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Il fronte plastic-free si sposta sull'ortofrutta



In Francia pubblicato il decreto che mette al bando i packaging in plastica dal 2022. In Spagna aperta una consultazione pubblica.

Dopo sacchetti e articoli monouso, il fronte della

In Spagna si recuperano i rasoi

BIC ha lanciato con TerraCycle un programma per la raccolta e il riciclo della plastica proveniente da rasoi usa-e-getta.











BIC, noto produttore francese di penne a sfera, accendini e rasoi di sicurezza in plastica, ha avviato in Spagna, insieme con TerraCycle, un programma per il riciclo dei rasoi. I prodotti raccolti gratuitamente sul territorio spagnolo verranno riciclati e la plastica utilizzata per produrre portasapone e altri articoli da toeletta, in una sorta di circuito chiuso del bagno.

Si tratta dell'ultimo dei progetti studiati a partire dal 2011 dai due partner, rivolti a penne, portamine, pennarelli e altri prodotti di cancelleria post-consumo, che hanno portato alla raccolta di 50 milioni di pezzi nella sola Europa. Analoghi progetti sono in corso in Australia, Nuova Zelanda e Stati Uniti.


Il programma spagnolo accetta tutti i rasoi usa-e-getta, senza riguardo alla marca o al tipo, da conferire in uno dei punti di raccolta allestiti da TerraCycle, elencati in uno sito web dedicato. Una volta raccolti, i rasoi vengono smontati e i diversi materiali avviati separatamente a riciclo.

Un'iniziativa analoga era stata promossa due anni fa da Gillette, marchio di Procter & Gamble, sempre in collaborazione con TerraCycle (foto a sinistra), in questo caso con copertura di Nord America, Regno Unito, Australia e Nuova Zelanda (leggi articolo).

fonte: www.polimerica.it


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Idrogeno offshore da mare e sole, i primi passi della Spagna

Il progetto spagnolo Bahía H2 Offshore sta lavorando per creare una piattaforma galleggiante in grado di produrre idrogeno e ammoniaca verdi sfruttando solo acqua marina, energia solare ed aria









L’idrogeno offshore? Non è un’ambizione solo del Nord Europa. Anche la Spagna, infatti, si appresta a testare la produzione marina del celebre vettore energetico, grazie al progetto Bahía H2 Offshore. Promossa dal cluster Sea of Innovation Cantabria, l’iniziativa mira a progettare, costruire e monitorare una piattaforma galleggiante per la produzione di idrogeno offshore nelle coste regionali.

A regime, la struttura integrerà tecnologie di elettrolisi PEM ma anche quelle trasformazione in situ dell’idrogeno in ammoniaca (NH3) tramite il processo Haber-Bosch. Le sole risorse usate dall’impianto saranno acqua di mare, aria ed energia solare. “Bahía H2 Offshore occuperà uno spazio di dominio pubblico dell’Autorità Portuale di Santander (APS)”, spiega il cluster. “Il carburante verde generato andrà alle navi e alle attrezzature degli operatori portuali. Questo progetto costituisce una pietra miliare a livello nazionale, essendo il primo nell’ibridazione di tecnologie rinnovabili offshore”.

L’iniziativa si è guadagnata un budget di 4,5 milioni di euro, da “spendere” fino a dicembre 2023. Con l’obiettivo di testare, in una prima fase, le tecnologie per l’idrogeno offshore nelle aree del porto. E in un secondo momento ottimizzare la struttura per l’installazione in mare aperto. 

Primi passi per l’industria spagnola dell’idrogeno verde

“I nuovi carburanti verdi, come l’idrogeno e l’ammoniaca, saranno uno dei pilastri per la decarbonizzazione del settore marittimo”, scrive il consorzio. “Sono i combustibili alternativi più interessanti, sia in termini di emissioni di gas nocivi che di inquinamento acustico”. Non solo. “Come mercato complementare, il settore eolico offshore, insieme a quello del fotovoltaico galleggiante, sarà uno dei pilastri per raggiungere l’obiettivo della decarbonizzazione dell’economia europea entro il 2050. Questo sviluppo delle energie rinnovabili marine implica l’incorporazione di sistemi di accumulo. A questo punto, l’idrogeno è uno dei vettori che meglio si adatta alle esigenze e l’ammoniaca, un metodo ideale per il suo stoccaggio, trasporto e distribuzione”.

