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Dasvidania plastica: la Russia dice addio ai prodotti plastici monouso

 






Mosca metterà al bando entro il 2024 la plastica monouso: bicchieri, cannucce e altri prodotti saranno vietati e sostituiti.

Entro i prossimi due anni, la Russia metterà

HubWater: acqua corrente contro il monouso



Hubwater è una startup torinese che fa della transizione green e della lotta alle bottigliette monouso il suo core business. Valorizzando l’acqua corrente, quella erogata quotidianamente dai nostri rubinetti, e creando reti di distributori pronti ad offrire un refill gratuito della borraccia degli utenti, punta alla minimizzazione della plastica utilizzata e troppo spesso dispersa in ambiente. Risultato? Nel primo anno di attività si stima una riduzione della plastica immessa sul mercato pari a 200 tonnellate.

Ne parliamo con Filippo Quercetti, CEO e founder di HUB

Buongiorno Filippo. Cos’è Hub e quando nasce?

Hub è un approccio differente al consumo di acqua.
L’Italia è al secondo posto mondiale nel consumo di consumo di acqua in bottiglia dopo il Messico. Eppure l’acqua corrente italiana ha una qualità mediamente molto elevata. Hub cerca di fare in modo che l’acqua corrente torni ad essere un bene godibile e gratuito, e che chi eroga gratuitamente questo bene (ad Hub aderiscono bar e ristoranti) possa avere una visibilità maggiore e maggiori flussi di persone all’interno dei propri esercizi. Il servizio offerto diventa dunque un mezzo promozionale, attira clienti nuovi, facendo in modo che, a fronte della perdita di quel poco di fatturato che deriva dalla vendita di acqua in bottiglia, si riesca a generare maggior un maggior flusso e maggior volume di affari nel locale spostando le vendite su beni a più alta marginalità.

Durante i miei sei mesi all’Università di Berkley, in California, ho notato come l’utilizzo di borracce fosse estremamente diffusi e trasversale a classi sociali e generazioni. Ho visto una grande opportunità per generare qualcosa di utile anche in Italia ed Europa.
Abbiamo pensato di creare un network di locali che potesse distribuire gratuitamente ai nostri utenti acqua depurata, refrigerata ed eventualmente gassata, così da coprire il più ampio ventaglio di opzioni possibili per poter essere sostenibili nel proprio consumo d’acqua.
Hub è innanzitutto una sfida culturale: l’acqua corrente ha una qualità molto alta, ma per decenni siamo stati bombardati da pubblicità e azioni di marketing che ci hanno fatto passare il messaggio che la qualità dell’acqua imbottigliata è molto migliore di quella dell’acqua corrente. Messaggio assolutamente non realistico. Siamo cresciuti col dogma che l’acqua imbottigliata abbia una qualità maggiore. La nostra sfida è quella di spostare il consumo verso l’acqua corrente che ha una qualità nella peggiore delle ipotesi, pari a quella imbottigliata, ma ci risparmia il consumo di quei dieci grammi di plastica rappresentati dalla bottiglietta, oltre a consentirci un risparmio notevole.

Come si può aderire ad HubWater?

È molto semplice: per accedere al servizio, ovvero per poter avere diritto al refill nel locali convenzionati, è necessario avere la nostra borraccia, acquistabile nei nostri e-commerce o presso i nostri vari distributori. Il servizio è del tutto gratuito. L’utente, dopo aver acquistato la nostra borraccia, potrà consultare la nostra applicazione dove sono segnalati tutti gli esercizi aderenti alla rete di HubWater che tra l’altro sono caratterizzati da una decalcomania sulla vetrina. Sarà sufficiente presentare la nostra borraccia, il ristoratore la riconoscerà e procederà al refill gratuito.

Ad oggi lavoriamo solo su Torino ed abbiamo circa una novantina di locali convenzionati.

Quando è partito operativamente il progetto hub?

Abbiamo cominciato a sviluppare a maggio 2020 e siamo entrati sul mercato ad ottobre.

Hai detto che al momento Hub è solo su Torino. È in previsione uno sviluppo oltre i confini sabaudi?

Certamente pensiamo a potenziare la rete torinese, ma anche ad allargarci ad altri territori.
Il prossimo step, che salvo brutte sorprese dovrebbe compiersi agli inizi del 2022, sarà Milano.

Dopodiché ci sarà Roma. Una volta completato il trittico Torino, Milano e Roma, procederemo con l’estensione privilegiando tutti i poli universitari italiani.

Quanta plastica ha evitato Hub?

All’interno dell’App abbiamo un contatore che permette ad ogni singolo utente di tenere traccia della plastica evitata e dei soldi risparmiati. Purtroppo al momento i contatori non sono ancora “in rete”, non ne esiste uno generale. Stiamo ancora costruendo il database che ci permetterà di leggere questi dati. Possiamo però fare una stima: circa 200 tonnellate di plastica/anno su Torino. (S.C.)

fonte: esper.it


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Fabiana: “Con Serendipity offro il mio contributo per un mondo plastic free”

Il coraggio e l'entusiasmo di una giovane che ha mollato una vita e un lavoro sicuri per dare il proprio contributo alla riduzione dell'impatto ambientale dei nostri consumi. Ecco la storia di Fabiana, fondatrice di un negozio di prodotti plastic free, ecologici e alla spina.




