stati rinvenuti nel 95% delle spiagge monitorate, a dimostrazione della gravità del problema.
I sacchetti riutilizzabili sono un passo nella direzione della riduzione dei rifiuti inutili: sono infatti di poliestere, lavabili, traspiranti e riutilizzabili. Oggi a Roma, nel punto vendita di Piazza Farnese, sono stati distribuiti i primi sacchetti riutilizzabili per frutta e verdura, prodotti dalla cooperativa sociale di Verona Quid, che li realizza nel proprio laboratorio di sartoria.
Domani, 5 giugno, in occasione della Giornata mondiale dell'Ambiente, saranno distribuiti gratuitamente nei negozi NaturaSì a fronte di una spesa di 50 euro. Naturalmente, chi sceglierà i sacchetti riutilizzabili non sarà costretto a pagare i pochi centesimi previsti dalla legge a carico dei consumatori per i sacchetti di plastica compostabili.
“Grazie all’uso delle sportine riutilizzabili, i sacchetti per la spesa usa e getta in Italia si sono ridotti del 55% negli ultimi cinque anni - sottolinea Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente – Lo stesso lo dobbiamo fare per i sacchetti per l’ortofrutta nei supermercati grazie alla diffusione delle retine riutilizzabili. L’importante iniziativa con EcorNaturaSì, prima in assoluto sul territorio nazionale, va proprio in questa direzione, nonostante l’incomprensibile latitanza del ministero della Salute al quale da sei mesi chiediamo di prendere una posizione ufficiale, sollecitando tutta la grande distribuzione a garantire ai cittadini un’alternativa riutilizzabile alle buste compostabili monouso".
"Grazie alle retine riutilizzabili per l’ortofrutta, e dopo le norme che hanno bandito le buste usa e getta di plastica tradizionale, i cotton fioc non compostabili e le microplastiche nei prodotti cosmetici, oggi l’Italia - conclude Ciafani - fa un nuovo passo in avanti per praticare concretamente la strategia europea per la lotta all'inquinamento da plastica”.
A realizzare i sacchetti riutilizzabili i dipendenti della Cooperativa Sociale Quid Onlus: donne e uomini con un passato difficile, chi di violenza e chi di detenzione o emarginazione, che in questo spazio hanno trovato la solidarietà e l’appoggio di esperti capaci di guidarli verso un reinserimento nel mondo del lavoro e la possibilità di crearsi un futuro migliore, con le proprie mani. I sacchetti riutilizzabili che saranno venduti nei negozi NaturaSì e Cuorebio pesano 8 grammi, come quelli monouso e sono composti in poliestere con materiale interamente italiano.

fonte: http://www.adnkronos.com