Bahía H2 Offshore è uno dei grandi progetti spagnoli nati sotto l’ala della strategia nazionale Hoja de Ruta del Hidrógeno. Il piano governativo fissa un obiettivo 2030 di 4 GW di elettrolizzatori, stabilendo anche una fase intermedia di sviluppo impiantistico: 300-600 MW al 2024.

fonte: www.rinnovabili.it

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Spagna, il carbone non conviene da oggi fuochi spenti in sette centrali

Clima. Il paese verso le fonti rinnovabili. La decisione non è una conversione ecologista. Le aziende: problema di mercato





A più di sei mesi dalla conferenza Cop25 sul clima tenutasi nel dicembre 2019 a Madrid, la Spagna fa un balzo in avanti nella riduzione delle emissioni di gas serra. Da oggi chiudono ben sette centrali termiche a carbone, quasi la metà delle 15 attive nel paese.

La rapida chiusura delle centrali termiche a carbone è stata richiesta dalle compagnie gestitrici, e non è stata una decisione del governo. A motivarla, un insieme di motivi economici e nuove politiche comunitarie. Le normative europee richiedono infatti un costoso ammodernamento degli impianti a carbone per renderli meno inquinanti, e a questo si aggiunge l’innalzamento dei costi per le aziende che emettono Co2, nell’ambito del sistema europeo Ets per lo scambio delle quote di emissione. Dal 2018 è aumentato fortemente il prezzo della Co2 nel mercato comunitario, fino a sfiorare il record di 30 euro per tonnellata nel 2019, e questo ha reso non più redditizio per le grandi compagnie pagare questa elevata tassa indiretta sulle proprie emissioni di anidride carbonica.

Ha influito su queste chiusure anche l’abbassamento del prezzo del gas, in un paese come la Spagna dove le molte centrali a ciclo combinato che usano questo combustibile (con minori emissioni del carbone) rendono fattibile l’addio rapido al carbone. C’entra poi anche il fatto che le energie rinnovabili sono sempre più convenienti, un processo che va avanti da anni. La compagnia Endesa ha parlato di «profonde modifiche nel mercato», per motivare la decisione di chiusure generalizzate e la stessa decisione di chiudere è stata presa dalle altre compagnie, come Iberdrola. Nei prossimi mesi altre centrali chiuderanno e si ipotizza che non ce ne saranno più di attive entro il 2025. I media spagnoli hanno sottolineato la rapidità con cui sono avvenute queste chiusure.

Ora si apre il problema del lavoro. Secondo quanto riporta il giornale El País sono 2400 le persone impiegate nelle centrali in fase di chiusura, compreso l’indotto. Si pensa alla riconversione delle centrali termiche, come quanto proposto per quella di Teruel, dove dovrebbe sorgere un parco solare da 50 MW. Ed è proprio la riconversione in parchi rinnovabili una speranza di futuro per i lavoratori impiegati in queste aree. Al riguardo il governo Sánchez ha chiesto alle compagnie di presentare progetti di riconversione che diano impiego.

Questi giorni sono arrivate altre notizie incoraggianti sul fronte delle riduzioni delle emissioni di anidride carbonica e altri gas serra. Il ministero per la Transizione Ecologica, dicastero istituito nel giugno del 2018 dal primo governo Sánchez, ha approvato un decreto-legge con misure urgenti per facilitare l’istallazione su larga scala di energie rinnovabili, spingendo verso un sistema elettrico al 100% elettrico.

A gennaio, ne avevamo parlato sul manifesto, era stato annunciato dallo stesso governo un grande piano verde per il 2020, nel giorno in cui veniva dichiarato lo stato di emergenza climatica. La Spagna aveva appena ospitato la Cop25 di Madrid, e come nel resto d’Europa si era sviluppato il movimento Fridays for Future, che il 6 dicembre 2019 aveva portato in piazza a Madrid centinaia di migliaia di persone insieme all’attivista svedese Greta Thunberg, chiedendo misure coraggiose per far fronte alla crisi climatica. Poi la crisi del coronavirus ha portato un po’ in secondo piano quei temi.

