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Gadda: ‘La nostra società non spreca soltanto cibo ma anche libri’
Torino, 21 febbraio 2020 - L’On Gadda al Festival del Giornalismo Alimentare partecipa al panel: “Da Doggy Bag a Food Bag. Il diritto agli avanzi senza vergogna”. Gadda: “La legge 166 parla di economia circolare che recupera beni per dare delle risposte a dei bisogni sociali. La nostra società non spreca soltanto cibo ma prodotti per l'igiene intima, cancelleria e anche libri”
cittaeco
Italiani al ristorante, ecco quanto sprechiamo
Lo rileva l'indagine condotta dall'Istituto Green Bocconi per conto di Metro Italia
Lo spreco alimentare si combatte anche mangiando fuori casa. In Italia ogni anno si sprecano 5,6 milioni di tonnellate di cibo e più della metà di queste eccedenze, il 57%, si produce nelle prima parte della filiera, tra produttori, distributori e – appunto – ristorazione, settore che in Italia conta oltre 320.000 tra ristoranti, bar, take away, pasticcerie e gelaterie. Cosa fanno per contrastare il fenomeno e qual è la sensibilità di imprenditori e clienti al riguardo, lo ha indagato una ricerca condotta da per conto di Istituto Green Bocconi per conto di Metro Italia
“Secondo i risultati emersi dalla ricerca, che ha visto coinvolti e messo a confronto ristoratori e clienti in tutta Italia, si stima che nei ristoranti italiani si gettino tra i 3 e i 5 sacchi a settimana di rifiuti organici - afferma Fabio Iraldo, docente all’Istituto di Management della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e direttore scientifico Istituto Green Università Bocconi - uno spreco percepito dai ristoratori, nell’84% dei casi, come un costo e/o una perdita e che secondo l’89% dei consumatori finali incide negativamente sul conto presentato a fine pasto”.
Un terzo dei ristoratori intervistati mette in campo azioni antispreco. Tra le iniziative più diffuse ci sono: processi di minimizzazione degli scarti in cucina, attrezzature per la migliore conservazione dei cibi, ottimizzazione degli acquisti, revisione del menù in ottica antispreco, possibilità di scelta per il cliente di porzioni alternative e ridotte, doggy bag e cibo da asporto.
Tra queste, la cosiddetta 'doggy bag' che consente ai clienti di portare gli avanzi a casa fatica a prendere piede sebbene per l'86% degli intervistati sia uno strumento fondamentale. Ma perché non la chiediamo? Perché è avanzato poco cibo (78%), perché il cibo non è gradito (68%), perché l'asporto non è pratico soprattutto se poi non si va direttamente a casa (67%) e perché crea imbarazzo (55%). Fa eccezione il Nord-Ovest, dove la doggy bag è molto più richiesta rispetto ad altre aree del Paese.
Ma se il quadro è disomogeneo, a mettere d’accordo i consumatori è l’idea che questo cibo dovrebbe essere donato a chi ne ha bisogno (92%). Ma, secondo la ricerca, si dona ancora troppo poco non sfruttando pienamente la legge Gadda, la cosiddetta legge ‘antispreco’
In questo quadro si inserisce il protocollo d’intesa siglato tra Metro Italia, fondazione Banco Alimentare e Istituto Management Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa che ha l’obiettivo di definire un percorso comune volto a promuovere la cultura della lotta allo spreco alimentare nel mondo della ristorazione in Italia.
In tema di lotta agli sprechi alimentari "il nostro Paese è sicuramente all’avanguardia, grazie sia agli aspetti normativi sia all’impegno che tanti soggetti della società civile da anni dedicano al recupero delle eccedenze alimentari, in particolare per fini sociali – dichiara Giovanni Bruno, presidente della fondazione Banco Alimentare Onlus - La collaborazione tra profit e non profit, secondo la nostra trentennale esperienza, è la chiave per ottenere risultati concreti".
"Per questa ragione abbiamo accolto con grande favore la proposta di sottoscrivere un protocollo d’intesa - aggiunge Bruno - per avviare un tavolo di studio volto a individuare quali siano le buone pratiche da seguire per diminuire lo spreco nella ristorazione, arrivando a redigere così un vademecum con adeguate linee guida”.
Metro Italia, un vademecum del ristoratore sostenibile entro l'estate
Nella lotta allo spreco alimentare, Metro Italia annuncia la pubblicazione entro l'estate del Vademecum del ristoratore sostenibile, "un manuale - spiega Tanya Kopps, Ceo di Metro Italia - che conterrà indicazioni utili per ridurre gli scarti e informare sulle opportunità offerte dalla legge 166/2016”. Il Vademecum sarà distribuito ai professionisti dell’Horeca (Hostellerie, Restaurant, Caffè, Catering) in tutta Italia e sarà promosso attraverso iniziative di sensibilizzazione.
Dal punto di vista normativo, ricorda Maria Chiara Gadda, capogruppo di Italia Viva in Commissione Agricoltura alla Camera, "la legge 'antispreco' è la prima legge di economia circolare nel nostro Paese che ha coniugato la solidarietà sociale con il recupero delle eccedenze alimentari all’interno della filiera produttiva. I numeri - aggiunge la prima firmataria della legge 166/2016 - confermano, con un incremento medio del 25% delle donazioni, che la strada della semplificazione burocratica e delle agevolazioni fiscali è il modo giusto di procedere".
La legge 166, ricorda Gadda, "offre risposte e opportunità che prima non esistevano creando una rete tra enti non profit e imprese per una gestione efficiente delle eccedenze. Lo spreco si combatte in tutte le fasi della filiera alimentare. La ristorazione ha un ruolo importante, ottimizzando i processi e donando le eccedenze per solidarietà sociale, e coinvolgendo i cittadini nella prevenzione e nelle buone pratiche come la doggy bag”.
Cosa dice la 'legge antisprechi'
La Legge 166 cosiddetta “antisprechi” è entrata in vigore il 14 settembre del 2016. Nasce con l’obiettivo di limitare gli sprechi, promuovendo nel contempo la redistribuzione delle eccedenze alimentari e farmaceutiche per fini di solidarietà sociale destinandoli a chi ne ha più bisogno.
Dal 2018 viene ampliato il paniere dei beni donabili che beneficiano delle agevolazioni fiscali e delle disposizioni introdotte: oltre agli alimenti e ai farmaci, possono essere donati articoli di medicazione, i prodotti per la cura e l’igiene della persona e della casa e quelli di cartoleria e cancelleria. Estese inoltre le agevolazioni fiscali alle donazioni a favore di tutti gli enti del Terzo Settore che si iscriveranno nel Registro unico nazionale, incluse cooperative e imprese sociali.
La donazione non si considera “cessione” ai fini fiscali e dunque non genera ricavi, consentendo, quindi all’impresa di dedurre tutti i costi ai fini Iva, le operazioni sono equiparate a quelle di distruzione dei beni: nessuna imposta sulle merci in uscita, mentre è riconosciuta la detrazione dell’Iva assolta a monte.
Ogni anno in Italia sono 5,6 milioni le tonnellate di cibo prodotto in eccedenza lungo tutta la filiera agroalimentare, dalla produzione al consumo finale. Il 57% di queste eccedenze è generato dalla prima parte della filiera: produttori, distributori e operatori della ristorazione; il 43% dai consumatori finali.
fonte: https://www.adnkronos.com/
Cibo e sprechi, i risultati di Life-Food Waste Stand Up
Più di 10mila aziende agroalimentari coinvolte, 12mila punti vendita sensibilizzati e 500mila consumatori raggiunti: sono questi i principali risultati del progetto LIFE–Food.Waste.StandUp, meno sprechi più solidarietà che si è concluso nei giorni scorsi con una conferenza alla quale hanno partecipato i promotori –Federalimentare (capofila), Federdistribuzione, Fondazione Banco Alimentare Onlus e Unione Nazionale Consumatori– e molti dei protagonisti di questi tre anni di campagne antispreco.