«Mollare il lavoro a tempo indeterminato non è stata una scelta facile: mi occupavo della parte digital in azienda, l’ambiente era giovane, ma nella mia testa c’erano altri progetti, altri sogni. Avevo in mente di creare uno spazio virtuale in cui potessi parlare di prodotti che non fossero legati a un consumo compulsivo e immediato, ma che fossero un risultato di scelte consapevoli, che non danneggiassero il pianeta».

È così che Fabiana Cakilli, 32 anni, brianzola DOC, mi racconta di Serendipity, un progetto che nasce all’esigenza di fare qualcosa di concreto per contrastare l’inquinamento da plastica usa e getta, un problema a dir poco dilagante. Un’idea carica di sfida e di coraggio che racchiude e racconta un mondo bello e buono. In pratica si tratta di un e-commerce di prodotti 100% plastic free, che vende alternative alla plastica monouso nella vita quotidiana. Ci facciamo raccontare meglio da lei la storia e la filosofia del suo progetto.

Com’è nato tutto?

Il mio sogno era quello di realizzare uno spazio in cui la gente potesse conoscere prodotti nuovi, organici, ma senza packaging e soprattutto potesse acquistarli, ricevendoli in un pacco senza imballaggi in plastica o incarti superflui. Rimuginavo su queste idee da mesi, ma non avevo ancora realizzato che avrei potuto mettere in piedi tutto. Mi sembrava troppo grande come progetto e gestirlo da sola mi spaventava un po’. Ma davvero il supporto (morale e concreto, nel montare scaffali e altre attività) della mia famiglia è stato fondamentale, senza di esso non avrei mosso un passo.

La famosa goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata la visione di alcuni documentari su Netflix, in particolare “A Plastic Ocean”: tantissimi animali marini e uccelli che morivano per colpa del comportamento dell’uomo. Sono rimasta scioccata quando ho visto come le tartarughe soffocavano a causa dei sacchetti di plastica o come interi ecosistemi venivano distrutti dall’accumulo di rifiuti su spiagge un tempo paradisiache. Non potevo accettare tutto questo, non potevo continuare ad andare per la mia strada senza far niente. Non sarebbe bastato cambiare abitudini di consumo come singolo e renderle più sostenibili per il pianeta. Dovevo fare di più. Un anno dopo, la consapevolezza di quello che potevo creare ha raggiunto il suo apice e ho trovato il coraggio di mollare il lavoro sicuro e gettarmi in quest’avventura.

Com’è strutturato Serendipity?

Il progetto e lo shop Serendipity nascono per il bisogno di condividere con gli altri una strada più sostenibile, seguendo la serendipità: imbattersi in qualcosa che non si sta cercando, ma che si rivela la scelta giusta, il destino da inseguire. Nel negozio online si possono trovare prodotti alternativi alla plastica usa e getta per vari ambiti: bagno, cucina, viaggi, pulizie, bambini, regali ed in ogni categoria è possibile trovare il sostituto naturale e plastic free all’accessorio che usiamo nel quotidiano. Shampoo solido, dentifricio in crema in barattoli di vetro o in pastiglia, detersivo solido per i piatti, spugne in luffa, cannucce di bambù e di metallo.



Come l’ecologia e questo progetto hanno cambiato la tua vita?

Il progetto Serendipity mi ha permesso di credere nuovamente in me stessa, negli altri e nelle capacità che ognuno di noi ha di cambiare realmente la propria strada e le proprie abitudini. Sembra che quando si impara qualcosa, la si interiorizza per sempre e non si possa mettere in discussione, ma è così che cominciamo ad appassire. L’ideale sarebbe metterci in gioco su qualsiasi argomento, farci domande (anche scomode), informarci su quello che non conosciamo a fondo e non abbatterci se non troviamo risposte o se falliamo nel cambiare qualcosa. Non c’è un vero fallimento, è tutto un percorso di sperimentazione, di mattoncini da impilare, e se qualcuno di questi cade pazienza, ci si costruisce intorno oppure si inizia da un’altra parte.

In che modo la tua community familiare e social ti hanno aiutata in questo percorso?

Cerco di ritrasmettere l’entusiasmo e la positività che loro trasmettono per creare davvero un ambiente di cambiamento ottimista e senza colpevolizzazioni. Tutti possono fare la differenza nel proprio piccolo e l’energia che ci mettono è davvero contagiosa. Si cambia con l’esempio delle altre persone, senza terrorizzare nessuno. Si cambia tutti insieme, si cade e ci si rialza, sempre cercando di comprendere che ognuno ha un livello di consapevolezza diverso. In quest’ultimo anno ho notato che sempre più persone si sentono coinvolte in questo clima di cambiamento di abitudini e cercano davvero di apportare delle modifiche importanti ai propri consumi.



Che suggerimenti daresti per chi vuole avvicinarsi al plastic free nel quotidiano?

