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UE: la strategia europea per il tessile sostenibile

La Commissione europea ha avviato l’iter di iniziativa legislativa teso a costruire una strategia europea per il tessile sostenibile entro la fine del 2021



Il tessile è uno dei settori che più di altri, a livello europeo, è in grado di aprire la strada verso un'economia circolare neutra in termini di carbonio; per questo, nei primi giorni di Gennaio 2021 è stata pubblicata la "roadmap" (una sorta di strada da seguire) per il tessile sostenibile, che prenderà forma entro la fine del 2021.

Si tratta di una nuova strategia predisposta dalla Commissione europea che punta a costruire un comparto tessile sostenibile in Unione Europea (di seguito UE), basata sull’economia circolare ed a emissioni zero, dove i capi di abbigliamento sono progettati per durare, essere riparati, riutilizzati, riciclati e prodotti in maniera efficiente.

La pandemia COVID-19 ha avuto un forte impatto sul comparto industriale tessile europeo,
pur essendo un settore competitivo a livello globale, soprattutto per i tessuti tecnici e l'alta moda, il comparto, nel suo complesso, sta soffrendo in modo significativo, sia in termini di interruzione dell'offerta che di calo della domanda dei consumatori. La crisi ha anche colpito il commercio internazionale di prodotti tessili di seconda mano e ha sconvolto i flussi dei rifiuti tessili.

Tutto questo richiede una strategia per un tempestivo recupero che, però, tenga conto delle attuali debolezze del comparto per superarle.

Il tessile e l'abbigliamento costituiscono un ecosistema industriale diversificato che copre diverse catene di valore e diversi tipi di prodotto. Quest'industria impiega 1,5 milioni di persone, distribuite in più di 160.000 aziende nell'UE, la maggior parte delle quali sono PMI, con un fatturato annuo UE di 162 miliardi di euro nel 2019. Nonostante una crescente attenzione per la sostenibilità, gli europei consumano in media 26 kg di prodotti tessili per persona all'anno, ed una quota significativa di questi proviene da paesi terzi.

Ogni articolo viene usato per un periodo sempre più breve, con il risultato che, ogni anno, vengono gettati 11 kg di tessile per persona. Inoltre, si stima che meno dell'1% di tutti i tessili, a livello internazionale, venga riciclato, dando vita a nuovi materiali. La presenza di sostanze nocive, che possono rappresentare un ostacolo il riciclaggio di alta qualità, incidendo sui tassi di raccolta e sulle capacità di riciclaggi, che sono piuttosto da bassi a medi nel panorama europeo.

Il settore tessile, inoltre, ha necessità di molte risorse naturali e determina importanti impatti climatici e ambientali, che rappresentano un vero e proprio costo per l'ambiente, tanto che si stima che questo comparto sia al quarto posto, nell'UE, in termini di consumo di materie prime ed acqua, al quinto per le emissioni di gas serra (fonte rapporto EEA) e ai primi posti nella produzione dei rifiuti.

Bisogna, però, sottolineare il fatto che la maggior parte della pressione e dell'impatto legati alla produzione di abbigliamento, calzature e tessili per la casa si verifica in altre parti del mondo, fuori dall'Europa, là dove ha luogo, attualmente, la maggior parte della produzione.

Oltre al loro impatto sull'ambiente, le catene di produzione di questo comparto industriale sono lunghe, globalizzate e diversificate, infatti fanno capo a questo settore non solo le imprese del tessile moda, ma anche quelle della tappezzeria, biancheria intima, tessile per la casa ed altro ancora.

Un altro punto di debolezza è determinato dal fatto che l'industria europea del tessile deve affrontare una concorrenza sleale legata ai costi di produzione spesso più bassi e degli standard ambientali e sociali alquanto limitati in vigore nei paesi terzi produttori di tessile. In questi paesi è purtroppo molto difficile chi i prodotti fabbricati rispettino condizioni ambientali e lavorative accettabili.

Il settore tessile soffre anche di lacune, carenze e squilibri di competenze a causa dei cambiamenti tecnologici spesso rapidi che avvengono e che richiedono un continuo riadattamento della forza lavoro. Per affrontare i diversi punti di debolezza del settore, sommariamente descritti sopra, è necessaria una risposta coordinata e armonizzata a livello UE, mirata a superare le criticità soprattutto quelle legate alla raccolta differenziata del tessile, allo smistamento e al riciclaggio dei rifiuti tessili negli Stati membri e tesa a rafforzare le capacità sia dell'industria che delle autorità pubbliche di andare nella direzione dell’economia circolare, visto che il settore tessile è altamente globalizzato, un'azione frammentata a livello nazionale e/o locale non sarà sufficiente a determinare il cambiamento necessario.

Una mancanza di azione da parte dell'UE comprometterebbe un'efficace protezione ambientale in tutti gli Stati membri, così come la possibilità di creare condizioni di parità per le imprese tessili dentro e fuori l'UE. Anche il corretto funzionamento del mercato interno sarebbe a rischio.

Infine, la mancanza di azione a livello europeo sarebbe in contrasto con la forte richiesta delle parti interessate di sviluppare un approccio al tessile sostenibile che, però, deve avere regole comuni e non può avere discipline diverse dettate a livello nazionale dai singoli paesi membri.

L'obiettivo dell'iniziativa è quindi quello di istituire un quadro globale per creare condizioni e incentivi per aumentare la competitività, la sostenibilità e la resilienza del settore tessile dell'UE, tenendo conto dei suoi punti di forza e di vulnerabilità, dopo un lungo periodo di ristrutturazione e delocalizzazione, e affrontando i suoi impatti ambientali e sociali.

