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Italiani al ristorante, ecco quanto sprechiamo

Lo rileva l'indagine condotta dall'Istituto Green Bocconi per conto di Metro Italia


















Lo spreco alimentare si combatte anche mangiando fuori casa. In Italia ogni anno si sprecano 5,6 milioni di tonnellate di cibo e più della metà di queste eccedenze, il 57%, si produce nelle prima parte della filiera, tra produttori, distributori e – appunto – ristorazione, settore che in Italia conta oltre 320.000 tra ristoranti, bar, take away, pasticcerie e gelaterie. Cosa fanno per contrastare il fenomeno e qual è la sensibilità di imprenditori e clienti al riguardo, lo ha indagato una ricerca condotta da per conto di Istituto Green Bocconi per conto di Metro Italia

“Secondo i risultati emersi dalla ricerca, che ha visto coinvolti e messo a confronto ristoratori e clienti in tutta Italia, si stima che nei ristoranti italiani si gettino tra i 3 e i 5 sacchi a settimana di rifiuti organici - afferma Fabio Iraldo, docente all’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore scientifico Istituto Green Università Bocconi - uno spreco percepito dai ristoratori, nell’84% dei casi, come un costo e/o una perdita e che secondo l’89% dei consumatori finali incide negativamente sul conto presentato a fine pasto”.
Un terzo dei ristoratori intervistati mette in campo azioni antispreco. Tra le iniziative più diffuse ci sono: processi di minimizzazione degli scarti in cucina, attrezzature per la migliore conservazione dei cibi, ottimizzazione degli acquisti, revisione del menù in ottica antispreco, possibilità di scelta per il cliente di porzioni alternative e ridotte, doggy bag e cibo da asporto.
Tra queste, la cosiddetta 'doggy bag' che consente ai clienti di portare gli avanzi a casa fatica a prendere piede sebbene per l'86% degli intervistati sia uno strumento fondamentale. Ma perché non la chiediamo? Perché è avanzato poco cibo (78%), perché il cibo non è gradito (68%), perché l'asporto non è pratico soprattutto se poi non si va direttamente a casa (67%) e perché crea imbarazzo (55%). Fa eccezione il Nord-Ovest, dove la doggy bag è molto più richiesta rispetto ad altre aree del Paese.
Ma se il quadro è disomogeneo, a mettere d’accordo i consumatori è l’idea che questo cibo dovrebbe essere donato a chi ne ha bisogno (92%). Ma, secondo la ricerca, si dona ancora troppo poco non sfruttando pienamente la legge Gadda, la cosiddetta legge ‘antispreco’
In questo quadro si inserisce il protocollo d’intesa siglato tra Metro Italia, fondazione Banco Alimentare e Istituto Management Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che ha l’obiettivo di definire un percorso comune volto a promuovere la cultura della lotta allo spreco alimentare nel mondo della ristorazione in Italia.
In tema di lotta agli sprechi alimentari "il nostro Paese è sicuramente all’avanguardia, grazie sia agli aspetti normativi sia all’impegno che tanti soggetti della società civile da anni dedicano al recupero delle eccedenze alimentari, in particolare per fini sociali – dichiara Giovanni Bruno, presidente della fondazione Banco Alimentare Onlus - La collaborazione tra profit e non profit, secondo la nostra trentennale esperienza, è la chiave per ottenere risultati concreti".
"Per questa ragione abbiamo accolto con grande favore la proposta di sottoscrivere un protocollo d’intesa - aggiunge Bruno - per avviare un tavolo di studio volto a individuare quali siano le buone pratiche da seguire per diminuire lo spreco nella ristorazione, arrivando a redigere così un vademecum con adeguate linee guida”.

Metro Italia, un vademecum del ristoratore sostenibile entro l'estate
Nella lotta allo spreco alimentare, Metro Italia annuncia la pubblicazione entro l'estate del Vademecum del ristoratore sostenibile, "un manuale - spiega Tanya Kopps, Ceo di Metro Italia - che conterrà indicazioni utili per ridurre gli scarti e informare sulle opportunità offerte dalla legge 166/2016”. Il Vademecum sarà distribuito ai professionisti dell’Horeca (Hostellerie, Restaurant, Caffè, Catering) in tutta Italia e sarà promosso attraverso iniziative di sensibilizzazione.
Dal punto di vista normativo, ricorda Maria Chiara Gadda, capogruppo di Italia Viva in Commissione Agricoltura alla Camera, "la legge 'antispreco' è la prima legge di economia circolare nel nostro Paese che ha coniugato la solidarietà sociale con il recupero delle eccedenze alimentari all’interno della filiera produttiva. I numeri - aggiunge la prima firmataria della legge 166/2016 - confermano, con un incremento medio del 25% delle donazioni, che la strada della semplificazione burocratica e delle agevolazioni fiscali è il modo giusto di procedere".
La legge 166, ricorda Gadda, "offre risposte e opportunità che prima non esistevano creando una rete tra enti non profit e imprese per una gestione efficiente delle eccedenze. Lo spreco si combatte in tutte le fasi della filiera alimentare. La ristorazione ha un ruolo importante, ottimizzando i processi e donando le eccedenze per solidarietà sociale, e coinvolgendo i cittadini nella prevenzione e nelle buone pratiche come la doggy bag”.