Il primo passo è sempre quello della consapevolezza di voler cambiare abitudini piano piano, perché ci si è informati da fonti attendibili e si è arrivati alla conclusione che si può agire concretamente. Se sono arrivati sui miei canali, allora hanno già sviluppato un interesse verso questo universo eco-compatibile e sicuramente sono pronti a fare il salto. Ognuno può fare la differenza, ogni persona può avviare dei cambiamenti nella propria routine quotidiana e farà la differenza per il mondo. In senso pratico, si può quindi iniziare a usare la saponetta al posto del sapone liquido; oppure cominciare a rifiutare le borse della spesa al supermercato perché se ne ha una riutilizzabile con sé. Si può cominciare a bere da una borraccia e poi passare a usare cannucce di metallo o bambù al posto di quelle monouso. La trasformazione graduale è importante e non si è mai soli in questo percorso. Tramite il blog e l’account Instagram di Serendipity si sta creando uno scambio importante tra le persone con cui ci si confronta e si dialoga attorno all’adozione di prodotti plastic free. Ci si dà consigli e cerco di offrire ogni giorno nuovi spunti per cambiare abitudini o meglio per tornare a quelle dei nostri nonni, che la plastica usa e getta non sapevano nemmeno cosa fosse. Il mio shop permette a tutti di accedere a questa tipologia di prodotti (sia per la possibilità di riceverli a casa sia per i prezzi accessibili) e, piano piano, di diminuire il proprio impatto.

Progetti futuri?

Per ora ci sono progetti di divulgazione e sensibilizzazione sui canali social e sul blog dello shop, con il coinvolgimento di esperti e green influencer. A settembre dovremmo riuscire a organizzare una pulizia spiagge o sul territorio di Milano con alcune associazioni. E poi chissà, tutto cambia velocemente: sono contenta che Serendipity faccia parte di questa piccola rivoluzione gentile. Stiamo andando nella giusta direzione e anche se la strada è lunga sono sicura che ne usciremo tutti migliori… e anche il Pianeta ringrazierà!

fonte: www.italiachecambia.org


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Aperitivo PlasticFree - Perugia, Giovedi 15 luglio 2021 dalle ore 18.00

 

#RifiutiZeroUmbria ZeroWasteItaly #FiorivanoLeViole


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Ecospiagge: 12 consigli per stabilimenti balneari sostenibili, accessibili e circolari

Siete tra coloro che d'estate preferite il mare? Ecco allora una serie di suggerimenti per individuare i lidi più ecologici. Si tratta di una serie accorgimenti- dalla mobilità sostenibile ai rifiuti inutili allo spreco d'acqua - per una stagione che possa essere circolare a partire dalle scelte individuali





Negli ultimi giorni l’estate ci è scoppiata addosso. E, come ripetono in tanti, il 2021 sarà un anno fondamentale per capire se torneremo a una normalità pre-pandemica o se impareremo a convivere con il Covid. Intanto, però, tra le lezioni apprese dal coronavirus c’è anche quella della sostenibilità. Il caldo afoso di queste ore è un ulteriore elemento che ci fa comprendere che non si può più prescindere dalle pratiche ambientali virtuose. Ecco allora una serie di consigli da seguire in spiaggia, e in special modo nei lidi dove andremo a trascorrere ampie parti delle nostre giornate.

Raccolta differenziata

Al giorno d’oggi disporre di un contenitore per la raccolta differenziata appare semplice eppure non dovremmo considerarla una cosa così scontata. Anche il loro numero e la dislocazione aiuta le persone a non buttare tutto a casaccio. In un eco-lido è buona norma poi apporre un cartello che spieghi come differenziare i vari rifiuti. Le regole, infatti, possono cambiare da Comune a Comune così come possono essere diversi i colori di riferimento. Guidare le persone nel corretto conferimento degli avanzi di un pranzo o di una lattina vuota sarà molto utile in un’ottica di stabilimento circolare.

Favorire la mobilità sostenibile

Come posso arrivare al lido? Questa è una di quelle domande che non devono essere sottovalutate specialmente nel caso di strutture scelte soprattutto da turisti che non conoscono il territorio. Se la spiaggia è raggiungibile facilmente con i mezzi pubblici o a piedi sarà utile indicarlo sui canali social e sul sito internet. Porre una rastrelliera (meglio se all’ombra) favorirà gli spostamenti in bicicletta o con strumenti di micro mobilità elettrica come i monopattini. Che ne dite poi di installare delle colonnine per la ricarica elettrica delle e-cars?

Tutta la forza del sole

Andiamo in spiaggia proprio per lui: il sole. Un eco-lido solitamente sfrutta questa risorsa non solo come attrattiva per la clientela, ma, soprattutto, installando pannelli solari-termici che consentiranno di avere gratuitamente acqua calda (perfetta per le docce) sfruttando l’energia pulita della stella del nostro sistema solare. Per soddisfare i fabbisogni elettrici potranno poi essere installati pannelli fotovoltaici. Cosa accade quando lo stabilimento è chiuso? L’energia prodotta finirà nella rete pubblica consentendo di contribuire al raggiungimento della transizione energetica.

Efficienza energetica

Anche se l’elettricità viene prodotta da fonti rinnovabili bisogna sempre ricordare che la prima forma di energia pulita è quella che non viene prodotta: l’efficienza. Dagli impianti di illuminazione agli apparecchi elettrici ed elettronici, ricordate sempre di scegliere prodotti che abbiano una classe energetica pari o superiore ad A.