Tutto questo dovrà trovare una giusta armonizzazione con
il Green Deal europeo
il piano d'azione per l'economia circolare
la strategia per le sostanze chimiche per la sostenibilità.

L'iniziativa faciliterà e incoraggerà l'uso ottimale del recovery plan e degli investimenti sostenibili, in particolare nei processi di produzione, nel design, nei nuovi materiali, nei nuovi modelli di business, nelle infrastrutture e nelle competenze e nelle nuove tecnologie, anche attraverso la digitalizzazione.

Per stimolare il mercato dell'UE verso i tessili sostenibili e circolari, l'iniziativa dovrà puntare ad intensificare significativamente gli sforzi nella direzione del riutilizzo e del riciclaggio, nonché implementare gli appalti pubblici verdi nell'UE, tenendo conto delle esigenze espresse dal settore industriale e dalle altre parti interessate (cioè ricerca e innovazione, associazioni di consumatori, società di investimento, Stati membri, società civile).

L'iniziativa dovrà identificare azioni specifiche e orizzontali per il settore tessile che interesseranno l'intera filiera produttiva, tenendo conto dei possibili approcci per migliorare la progettazione per la sostenibilità, in primo luogo assicurando l'utilizzo di materie prime seconde e affrontando la presenza di sostanze chimiche pericolose, inoltre saranno proposte anche azioni per promuovere processi di produzione più sostenibili.

Al tempo stesso l’iniziativa dovrà occuparsi di
definire la normativa di riferimento per l’end of waste per il settore tessile
rafforzare la protezione dei diritti umani, il dovere di rispettare la normativa ambientale in tutta la filiera di produzione, aumentando la tracciabilità e la trasparenza
indirizzare la cooperazione e i partenariati internazionali, compresi gli aiuti al commercio, verso modelli di consumo e produzione più sostenibili, anche per quanto riguarda l'uso della terra e dell'acqua e l'impiego di sostanze chimiche
sostenere stili di vita più sostenibili, per esempio incentivando tutte le forme di servizio, il prodotto deve essere visto come servizio e non più solo come bene da acquistare
promuovere approcci volontari da parte delle imprese alla sostenibilità attraverso le certificazione come l'Ecolabel UE
prevedere sempre di più la responsabilità estesa del produttore nella promozione dei tessili sostenibili e nel trattamento dei rifiuti tessili secondo quanto previsto dalla gerarchia dei rifiuti
sostenere l'attuazione dell'obbligo legale di introdurre la raccolta differenziata dei rifiuti tessili entro il termine massimo del 2025. Nel nostro Paese questo termine è stato anticipato al 1 gennaio 2022.

Per costruire la strategia per il tessile sostenibile è necessario che tutte le parti interessate siano consultate, si tratta di tutti gli operatori del settore: produttori di fibre, filati, tessuti o abbigliamento, PMI e aziende globali, fornitori, dettaglianti, fornitori di servizi, raccoglitori, smistatori, riciclatori, centri di ricerca e innovazione e altre parti interessate come autorità pubbliche, consumatori e associazioni di consumatori o società civile.

Per questo l’UE ha organizzato una serie di attività di consultazione che coinvolgerà l'industria e le altre parti interessate, anche organizzando workshop e (tele)conferenze. Una prima consultazione pubblica si è conclusa il 2 febbraio scorso, ora è in corso la seconda consultazione pubblica sul portale "Have Your Say”, a cui è possibile prendere parte fino al 4 agosto 2021.

Per approfondimenti: "EU strategy for sustainable textiles"

fonte: www.arpat.toscana.it


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In Spagna si recuperano i rasoi

BIC ha lanciato con TerraCycle un programma per la raccolta e il riciclo della plastica proveniente da rasoi usa-e-getta.











BIC, noto produttore francese di penne a sfera, accendini e rasoi di sicurezza in plastica, ha avviato in Spagna, insieme con TerraCycle, un programma per il riciclo dei rasoi. I prodotti raccolti gratuitamente sul territorio spagnolo verranno riciclati e la plastica utilizzata per produrre portasapone e altri articoli da toeletta, in una sorta di circuito chiuso del bagno.

Si tratta dell'ultimo dei progetti studiati a partire dal 2011 dai due partner, rivolti a penne, portamine, pennarelli e altri prodotti di cancelleria post-consumo, che hanno portato alla raccolta di 50 milioni di pezzi nella sola Europa. Analoghi progetti sono in corso in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti.


Il programma spagnolo accetta tutti i rasoi usa-e-getta, senza riguardo alla marca o al tipo, da conferire in uno dei punti di raccolta allestiti da TerraCycle, elencati in uno sito web dedicato. Una volta raccolti, i rasoi vengono smontati e i diversi materiali avviati separatamente a riciclo.

Un'iniziativa analoga era stata promossa due anni fa da Gillette, marchio di Procter & Gamble, sempre in collaborazione con TerraCycle (foto a sinistra), in questo caso con copertura di Nord America, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda (leggi articolo).

fonte: www.polimerica.it


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Cinque consigli per un’estate plastic free

Si sa che durante le vacanze tendiamo a lasciarci andare. Lo facciamo anche per ciò che riguarda gli sprechi. Ma l'attenzione per l'ambiente non può concedersi ferie. Dalle borracce ai prodotti sfusi, ecco una serie di pratici suggerimenti per portare con sè alcune pratiche circolari. Da far circolare



L’inquinamento da plastica è uno dei più gravi problemi ambientali che affligge il Pianeta. Nel Belpaese spesso ce ne accorgiamo soprattutto d’estate quando andiamo al mare e vediamo le nuove specie alloctone che invadono le spiagge: frammenti di buste, confezioni, pacchetti di ogni colore e forma.