Oltre alla collaborazione di tutti i soggetti della filiera, il progetto ha visto la partecipazione del mondo della scuola, della ristorazione, ma anche della politica considerato il supporto della legge 166/2016 anti-spreco alimentare (Legge Gadda dal nome dell’onorevole firmataria) in vigore da tre anni, grazie alla quale l’Italia è diventata il primo paese al mondo a dotarsi di una normativa che presenta un approccio strategico al problema dello spreco alimentare e un esempio virtuoso per tutta l’Europa.
La necessità di un progetto di questa portata era giustificata dai numeri: secondo la FAO, nel mondo 1,3 miliardi di tonnellate di cibo vanno sprecate, per un valore di oltre 2000 miliardi di euro. Ciò significa che 1/3 della produzione mondiale di cibo finisce nella spazzatura. Solo in Italia, in particolare, ogni anno circa 5,1 milione di tonnellate di cibo diventa spreco alimentare, per un valore di circa 12,6 miliardi di euro (circa il 15,4% degli alimenti annualmente consumati).
Gli sprechi riguardano l’intera filiera: il 57 per cento delle eccedenze alimentari viene generato dagli attori economici (settore primario-trasformazione-distribuzione-ristorazione) e il restante 43 per cento dai consumatori che, nonostante negli ultimi anni abbiano sviluppato una particolare sensibilità ai temi del food non hanno ancora una diffusa consapevolezza sui temi legati allo spreco. Le motivazioni sono riconducibili, probabilmente, a scorrette abitudini alimentari e retaggi del boom economico che per anni hanno portato le famiglie a riempire i carrelli di prodotti fuori misura frutto di mode, pubblicità e canoni estetici dettati dal marketing.
Il contributo dell’Unione Nazionale Consumatori al progetto Life Food Waste stand Up si è mosso proprio in questa direzione con una serie di iniziative volte a sensibilizzare i consumatori verso corretti stili di vita e più consapevolezza sia nel fare la spesa che nel modo di conservare e cucinare gli alimenti: “l’abbiamo fatto – ha spiegato il Presidente di Unc Massimiliano Dona– parlando alla gente con incontri sul territorio, convention, pubblicazioni e materiali digitali, ma anche avvicinandoci al mondo della scuola con particolare riferimento agli Istituti alberghieri, in quanto luoghi di formazione per i professionisti del futuro che lavoreranno nei luoghi della ristorazione e dell’accoglienza, nei quali la gestione degli sprechi è fondamentale”.
La strada è ancora lunga: è importante avere il supporto delle Istituzioni (la legge Gadda segna un passo avanti epocale) e delle imprese per ridurre gli sprechi nell’intera filiera e promuovere l’attività di recupero delle eccedenze alimentari ai fini sociali.
Questi primi tre ani segnano dunque le fondamenta dell’impegno della filiera contro lo spreco, l’auspicio è che anche grazie al contributo di iniziative come questa promossa dalla Commissione Europea, il rispetto del cibo e la cultura del riciclo diventino capisaldi della nostra cultura
Guarda le foto Tre anni di LIFE – Food.Waste.StandUp: evento di chiusura.
fonte: https://www.consumatori.it/
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Tre anni di legge anti-sprechi: così le eccedenze diventano circolari
Presente e futuro della legge che ha facilitato e semplificato il meccanismo delle donazioni in Italia. La deputata Maria Chiara Gadda: «Grazie alle legge 166/2016 possiamo reimmettere in un circuito virtuoso, quello della solidarietà e dell'economia circolare, una serie di beni che sono perfettamente consumabili e che possono essere messi a disposizione a favore della comunità»

Il 14 settembre 2016 entrava in vigore la legge 166. Il provvedimento, conosciuto anche come 'legge anti-sprechi', ha facilitato e semplificato il meccanismo delle donazioni, aumentandone sia la quantità (+25%) che la varietà dei prodotti sottratti allo spreco. Il tutto con una finalità di «solidarietà sociale» come sottolinea la prima firmataria del provvedimento, Maria Chiara Gadda.
Intervenuta al convegno “The Dark Side of the Food”, la deputata ha fatto il punto della situazione su presente e futuro del provvedimento: «Oggi possiamo dire che abbiamo sperimentato tante buone pratiche». Maria Chiara Gadda si concentra su una parola: eccedenza. «È normale, capita anche nella nostra vita che si generino delle eccedenze, come accade nella filiera produttiva. La domanda a cui risponde la legge 166 è questa: che fine possono fare queste eccedenze? Attraverso un sistema di semplificazione burocratica, e anche di agevolazione fiscale, le eccedenze oggi, grazie alla legge anti-sprechi, possono diventare un bene per qualcun'altro, per le tante associazioni di volontariato impegnate sul territorio a favore di quelle persone che fanno fatica a fare la spesa».

«La cosa fondamentale è pensare al benessere della persona» afferma la deputata, che sottolinea il diritto ad una dieta sana ed equilibrata per tutti. «È bene recuperare, come dice la legge, non solo i beni a lunga conservazione ma anche quelli freschi e freschissimi, come la frutta, la verdura e i prodotti cotti: pensiamo a quante eccedenze si possono generare in una mensa scolastica, piuttosto che in un banchetto di nozze. Le legge rende possibile anche il recupero di questi beni. E poi – aggiunge Maria Chiara Gadda - prevede altri prodotti da recuperare, perché la povertà non è solo alimentare nel nostro Paese, ma anche sanitaria e legata alle condizioni di vita della persona: il benessere, infatti, si consegue anche se posso vivere in un ambiente pulito, idoneo e se posso pensare alla mia igiene personale». Nel solco di questo filosofia, il raggio d'azione del provvedimento è stato esteso successivamente. Oggi la legge 166 non riguarda soltanto il cibo, ma anche i farmaci, i prodotti di cartoleria e cancelleria, i prodotti di igiene per la persona e per la casa. «La legge – aggiunge la deputata - dà nuova vita a questi prodotti che altrimenti la perderebbero. Dobbiamo reimmettere in un circuito virtuoso, quello della solidarietà e dell'economia circolare, questa serie di beni che sono perfettamente consumabili e che possono essere messi a disposizione a favore della comunità».

In questi tre anni di legge “anti-sprechi” si sono anche concretizzate a livello territoriale esperienze di aggregazione sul tema. Da Torino arriva l'esempio di “Food PRIDE, Partecipare, Recuperare, Integrare, Distribuire, Educare”. Intorno a queste parole d'ordine, che sono anche la sigla del progetto, una quindicina di enti e associazioni del capoluogo e della città metropolitana, con il sostegno della Compagnia di San Paolo, si sono messe in rete contro lo spreco alimentare sul territorio. Tra le azioni intraprese, un innovativo sistema di recupero e redistribuzione delle eccedenze alimentari invendute nei mercati rionali e nei negozi di prossimità, realizzato con l'ausilio dei FOOD PRIDErs, fattorini con biciclette e cargo bike che trasportano il cibo verso i punti di raccolta e distribuzione.