Acqua piovana oro blu dal cielo

Uno stabilimento a vocazione verde cerca spesso di realizzare angoli con giardini o alberi che possano creare un’ombra naturale. Ove possibile, realizzare dei sistemi di raccolta delle acque piovane permetterà di garantire alle piante una fonte di approvvigionamento idrico.

Sprecare l’acqua? No grazie

Forse non tutti sanno che un modo per ridurre il fabbisogno idrico può essere ottenuto riutilizzando le acque grigie come quelle delle docce. Raccolte e opportunamente filtrate e trattate, potranno essere riutilizzate. Come? Ad esempio per riempire gli scarichi dei wc. Un perfetto esempio di economia circolare del ciclo delle acque. Inoltre, per ridurre gli sprechi sarà utile e opportuno installare docce e rubinetti a tempo.

Ecodetergenti, ecosaponi e creme solari

Negli stabilimenti – in particolar modo ai tempi del Covid – la pulizia è un’attività continua. Esistono molteplici detergenti in commercio il cui l’ “inci”, ovverosia la composizione, ottiene il semaforo verde (su Ecobiocontrol potrete facilmente controllare l’impatto ambientale degli ingredienti). Qualora non siate ferrati in chimica, saranno un valido aiuto le certificazioni come, ad esempio, l’Ecolabel (come recita il disciplinare europeo “tutte le sostanze tensioattive utilizzate nel prodotto devono essere biodegradabili in condizioni anaerobiche”) o quelle che vengono conferite ai prodotti ottenuti con ingredienti biologici. In ogni caso anche ridurre le dosi dei detersivi usati – dei quali troppo spesso viene fatto un abuso – potrà essere di per sé un primo importante passo.

Lo stesso discorso è valido per i saponi e le creme solari spesso in vendita negli store dei lidi. Bisogna ricordare che, quando entriamo in acqua, potrebbero essere rilasciate sostanze chimiche nocive per la flora e la fauna marina. Considerate che in luoghi incantevoli come le Hawaii o la Micronesia sono vietate le protezioni che non siano biodegradabili. Shampoo e bagnoschiuma poi, specie se vengono dispersi nell’ambiente (come nel caso di docce all’aperto), debbono essere banditi: per lavar via la salsedine sarà sufficiente un po’ d’acqua.

Lotta alla plastica monouso e ai rifiuti inutili

Acqua e bevande in vetro o lattina, contenitori monouso biodegrabili e compostabili, possibilità di utilizzo di piatti, bicchieri e tazzine riutilizzabili in ceramica: sono solo alcune delle soluzioni plastic free che si possono adottare nei lidi. Basta fare un bagno in mare per ricordarci che queste scelte sono essenziali. Su alcuni lungomari oggi si trovano anche le cosiddette casette dell’acqua: basta una borraccia e ci si può dissetare senza dover acquistare acqua imbottigliata (spesso in contenitori di plastica).

Nell’anno (o meglio nel biennio) del Covid è aumentato il numero delle persone che hanno deciso di utilizzare il bancomat per effettuare i pagamenti riducendo così ogni contatto interpersonale. Come riportato recentemente da SumUp, crescono anche i pagamenti effettuati sotto l’ombrellone tramite smartwatch. Utilizzando tali dispositivi mobili, lo scontrino viene sostituito da un sms e in questo modo otterremo un rifiuto (peraltro non riciclabile) in meno in spiaggia.

Un ecomenù del territorio

Spesso gli stabilimenti balneari offrono ai propri clienti la possibilità di mangiare: che sia un pasto veloce o sia servito in un vero e proprio ristorante, la struttura sostenibile dovrà servire prodotti locali e di stagione evitando l’offerta di cibi esotici o tipicamente invernali. Lasciatevi sedurre da sapori a km zero, meglio ancora se bio.

Accessibilità

Fortunatamente, la sostenibilità dei luoghi è sempre più intesa non solo in relazione all’impatto ambientale ma anche ai principi dell’inclusione e dell’accessibilità degli spazi. Sarà opportuno realizzare strutture che consentano a tutti l’accesso alla spiaggia. In tal senso sarà fondamentale predisporre e attrezzare le strutture tenendo conto delle esigenze delle persone con disabilità motoria e/o cognitivo-comportamentale, pensando anche agli anziani o alle famiglie con bambini.

Come trovare tali strutture? Ad esempio sul portale spiagge.it – selezionando i lidi con “spiagge accessibili a disabili” – che consente di prenotare il proprio lettino comodamente tramite una app, evitando anche di fare viaggi a vuoto.

Cicche in spiaggia no grazie

I filtri delle sigarette possono impiegare diversi anni prima di degradarsi e, nel frattempo, mozzicone dopo mozzicone, invadono le spiagge divenendo un pericolo per pesci e uccelli che possono scambiarli per cibo. Molti gestori balneari hanno dichiarato guerra a questi piccoli ma grandi pericoli e, in alcuni casi, è stato reso obbligatorio per i fumatori l’uso di posacenere tascabili.