Pensate che in base ai dati raccolti e analizzati dal sito Our World in Data, specializzato in ricerche che mostrano come stanno cambiando le condizioni di vita nel mondo, è stato calcolato che dal 1950 ad oggi sono stati prodotti circa 8.300 milioni di tonnellate di plastica, 5.800 milioni di queste non sono più in uso, ma solo il 9% è stato riciclato, mentre il restante 91% è stato bruciato o disperso nell’ambiente. La plastica oramai si trova ovunque dalle profonde fosse marine, alle vette più alte della terra fino ai ghiacciai: se l’andamento della sua produzione proseguirà nella maniera attuale si stima che potrebbe raggiungere i 34 miliardi di tonnellate nel 2050 e di queste almeno 12 tonnellate andrebbero a incrementare la massa dei rifiuti sparsi in tutti gli ambienti.

Numeri che sono prova di come l’inquinamento da plastica è una responsabilità collettiva dell’umanità e che trae origine sia dalla cattiva gestione dei rifiuti sia dall’abuso nell’utilizzo di prodotti monouso realizzati con questo materiale che, nonostante sia stato creato per semplificare le nostre vite, si è trasformato in un problema da risolvere se si vuole garantire la sopravvivenza degli ecosistemi della Terra.

Cosa può fare ciascuno per ridurre la plastica monouso

Quello che ogni persona può sicuramente fare è porre in essere comportamenti nelle scelte di vita quotidiana che portino a ridurre drasticamente l’utilizzo di prodotti usa e getta di plastica, condotte che se per molti sono ormai diventate uno stile di vita nella routine giornaliera possono però trovare degli ostacoli nel periodo vacanziero: ammettiamolo, le vacanze sono il regno indiscusso dei prodotti monouso e del packaging superfluo.

Ecco quindi, qualche semplice consiglio per rendere il periodo più spensierato dell’anno plastic free, perché il rispetto per l’ambiente non può avere giorni di ferie.

La borraccia sempre con voi

Prima regola non cedere alla tentazione di pensare di acquistare l’acqua dove capita magari ricorrendo alle obsolete bottigliette di plastica, ma portate sempre con voi la borraccia. Oramai in commercio se ne trovano di diversi formati adatti sia per adulti che per bambini, tante poi le fantasie in grado di venire incontro ai gusti estetici di ogni persona. Inoltre, riempirla non sarà un problema neanche in vacanza con le app che segnalano i vari punti dove poterla ricaricare. Grazie, ad esempio, alla piattaforma Refill Now è possibile scoprire facilmente i punti d’acqua pubblici o privati (bar, ristoranti, hotel) nei quali poter riempire la borraccia. Simile anche l’app Fontanelle d’Italia nella quale sono già indicate 35mila fontanelle lungo tutto lo stivale per dissetarsi e fare “scorta”, una piattaforma quest’ultima dove è possibile anche dare il proprio contributo segnalando eventuali nuove fontanelle non ancora individuate.

Quindi non ci sono scuse per essere veramente green e trendy, che sia per un viaggio lungo, un’escursione o semplicemente per una passeggiata portate con voi la vostra fidata alleata nella tutela dell’ambiente.

Sapone e shampoo solido

Per la beauty routine abbandonate anche in vacanza le tradizionali confezioni di shampoo e bagnoschiuma e optate per soluzioni ecofriendly come le saponette e lo shampoo solido, quest’ultimo oramai disponibile anche nella formula due in uno con balsamo incluso. Una scelta che vi consentirà di eliminare i flaconi in plastica e di avere più spazio in valigia evitando, allo stesso tempo, il rischio che il prodotto liquido si possa rovesciare inondando gli indumenti. Sia le saponette che gli shampoo solidi hanno la stessa capacità lavante dei detergenti liquidi, diverse le profumazioni e le proprietà che dipendono dai componenti naturali utilizzati per la loro produzione, sono plastic free nel packaging e in aereo possono essere trasportati anche nel bagaglio a mano senza avere problemi con i “liquidi”. Se avete ancora dubbi sul loro utilizzo, sappiate che durano molto più a lungo dei flaconi di bagnoschiuma e shampoo, generando quindi un risparmio economico non trascurabile.

Inoltre, per chi avesse scelto per il meritato riposo di prendere una casa in affitto vi sveliamo che esiste anche il sapone solido per lavare i piatti, quindi perché continuare con i vecchi flaconi che poi magari troverete tra qualche anno come rifiuto sulla vostra amata spiaggia? Un’ottima soluzione da utilizzare naturalmente anche quando si torna nella propria abitazione.

Per i pasti non dimenticate a casa le buone regole

Durante le vacanze accade più frequentemente di concedersi pranzi e cene fuori in ristoranti e pizzerie o semplicemente nei sempre più numerosi food truck presenti sulle vie e piazze di ogni città o luogo di villeggiatura. Anche in queste occasioni è possibile fare la differenza per l’ambiente, ad esempio chiedendo che le bevande portate al tavolo siano in brocca o in bottiglie di vetro.

Se invece volete optare per del buon cibo di strada, basta dire “no grazie” a forchette e coltelli di plastica che spesso lo accompagnano, l’alternativa può essere quella di portare con voi delle posate da casa o acquistarne di pieghevoli prima di partire. E per i piatti? Sarà sufficiente avere un porta vivande riutilizzabile da riempire con ogni prelibatezza che vogliate assaggiare. Una soluzione ideale anche nel caso di una gita o di un bel picnic plastic free.

Tovaglioli di stoffa multiuso

I tovaglioli di stoffa in vacanza possono trasformarsi in un vero strumento multiuso che vi potrà essere di aiuto in numerose occasioni. Innanzitutto, è indispensabile per pulire mani e bocca dopo un lauto pasto, ma non solo. È possibile utilizzare questi tovaglioli anche per avvolgere panini, pizza o altre cibarie da riporre nello zaino per un pranzo al sacco e che “magicamente” si potranno trasformare, al momento del pasto, anche in un’utile tovaglietta.