I primi risultati del progetto testimoniano che la sinergia funziona. «Solo nei mesi di giugno e luglio, grazie alla disponibilità dei commercianti e alla presenza di collaboratori e volontari, abbiamo recuperato e distribuito più di 20.000 kg di alimenti ancora edibili. Inoltre - evidenzia Sonia Migliore, referente del progetto Food Pride - il progetto attua attività di educazione alimentare e contro lo spreco di cibo tramite laboratori di cucina sociale in cui i partecipanti diventano protagonisti nella realizzazione di piatti creativi, nella preparazione di pasti condivisi per “alimentare” momenti conviviali di quartiere, nei festival e nelle attività didattiche». Infine, un’ulteriore azione del progetto prevede momenti di formazione sulla legge anti-sprechi. «Un provvedimento fondamentale - conclude Sonia Migliore - i cui effetti positivi possono crescere ancora di più se la legge viene compresa a fondo da tutti gli attori coinvolti nel processo».GIUSEPPE IASPARRA
fonte: https://www.lastampa.it

Il 14 settembre 2016 entrava in vigore la legge 166. Il provvedimento, conosciuto anche come 'legge anti-sprechi', ha facilitato e semplificato il meccanismo delle donazioni, aumentandone sia la quantità (+25%) che la varietà dei prodotti sottratti allo spreco. Il tutto con una finalità di «solidarietà sociale» come sottolinea la prima firmataria del provvedimento, Maria Chiara Gadda.
Intervenuta al convegno “The Dark Side of the Food”, la deputata ha fatto il punto della situazione su presente e futuro del provvedimento: «Oggi possiamo dire che abbiamo sperimentato tante buone pratiche». Maria Chiara Gadda si concentra su una parola: eccedenza. «È normale, capita anche nella nostra vita che si generino delle eccedenze, come accade nella filiera produttiva. La domanda a cui risponde la legge 166 è questa: che fine possono fare queste eccedenze? Attraverso un sistema di semplificazione burocratica, e anche di agevolazione fiscale, le eccedenze oggi, grazie alla legge anti-sprechi, possono diventare un bene per qualcun'altro, per le tante associazioni di volontariato impegnate sul territorio a favore di quelle persone che fanno fatica a fare la spesa».

«La cosa fondamentale è pensare al benessere della persona» afferma la deputata, che sottolinea il diritto ad una dieta sana ed equilibrata per tutti. «È bene recuperare, come dice la legge, non solo i beni a lunga conservazione ma anche quelli freschi e freschissimi, come la frutta, la verdura e i prodotti cotti: pensiamo a quante eccedenze si possono generare in una mensa scolastica, piuttosto che in un banchetto di nozze. Le legge rende possibile anche il recupero di questi beni. E poi – aggiunge Maria Chiara Gadda - prevede altri prodotti da recuperare, perché la povertà non è solo alimentare nel nostro Paese, ma anche sanitaria e legata alle condizioni di vita della persona: il benessere, infatti, si consegue anche se posso vivere in un ambiente pulito, idoneo e se posso pensare alla mia igiene personale». Nel solco di questo filosofia, il raggio d'azione del provvedimento è stato esteso successivamente. Oggi la legge 166 non riguarda soltanto il cibo, ma anche i farmaci, i prodotti di cartoleria e cancelleria, i prodotti di igiene per la persona e per la casa. «La legge – aggiunge la deputata - dà nuova vita a questi prodotti che altrimenti la perderebbero. Dobbiamo reimmettere in un circuito virtuoso, quello della solidarietà e dell'economia circolare, questa serie di beni che sono perfettamente consumabili e che possono essere messi a disposizione a favore della comunità».

In questi tre anni di legge “anti-sprechi” si sono anche concretizzate a livello territoriale esperienze di aggregazione sul tema. Da Torino arriva l'esempio di “Food PRIDE, Partecipare, Recuperare, Integrare, Distribuire, Educare”. Intorno a queste parole d'ordine, che sono anche la sigla del progetto, una quindicina di enti e associazioni del capoluogo e della città metropolitana, con il sostegno della Compagnia di San Paolo, si sono messe in rete contro lo spreco alimentare sul territorio. Tra le azioni intraprese, un innovativo sistema di recupero e redistribuzione delle eccedenze alimentari invendute nei mercati rionali e nei negozi di prossimità, realizzato con l'ausilio dei FOOD PRIDErs, fattorini con biciclette e cargo bike che trasportano il cibo verso i punti di raccolta e distribuzione.
I primi risultati del progetto testimoniano che la sinergia funziona. «Solo nei mesi di giugno e luglio, grazie alla disponibilità dei commercianti e alla presenza di collaboratori e volontari, abbiamo recuperato e distribuito più di 20.000 kg di alimenti ancora edibili. Inoltre - evidenzia Sonia Migliore, referente del progetto Food Pride - il progetto attua attività di educazione alimentare e contro lo spreco di cibo tramite laboratori di cucina sociale in cui i partecipanti diventano protagonisti nella realizzazione di piatti creativi, nella preparazione di pasti condivisi per “alimentare” momenti conviviali di quartiere, nei festival e nelle attività didattiche». Infine, un’ulteriore azione del progetto prevede momenti di formazione sulla legge anti-sprechi. «Un provvedimento fondamentale - conclude Sonia Migliore - i cui effetti positivi possono crescere ancora di più se la legge viene compresa a fondo da tutti gli attori coinvolti nel processo».GIUSEPPE IASPARRA
fonte: https://www.lastampa.it
Troppo di tutto
INUTILE SCIUPO.
Mentre 2,7 milioni di italiani chiedono aiuto per mangiare, in famiglia si gettano
12 miliardi in alimenti, la grande distribuzione ne brucia 3. Nel mondo il 30% finisce nella spazzatura
In un mondo in cui 800 milioni di persone non hanno cibo e in cui nel 2050, per sfamare
9 miliardi, dovremo produrre il 70% in più di alimenti, un terzo della produzione globale
di cibo viene sprecata, tra cibo perso durante la produzione e quello letteralmente
gettato nel secchio. Metà della frutta e degli ortaggi, il 25% della carne – equivalente
a 75 milioni di mucche – il 35% del pesce, il 20% dei prodotti lattiero-caseari.
1,3 miliardi di tonnellate di cibo, 1,6 se si considera la parte non edibile degli alimenti,
secondo i dati 2019 della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition.
E purtroppo lo spreco è destinato ad aumentare del 61,5% entro il 2030, con un allontanamento dall’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile, che prevede per
quella data il dimezzamento dello spreco attuale. La differenza tra paesi è scioccante:
si sprecano 95-115 kg di cibo procapite all’anno in Europa e in America, contro i 6-11 kg
nell ’Africa sub-Sahariana e del Sud-est asiatico.
UN TERZO di cibo sprecato, purtroppo, significa anche acqua buttata - 250.000 miliardi
di litri, tre volte il lago di Ginevra - Significa suolo consumato invano - 1,4 miliardi
di ettari, il 30% della superficie agricola disponibile - E ancora, soldi sprecati: secondo
uno studio pubblicato dalla Fao, Food Wastage Footprint – full cost accounting, i
costi vivi e nascosti ammonterebbero a 2.600 miliardi di dollari, di cui 700 miliardi di
costi ambientali e 900 sociali.
Gettare cibo non è più solo un enorme problema morale, ma anche ambientale, perché
aggrava il riscaldamento globale Lo spiegano bene sia il rapporto “Combattere spreco
e perdite alimentari, la chiave per tutelare l’ambiente”, dell’Istituto superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), sia l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) su "Cambiamento climatico e territorio": allo spreco alimentare sono associate emissioni di gas serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate, pari a circa l’8% delle emissioni totali (se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto come paese emettitore dopo Cina e Usa). Tra l’altro, i cambiamenti climatici aggravano le perdite da filiera, visto che eventi avversi possono distruggere interi raccolti.
In Italia, dove 2,7 milioni di persone sono costrette a chiedere aiuto per il cibo, lo
spreco ammonta a 15 miliardi di euro, quasi un punto di Pil, di cui oltre 3 miliardi è lo spreco da filiera (il 21,1%) e quasi 12 lo spreco familiare, il più grave e più difficile da aggredire (Rapporto Waste Watcher/Last Minute Market 2019). Infatti, sul fronte degli
sprechi della grande distribuzione – ipermercati e supermercati – moltissimo si è
fatto, grazie anche alla legge Gadda 166 del 2016, che ha stabilito che gli operatori del
settore alimentare possano cedere gratuitamente le eccedenze alimentari ad associazioni
e istituzioni caritatevoli.