La spinta dei movimenti per il clima degli ultimi mesi intanto non si è ancora tradotta in un maggior appoggio per i partiti politici verdi del paese, assai minoritari. Proprio ieri nella vicina Francia c’è stata l’importante affermazione dei verdi nelle elezioni amministrative, ma in Spagna l’unico partito verde a livello nazionale è Equo, che finora ha ottenuto risultati poco incoraggianti. Fino al 2019 questo piccolo partito si è presentato alle elezioni dentro la lista Unidos Podemos, ma alle elezioni generali del 10 novembre 2019 ha deciso di confluire nel nuovo partito nato da una scissione di Podemos, Màs Paìs, che non fa parte dell’attuale governo. Alle elezioni regionali del 12 luglio nei Paesi Baschi e in Galizia, Equo correrà nuovamente da solo.

fonte: https://ilmanifesto.it


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Ripresa post Covid-19. La Spagna non finanzierà più le fossili

Il disegno di legge prevede di azzerare da subito tutti i nuovi progetti di estrazione di carbone, petrolio e gas e vietare i sussidi alle fonti fossili.














Lo scorso 19 maggio, per mano della vice Presidente e ministro per il Recupero ecologico Teresa Ribera, il governo spagnolo ha presentato al Parlamento un ambizioso disegno di legge sul clima che, una volta approvato, metterà la Spagna sulla strada per raggiungere le zero emissioni nette entro il 2050 e per produrre elettricità al 100 per cento da fonti rinnovabili. Inoltre azzererà da subito tutti i sussidi alle fonti fossili e vieterà nuovi nuovi progetti di estrazione di carbone, petrolio e gas naturale. Il disegno di legge si inserisce nella linea già dettata dall’Europa con il pacchetto legato all’European green deal e al più recente Recovery plan, ovvero il piano per la ripresa dell’Europa come risposta alla pandemia causata dal coronavirus.

Teresa Ribera (sx) insieme a Carolina Schmidt (c) e Patricia Espinosa (dx) durante la COP25 tenutasi a Madrid lo scorso novembre © Sean Gallup/Getty

Il 21 gennaio scorso il governo spagnolo dichiarava l’emergenza climatica e tra le misure per combattere l’emergenza includeva l’impegno a preparare e presentare il disegno di legge al Parlamento entro i suoi primi 100 giorni di mandato, ma la pandemia COVID-19 lo ha ritardato. “Avremmo voluto presentare questa legge in altre circostanze diverse settimane fa”, ha detto il ministro Teresa Ribera in una nota ufficiale. “Sfortunatamente, è stata presentata al Parlamento in un momento in cui stiamo discutendo su come ricostruire e recuperare il nostro paese da una crisi. La legge sarà utile per guidare questo dibattito e facilitare una ripresa in linea con il Green Deal europeo”.
Quali sono gli obiettivi del Green deal della Spagna

Il testo approvato in queste settimane arriva dopo un lungo percorso iniziato già a fine 2018 e conclusosi a febbraio 2019 con una consultazione pubblica. Arrivare in Parlamento è stato quindi un passo importante in quanto il disegno legge sarà sottoposto al dibattito e agli emendamenti di tutti i partiti politici, per poi diventare legge. L’obiettivo, come spiegato dalla stessa Ribera, è che “la transizione energetica diventi una forza trainante importante per generare attività economica e occupazione a breve termine e in modo coerente con ciò di cui avremo bisogno come paese a medio e lungo termine”.

Per raggiungere le emissioni nette entro metà secolo, il pacchetto prevede della fasi intermedie. Ad esempio ridurre, entro il 2030, le emissioni del 23 per cento rispetto ai livelli del 1990, raddoppiare la percentuale di energia rinnovabile totale al 35-42 per cento, rendere l’elettricità almeno al 70 per cento rinnovabile e ridurre il consumo energetico complessivo di almeno il 35 per cento attraverso l’efficienza energetica e la ristrutturazione di edifici e abitazioni.