In alcuni stabilimenti gli avventori che consegnano ai gestori un bicchiere pieno di cicche ottengono in regalo una birra fresca mentre in altri sono attivi sistemi come i “Cicca Goal” attraverso i quali – grazie a due contenitori dedicati ad altrettante squadre – i fumatori vengono invitati a gettare correttamente la sigaretta nel secchio indicando la squadra per la quale fanno il tifo per un sondaggio tra villeggianti sui colori del cuore.

Fare informazione ambientale e culturale

In ogni caso è opportuno che uno stabilimento che applica le buone pratiche dell’ecosostenibilità pubblicizzi le sue scelte dotandosi di cartelloni e sistemi di informazione che aiutino le persone a seguire le regole, ma anche a scoprire e rispettare l’ecosistema che le circonda. Ad esempio è buona regola invitare gli avventori a non portar via nulla dal mare – dalle stelle marine alle conchiglie – spiegandone le ragioni e facendo comprendere l’importanza di preservare i fragili equilibri dell’ecosistema.

Se poi si ha il privilegio dii trovarsi in un luogo dove avviene la nidificazione delle tartarughe, si potranno indicare le buone regole di una spiaggia tartafriendly per non danneggiare le uova (i cui nidi vengono spesso recintati dai volontari e dai centri di recupero di tartarughe marine) evitando ogni interazione con le tartarughe appena nate. Ricordate, infine, di fornire ai vostri ospiti informazioni sulle bellezze artistico-naturalistiche e sulle manifestazioni della zona, per promuovere un turismo di prossimità.

fonte: economiacircolare.com




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Cinque aziende producono un quarto della plastica monouso mondiale

ExxonMobil, Sinopec e Dow sono in cima alla lista dei produttori di polimeri













La plastica monouso finisce spesso nelle discariche o nelle spiagge ingombranti.

Le prime cinque aziende dietro la plastica monouso - i materiali utilizzati per realizzare borse della spesa, cannucce e imballaggi per alimenti che spesso finiscono nelle discariche o nelle spiagge ingombranti - sono responsabili di quasi un quarto del totale globale, alimentate dalla domanda degli Stati Uniti e Cina.

La società petrolifera ExxonMobil, il gruppo chimico Dow e la raffineria cinese Sinopec sono in cima alla lista delle quasi 300 aziende che nel 2019 hanno prodotto collettivamente circa 110 milioni di tonnellate di polimeri, gli elementi costitutivi della plastica monouso, secondo una ricerca del gruppo filantropico Minderoo Foundation.

La società chimica Indorama Ventures e la compagnia petrolifera Saudi Aramco sono state rispettivamente il quarto e il quinto produttore.

Le prime cinque società hanno generato collettivamente circa 26 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica, secondo il rapporto, basato su dati delle Nazioni Unite, della Banca mondiale e delle dogane nazionali, e su una ricerca della società di consulenza Wood Mackenzie. Quasi la metà di queste, ovvero 11 milioni di tonnellate, è stata utilizzata negli Stati Uniti e in Cina.

I rifiuti di plastica sono “un problema enorme”. . . Su questa traiettoria, entro il 2050 avremo più plastica nel nostro oceano in termini di peso che pesce", ha affermato Sander Defruyt, che guida l'iniziativa New Plastics Economy presso la Fondazione Ellen MacArthur.

La sua causa principale era la nostra "società usa e getta": i paesi devono passare da un sistema "basato sull'estrazione di risorse a uno basato sulla circolazione delle risorse".

Le materie plastiche sono realizzate con sostanze chimiche a base di combustibili fossili e si rompono in pezzi sempre più piccoli quando vengono smaltite, invece di decomporsi come fa il cibo. Sebbene gli articoli di plastica usa e getta possano spesso essere riciclati, molti non lo sono e milioni di tonnellate di rifiuti di plastica finiscono nell'oceano ogni anno.

Poiché le immagini delle spiagge disseminate di plastica sono diventate luoghi familiari, i governi hanno iniziato a reprimere il materiale con divieti o tasse sulla plastica.

L'anno scorso, l'Inghilterra ha vietato le cannucce di plastica monouso, gli agitatori e i cotton fioc e ha aumentato la carica sui sacchetti di plastica. La Cina ha bandito borse e posate monouso nelle principali città e sta pianificando di estendere i divieti di plastica negli anni fino al 2025.

Nel tentativo di invogliare gli acquirenti eco-consapevoli, i marchi di consumo, tra cui la catena di caffè Starbucks e il rivenditore di fast food McDonald's, hanno iniziato a sostituire gli articoli in plastica usa e getta con alternative di carta. Ad aprile, il droghiere Morrisons ha annunciato che sarebbe diventato il primo supermercato del Regno Unito a rimuovere completamente i sacchetti di plastica dai negozi.

Nel suo rapporto annuale 2020, Dow ha affermato che la plastica sta affrontando "un maggiore controllo pubblico".

“I governi locali, statali, federali e stranieri hanno sempre più proposto – e in alcuni casi approvato – divieti su alcuni prodotti a base di plastica, compresa la plastica monouso”, che potrebbe influire sulla domanda, ha affermato.

Tuttavia, i produttori si aspettano un aumento della domanda globale di materie plastiche, trainata dalla crescita della popolazione e da una classe media in espansione. La pandemia ha anche provocato un aumento dell'uso di articoli usa e getta, che sono stati visti come un modo per ridurre al minimo la trasmissione del virus.