Pur senza arrivare all’obbligo francese (la Francia è tra le più virtuose, insieme
al Ruanda e alla Colombia), la legge ha prodotto un aumento delle donazioni del
36% al 2018, secondo il Banco Alimentare, protagonista in Italia nel recupero dello spreco
90.000 sono state le tonnellate di alimenti recuperati nel 2018 e donati a circa 7.569
strutture caritative, arrivando ad aiutare 1,5 milioni di persone bisognose, con un risparmio di 13 milioni di tonnellate di Co2. “La sensibilità generale di tutti gli attori della
filiera con i quali noi collaboriamo è aumentata - spiega Giovanni Bruno, Presidente
della Fondazione Banco Alimentare - ma ad oggi dobbiamo tenere conto del fatto che non tutte le strutture caritative con noi convenzionate sono dotate di celle frigorifere adatte a gestire alimenti deperibili”. Un altro intervento che potrebbe ridurre significativamente lo spreco è quello nelle scuole, che, come spiega sempre Bruno, dovrebbero essere
dotate di un abbattitore, “che fa scendere le temperature in un tempo brevissimo, impedendo la proliferazione batterica del cibo”. L’obiettivo, però, è ancora lontano. Più facile da attuare subito, invece, è una robusta educazione alimentare, sia in casa che a
scuola. È l’ambito in cui lavora da anni la società Last Minute Market, presieduta dal
professor Andrea Segré, attraverso la campagna “Spreco Zero”, che ha appena lanciato
un kit, scaricabile, di buone pratiche per le scuole, nelle cui mense si perdono 90
grammi di cibo a pasto per studente.
COME SPIEGA nel libro Il metodo spreco zero(Bur), le azioni per ridurre lo spreco sono
tantissime, dal compilare liste precise prima di comprare, all’effettuare acquisti ridotti
e ripetuti, dal consultare le etichette (ricordando che la data associata all’indicazione
“consumare preferibilmente il”non è una scadenza) al chiedere la famosa doggy bag con gli avanzi al ristorante.
“Con un po’ di impegno si può arrivare ad avere il bidone della spazzatura senza
nessuno spreco, risparmiando 450 euro l’anno”, precisa Segré, che suggerisce anche
di non acquistare prodotti espressivamente sottocosto.
Ma le pratiche che abbattono lo spreco sono, per fortuna, sempre più diffuse: alcune
in arrivo – l’industria produrrà confezioni che aumentino la shelf life, la vita da
scaffale, del prodotto, mentre si discute di differire la scadenza del latte – altre invece
già attive. Come i frigoriferi condivisi in strada in cui i ristoranti mettono le eccedenze,
diffusissimi ad esempio a Shanghai (dove hanno raggiunto 230.000 famiglie). E
poi app utili come Too Good To Go, che segnalano i ristoranti più vicini presso cui ritirare
cibo cucinato a pochi euro. Il digitale, infine, è stato fondamentale anche per il
progetto di un Banco Alimentare virtuale – Virtual Food Network - avviato da Red de
Alimentos Chile: una piattaforma che mette in connessione chi produce eccedenze
con i vari Banchi Alimentari. Con la rete, davvero, lo spreco non dovrebbe avere più ragion d’essere.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it
Mentre 2,7 milioni di italiani chiedono aiuto per mangiare, in famiglia si gettano
12 miliardi in alimenti, la grande distribuzione ne brucia 3. Nel mondo il 30% finisce nella spazzatura

In un mondo in cui 800 milioni di persone non hanno cibo e in cui nel 2050, per sfamare
9 miliardi, dovremo produrre il 70% in più di alimenti, un terzo della produzione globale
di cibo viene sprecata, tra cibo perso durante la produzione e quello letteralmente
gettato nel secchio. Metà della frutta e degli ortaggi, il 25% della carne – equivalente
a 75 milioni di mucche – il 35% del pesce, il 20% dei prodotti lattiero-caseari.
1,3 miliardi di tonnellate di cibo, 1,6 se si considera la parte non edibile degli alimenti,
secondo i dati 2019 della Fondazione Barilla Center for Food & Nutrition.
E purtroppo lo spreco è destinato ad aumentare del 61,5% entro il 2030, con un allontanamento dall’Agenda Onu 2030 per lo Sviluppo sostenibile, che prevede per
quella data il dimezzamento dello spreco attuale. La differenza tra paesi è scioccante:
si sprecano 95-115 kg di cibo procapite all’anno in Europa e in America, contro i 6-11 kg
nell ’Africa sub-Sahariana e del Sud-est asiatico.
UN TERZO di cibo sprecato, purtroppo, significa anche acqua buttata - 250.000 miliardi
di litri, tre volte il lago di Ginevra - Significa suolo consumato invano - 1,4 miliardi
di ettari, il 30% della superficie agricola disponibile - E ancora, soldi sprecati: secondo
uno studio pubblicato dalla Fao, Food Wastage Footprint – full cost accounting, i
costi vivi e nascosti ammonterebbero a 2.600 miliardi di dollari, di cui 700 miliardi di
costi ambientali e 900 sociali.
Gettare cibo non è più solo un enorme problema morale, ma anche ambientale, perché
aggrava il riscaldamento globale Lo spiegano bene sia il rapporto “Combattere spreco
e perdite alimentari, la chiave per tutelare l’ambiente”, dell’Istituto superiore
per la Protezione e la Ricerca Ambientale (Ispra), sia l’ultimo rapporto dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (Ipcc) su "Cambiamento climatico e territorio": allo spreco alimentare sono associate emissioni di gas serra per circa 3,3 miliardi di tonnellate, pari a circa l’8% delle emissioni totali (se fosse una nazione, lo spreco alimentare sarebbe al terzo posto come paese emettitore dopo Cina e Usa). Tra l’altro, i cambiamenti climatici aggravano le perdite da filiera, visto che eventi avversi possono distruggere interi raccolti.
In Italia, dove 2,7 milioni di persone sono costrette a chiedere aiuto per il cibo, lo
spreco ammonta a 15 miliardi di euro, quasi un punto di Pil, di cui oltre 3 miliardi è lo spreco da filiera (il 21,1%) e quasi 12 lo spreco familiare, il più grave e più difficile da aggredire (Rapporto Waste Watcher/Last Minute Market 2019). Infatti, sul fronte degli
sprechi della grande distribuzione – ipermercati e supermercati – moltissimo si è
fatto, grazie anche alla legge Gadda 166 del 2016, che ha stabilito che gli operatori del
settore alimentare possano cedere gratuitamente le eccedenze alimentari ad associazioni
e istituzioni caritatevoli.
Pur senza arrivare all’obbligo francese (la Francia è tra le più virtuose, insieme
al Ruanda e alla Colombia), la legge ha prodotto un aumento delle donazioni del
36% al 2018, secondo il Banco Alimentare, protagonista in Italia nel recupero dello spreco
90.000 sono state le tonnellate di alimenti recuperati nel 2018 e donati a circa 7.569
strutture caritative, arrivando ad aiutare 1,5 milioni di persone bisognose, con un risparmio di 13 milioni di tonnellate di Co2. “La sensibilità generale di tutti gli attori della
filiera con i quali noi collaboriamo è aumentata - spiega Giovanni Bruno, Presidente
della Fondazione Banco Alimentare - ma ad oggi dobbiamo tenere conto del fatto che non tutte le strutture caritative con noi convenzionate sono dotate di celle frigorifere adatte a gestire alimenti deperibili”. Un altro intervento che potrebbe ridurre significativamente lo spreco è quello nelle scuole, che, come spiega sempre Bruno, dovrebbero essere
dotate di un abbattitore, “che fa scendere le temperature in un tempo brevissimo, impedendo la proliferazione batterica del cibo”. L’obiettivo, però, è ancora lontano. Più facile da attuare subito, invece, è una robusta educazione alimentare, sia in casa che a
scuola. È l’ambito in cui lavora da anni la società Last Minute Market, presieduta dal
professor Andrea Segré, attraverso la campagna “Spreco Zero”, che ha appena lanciato
un kit, scaricabile, di buone pratiche per le scuole, nelle cui mense si perdono 90
grammi di cibo a pasto per studente.