Un capitolo a parte rappresenta la mobilità, che dovrebbe ricevere una forte incentivazione a diventare interamente elettrica. Il progetto di legge infatti richiede che tutte le nuove auto siano a zero emissioni entro il 2040. “Questo disegno di legge pone la lotta ai cambiamenti climatici e la transizione energetica al centro dell’azione pubblica”, ha aggiunto il ministro. “È un progetto nazionale che mostra la responsabilità del nostro presente, della nostra salute, della nostra qualità della vita, del nostro modello di prosperità e, soprattutto, del nostro futuro”.

Un impianto fotovoltaico in Spagna ©Pablo Blazquez Dominguez/Getty Images
La ripresa post Covid-19

La legge dovrebbe generare oltre 200.000 milioni di euro di investimenti entro il 2030 e creare fino a 350.000 nuovi posti di lavoro. Ma secondo Ana Barreira, direttrice dell’International institute for law and the environment (Iidma), come spiega in un editoriale pubblicato su Euroactiv, “il presente progetto di legge prevede la creazione di un comitato per i cambiamenti climatici e l’energia per valutare e formulare raccomandazioni sulle politiche in materia di energia e cambiamenti climatici.Sebbene questo comitato rispecchi il comitato per i cambiamenti climatici del Regno Unito e altri organi consultivi simili che sono stati istituiti in paesi come la Francia e la Svezia, la proposta spagnola non è abbastanza forte”, in quanto “la Spagna è un paese in cui le comunità autonome possiedono molte delle competenze necessarie per attuare la futura legge. Per questo motivo, il progetto di legge avrebbe dovuto includere un quadro di governance rafforzato per la cooperazione e il coordinamento”.

fonte: www.lifegate.it


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La Spagna propone una legge per azzerare le emissioni entro il 2050

Il disegno di legge è stato appena trasmesso dal governo al parlamento. Si punta alla neutralità climatica e al 100% di rinnovabili nel mix elettrico per metà secolo.




















Il governo spagnolo ha appena varato un progetto di legge per portare il paese alla neutralità climatica entro il 2050: un obiettivo molto ambizioso che la stessa Commissione europea ha posto al centro del Green Deal per trasformare il mix energetico degli Stati membri e ridurre gradualmente l’uso di fonti fossili.
È il proyecto de Ley de Cambio Climático y Transición Energetica riassunto nell’acronimo PLCCTE.
Su proposta del ministero della Transizione ecologica, guidato da Teresa Ribera, il Consiglio dei Ministri spagnolo ha trasmesso la proposta di legge al parlamento nella giornata di ieri, martedì 19 maggio 2020.
La Spagna punta così ad azzerare le emissioni nette di anidride carbonica entro la metà di questo secolo; per sviluppare un’economia completamente de-carbonizzata, cioè capace di rinunciare ai combustibili fossili, il paese dovrà innanzi tutto costruire un sistema elettrico con il 100% di fonti rinnovabili.
Difatti, spiega una nota governativa, si prevede di raggiungere gli obiettivi della nuova proposta di legge attraverso le misure inserite nei Piani nazionali per l’energia e il clima (PNIEC): il primo di questi piani copre il periodo 2021-2030 ed è stato presentato nella sua versione definitiva lo scorso gennaio dal governo Sánchez-bis, poche settimane dopo l’accordo politico tra socialisti e Unidas Podemos per formare il primo esecutivo tutto di sinistra della storia spagnola.
Tra le indicazioni più importanti del PNIEC spagnolo al 2030, riprese nella nota che illustra i contenuti del disegno di legge sulla neutralità climatica, troviamo:
  • 74% di fonti rinnovabili nel mix elettrico;
  • 23% di riduzione delle emissioni di CO2 rispetto al 1990;
  • 42% di fonti rinnovabili nei consumi energetici finali;
  • 39,5% di riduzione dei consumi energetici primari grazie a misure di efficienza.
Va precisato però che la proposta di legge al 2050 fissa obiettivi per il 2030 che sono leggermente più bassi in confronto a quelli stabiliti nel PNIEC, specificando però che tali obiettivi potranno essere rivisti solamente al rialzo; ad esempio, si parla di ridurre “almeno del 20%” le emissioni di CO2 in confronto ai livelli del 1990 e di portare le rinnovabili “almeno al 70%” del mix elettrico.
Nel disegno di legge ci sono vari capitoli dedicati allo sviluppo delle rinnovabili elettriche tramite aste, alla diffusione di veicoli a zero emissioni (e dei punti per la ricarica), alla riqualificazione energetica degli edifici, al divieto di nuove autorizzazioni per la ricerca e l’estrazione di petrolio e gas sul territorio nazionale, compreso il fracking.
fonte: www.qualenergia.it