Una volta tornati a casa o in albergo si potrà poi lavarli e utilizzarli ancora infinite volte consentendo di dire addio a prodotti per il confezionamento che se non correttamente smaltiti finiranno per andare a incrementare i cumuli di rifiuti sparsi nell’ambiente.

Prodotti sfusi una scelta di gusto

Se poi avete necessità di fare la spesa preferite i prodotti sfusi venduti nei mercati locali, una scelta che vi permetterà di evitare inutili imballaggi di plastica e che vi darà la possibilità di scoprire sia dei buonissimi prodotti a Km0 sia di conoscere la gente del posto.

E naturalmente per gli acquisti non dimenticate la shopper riutilizzabile da tenere sempre in borsa o nello zaino pronta per essere utilizzata.

Ora avete tutti gli strumenti per non mandare in vacanza il vostro impegno a tutela del Pianeta.

fonte: economiacircolare.com


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La plastica e il mare. Ecologisti contro gli “escamotage” italiani su carta plasticata e biodegradabili

Rosalba Giugni di Marevivo e Gianfranco Amendola fanno appello al Governo: “le plastiche monouso devono essere bandite dal mercato e dal consumo. Bisogna rispettate la data del 3 luglio e i parametri imposti dall’Europa”




L’Europa vuole mettere a bando le plastiche usa e getta, compresa la carta plasticata (quella delle stoviglie di cartone e dei bicchieri per bevande alla spina impermeabilizzata con una pellicola di politene) e la plastica biodegradabile, perché a parere dell’Europa non vi sono prove sui tempi e modi di biodegradazione della plastica biodegradabile, ma l’Italia sarebbe riuscita a concordare deroghe per questi materiali.
“Le microplastiche trovate nei tessuti della placenta delle donne, non è un allarme sufficiente per correre ai ripari? – commenta Rosalba Giugni, presidente di Marevivo. – L’Italia si trova a chiedere di bloccare una direttiva votata sia in Europa che recepita nel nostro Paese a larga maggioranza che prevede il divieto di produzione e commercializzazione di alcuni dei prodotti usa e getta che si trovano maggiormente sulle nostre coste, nei fiumi, nel mare che uccidono migliaia di animali e sono entrate addirittura nell’acqua che beviamo, nel sale che usiamo e nel plancton, origine della catena trofica. Da recenti studi condotti da autorevoli enti ricerca e da diverse Università è emerso che ogni chilometro quadrato di acqua salata sulla Terra contiene in media 46.000 microparticelle di plastica in sospensione e che in particolare nel Mediterraneo la situazione è drammatica. Il tempo è finito, non possiamo più aspettare!”.

La posizione di Amendola

La plastica monouso va bandita, i tempi imposti dall’Europa vanno rispettati, la Direttiva Europea 2019/904/UE va recepita al più presto. Non si possono continuare a trovare escamotage per mettere al primo posto aspetti economici di breve termine. Nonostante l’Europa dia indicazioni precise e risorse economiche per cambiare rotta, il nostro Governo, nello schema di Dlgs che recepisce la Direttiva, vuole allungare i tempi del recepimento.
“Si tratta di una direttiva vitale per l’uomo e per l’ambiente che non può subire ritardi, vista la gravità della situazione. E proprio per questo – spiega Gianfranco Amendola, ex magistrato ed ex vicepresidente della Commissione ambiente del Parlamento europeo, già componente della Consulta del mare e coordinatore della Commissione governativa per le acque di balneazione – è veramente vergognoso e inammissibile apprendere che, a pochi giorni dalla scadenza, il nostro paese sta adoperandosi per ottenere rinvii e deroghe incompatibili con la direttiva e le linee guida europee, dopo essere rimasto inerte per due anni in cui, a differenza di altri paesi come ad esempio la Francia, non ha neppure iniziato ad adottare misure per garantire il rispetto del dettato comunitario attraverso nuovi modelli di produzione e di consumo basati su prodotti durevoli e riutilizzabili invece che sull’usa e getta. Altro che transizione ecologica. Sarebbe la peggiore conferma che, in realtà, al di là delle chiacchiere, la salute, l’ambiente e la qualità della vita di noi tutti sono valori secondari di fronte alle esigenze commerciali di un mercato distorto che sta portandoci rapidamente ad un punto di non ritorno”.

Un punto di non ritorno

“Oggi stiamo facendo un pericoloso passo indietro – conclude la presidente di Marevivo. – Vi rendete conto della responsabilità che questa azione avrà sul nostro futuro e quello delle prossime generazioni? Il count down istallato sul Ministero della Transizione Ecologica segna solo 6 anni e 7 mesi al punto del non ritorno. Potete ancora fare la cosa giusta seguendo una direttiva che vede uniti tutti i Paesi europei”.

fonte: www.e-gazette.it


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Stop alla plastica monouso, il 3 luglio si avvicina

La Commissione europea fornisce gli Stati membri alcuni orientamenti sulle norme comunitarie atte a ridurre i rifiuti marini derivanti dalla plastica usa e getta



Entro il 3 luglio di quest’anno gli Stati membri dovranno garantire che determinati prodotti in plastica monouso non saranno più immessi sul mercato comunitario. A stabilirlo è la direttiva UE 2019/904, provvedimento che per la prima volta vieta la vendita di cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, palette, bastoncini per palloncini realizzati in plastica, nonché alcuni contenitori alimentari in polistirolo espanso. I Ventisette hanno l’onere di recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali, affinché i relativi divieti entrino in vigore per la data concordata. Per facilitare un’applicazione corretta e standardizzata delle nuove norme, la Commissione europea ha pubblicato stamane alcune linee guida. Orientamenti che riportano alcune indicazioni fondamentali ai sensi del recepimento come ad esempio la definizione di plastica o del monuso.