COME SPIEGA nel libro Il metodo spreco zero(Bur), le azioni per ridurre lo spreco sono
tantissime, dal compilare liste precise prima di comprare, all’effettuare acquisti ridotti
e ripetuti, dal consultare le etichette (ricordando che la data associata all’indicazione
“consumare preferibilmente il”non è una scadenza) al chiedere la famosa doggy bag con gli avanzi al ristorante.
“Con un po’ di impegno si può arrivare ad avere il bidone della spazzatura senza
nessuno spreco, risparmiando 450 euro l’anno”, precisa Segré, che suggerisce anche
di non acquistare prodotti espressivamente sottocosto.
Ma le pratiche che abbattono lo spreco sono, per fortuna, sempre più diffuse: alcune
in arrivo – l’industria produrrà confezioni che aumentino la shelf life, la vita da
scaffale, del prodotto, mentre si discute di differire la scadenza del latte – altre invece
già attive. Come i frigoriferi condivisi in strada in cui i ristoranti mettono le eccedenze,
diffusissimi ad esempio a Shanghai (dove hanno raggiunto 230.000 famiglie). E
poi app utili come Too Good To Go, che segnalano i ristoranti più vicini presso cui ritirare
cibo cucinato a pochi euro. Il digitale, infine, è stato fondamentale anche per il
progetto di un Banco Alimentare virtuale – Virtual Food Network - avviato da Red de
Alimentos Chile: una piattaforma che mette in connessione chi produce eccedenze
con i vari Banchi Alimentari. Con la rete, davvero, lo spreco non dovrebbe avere più ragion d’essere.
fonte: www.ilfattoquotidiano.it
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A Torino arrivano i FOOD PRIDErs, fattorini in bicicletta contro lo spreco alimentare
Con il progetto Food Pride, e grazie al contributo della Compagnia di San Paolo, nasce la rete di recupero del cibo invenduto nei negozi di prossimità trasportata con biciclette e cargo bike verso i punti di raccolta e distribuzione dislocati in Pozzo Strada, Borgo San Paolo, Porta Palazzo e Borgo Vittoria
Ma il progetto Food Pride non è solo questo. Alla base c’è l’esperienza di recupero e ridistribuzione del cibo nei mercati di Porta Palazzo, corso Racconigi, corso Brunelleschi e Borgo Vittoria che verrà estesa anche ai mercati di via Porpora, corso Taranto, Nichelino e altri comuni della prima cintura torinese superando di fatto i confini comunali per diffondere pratiche virtuose anche all’area metropolitana. Per tutto il 2019 verranno messe in campo una serie di attività di informazione e sensibilizzazione sullo spreco alimentare e sulla corretta alimentazione. Ad essere coinvolte saranno le scuole torinesi di tutti i gradi con lezioni ad hoc sul tema dello spreco alimentare e la corretta gestione dei rifiuti. Parte del cibo invenduto verrà utilizzato nei laboratori di cucina antispreco rivolti a persone che vivono in condizione di marginalità, e per coinvolgere il resto della cittadinanza sono previsti incontri con nutrizionisti, cene sociali, eventi nelle piazze e momenti di formazione sulla Legge Gadda. Insomma un ventaglio di attività per porre le basi di una vera cultura cittadina sull'uso consapevole delle risorse e il riutilizzo delle eccedenze alimentari, perché Food PRIDE significa Partecipare Recuperare IntegrareDistribuire ed Educare: buone pratiche per ridare dignità agli scarti.
Ogni anno nel mondo circa il 40% del cibo viene sprecato, diventando rifiuto senza nemmeno raggiungere la tavola. Lo spreco riguarda l'intera filiera della sua produzione, dal food waste delle prime fasi (semina, coltivazione) ai food losses dell'ultima fase (distribuzione, vendita e consumo) diviene, in virtù della sua ampia portata, uno dei più significativi fattori che impediscono l'accesso di tutti all'alimentazione quale diritto inalienabile. In Italia nonostante il contrasto allo spreco alimentare sia entrato da qualche anno nell’agenda politica nazionale e locale, le cose non vanno meglio. Secondo il Food Sustainability Index ogni italiano getta nella spazzatura non meno di 65kg di cibo buono all’anno. Non bisogna arrendersi, basta davvero poco per rimettere i nostri comportamenti su di un binario sostenibile. Basta un solo esempio per comprendere i risvolti positivi delle azioni di messe in campo da Food Pride: nel mercato di Porta Palazzo grazie al recupero quotidiano del cibo ancora edibile - nel solo 2018 - sono state recuperate e redistribuite quasi 60 tonnellate di prodotti ortofrutticoli che altrimenti sarebbero finite tra i rifiuti. Un solo gesto ha permesso a più di 200 persone di poter provvedere al sostentamento della propria famiglia e contemporaneamente è stato impedito l’incenerimento di 60 tonnellate di cibo i cui costi economici e ambientali sarebbero ricaduti sulla popolazione torinese.
In occasione della Giornata Nazionale di Prevenzione dello Spreco Alimentare di martedì 5 febbraio il progetto Food Pride entra nel vivo. Con i FOOD PRIDErs nasce la rete di recupero del cibo invenduto nei negozi di prossimità trasportata con biciclette e cargo bike verso i punti di raccolta e distribuzione dislocati in Pozzo Strada, Borgo San Paolo, Porta Palazzo e Borgo Vittoria.
Grazie al sostegno della Compagnia di San Paolo, enti e associazioni torinesi hanno unito le forze per dare una risposta concreta al problema dello spreco alimentare sul territorio della Città di Torino e non solo. Il progetto Food Pride nasce grazie dalla volontà di mettere a sistema le esperienze maturate dall’associazionismo torinese e per questo le associazioni EUFEMIA, ECO DALLE CITTA’, RE.TE. ONG, LEGAMBIENTE METROPOLITANO, COOPERATIVA SOCIALE AERIS, ASS. POPOLARE DANTE DI NANNI, SCS LA RONDINE, ASSOCIAZIONE MISTERIA, ASSOCIAZIONE COMMERCIANTI C.SO BRUNELLESCHI, PARROCCHIA SAN BERNARDINO, COOPERATIVA SOCIALE RAGGIO, il Comune di Torino e l’Asl Torino si sono messi in rete per proporre un'alternativa possibile.
Food Pride è un progetto aperto! Tutti coloro che fossero interessati a saperne di più o che volessero aderire per diffondere le buone pratiche sul contrasto allo spreco di cibo possono contattarci all’indirizzo email paneincomune@eufemia.eu o direttamente sulla nostra pagina Facebook @Food Pride Torino.
fonte: www.ecodellecitta.it
Milano riduce la tari a chi dona cibo, prossima scadenza il 31 dicembre 2018
Milano è la prima grande città italiana che ha applicato il sistema che riduce la tariffa sui rifiuti in proporzione al cibo donato alle ONLUS, come previsto dalla Legge Gadda.
Milano è la prima grande città italiana che ha applicato il sistema che riduce la tariffa sui rifiuti in proporzione al cibo donato, come previsto dalla Legge n.166/2016, conosciuta anche come legge Gadda. Il provvedimento, lo ricordiamo, consente agli operatori del sistema alimentare di donare alle ONLUS il cibo ancora edibile e di usufruire della riduzione della Tari, visto che il cibo in eccedenza a fine giornata potrebbe diventare spreco da gestire come rifiuto.