Exxon ha affermato nel suo rapporto annuale 2020 che la domanda globale di prodotti chimici aumenterà di oltre il 40% entro il 2030. La divisione chimica di Exxon è stata l'unico segmento redditizio nel 2020, con una domanda "resiliente" durante la pandemia in aree chiave tra cui "imballaggio alimentare, igienico-sanitario”.

Helen McGeough, responsabile del team di analisti globali per il riciclaggio della plastica presso ICIS, ha affermato che i divieti del governo tendevano ad essere di portata ristretta. "La vera sfida" per i produttori era il rischio che "i produttori iniziassero ad abbandonare la plastica" per accontentare gli acquirenti, ha affermato.

Secondo il rapporto Minderoo, la plastica monouso rappresenta più di un terzo di tutta la plastica prodotta ogni anno, la maggior parte dei quali è realizzata con materiali "vergini", quelli prodotti con combustibili fossili, piuttosto che con materiale riciclato. L'analisi ha monitorato la produzione di cinque polimeri che rappresentano quasi il 90% di tutte le plastiche monouso.

Molti articoli di plastica usa e getta sono tecnicamente riciclabili, ma spesso finiscono nelle discariche o vengono bruciati o gettati direttamente nell'ambiente.

La domanda era "se i sistemi sono in atto in termini di raccolta e ritrattamento", ha detto McGeough. Una mancanza globale di tali sistemi significa che i grandi produttori potrebbero non avere abbastanza materiale riciclato per fare affidamento solo su quello, ha aggiunto.

Defruyt ha affermato che i governi dovrebbero introdurre schemi di "responsabilità estesa del produttore" che impongano alle aziende di pagare per la gestione dei rifiuti prodotti. Data la portata della sfida: "L'unico luogo da cui possono provenire questi finanziamenti è l'industria".

In una dichiarazione, Exxon ha affermato che "condivide la preoccupazione della società per i rifiuti di plastica e concorda che deve essere affrontata. Quasi 3 miliardi di persone nel mondo non hanno accesso ad adeguati sistemi di raccolta o smaltimento dei rifiuti”.

Exxon ha rifiutato di commentare se avesse obiettivi per produrre una proporzione maggiore della sua plastica da materiali riciclati, ma ha affermato che stava "lavorando su soluzioni di riciclaggio avanzate".

Indorama Ventures, che secondo il rapporto di Minderoo ha ottenuto un punteggio elevato per la "circolarità" delle risorse rispetto alla maggior parte degli altri produttori, ha affermato di essersi impegnata a investire 1,5 miliardi di dollari per riciclare 50 miliardi di bottiglie di plastica in 750.000 tonnellate di materiale riciclato entro il 2025.

Dow ha rifiutato di commentare, ma ha indicato il suo obiettivo di consentire la raccolta, il riutilizzo o il riciclaggio di 1 milione di tonnellate di plastica entro il 2030.

Saudi Aramco ha dichiarato: “La plastica ha svolto un ruolo essenziale nell'elevare gli standard di vita in molte economie . . . Risolvere la sfida dei rifiuti di plastica richiede la partecipazione e l'impegno a lungo termine di tutti gli elementi della società, inclusi consumatori, produttori, sviluppatori di tecnologie, comunità finanziaria, governi e società civile”.

fonte: https://www.ft.com/



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Stop alla plastica monouso, il 3 luglio si avvicina

La Commissione europea fornisce gli Stati membri alcuni orientamenti sulle norme comunitarie atte a ridurre i rifiuti marini derivanti dalla plastica usa e getta



Entro il 3 luglio di quest’anno gli Stati membri dovranno garantire che determinati prodotti in plastica monouso non saranno più immessi sul mercato comunitario. A stabilirlo è la direttiva UE 2019/904, provvedimento che per la prima volta vieta la vendita di cotton-fioc, posate, piatti, cannucce, palette, bastoncini per palloncini realizzati in plastica, nonché alcuni contenitori alimentari in polistirolo espanso. I Ventisette hanno l’onere di recepire la direttiva nei rispettivi ordinamenti nazionali, affinché i relativi divieti entrino in vigore per la data concordata. Per facilitare un’applicazione corretta e standardizzata delle nuove norme, la Commissione europea ha pubblicato stamane alcune linee guida. Orientamenti che riportano alcune indicazioni fondamentali ai sensi del recepimento come ad esempio la definizione di plastica o del monuso.

Come ricorda oggi il vicepresidente esecutivo per il Green Deal europeo Frans Timmermans “La riduzione della plastica monouso aiuta a proteggere la salute delle persone e del pianeta. Le norme UE rappresentano una pietra miliare nell’affrontare il problema dei rifiuti marini. Stimolano anche la nascita di modelli di business sostenibili e ci avvicina a un’economia circolare in cui il riutilizzo precede l’usa e getta”.
Plastica monouso, tra specifiche e definizioni

Le linee guida spiegano definizioni e termini chiave e sono state sviluppate attraverso ampie consultazioni con gli Stati membri e le parti interessate. Ai sensi della direttiva, la definizione di plastica comprende tutti quei materiali costituiti da un polimero a cui possono essere stati aggiunti additivi o altre sostanze, e che possono fungere da componente strutturale principale dei prodotti finali. Ad eccezione dei polimeri naturali che non sono stati modificati chimicamente. Il provvedimento esenta anche vernici, inchiostri e adesivi. Gli orientamenti chiariscono ulteriormente termini quali “polimero naturale” e “modifica chimica” per garantire un’attuazione coerente in tutta l’Unione.