Cosa dice la 'legge antisprechi'
La Legge 166 cosiddetta “antisprechi” è entrata in vigore il 14 settembre del 2016. Nasce con l’obiettivo di limitare gli sprechi, promuovendo nel contempo la redistribuzione delle eccedenze alimentari e farmaceutiche per fini di solidarietà sociale destinandoli a chi ne ha più bisogno.
Dal 2018 viene ampliato il paniere dei beni donabili che beneficiano delle agevolazioni fiscali e delle disposizioni introdotte: oltre agli alimenti e ai farmaci, possono essere donati articoli di medicazione, i prodotti per la cura e l’igiene della persona e della casa e quelli di cartoleria e cancelleria. Estese inoltre le agevolazioni fiscali alle donazioni a favore di tutti gli enti del Terzo Settore che si iscriveranno nel Registro unico nazionale, incluse cooperative e imprese sociali.
La donazione non si considera “cessione” ai fini fiscali e dunque non genera ricavi, consentendo, quindi all’impresa di dedurre tutti i costi ai fini Iva, le operazioni sono equiparate a quelle di distruzione dei beni: nessuna imposta sulle merci in uscita, mentre è riconosciuta la detrazione dell’Iva assolta a monte.
Ogni anno in Italia sono 5,6 milioni le tonnellate di cibo prodotto in eccedenza lungo tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo finale. Il 57% di queste eccedenze è generato dalla prima parte della filiera: produttori, distributori e operatori della ristorazione; il 43% dai consumatori finali.

fonte: https://www.adnkronos.com/

Acqua minerale al ristorante? In Spagna e Francia si beve quella del rubinetto, gli italiani preferiscono la bottiglia ed è record di consumi

















Nei sette giorni trascorsi nei Paesi Baschi spagnoli e francesi ho frequentato ristoranti, brasserie e tabernas dove ho sempre pasteggiato con acqua di rubinetto che loro chiamano agua de grifo e eau en bouteille. Il più delle volte il cameriere portava direttamente al tavolo la bottiglia senza richieste specifiche. In Italia, al contrario, la minerale si trova spesso sul tavolo del ristorante e chiedere l’acqua del sindaco come alternativa è sempre un’impresa. Anche se si dice sempre più sottovoce perché non è considerato un complimento, gli italiani sono i maggiori utilizzatori di acqua minerale in bottiglia.
Secondo l’ultima statistica firmata Beverfood nel 2018 abbiamo consumato 13,370 miliardi di litri. Stiamo parlando di 221 litri a testa, per una spesa familiare di circa 145 euro l’anno. Nel calcolo complessivo bisogna considerare anche 1,5 miliardi di litri esportati. Se esaminiamo  i consumi pro-capite in seconda posizione troviamo i tedeschi con 195, i francesi e gli spagnoli con 140, mentre gli inglesi arrivano a 50 circa. Escludendo quelle di vetro, il parco bottiglie italiano ammonta a quasi 12 miliardi di pezzi che nell’80-90% dei casi finiscono nei termovalorizzatori, negli impianti di incenerimento, in discarica e in parte vengono dispersi nell’ambiente. Anche se di poco i consumi sono  aumentati e i numeri sono a record. A dispetto dei numeri qualche segnale diverso a livello statistico si registra. Secondo l’Istat il numero di  famiglie che non si fidano di bere l’acqua di rubinetto sono passate dal 40% nel 2002  al 29% nel 2018, ma questa tendenza non incide sui consumi di acqua in bottiglia.  L’argomento viene poco trattato sui giornali e sui media perché il consumo esagerato non trova giustificazione in un Paese dove l’acqua del rubinetto in molti casi è di ottima qualità.
In Italia al ristorante solo acqua minerale ed è record mondiale di consumi
Un test condotto da Legambiente con l’Università di Milano Bicocca ha stabilito che l’acqua della rete idrica di Genova, Venezia, Milano e Palermo ha una composizione chimica confrontabile rispettivamente all’Acqua Panna, Rocchetta, Acqua Nepi e Acqua Claudia. Insomma il rubinetto come l’acqua minerale. I gestori della rete idrica pubblica mostrano però poco interesse rispetto ai consumi record. Per loro la cosa importante è garantire l’approvvigionamento e non si fanno troppe domande sulle perplessità di molti cittadini nei confronti dell’acqua di rete. Basta dire che buona parte delle persone ritiene i sassolini di calcare presenti nel filtro rompigetto corresponsabili dei calcoli renali. Al contrario le aziende imbottigliatrici fanno spot pubblicitari dove si vantano caratteristiche salutistiche come la scarsa presenza di sodio, l’alta percentuale di calcio e la minima presenza di sali con valori del tutto insignificanti se si considera il bilancio giornaliero.
Il quadro è disastroso ma non bisogna disperare. La borraccia è stato l’oggetto cult più regalato a Natale e moltissimi ragazzi e studenti hanno da tempo abbandonato le bottigliette di plastica a favore del contenitore in alluminio. Il segnale è importante. Speriamo che queste scelte possano ridurre i consumi di un prodotto troppo spesso inutile che ci posiziona al vertice di una classifica mondiale poco invidiabile.
fonte: www.ilfattoalimentare.it