Come previsto dalla legge, il Consiglio Comunale di Milano ha modificato il regolamento della Tari introducendo con l’art. 22 bis la possibilità di ridurre la tariffa rifiuti in proporzione al cibo donato. Nel mese di febbraio, con 26 voti a favore e 6 contrari, è stato approvato il piano tariffario 2018 della tassa e il nuovo regolamento che per le utenze non domestiche prevede per il primo anno una riduzione fino al 20% sulla parte variabile della tariffa, ovvero sulla parte che tiene conto della quantità di rifiuti prodotti. La riduzione verrà calcolata facendo riferimento alla quantità di cibo donato alle Onlus che - nel rispetto delle norme sulla sicurezza alimentare - lo distribuiranno a chi vive situazioni di difficoltà. Dal secondo anno in poi la riduzione potrà arrivare fino al 50% (percentuale che sarà stabilita annualmente con la delibera di approvazione delle tariffe TARI).
Gli operatori del sistema alimentare, tra questi le mense, le panetterie e i supermercati, che volessero donare cibo in eccedenza e usufruire della riduzione sulla Tari dovranno presentare per il primo anno una Dichiarazione Iniziale, entro il 30 aprile, con la stima della quantità di cibo che si intende donare, l’indicazione dei donatari, il titolo del progetto e il nome della Onlus responsabile del progetto. Ma per chi avesse iniziato le donazioni di cibo dopo il 30 aprile la Dichiarazione dovrà essere presentata entro il 31 dicembre dell’anno di riferimento. Per il secondo anno, entro il 30 aprile, bisognerà inviare al Comune il rendiconto sul cibo effettivamente donato nell’anno precedente e proprio sulla base di questa rendicontazione, da inviare tramite raccomandata A/R o via PEC, sarà applicato lo sconto a conguaglio.
In città la povertà è in aumento. Secondo una stima dei dati della Caritas e della Fondazione Cariplo a Milano sarebbero addirittura 20 mila i bambini che vivono sotto la soglia di povertà e le file fuori dalle mense gestite da associazioni e fondazioni si allungano sempre di più. É una fotografica della realtà milanese che stride con i dati pubblicati nell’ultimo dossier del Sole 24 ore che colloca il capoluogo lombardo al primo posto tra le città italiane per vivibilità e servizi.
La solidarietà comunque non manca. Qualche giorno fa è stato presentato Qubì, il progetto triennale della Fondazione Cariplo di contrasto alla povertà minorile. Milano Ristorazione, la società che in città gestisce il servizio delle mense nelle scuole, recupera pane, frutta e pasti completi che dona all'associaizone Siticibo. Degne di nota sono anche le iniziative di realtà più piccole che ogni giorno si adoperano per recuperare il cibo in eccedenza e lo distribuiscono a chi vive in condizioni di disagio. Tra questi ci sono anche le associazioni che come Recup ed Ecomori recuperano il cibo donato dagli ambulanti nei mercati rionali all’aperto. E chissà che il consiglio comunale il prossimo anno non approvi un’ulteriore modifica del regolamento che consenta la riduzione della tariffa sui rifiuti anche agli ambulanti dei mercati all’aperto che a fine giornata donano il cibo in eccedenza ma ancora edibile/commestibile.
fonte: www.ecodallecitta.it
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Banco Alimentare, +21,4% di cibo recuperato dalla GDO con un anno di Legge Gadda
Confrontando il periodo ottobre 2015 - settembre 2016 e il periodo ottobre 2016 - settembre 2017, le donazioni di eccedenze alimentari fatte alla Onlus da parte della grande distribuzione sono aumentate del 21,4%. "Si tratta soprattutto di un progressivo cambio di cultura degli operatori della filiera"
È molto positivo il bilancio del Banco Alimentare dopo più di un anno dall'entrata in vigore della legge Gadda sullo spreco di cibo.Confrontando il periodo ottobre 2015 - settembre 2016 (mese in cui è stata adottata la norma) e il periodo ottobre 2016 - settembre 2017, le donazioni di eccedenze alimentari fatte alla Onlus da parte della grande distribuzione sono aumentate del 21,4%: 5.573.000 contro 4.635.000 Kg dell'anno precedente.
"Si tratta soprattutto di un progressivo cambio di cultura degli operatori della filiera, - dice Andrea Giussani, Presidente della Fondazione Banco Alimentare - concretamente testimoniato nell'aumento di punti di vendita disponibili e per quantità di alimenti recuperati perché oltre il termine minimo di conservazione”.
Attualmente Banco Alimentare recupera il 77% delle eccedenze di fonte GDO delle regioni Settentrionali. Nell’anno 2016/2017 questi recuperi (4.318 tonnellate) sono aumentati del 16% sull’anno precedente. “Ma va segnalato con soddisfazione che i volumi del Centro Italia (1.050 tonnellate), che rappresentano per il Banco Alimentare il 19% del totale, segnano un incremento, anno su anno del 40%, mentre il Sud indica un incremento del 61%, ovviamente di volumi decisamente inferiori”. Infine il numero dei Punti di Vendita che collaborano al recupero cibo è cresciuto del 7,1% nei primi mesi dopo l’introduzione della Legge e di poco meno nella seconda metà del 2017.
“Naturalmente questo indica che i maggiori volumi di alimenti recuperati sono ottenuti sia per la cresciuta numerosità di punti di vendita che per il cresciuto apporto di quelli attivi da più tempo. Oggi recuperiamo da quasi 1.000 punti vendita della Grande Distribuzione Organizzata”.
Non c'è comunque solo la GDO. È dal 1989 che Banco Alimentare recupera in Italia alimenti ancora integri e non scaduti che sarebbero però destinati alla distruzione, perché non più commercializzabili. Si tratta di cibo che per le ragioni più varie (difetti di confezionamento, etichette sbagliate, confezioni rovinate, prodotti vicini alla data di scadenza) non può essere venduto. Viene recuperato da molteplici donatori della filiera agroalimentare (industria, supermercati, ortomercati, ristorazione aziendale e collettiva), riducendo lo spreco e dando agli alimenti ancora buoni nuovo valore ma soprattutto facendoli diventare risorsa per chi ha troppo poco. Attraverso i 21 magazzini locali vengono distribuiti a oltre 8.000 strutture caritative in tutta Italia: mense per poveri, comunità di minori, caritas, san vincenzo e altri.
fonte: www.ecodallecitta.it
Biella lancia la task force contro gli sprechi di cibo: incentivi agli enti che lo regaleranno ai poveri
Rimborso dell’Iva e sconti sulla tassa rifiuti a chi donerà alimentari e farmaci
Lotta allo spreco alimentare: Biella dà il via a un tavolo di lavoro in applicazione della legga Gadda del 2016. L’obiettivo è trasformare le «eccedenze» in una risorsa, dando vita a un’operazione che potrebbe tradursi in un aiuto concreto alle famiglie in difficoltà, oltre a rappresentare un risparmio sulle bollette della tassa rifiuti anche delle piccole attività che decideranno di aderire al progetto. E tra i primi che si dicono disposti a mettersi in gioco per fare decollare l’iniziativa in provincia ci sono empori della Caritas, ma anche associazioni e qualche Comune.