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Acqua minerale al ristorante? In Spagna e Francia si beve quella del rubinetto, gli italiani preferiscono la bottiglia ed è record di consumi

















Nei sette giorni trascorsi nei Paesi Baschi spagnoli e francesi ho frequentato ristoranti, brasserie e tabernas dove ho sempre pasteggiato con acqua di rubinetto che loro chiamano agua de grifo e eau en bouteille. Il più delle volte il cameriere portava direttamente al tavolo la bottiglia senza richieste specifiche. In Italia, al contrario, la minerale si trova spesso sul tavolo del ristorante e chiedere l’acqua del sindaco come alternativa è sempre un’impresa. Anche se si dice sempre più sottovoce perché non è considerato un complimento, gli italiani sono i maggiori utilizzatori di acqua minerale in bottiglia.
Secondo l’ultima statistica firmata Beverfood nel 2018 abbiamo consumato 13,370 miliardi di litri. Stiamo parlando di 221 litri a testa, per una spesa familiare di circa 145 euro l’anno. Nel calcolo complessivo bisogna considerare anche 1,5 miliardi di litri esportati. Se esaminiamo  i consumi pro-capite in seconda posizione troviamo i tedeschi con 195, i francesi e gli spagnoli con 140, mentre gli inglesi arrivano a 50 circa. Escludendo quelle di vetro, il parco bottiglie italiano ammonta a quasi 12 miliardi di pezzi che nell’80-90% dei casi finiscono nei termovalorizzatori, negli impianti di incenerimento, in discarica e in parte vengono dispersi nell’ambiente. Anche se di poco i consumi sono  aumentati e i numeri sono a record. A dispetto dei numeri qualche segnale diverso a livello statistico si registra. Secondo l’Istat il numero di  famiglie che non si fidano di bere l’acqua di rubinetto sono passate dal 40% nel 2002  al 29% nel 2018, ma questa tendenza non incide sui consumi di acqua in bottiglia.  L’argomento viene poco trattato sui giornali e sui media perché il consumo esagerato non trova giustificazione in un Paese dove l’acqua del rubinetto in molti casi è di ottima qualità.
In Italia al ristorante solo acqua minerale ed è record mondiale di consumi
Un test condotto da Legambiente con l’Università di Milano Bicocca ha stabilito che l’acqua della rete idrica di Genova, Venezia, Milano e Palermo ha una composizione chimica confrontabile rispettivamente all’Acqua Panna, Rocchetta, Acqua Nepi e Acqua Claudia. Insomma il rubinetto come l’acqua minerale. I gestori della rete idrica pubblica mostrano però poco interesse rispetto ai consumi record. Per loro la cosa importante è garantire l’approvvigionamento e non si fanno troppe domande sulle perplessità di molti cittadini nei confronti dell’acqua di rete. Basta dire che buona parte delle persone ritiene i sassolini di calcare presenti nel filtro rompigetto corresponsabili dei calcoli renali. Al contrario le aziende imbottigliatrici fanno spot pubblicitari dove si vantano caratteristiche salutistiche come la scarsa presenza di sodio, l’alta percentuale di calcio e la minima presenza di sali con valori del tutto insignificanti se si considera il bilancio giornaliero.
Il quadro è disastroso ma non bisogna disperare. La borraccia è stato l’oggetto cult più regalato a Natale e moltissimi ragazzi e studenti hanno da tempo abbandonato le bottigliette di plastica a favore del contenitore in alluminio. Il segnale è importante. Speriamo che queste scelte possano ridurre i consumi di un prodotto troppo spesso inutile che ci posiziona al vertice di una classifica mondiale poco invidiabile.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Da centrale a carbone a impianto fotovoltaico più grande d’Europa