Come ricorda oggi il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans “La riduzione della plastica monouso aiuta a proteggere la salute delle persone e del pianeta. Le norme UE rappresentano una pietra miliare nell’affrontare il problema dei rifiuti marini. Stimolano anche la nascita di modelli di business sostenibili e ci avvicina a un’economia circolare in cui il riutilizzo precede l’usa e getta”.
Plastica monouso, tra specifiche e definizioni

Le linee guida spiegano definizioni e termini chiave e sono state sviluppate attraverso ampie consultazioni con gli Stati membri e le parti interessate. Ai sensi della direttiva, la definizione di plastica comprende tutti quei materiali costituiti da un polimero a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze, e che possono fungere da componente strutturale principale dei prodotti finali. Ad eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente. Il provvedimento esenta anche vernici, inchiostri e adesivi. Gli orientamenti chiariscono ulteriormente termini quali “polimero naturale” e “modifica chimica” per garantire un’attuazione coerente in tutta l’Unione.

Anche i polimeri plastici biodegradabili e/o a base biologica sono considerate plastica ai sensi della direttiva. Attualmente ,infatti, non sono disponibili standard tecnici ampiamente condivisi per certificare che uno specifico prodotto sia correttamente biodegradabile nell’ambiente marino in un breve lasso di tempo e senza causare danni all’ambiente.

I prodotti in plastica monouso comprendono beni realizzati sia interamente che parzialmente con polimeri plastici. E generalmente destinati ad un impiego unico o per un breve periodo di tempo. Questo significa che sono compresi anche prodotti usa e getta a base di carta con rivestimento plastico.

Per altri prodotti in plastica monouso, come attrezzi da pesca e salviettine umidificate, l’UE ha fissato altre misure di limitazione o riduzione del loro uso attraverso requisiti di etichettatura, schemi di responsabilità estesa del produttore (“principio chi inquina paga”), campagne e standard di progettazione. L’etichettatura di determinati beni dovrà seguire le regole stabilite dal regolamento del 17 dicembre 2020, sulle specifiche armonizzate di marcatura sui prodotti di plastica monouso elencati nella parte D dell’allegato della direttiva (UE) 2019 /904 .

fonte: www.rinnovabili.it


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Storie di una moda possibile. Le realtà italiane etiche e sostenibili si raccontano



Sapevate che il 60% dei vestiti in circolazione finisce in discarica entro un anno dal momento in cui viene realizzato? E che per la produzione di un kg di tessuto vengono emessi 17 kg di anidride carbonica?

L’industria dell’abbigliamento è una delle più impattanti a livello globale dal punto di vista ambientale e sociale. Un impatto che si è aggravato con l’esplosione della fast fashion, un modello di produzione e consumo di massa basato sull’offerta costante di nuovi capi a prezzi ridotti e sulla stimolazione dell’impulso all’acquisto.

Un’altra moda è possibile

Esiste un filo rosso che unisce le tante realtà produttive italiane in controtendenza rispetto alle logiche di business dominanti, realtà che pongono l’attenzione verso la qualità, l’ambiente e le persone al centro del proprio operato.

Nel documentario “Storie di una moda possibile”, prodotto da Mani Tese e Istituto Oikos e realizzato da Stefano Girardi, sono raccontate non solo le conseguenze della fast fashion ma anche un modo diverso di produrre i nostri vestiti attraverso i protagonisti di tre aziende del settore tessile che adottano modelli di business e pratiche virtuose dal punto di vista sociale e ambientale:

Manigolde, una sartoria sociale al femminile, lanciata nel 2019 sulla base dell’esperienza ventennale di Mani Tese Finale Emilia nella gestione di mercatini dell’usato;

Rifò Lab, che produce capi e accessori di alta qualità con fibre tessili rigenerate e rigenerabili, attingendo dal sapere artigianale dei “cenciaioli” toscani;

Produzione Lenta, una micro-impresa della provincia di Cuneo che basa la propria produzione su una filosofia 100% "slow fashion”.








Manigolde - Rifò - Produzione Lenta

Il documentario è stato realizzato nell’ambito del progetto “Cambia MODA! – Dalla fast fashion a una filiera tessile trasparente e sostenibile” e co-finanziato dall’Agenzia Italiana per la Cooperazione allo Sviluppo.

Il progetto mira a promuovere un cambiamento nei modelli di consumo e produzione relativi al settore dell’abbigliamento a partire dalla sensibilizzazione dei giovani, affinché diventino agenti di cambiamento verso un settore moda più etico, trasparente e sostenibile.




Fonte: www.manitese.it


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Fast fashion: il finto e-commerce con mega offerte che svela il prezzo “invisibile” della moda usa e getta




Un e-commerce che offre offerte per capi d’abbigliamento a prezzi stracciati, ma… al momento dell’acquisto la sorpresa: è un sito “fake”, che ha l’unico grande obiettivo di svelare il vero costo della moda “usa e getta” e le conseguenze provocate dalla fast fashion.

Anche nei periodi di crisi, le persone non riescono a rinunciare alla cosiddetta moda veloce (fast fashion). L’Ong Mani Tese ha lanciato la campagna Prezzi dell’altro mondo per sensibilizzare l’opinione pubblica sui molteplici problemi generati dal consumismo sfrenato nel settore dell’abbigliamento. Nei numerosi siti online specializzati possiamo infatti acquistare capi di abbigliamento a basso costo, che con un semplice click saranno spediti al nostro domicilio.