LE DONAZIONI
La legge Gadda dà la possibilità a enti pubblici o privati che aderiranno all’iniziativa, di donare le proprie eccedenze «a soggetti indigenti o all’alimentazione degli animali», recita la legge. Nel dettaglio potranno essere donati prodotti alimentari e prodotti farmaceutici. Per quanto riguarda gli alimentari, per esempio sia gli invenduti, che quelli che vengono scartati dalla catena agroalimentare «per ragioni commerciali o estetiche, piuttosto che per prossimità della data di scadenza». E tra i soggetti che hanno deciso di sedersi attorno al primo tavolo di lavoro ci sono gli empori della Caritas di Biella, Cossato e del Villaggio La Marmora, i Comuni di Biella, Trivero e Cossato, la cooperativa Valdocco, il banco alimentare, la Caritas, l’Iris, la cooperativa Giovanni XXIII, l’associazione La Rete e il Cerino Zegna.
AZIONI
Entusiasta il presidente del Ctv che coordina il progetto Andrea Pistono: «Eravamo poco meno di una trentina di persone. Non male come inizio, anche perchè alcune non sono potute venire ma so quasi con certezza che parteciperanno. In questa prima riunione abbiamo messo a fuoco un elenco di azioni che dovremo fare per fare decollare il progetto». Tra le prime ci sono la mappatura delle attività della grande distribuzione che potrebbero venire coinvolte, i punti di stoccaggio e i vantaggi fiscali che potrebbero ottenere i commercianti che danno la propria adesione. L’applicazione della legge prevede la possibilità di recuperare l’Iva sui prodotti donati e sconti sulla tassa rifiuti da parte dei Comuni. «Per quanto riguarda le piccole attività - continua Pistono - chiederemo la collaborazione delle associazioni di categoria perchè sono tante e non sapremo come contattarle tutte».
I FARMACI
Rimandato per il momento il discorso sulla donazione di farmaci: «È un discorso piuttosto complesso - spiega il presidente del Ctv - che preferiamo affrontare dopo quello alimentare». Tra le questioni da mettere a fuoco c'è poi anche quella della mensa delle scuole: «Vorremmo capire - conclude Pistono - se c’è possibilità di recuperare quanto avanza dal pranzo servito agli studenti e quanto dalle cucine che preparano i pasti».
fonte: www.lastampa.it
Alimentazione, 15,5 miliardi di cibo, dai campi alle dispense d'Italia
I quattro quinti della filiera degli sprechi riguarda quelli domestici. Questi i dati della Campagna Spreco Zero .
La presentazione è avvenuta in coincidenza con il primo anniversario
della Legge Gadda, che regola le norme per limitare gli sprechi in
Italia concentrandosi sul recupero
ROMA - Il 14 settembre 2016, entrava in vigore la Legge Gadda su “donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. La Campagna Spreco Zero , questo settembre, ha diffuso i dati del 2016: sono 15,5 i miliardi di euro che l’Italia getta via in sprechi domestici. Andrea Segrè, professore di Politica Agraria all’Università di Bologna e direttore scientifico di Spreco Zero, commenta la nuova normativa e segnala l’importanza della Cultura della Prevenzione.
Una legge sul recupero degli sprechi. Come si gestisce lo spreco in Italia? Com’è messo il Paese nella regolamentazione sugli eccessi? Quanto si spende per quel che si butta via? Una legge al riguardo c’è e favorisce, a fini di solidarietà sociale, il recupero e la donazione di beni alimentari, farmaceutici e altri prodotti in favore di chi opera senza scopo di lucro; e riguarda l'insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare ancora consumabili e i prodotti alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza, rimangono invenduti. La legge prevede inoltre che il Ministero della Salute emani linee guida per i gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti. A poco più di un anno dall’entrata in vigore della legge, e in attesa dei risultati ufficiali del recupero, quanto vale lo spreco in Italia?
Gli italiani buttano 15,5 miliardi di euro di prodotti. I dati della Campagna europea Spreco Zero, riferiti al 2016, dicono che lo spreco alimentare vale oltre 3,5 miliardi € annui, dai campi (€ 946.229.325) alla produzione industriale (€ 1.111.916.133), agli sprechi nella distribuzione (€ 1.444.189.543): una cifra che rappresenta però solo 1/5 dello spreco totale di cibo in Italia, perché sommandola allo spreco alimentare domestico ci porta a una filiera complessiva di oltre 15,5 miliardi di euro gettati ogni anno (lo 0,94% del PIL), sulla base dei test “Diari di Famiglia” eseguiti dal Ministero dell’Ambiente con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e con SWG, nell’ambito del progetto Reduce 2017. È a livello domestico dunque il “grosso” dello spreco, che vale i 4/5 del totale nel nostro paese.
Ma cresce la sensibilizzazione. L’Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg), in tutto questo spreco, informa anche di un dato piuttosto positivo: 7 cittadini su 10 sono a conoscenza della legge Gadda e oltre il 91% considera grave la questione spreco legata al cibo. “L’Osservatorio Waste Watcher - spiega il direttore scientifico Andrea Segrè - è nato nel 2013 nell’Università di Bologna, quando il nostro lavoro di ricerca ci ha portato a capire quanto sia indispensabile, nella lotta agli sprechi, il concetto di prevenzione. Perché gli sperperi domestici rappresentano il 70% dell’intera filiera degli sprechi. La normativa europea sui rifiuti è chiara: il miglior rifiuto, e per analogia il miglior spreco, è quello che non si produce. Last Minute Market e la Campagna Spreco Zero hanno anticipato questa normativa UE, promuovendo da tempo l’educazione alimentare. Dal 2010, la Campagna, assieme alla successiva collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, porta avanti una forte politica di prevenzione che passa soprattutto per i programmi nelle scuole di educazione alimentare ed ambientale”.
La Cultura della Prevenzione contro gli sprechi. “Ho parlato dell’impossibilità oggettiva di recuperare gli sprechi domestici - sottolinea Andrea Segrè - perché non ci può essere una normativa che la preveda, ma solo il nostro buon senso e la nostra responsabilità possono prevenire. La legge Gadda serve a facilitare il recupero di cibo, farmaci e altri beni a fini solidali. In attesa dei risultati ufficiale che, credo, verranno diramati nel tavolo indigenti del Ministero delle Politiche Agricole, la normativa approvata lo scorso anno è comunque molto importante. Il punto è che il contrasto agli sprechi non può concludersi soltanto in un approccio normativo, ma è un processo anche e soprattutto culturale, informativo, preventivo. Lo spreco, in particolare quello domestico, è infatti legato al nostro comportamento di consumatori”.
La povertà persistente d’Italia. In questo contesto di prodotti sprecati, il pensiero facile porta a credere vi sia un nesso fra l’inutile sciupio e la quantità di indigenti che nulla hanno da sprecare. Come se recuperare prodotti sprecati fosse la soluzione della povertà e della fame. L’Italia supera di 3,4 punti percentuali la media europea degli individui che vivono in condizione di grave deprivazione e nel 2015 ha raggiunto il valore più alto mai registrato dal 2005 di persone in povertà assoluta che non riescono ad accedere a beni necessari per svolgere una vita accettabile: circa 4,6 milioni di persone, il 7,6% dell’intera popolazione (dati Oxfam). Nella sola Roma: “presso la mensa della Comunità di Sant'Egidio, in via Dandolo 10, a Trastevere - dichiara Lucia Lucchini, responsabile della mensa per i poveri della Comunità - tre pomeriggi alla settimana mangiano gratuitamente circa 600 persone. Presso i centri di accoglienza della Comunità di Sant'Egidio distribuiamo circa 5 tonnellate di generi alimentari non deperibili ogni settimana, 4,5 tonnellate di vestiario; queste cifre sono il segno di una povertà persistente”.