L’amministratore delegato di Endesa, José Bogas, ha annunciato che la compagnia elettrica investirà 1.768 milioni di euro nei prossimi 4 anni nella costruzione di due progetti rinnovabili che sostituiranno le centrali termoelettriche a Teruel e León





















Se durante la COP 25 di Madrid le grandi economie mondiali hanno giocato al ribasso, i gruppi industriali hanno cercato di guadagnarsi i riflettori con nuovi piani e impegni di decarbonizzazione. Tra questi si è fatto notare Endesa che, in occasione del panel su Just Transition, ha presentato il Future Plan for Andorra, un’iniziativa di oltre 1.487 milioni di euro per sostituire i 1.100 MW della centrale a carbone situata nella provincia di Teruel, con 1.725 MW rinnovabili e oltre a 160 MW di accumulo energetico.
Il progetto è parte del programma societario per abbandonare il combustibile fossile, programma che prevede la chiusura nel futuro a breve termine degli impianti Andorra, a Teruel e Compostilla, a León, al fine di raggiungere entro il 2050 una generazione elettrica a zero emissioni. Per l’amministratore delegato di Endesa, José Bogas, si tratta di “piani flessibili che consentiranno l’inclusione di iniziative per mitigare l’impatto della cessazione dell’attività nelle aree”. Tali piani si basano su quattro pilastri d’azione: ricerca proattiva di nuove opportunità di lavoro per il personale direttamente interessato, promozione dell’attività economica e dell’occupazione (attraverso corsi di formazione), formazione e addestramento per migliorare posti di lavoro e sostenibilità del comune. 

La nuova capacità sarà costruita nelle immediate vicinanze dell’attuale centrale termoelettrica e fornirà oltre 700 posti di lavoro annuali fino al 2026, per ridurre al minimo l’impatto sull’occupazione relativo alla chiusura dell’impianto a carbone (che attualmente conta 147 dipendenti). Nel corso dei prossimi 25 anni, circa 120 posti di lavoro verrebbero mantenuti nelle operazioni di esercizio e manutenzione del nuovo progetto.
Dei 1.725 MW di energia rinnovabile che sanno realizzati in loco, 1.585 MW corrisponderanno a quello che a regime sarà il più grande impianto fotovoltaico d’Europa; la restante capacità sarà fornita da turbine eoliche. Il tutto sarà integrato ad un sistema di stoccaggio su larga scala da 159,3 MW.
Un piano non troppo dissimile è previsto per la centrale termoelettrica di Compostilla (1.052 MW e 147 dipendenti attualmente). A causa delle singolarità geografiche dell’ambiente in cui si trova lo stabilimento, Endesa ha proposto la costruzione di 390 MW rinnovabili, per un investimento di 341 milioni di euro. 

fonte: www.rinnovabili.it

COP25: sarà Madrid ad ospitare il vertice Onu sul clima

La Spagna di prepara ad ospitare le circa 25.000 persone che si prevede parteciperanno al vertice sul clima delle Nazioni Unite dal 2 al 13 dicembre di quest’anno. Oltre ai grandi entusiasmi di Sanchez e del sindaco di Madrid, non mancano però le tensioni della politica spagnola, che non sta passando uno dei suoi periodi migliori.



















Alla fine, sarà la Spagna ad ospitare la COP25, il vertice delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici che si terrà dal 2 al 13 dicembre di quest’anno. Dopo il ritiro del Cile, l’Onu ha dichiarato ufficialmente il passaggio di testimone, che solleva non poche sfide logistiche per Madrid e il governo spagnolo.