Anche i polimeri plastici biodegradabili e/o a base biologica sono considerate plastica ai sensi della direttiva. Attualmente ,infatti, non sono disponibili standard tecnici ampiamente condivisi per certificare che uno specifico prodotto sia correttamente biodegradabile nell’ambiente marino in un breve lasso di tempo e senza causare danni all’ambiente.

I prodotti in plastica monouso comprendono beni realizzati sia interamente che parzialmente con polimeri plastici. E generalmente destinati ad un impiego unico o per un breve periodo di tempo. Questo significa che sono compresi anche prodotti usa e getta a base di carta con rivestimento plastico.

Per altri prodotti in plastica monouso, come attrezzi da pesca e salviettine umidificate, l’UE ha fissato altre misure di limitazione o riduzione del loro uso attraverso requisiti di etichettatura, schemi di responsabilità estesa del produttore (“principio chi inquina paga”), campagne e standard di progettazione. L’etichettatura di determinati beni dovrà seguire le regole stabilite dal regolamento del 17 dicembre 2020, sulle specifiche armonizzate di marcatura sui prodotti di plastica monouso elencati nella parte D dell’allegato della direttiva (UE) 2019 /904 .

fonte: www.rinnovabili.it


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In Cile stop alla plastica monouso, approvata all’unanimità l’ambiziosa e storica legge che vieta polistirolo e usa e getta

 

Nella prima fase, entro sei mesi dalla pubblicazione ufficiale della legge, sarà vietata la consegna di posate, cannucce, palette e qualsiasi oggetto in polistirolo nei locali.

La lotta alla plastica fa passi in avanti anche in Sudamerica. La legislatura cilena ha approvato all’unanimità una legge sulla regolamentazione della plastica monouso nell’industria alimentare che, secondo i sostenitori, ridurrà i rifiuti di plastica del paese, generati ogni anno da locali come ristoranti, bar, servizio delivery o altri luoghi simili che vendono cibo preparato, di oltre 23.000 tonnellate.

L’obiettivo principale del progetto è quello di proteggere l’ambiente e ridurre la generazione di rifiuti di plastica, limitando la consegna di prodotti monouso nei punti vendita alimentari e promuovendo il riutilizzo. La nuova legge introdurrà anche una certificazione per la plastica compostabile, in modo da evitare che questa, senza un’adeguata regolamentazione, finisca per sostituire le normali plastiche nelle discariche e nell’ambiente, comportandosi allo stesso modo e senza biodegradarsi efficacemente.

L’approvazione di questo progetto, sostenuto a tutti i livelli dai parlamentari e dalla società civile, è una pietra miliare nella cura e nella protezione dell’ambiente del Cile”, ha detto la ministra dell’Ambiente cilena Carolina Schmidt.

Il ritorno al vuoto a rendere

Questa legge obbligherà anche i supermercati, i minimarket e i magazzini sia ad offrire opzioni di bevande in contenitori adatti al vuoto a rendere, che a ricevere l’imballaggio del consumatore. Inoltre, per quanto riguarda le bottiglie usa e getta, sarà richiesto di includere nell’etichetta le percentuali di plastica riciclata in Cile.

Non solo, il progetto si concentra anche sull’educazione e sulla trasparenza e chiarezza delle informazioni che devono essere fornite a chi compra. Gli stessi venditori di bevande dovranno sensibilizzare i consumatori sull’importanza della restituzione delle bottiglie, mentre il Ministero dell’Ambiente promuoverà e attuerà programmi di educazione ambientale.

Attivismo e sensibilizzazione

La nuova legge è stata sviluppata con l’aiuto delle organizzazioni no profit Oceana Cile e Plastic Oceans Cile, senza le quali, questa legge probabilmente sarebbe ancora lontana. Nel 2019, i due gruppi hanno presentato un rapporto al parlamento cileno in cui si descriveva nel dettaglio sia il problema dell’inquinamento da plastica che i divieti governativi esistenti. Questo rapporto ha costituito la base per il disegno di legge introdotto nel maggio dello stesso anno.

Dopo più di due anni di lavoro, possiamo celebrare una grande vittoria per l’ambiente, credo fermamente che questa legge sia ambiziosa, ma allo stesso tempo realistica per il Cile in termini di produzione di rifiuti e capacità tecniche per apportare questi cambiamenti”, ha dichiarato Mark Minneboo, direttore esecutivo di Plastic Oceans Cile.

Celebriamo questa grande vittoria grazie alla quale il Cile inizia un percorso per mettersi alle spalle la cultura usa e getta, e dare il passo a un’economia circolare e un pianeta più pulito, con la speranza che il suo esempio contagi presto anche i paesi vicini.

