Nei sette giorni trascorsi nei Paesi Baschi spagnoli e francesi ho frequentato ristoranti, brasserie e tabernas dove ho sempre pasteggiato con acqua di rubinetto che loro chiamano agua de grifo e eau en bouteille. Il più delle volte il cameriere portava direttamente al tavolo la bottiglia senza richieste specifiche. In Italia, al contrario, la minerale si trova spesso sul tavolo del ristorante e chiedere l’acqua del sindaco come alternativa è sempre un’impresa. Anche se si dice sempre più sottovoce perché non è considerato un complimento, gli italiani sono i maggiori utilizzatori di acqua minerale in bottiglia.
Secondo l’ultima statistica firmata Beverfood nel 2018 abbiamo consumato 13,370 miliardi di litri. Stiamo parlando di 221 litri a testa, per una spesa familiare di circa 145 euro l’anno. Nel calcolo complessivo bisogna considerare anche 1,5 miliardi di litri esportati. Se esaminiamo i consumi pro-capite in seconda posizione troviamo i tedeschi con 195, i francesi e gli spagnoli con 140, mentre gli inglesi arrivano a 50 circa. Escludendo quelle di vetro, il parco bottiglie italiano ammonta a quasi 12 miliardi di pezzi che nell’80-90% dei casi finiscono nei termovalorizzatori, negli impianti di incenerimento, in discarica e in parte vengono dispersi nell’ambiente. Anche se di poco i consumi sono aumentati e i numeri sono a record. A dispetto dei numeri qualche segnale diverso a livello statistico si registra. Secondo l’Istat il numero di famiglie che non si fidano di bere l’acqua di rubinetto sono passate dal 40% nel 2002 al 29% nel 2018, ma questa tendenza non incide sui consumi di acqua in bottiglia. L’argomento viene poco trattato sui giornali e sui media perché il consumo esagerato non trova giustificazione in un Paese dove l’acqua del rubinetto in molti casi è di ottima qualità.

Un test condotto da Legambiente con l’Università di Milano Bicocca ha stabilito che l’acqua della rete idrica di Genova, Venezia, Milano e Palermo ha una composizione chimica confrontabile rispettivamente all’Acqua Panna, Rocchetta, Acqua Nepi e Acqua Claudia. Insomma il rubinetto come l’acqua minerale. I gestori della rete idrica pubblica mostrano però poco interesse rispetto ai consumi record. Per loro la cosa importante è garantire l’approvvigionamento e non si fanno troppe domande sulle perplessità di molti cittadini nei confronti dell’acqua di rete. Basta dire che buona parte delle persone ritiene i sassolini di calcare presenti nel filtro rompigetto corresponsabili dei calcoli renali. Al contrario le aziende imbottigliatrici fanno spot pubblicitari dove si vantano caratteristiche salutistiche come la scarsa presenza di sodio, l’alta percentuale di calcio e la minima presenza di sali con valori del tutto insignificanti se si considera il bilancio giornaliero.
Il quadro è disastroso ma non bisogna disperare. La borraccia è stato l’oggetto cult più regalato a Natale e moltissimi ragazzi e studenti hanno da tempo abbandonato le bottigliette di plastica a favore del contenitore in alluminio. Il segnale è importante. Speriamo che queste scelte possano ridurre i consumi di un prodotto troppo spesso inutile che ci posiziona al vertice di una classifica mondiale poco invidiabile.
fonte: www.ilfattoalimentare.it