Mercoledì, infatti, il governo cileno aveva annunciato il suo dietrofront non solo per ospitare il vertice sul clima, ma anche per essere sede del vertice sulla cooperazione economica tra Asia e Pacifico in programma questo mese. Madrid sembra aver accolto questa possibilità con grande entusiasmo, come mostra il tweet del presidente spagnolo Sanchez: “Ottime notizie: Madrid ospiterà il vertice sul clima dal 2 al 13 dicembre. La Spagna sta lavorando da ora in poi per garantire l’organizzazione della COP25″. Dal canto suo, il sindaco di Madrid, Jose Luis Martinez-Almeida, ha definito la COP25 “una buona opportunità per mostrare l’impegno della città nella lotta contro l’inquinamento e dimostrare che siamo pronti ad accogliere i suoi 25.000 partecipanti”.
Alexander Saier, portavoce delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, ha affermato che la Spagna contribuirà ad accelerare il rilascio dei visti e istituirà un’agenzia per aiutare a organizzare il viaggio e l’alloggio delle circa 25.000 persone che si prevedere parteciperanno al vertice“Penso che non sarebbe stato un buon segno se la conferenza fosse stata cancellata o rinviata”, ha aggiunto Saier.

Inoltre, in un tweet, Greta Thunberg ha accolto la notizia del trasferimento con una richiesta di aiuto, essendo “bloccata dalla parte sbagliata” dell’oceano Atlantico. Thunberg, infatti, si trova attualmente a Los Angeles e aveva programmato di continuare il suo viaggio in mare proprio in direzione di Santiago. In un botta e risposta, il ministro spagnolo dell’ambiente, Teresa Ribera, si è offerta di aiutarla ad arrivare a Madrid per il vertice.
Nonostante il cambio di sede, il Cile continuerà ad assumere la presidenza dei colloqui sul clima. Anche per la politica spagnola, la notizia che la COP25 si terrà a Madrid arriva in un momento di tensione, con  proteste per l’indipendenza nella regione nord-orientale della Catalogna e in attesa delle seconde elezioni parlamentari del 10 novembre. Sanchez, la cui popolarità è in calo nei sondaggi, può solo sperare che la conferenza migliori le sue credenziali a livello internazionale, soprattutto rispetto alle politiche ambientali.

fonte: www.rinnovabili.it

Energia eolica senza pale più potente del 60% grazie alle vibrazioni: la rivoluzionaria invenzione di una start up spagnola


















Non solo tramite pale: l’energia eolica si può ricavare anche dalle vibrazioni indotte dal vento. E con potenza che può superare del 60% quella della tecnologia convenzionale. Vortex Tacoma, l’innovativa turbina brevettata dalla start up spagnola Vortex Bladeless, ha superato i primi test in ambiente reale e punta ad essere commercializzata il prossimo anno.