Sul negozio virtuale Prezzi dell’altro mondo, invece, quando acquisti un capo di abbigliamento, sul sito ti compare non solo il prezzo di listino, ma anche il vero prezzo di quell’indumento, che include tutti quei costi aggiuntivi “invisibili”, legati all’insostenibile impatto umano e ambientale del processo produttivo-industriale.

L’industria tessile genera rifiuti e contribuisce all’aumento delle emissioni di gas serra; ogni anno, infatti, produce circa 1,2 miliardi di tonnellate di gas serra e occupa 38 milioni di ettari di terra, destinati alla coltivazione e alla produzione di vestiti; poi, se i lavoratori e le lavoratrici del settore tessile, soprattutto nel sud del mondo e nei paesi asiatici, vengono sfruttati dai datori di lavoro e subiscono sistematici abusi di ogni genere, alcuni inderogabili diritti umani vengono inevitabilmente violati e nuove forme di schiavitù vengono più o meno apertamente tollerate.

Come funziona

Quando sceglie uno dei prodotti messi “in vendita” e lo mette nel carrello, invece di concludere un grande affare, l’utente viene informato di tutto ciò che quel capo nasconde. Le informazioni sono sia nel relativo video che appare che nella lista della descrizione del prodotto.


@Mani Tese

Per potere vendere a prezzi così bassi, infatti, oltre che sulla scarsa qualità dei materiali utilizzati, la fast fashion si regge sulle strategie di outsourcing e delocalizzazione dei grandi marchi globali, che basano larga parte della loro produzione in stabilimenti caratterizzati da bassissimi costi di manodopera, assenza di tutele efficaci dei lavoratori e scarso rispetto delle normative ambientali.

Il progetto dell’Ong è rivolto soprattutto ai giovani tra i 18 e i 35 anni, particolarmente attratti dalla moda usa e getta pubblicizzata su Internet. Figlia di un modello totalmente insostenibile sul piano sia sociale che ambientale, esaspera la portata delle problematiche già esistenti nella restante industria dell’abbigliamento.

Un vestito venduto a poco prezzo è spesso costituito da materiali di scarsa qualità, nocivi per gli esseri umani (bambini inclusi) e per l’ambiente, poiché attinge a risorse naturali scarse. Le principali marche di abbigliamento del mondo, non a caso, hanno delocalizzato la produzione in paesi dove la tutela legislativa dei lavoratori è meno stringente e/o dove non esiste una normativa ambientale.
Come abbandonare la moda usa e getta

Per modificare le proprie preferenze rispetto al mondo dell’abbigliamento e per diventare consumatori più responsabili e attenti alle implicazioni etiche dei propri comportamenti d’acquisto, puoi fare molte cose:
Compra meno cose e indossale molto di più.
Il tuo stile personale è come te: unico! Non devi per forza seguire le mode stagionali per esprimere la tua identità.
Evita l’acquisto d’impulso: nella maggioranza dei casi è destinato al fondo dell’armadio!
Impara a leggere le etichette e le certificazioni di qualità ambientale e sociale, pur sapendo che non potranno mai dire tutto del capo che stai per acquistare.
Informati sulle tue marche d’abbigliamento preferite e fai sapere loro che per te sostenibilità, rispetto dei diritti dei lavoratori e trasparenza sono importanti.
Scegli tessuti in fibre naturali e, se proprio devi comprare tessuti sintetici, preferisci quelli ottenuti dal riciclo di materiali plastici.
Evita lunghi spostamenti in auto da un negozio all’altro: muoviti a piedi o in bici quando devi fare un acquisto, oppure compra online in modo consapevole.
Scopri il fascino dei negozi dell’usato, vintage e del commercio equo e solidale.
Modifica i tuoi vecchi capi per reinventarli e dare loro una seconda vita (refashion).
Scegli se vuoi applicare uno o più di questi suggerimenti e ricorda che non esiste un modo unico di essere consumatori consapevoli. Proprio come non c’è un modo unico di vestirsi e di dare il proprio contributo per un mondo più equo e sostenibile

Fonti: Mani Tese/Prezzi dell’Altro Mondo


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Acquisti online post pandemia: cresce il quantitativo di packaging e crescono i rifiuti

Confezionare i beni che consumiamo per il trasporto via corriere comporta un utilizzo di materiali decisamente maggiore rispetto agli acquisti fatti direttamente in negozio e, senza regole e buon senso, aumentano i rifiuti. Al netto dell'impero di Amazon, dagli Stati Uniti arrivano tanti esempi virtuosi




L’anno della pandemia ha segnato un’accelerazione degli acquisti online a sfavore delle compere in negozio. Un trend che, con la stagione dei regali, ha visto un’ulteriore crescita. Tra i tanti problemi che questa tendenza porta con sé da un punto di vista ambientale, non ultimo è l’aumento della produzione di rifiuti: confezionare i beni che consumiamo per il trasporto via corriere, infatti, comporta un utilizzo di materiali decisamente maggiore rispetto agli acquisti fatti direttamente in negozio.

Così, nel Natale appena passato, sotto l’albero ci siamo trovati milioni di scatole e scatoloni entrati nel ciclo dei rifiuti. Negli Stati Uniti, dove gli acquisti online erano molto diffusi già prima della pandemia, il fenomeno assume dimensioni preoccupanti e c’è chi sta provando a trovare soluzioni.

Più Internet vuol dire più imballaggio

Secondo dati del Department of Commerce, nel secondo quadrimestre del 2020 i consumatori americani hanno speso 211 miliardi di dollari online, il 16 per cento del totale degli acquisti, segnando un aumento del 44,5 per cento rispetto allo stesso periodo del 2019. Nonostante una lieve flessione nel terzo quadrimestre dovuta alla riapertura dei negozi, l’e-commerce sembra il grande vincitore dell’anno che sta per finire. A conferma, basta citare un dato: nel secondo quadrimestre dell’anno, Amazon ha registrato un aumento del 40 per cento delle vendite per una cifra record pari a 88.9 miliardi di dollari.