FONTE: Plastic Oceans Cile / Ministero dell’Ambiente Cile / Oceana


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Johnson travolto da un mare di plastica, la denuncia di Greenpeace: «GB esporta 1.800 tonnellate di rifiuti al giorno»

Lo spot di Greenpeace per sensibilizzare sul tema dei rifiuti e dell'inquinamento. «Il problema non coinvolge solo il Regno Unito, ma anche l’Italia che esporta una grande quantità di rifiuti in plastica sia in Malesia che in Turchia. É il momento di dire basta alla plastica monouso»




Un mare di plastica travolge il primo ministro Boris Johnson. Un'immagine provocatoria quella contenuta nel nuovo spot realizzato da Greenpeace Uk dal titolo Wasteminster. A Downing street disaster per sensibilizzare sul tema dei rifiuti. Realizzato dallo studio creativo Birthplace attraverso la società di produzione Park Village e con la partnership di Method & Madness, il filmato mostra Johnson (raffigurato come una statua di cera) che parla alla nazione dei successi e dell’impegno del Regno Unito in tema di inquinamento, riprendendo frasi realmente pronunciate dal premier e e dall'ex segretario per l'ambiente Michael Gove. Improvvisamente, tonnellate di rifiuti di plastica iniziano a cadere dal cielo e invadono Westminster.

«La più grande discarica di plastica d'Europa è in Turchia»

«Ogni giorno — denuncia l'associazione ambientalista — il Regno Unito spedisce 1.800 tonnellate di rifiuti in plastica, ovvero 688mila tonnellate all’anno in altri Paesi nel sud-est del mondo, primi tra tutti Turchia e Malesia, causando un’emergenza sanitaria per la popolazione locale e inquinando gli oceani». Proprio pochi giorni fa Greenpeace UK aveva confermato nel suo ultimo rapporto (qui il report completo) come la maggior parte dei rifiuti in plastica, una risorsa che andrebbe valorizzata, vengano invece esportati in Paesi dove vengono inceneriti, producendo inquinamento. Secondo lo studio, il Regno Unito è il Paese che produce più plastica pro capite al mondo. «Ogni giorno circa 241 camion di rifiuti di plastica arrivano in Turchia da tutta Europa. Per quanto possiamo vedere dai dati, continuiamo a essere la più grande discarica di rifiuti di plastica in Europa», ha affermato Nihan Temiz Ataş, responsabile dei progetti di biodiversità di Greenpeace Mediterraneo, con sede in Turchia.

«Stop al monouso»

Un problema che coinvolge anche l'Italia e altri Paesi, che «continuano a inviare ingenti quantità di materie plastiche non riciclabili in Turchia e in altre nazioni del Sud del mondo non dotate di impianti adeguati per il trattamento e con norme ambientali non rigorose». Questa è una delle tragiche conseguenze dell'enorme produzione di «plastica monouso che soffoca i mari e il pianeta», spiega Giuseppe Ungherese, responsabile della Campagna Inquinamento di Greenpeace Italia. «Le grandi multinazionali come Coca Cola, Nestlé e Pepsi — ad esempio — continuano ad alimentare questa crisi e a fare enormi profitti, grazie soprattutto all'inazione dei governi. È il momento, quindi, di dire basta alla plastica monouso» 

Rifiuti esportati in modo illegale

Quello dei rifiuti europei ritrovati a migliaia di chilometri di distanza dal luogo d’origine (ed esportati in modo illegale) è un tema più volte denunciato da numerose associazioni. Nel 2020, ad esempio, proprio greenpeace aveva monitorato più di 1.300 tonnellate di rifiuti in plastica spedite illegalmente dall’Italia ad aziende malesi. E questo solo nei primi nove mesi del 2019 quando, su un totale di 65 spedizioni dirette in Malesia, 43 erano state inviate a impianti privi dei permessi per importare e riciclare rifiuti stranieri 


fonte: www.corriere.it


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In vigore in Francia il decreto 3R

Entro il 2025 stop a tutti gli imballaggi monouso in plastica non necessari e taglio dei consumi di materiale anche potenziando il riutilizzo e la ricarica.



In Francia è stato pubblicato il 29 aprile scorso il decreto n° 2021-517, più noto come decreto 3R, sulla riduzione, riutilizzo e riciclo di imballaggi in plastica monouso, che copre il periodo 2021-2025 (testo integrale). Il provvedimento fa parte della legge quadro contro gli sprechi e l'economia circolare Aceg (anti-gaspillage pour une économie circulaire).

Il provvedimento si pone l'obiettivo di raccogliere in modo differenziato e riciclare tutti gli imballaggi in plastica entro l'inizio del 2025, mentre gli utilizzatori di packaging monouso dovranno ridurre del 20%, entro la fine dello stesso anno, il consumo di plastica rispetto ai livelli 2018 e metà di questo taglio dovrà essere effettuato ricorrendo al riutilizzo e reimpiego delle confezioni.

Il fine ultimo è eliminare, entro la fine del 2025, gli imballaggi monouso in plastica non necessari, ridurre la quantità di materiale plastico impiegato e sostituirlo con altri materiali, agevolare l'introduzione di confezioni ricaricabili e riutilizzabili più volte. Gli imballaggi non necessari sono definiti come quelli che non hanno una funzione tecnica essenziale, come la protezione o la garanzia di salute e integrità dei prodotti, il trasporto sicuro o il supporto informativo previsto dalla legge.

fonte: www.polimerica.it


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