Bladeless, letteralmente “senza pale”: la start up spagnola è così chiamata proprio perché la turbina brevettata, Vortex Tacoma, trasforma l’energia del vento in elettrica senza l’utilizzo delle comuni pale eoliche che, pur essendo efficienti in molti casi, possono creare diverse problematiche ambientali, come quelle molto discusse ai danni degli uccelli marini.
La tecnologia, in particolare, sfrutta il fenomeno delle risonanza, che in questo caso “amplifica” il naturale fenomeno chiamato ‘Vortex Shedding’. L’innovativa turbina consiste infatti in un cilindro fissato verticalmente con un’asta elastica che oscilla in un determinato range di frequenze, calcolato in modo che i vortici che si formano naturalmente attorno al cilindro risultino “amplificati” dal suo moto.
Per dirla in un modo poetico ma in realtà del tutto scientifico, il cilindro entra in risonanza con il vento, e quindi l’energia che il sistema raccoglie è quella di un “vento amplificato” (in fisica il fenomeno è chiamato ‘Vortex Induced Vibration’).
vortex tacoma eolico senza pale
Idea che, stando alle ultime stime, può aumentare del 60% la potenza generata dalle comuni pale eoliche (e più efficiente anche degli attuali pannelli solari), con l’ulteriore vantaggio di essere meno impattante per l’ambiente circostante in quanto di dimensioni più contenute.
“L’attuale tecnologia delle turbine eoliche deve sostenere livelli di carico molto diversi a velocità del vento variabili – si legge sul sito di Vortex Bladeless – il che comporta importanti requisiti meccanici di componenti come ingranaggi, cuscinetti e altri. Le molteplici parti mobili sono costantemente soggette ad usura, il che comporta elevati costi di manutenzione. Le turbine eoliche senza pale eliminano completamente gli elementi meccanici che possono subire l’usura per attrito”.
Costi più bassi (fino all’80%), minore impatto sull’ambiente, più efficienza (una turbina di 2.5 m produce una potenza stimata di 100w una volta installata): è la rivoluzione dell’eolico? Forse presto per dirlo, anche perché la tecnologia non ha ancora del tutto terminato la fase di sviluppo (attualmente stimata al 95% di completamento), quindi è corretto mantenersi cauti.
Ma non manca molto alla verifica sul campo, perché la tecnologia, i cui lavori sono iniziati nel 2014 e che hanno dato i primi incoraggianti risultati nel 2017, dovrebbe essere commercializzata entro la fine del prossimo anno.
Il lavoro è stato finanziato dalla Commissione Europea nell’ambito del programma Horizon 2020.
fonte: www.greenme.it

Carrefour lancia le reti di cotone al posto dei sacchetti di plastica per l’acquisto di frutta e verdura

Reti di cotone al posto dei famigerati sacchetti di plastica per l’acquisto di frutta e verdura nella catena di distribuzione alimentare Carrefour in Spagna. L’obiettivo è ovviamente quello di ridurre l’uso di contenitori e imballaggi in plastica, evitandoli del tutto almeno nel reparto orto-frutta.

















I clienti dei tanti punti vendita Carrefour spagnoli potranno ora acquistare reti di cotone riutilizzabili per fare la spesa di frutta e verdura. L’azienda diventa così la prima in Spagna a proporre questa alternativa più sostenibile dopo essere stata la prima a consentire ai suoi acquirenti di utilizzare i propri contenitori o borse, non solo per acquisti di frutta e verdura, ma anche nei reparti salumeria, pescheria, macelleria e piatti pronti.
La rete di cotone può essere lavata e riutilizzata molte volte e viene venduta in un pacchetto di tre unità al prezzo di 3,99 euro.
L’azienda è molto attenta al problema della riduzione della plastica e, nel reparto frutta e verdura dei suoi negozi bio, ha deciso di eliminare completamente gli imballaggi realizzati con questo materiale. Ha sostituito quindi i contenitori in plastica di olive e sottaceti con barattoli di vetro. Anche cetrioli, banane e altri prodotti non vengono più imballati in sacchetti ma sono raggruppati con l’aiuto di un piccolo nastro.
Secondo l’azienda la riduzione di plastica ottenuta fino ad ora con questi sistemi è di oltre l’80%.

E in Italia?

Come tutti ricordiamo, nel nostro paese c’è stata una grande polemica quando, dal 1° gennaio 2018, è scattato l’obbligo per i supermercati di dotarsi di buste bio a pagamento nel reparto ortofrutta.  Nonostante una specie di sommossa popolare in cui, tra le altre proposte, vi era stata proprio quella di poter utilizzare le retine, alla fine non c’è stato scampo: in Italia la sola possibilità è quella di acquistare una bio shop monouso nel supermercato stesso o altrove! Ha vinto dunque la burocrazia e l’eccesso di igiene.
Il ministero della Salute, in una circolare, ha infatti espresso il suo parere negativo sull’utilizzo di queste soluzioni più sostenibili per presunti problemi di igiene e di sicurezza  che, però, altri paesi europei tra cui la Svizzera, l’Austria e la Germania (a cui si aggiunge ora anche la Spagna), non hanno riscontrato!
Ci auguriamo che presto iniziative del genere arrivino anche nei negozi Carrefour Italia e vengano estese, senza più scuse, a tutte le altre catene di supermercati nel nostro paese.
fonte: https://www.greenme.it/