Tutti questi acquisti arrivano nelle case dei consumatori imballati in confezioni spesso sovradimensionate. Secondo il rapporto mensile sui contenitori in cartone pubblicato lo scorso luglio dall’American Forest & Paper Association, nel primo semestre del 2020, la produzione di questi contenitori negli Usa è stata del 5 per cento maggiore rispetto allo stesso periodo del 2019.

La spinta è arrivata dal settore residenziale, proprio per via dell’aumento delle consegne a domicilio e del ricorso all’e-commerce. E non c’è solo cartone nei pacchi consegnati nelle nostre case: spesso le confezioni contengono plastica e polistirolo per proteggere i prodotti in esse contenuti. Secondo il rapporto E-Commerce Plastic Packaging – Global Market Outlook, il mercato globale degli imballaggi in plastica per l’e-commerce raggiungerà i 28,60 miliardi di dollari nel 2027, quando nel 2019 ammontava a 9,62 miliardi. Il rapporto cita la crescente penetrazione di Internet e degli acquisti online tra i fattori principali di questa crescita.

Se a restituire all’azienda ci pensa lo stesso corriere

Il problema è reale e tante sono le aziende che stanno esplorando soluzioni. Da una parte, c’è la necessità di confezionare meglio ed evitando lo spreco di materiali: diverse sono le associazioni di categoria che stanno portando l’attenzione verso la spesso frustrante esperienza del consumatore che si ritrova ad aprire grossi pacchi multistrato per scartare prodotti dalle dimensioni ridotte. Dall’altra c’è una spinta a riciclare di più e meglio gli imballaggi. L’Environmental Protection Agency la scorsa primavera ha pubblicato una serie di video informativi per diffondere buone pratiche legate al riciclo, con una particolare enfasi sui cartoni per gli imballaggi, e alcune aziende stanno iniziando a prediligere materiali facilmente differenziabili e riciclabili.

Ma soprattutto si sta diffondendo sempre di più l’idea che le confezioni possano essere utilizzate più volte. In questo filone si inseriscono diverse esperienze che cercando di eliminare gli imballaggi usa e getta dalla catena dell’e-commerce. Tra queste c’è The Lime Loop che offre alle aziende la possibilità di utilizzare i propri servizi e imballaggi per garantire ai propri consumatori un’esperienza di acquisto online a rifiuti zero. Lime Loop fornisce ai propri clienti delle confezioni riutilizzabili all’interno delle quali il consumatore finale riceve i prodotti ordinati online, per poi restituire il contenitore semplicemente dandolo in consegna al corriere. Le confezioni prodotte da Lime Loop sono realizzate in vinile riciclato da vecchi cartelloni pubblicitari. Le aziende le affittano e sono riutilizzabili fino a 2000 volte. Quando il pacco arriva a destinazione, il cliente tira fuori i suoi prodotti, appone sulla confezione un’etichetta di spedizione inclusa nel pacco e lascia o spedisce il contenitore vuoto al corriere che lo restituisce al mittente.

Imballaggi su misura

La startup ha creato anche una app attraverso la quale le aziende possono tracciare le consegne, valutare la soddisfazione dei propri clienti e l’impatto ambientale della scelta di confezioni riutilizzabili. Molto simile è il modello di RePack, nata in Europa nel 2011 e arrivata anche negli Stati Uniti nel 2019. Repack offre ai commercianti che aderiscono le proprie buste riutilizzabili, le loro confezioni sono meno durevoli, ma i vantaggi sono comunque assicurati, non solo per l’ambiente ma anche per i budget delle aziende che, sul lungo periodo, spendono meno in imballaggi. Tante altre sono le aziende che progettano e vendono ai negozi online confezioni riutilizzabili.

Un esempio è quello di Returnity che offre imballaggi su misura e personalizzati sulla base degli specifici bisogni dei diversi venditori che possono ordinarne le quantità di volta in volta desiderate. Concetto simile ma design decisamente meno accattivante per Reusepac e Livingpackets. Il tema interessante, e che approfondiremo molto presto su EconomiaCircolare.com, è per chi invece chi si spinge ancora più in là proponendo alle aziende, non solo gli imballaggi per la consegna, ma contenitori riciclabili per i loro stessi prodotti, come fa Terracycle con il suo sistema Loop.

Intanto, nel nostro Paese sono ancora pochi i negozi online che si servono di imballaggi riutilizzabili. E allora buoni propositi per il nuovo anno: gli acquisti della Befana, meglio farli in negozio.

fonte: economiacircolare.com/


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Ecologicpoint: Progetto "l'asporto sostenibile"

Perchè usare i contenitori usa e getta, anche se di materiali compostabili, al posto di quelli riutilizzabili?



Questa è una domanda che ci siamo fatti già da un bel pò di tempo, probabilmente dopo che questa pandemia ha reso necessario un cambio drastico delle norme negli acquisti sull'asporto, che ci ha fatto deviare dal tanto sospirato plastic free al più smodato utilizzo di usa e getta, che pur biodegradabili, rappresentano un vero spreco di risorse naturali.
Ed allora abbiamo pensato ad un nuovo progetto, per dare una chiave di lettura più sostenibile al mercato dell'asporto, vogliamo far riflettere i cittadini/clienti delle attività di ristoro, che portarsi da casa il contenitore per il cibo d'asporto, sia un gesto naturale oltre che leggero in termini di impatto ambientale.

Dopo attenta ricerca di un contenitore che potesse essere di qualità, in materiale riciclato e 100% riciclabile, ed non per ultimo, di azienda italiana, si è deciso di scegliere l'azienda Guzzini, a noi alquanto affine, visto che quest'ultima ha avviato da poco un programma di nome Circle:
"Lo scopo del programma Circle è di diffondere oggetti di design circolare e di adottare una serie di norme di comportamento che permettano il miglioramento delle condizioni ambientali, avendo ben presente l’obiettivo di rispetto e rigenerazione delle risorse naturali. "

I contenitori che abbiamo scelto hanno le seguenti caratteristiche tecniche e pratiche:

- Realizzati con materiale plastico riciclato (minimo 70%) post-consumo 100% riciclabile.
- Ideali per trasportare e servire cibi e insalate fuori casa.
- La parte interna è in plastica vergine per garantire l’idoneità al contatto con gli alimenti.
- Utilizzabili in microonde (senza coperchio).
- Il coperchio ermetico è dotato di un set di due posate, alloggiate sotto il copri-coperchio.
- Packaging 100% riciclabile e 100% riciclato
- Utilizzabile in microonde senza coperchio per il riscaldamento dei cibi. Max 3 minuti - 600W, + 100°C/212°F
- Vano porta condimenti
- Ideale per trasportare e servire cibi e insalate fuori casa
- La valvola sul coperchio agevola l’apertura/chiusuraIl coperchio ermetico è dotato di un set di due posate, alloggiate sotto il copri-coperchio.
- Set posate/pinza.
- Posate pulite grazie alla custodia salvaspazio- Ermetici, chiusura perfetta, 100% a tenuta stagna
- Lavabile in lavastoviglie. LAVAGGIO ECO (MAX 55°)
- Utilizzabili in freezer o frigo.
- Made in Italy


- BPA FREE

Con l'avvio della campagna nuovi soci sotenitori 2021, con una quota minima di 20€, Ecologicpoint fornirà gratuitamente il contenitore Re-Generation di Guzzini,
che "NON SI GETTA MA SI RIUSA!"
Aiutateci a ridurre i rifiuti dall’ambiente, alleggeriamo l’impronta, rigeneriamo la natura.
www.fratelliguzzini.com/it/circle

Siamo felici di annunciare che VivoGreen è il primo negozio/bistrò che ha aderito al progetto "l'asporto sostenibile", di seguito inseriremo la lista di tutti gli altri esercizi di ristorazione che vorranno accogliere questa nostra iniziativa.




fonte: www.ecologicpoint.com


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Evitare l’usa e getta si può, se sai come farlo

I primi prodotti in plastica monouso sono arrivati sul mercato all’inizio del 1900 con le lamette Gillette e da quel momento non ne abbiamo più fatto a meno, con costi ambientali altissimi per la loro produzione e smaltimento. Le alternative però ci sono, e sono tantissime. A volte basta un semplice accorgimento















Avete mai pensato a quante volte al giorno usiamo prodotti monouso? Dai bicchieri di plastica, alle cannucce per le bevande, alla palettina per girare il caffè: i prodotti usa e getta sono parte integrante della nostra quotidianità. Il problema sono le enormi conseguenze sull’ambiente date dalla loro produzione e utilizzo. I primi prodotti in plastica monouso sono arrivati sul mercato all’inizio del Novecento con le lamette Gillette e da quel momento non ne abbiamo più fatto a meno, con costi ambientali altissimi per la loro produzione e smaltimento.

Secondo la Commissione Europea, il 70% dei rifiuti presenti in mare sono plastiche monouso, e tra i dieci oggetti in plastica più comunemente individuati nelle spiagge europee ci sono posate monouso, bottiglie, buste, contenitori di cibo. In Italia, ogni 100 metri fatti sulle spiagge del paese incontriamo 35 stoviglie di plastica (bicchieri, posate, cannucce) e 45 bottiglie. Dati che fanno capire la gravità della situazione e la necessità di dover cambiare le nostre abitudini: basta utilizzare stoviglie monouso che sembrano più comode.

Dalla creatività fatta in casa ai materiali sostenibili

E’ bene ricordare che il monouso, anche quello realizzato con materiale biodegradabile, dovrebbe essere sempre evitato: le risorse che servono per produrlo sono comunque sproporzionate rispetto all’utilizzo. Chi ama fare picnic o spuntini fuori casa, può sempre fare affidamento su stoviglie e contenitori lavabili e riutilizzabili. C’è poi la possibilità di utilizzare i classici barattoli vuoti della marmellata per portare con sé qualcosa da mangiare senza la necessità di utilizzare contenitori usa e getta. Nelle vostre case troverete sempre qualcosa di più resistente, meno nocivo alla salute e meno inquinante di prodotti in plastica usa e getta. Nel caso delle bottiglie d’acqua, l’alternativa per eccellenza è la borraccia.

In molti contesti però è difficile eliminare del tutto i prodotti monouso, come nella ristorazione, negli eventi e nelle mense. Esistono numerose alternative plastic-free tra cui poter scegliere ma è sempre importante tenere a mente anche la sostenibilità dei processi produttivi e le procedure per lo smaltimento successivo di questi materiali alternativi. Per bar e eventi una soluzione possibile per eliminare la plastica usa e getta è avere dei prodotti resistenti e riutilizzabili che possono essere forniti al cliente come un servizio. Un’alternativa già utilizzata in alcuni locali e durante eventi è il noleggio di bicchieri o boccali per la birra: questa strategia incentiva i clienti a non rompere il bene e ovviamente toglie dalla circolazione prodotti monouso. Nel caso della realtà PCUP, i bicchieri restituiti vengono sterilizzati e riutilizzati oltre 2000 volte.

fonte: economiacircolare.com


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