Povertà e sprechi non sono collegati. Alla crisi economica, che dura da 10 anni, si sono aggiunte guerre, migrazioni di popolazioni costrette alla miseria: “Questa crisi è tra le maggiori cause dell’aumento della povertà, economica e alimentare - conclude Andrea Segrè - ma povertà e spreco non sono legati: non si pensi che recuperando ciò che rimane invenduto nella grande distribuzione si risolva il problema della fame e della povertà degli indigenti. Il fatto è che aumentano questi ultimi così come non diminuiscono gli sprechi. Il che è un paradosso. Del resto, i modelli di marketing consolidatisi negli anni portano ad accumulare, nelle nostre case, un’inutile quantità di prodotti, con strategie come il "3per2". Chi è poco abbiente crede, cioè, a logiche di mercato secondo le quali comprare 3 prodotti al posto di 2 lo farà risparmiare. Non è così: la maggior parte dei prodotti acquistati col "3per2", solitamente accresce gli sprechi domestici. Il terzo prodotto preso gratuitamente, verrà abbandonato, dimenticato, perderà freschezza, scadrà. Ma, chi l’ha preso col 3per2, lo getterà senza ripensamenti, convinto che la sua gratuità lo rende inutile. Il meccanismo mentale del consumatore è anche questo. Lo attestano le ricerche che svolgiamo all’Università di Bologna”.
fonte: http://www.repubblica.it
ROMA - Il 14 settembre 2016, entrava in vigore la Legge Gadda su “donazione e distribuzione di prodotti alimentari e farmaceutici a fini di solidarietà sociale e per la limitazione degli sprechi”. La Campagna Spreco Zero , questo settembre, ha diffuso i dati del 2016: sono 15,5 i miliardi di euro che l’Italia getta via in sprechi domestici. Andrea Segrè, professore di Politica Agraria all’Università di Bologna e direttore scientifico di Spreco Zero, commenta la nuova normativa e segnala l’importanza della Cultura della Prevenzione.
Una legge sul recupero degli sprechi. Come si gestisce lo spreco in Italia? Com’è messo il Paese nella regolamentazione sugli eccessi? Quanto si spende per quel che si butta via? Una legge al riguardo c’è e favorisce, a fini di solidarietà sociale, il recupero e la donazione di beni alimentari, farmaceutici e altri prodotti in favore di chi opera senza scopo di lucro; e riguarda l'insieme dei prodotti scartati dalla catena agroalimentare ancora consumabili e i prodotti alimentari che, fermo restando il mantenimento dei requisiti di igiene e sicurezza, rimangono invenduti. La legge prevede inoltre che il Ministero della Salute emani linee guida per i gestori di mense scolastiche, aziendali, ospedaliere, sociali e di comunità, al fine di prevenire e ridurre lo spreco connesso alla somministrazione degli alimenti. A poco più di un anno dall’entrata in vigore della legge, e in attesa dei risultati ufficiali del recupero, quanto vale lo spreco in Italia?
Gli italiani buttano 15,5 miliardi di euro di prodotti. I dati della Campagna europea Spreco Zero, riferiti al 2016, dicono che lo spreco alimentare vale oltre 3,5 miliardi € annui, dai campi (€ 946.229.325) alla produzione industriale (€ 1.111.916.133), agli sprechi nella distribuzione (€ 1.444.189.543): una cifra che rappresenta però solo 1/5 dello spreco totale di cibo in Italia, perché sommandola allo spreco alimentare domestico ci porta a una filiera complessiva di oltre 15,5 miliardi di euro gettati ogni anno (lo 0,94% del PIL), sulla base dei test “Diari di Famiglia” eseguiti dal Ministero dell’Ambiente con il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agroalimentari dell’Università di Bologna e con SWG, nell’ambito del progetto Reduce 2017. È a livello domestico dunque il “grosso” dello spreco, che vale i 4/5 del totale nel nostro paese.
Ma cresce la sensibilizzazione. L’Osservatorio Waste Watcher (Last Minute Market / Swg), in tutto questo spreco, informa anche di un dato piuttosto positivo: 7 cittadini su 10 sono a conoscenza della legge Gadda e oltre il 91% considera grave la questione spreco legata al cibo. “L’Osservatorio Waste Watcher - spiega il direttore scientifico Andrea Segrè - è nato nel 2013 nell’Università di Bologna, quando il nostro lavoro di ricerca ci ha portato a capire quanto sia indispensabile, nella lotta agli sprechi, il concetto di prevenzione. Perché gli sperperi domestici rappresentano il 70% dell’intera filiera degli sprechi. La normativa europea sui rifiuti è chiara: il miglior rifiuto, e per analogia il miglior spreco, è quello che non si produce. Last Minute Market e la Campagna Spreco Zero hanno anticipato questa normativa UE, promuovendo da tempo l’educazione alimentare. Dal 2010, la Campagna, assieme alla successiva collaborazione con il Ministero dell’Ambiente, porta avanti una forte politica di prevenzione che passa soprattutto per i programmi nelle scuole di educazione alimentare ed ambientale”.
La Cultura della Prevenzione contro gli sprechi. “Ho parlato dell’impossibilità oggettiva di recuperare gli sprechi domestici - sottolinea Andrea Segrè - perché non ci può essere una normativa che la preveda, ma solo il nostro buon senso e la nostra responsabilità possono prevenire. La legge Gadda serve a facilitare il recupero di cibo, farmaci e altri beni a fini solidali. In attesa dei risultati ufficiale che, credo, verranno diramati nel tavolo indigenti del Ministero delle Politiche Agricole, la normativa approvata lo scorso anno è comunque molto importante. Il punto è che il contrasto agli sprechi non può concludersi soltanto in un approccio normativo, ma è un processo anche e soprattutto culturale, informativo, preventivo. Lo spreco, in particolare quello domestico, è infatti legato al nostro comportamento di consumatori”.
La povertà persistente d’Italia. In questo contesto di prodotti sprecati, il pensiero facile porta a credere vi sia un nesso fra l’inutile sciupio e la quantità di indigenti che nulla hanno da sprecare. Come se recuperare prodotti sprecati fosse la soluzione della povertà e della fame. L’Italia supera di 3,4 punti percentuali la media europea degli individui che vivono in condizione di grave deprivazione e nel 2015 ha raggiunto il valore più alto mai registrato dal 2005 di persone in povertà assoluta che non riescono ad accedere a beni necessari per svolgere una vita accettabile: circa 4,6 milioni di persone, il 7,6% dell’intera popolazione (dati Oxfam). Nella sola Roma: “presso la mensa della Comunità di Sant'Egidio, in via Dandolo 10, a Trastevere - dichiara Lucia Lucchini, responsabile della mensa per i poveri della Comunità - tre pomeriggi alla settimana mangiano gratuitamente circa 600 persone. Presso i centri di accoglienza della Comunità di Sant'Egidio distribuiamo circa 5 tonnellate di generi alimentari non deperibili ogni settimana, 4,5 tonnellate di vestiario; queste cifre sono il segno di una povertà persistente”.
Povertà e sprechi non sono collegati. Alla crisi economica, che dura da 10 anni, si sono aggiunte guerre, migrazioni di popolazioni costrette alla miseria: “Questa crisi è tra le maggiori cause dell’aumento della povertà, economica e alimentare - conclude Andrea Segrè - ma povertà e spreco non sono legati: non si pensi che recuperando ciò che rimane invenduto nella grande distribuzione si risolva il problema della fame e della povertà degli indigenti. Il fatto è che aumentano questi ultimi così come non diminuiscono gli sprechi. Il che è un paradosso. Del resto, i modelli di marketing consolidatisi negli anni portano ad accumulare, nelle nostre case, un’inutile quantità di prodotti, con strategie come il "3per2". Chi è poco abbiente crede, cioè, a logiche di mercato secondo le quali comprare 3 prodotti al posto di 2 lo farà risparmiare. Non è così: la maggior parte dei prodotti acquistati col "3per2", solitamente accresce gli sprechi domestici. Il terzo prodotto preso gratuitamente, verrà abbandonato, dimenticato, perderà freschezza, scadrà. Ma, chi l’ha preso col 3per2, lo getterà senza ripensamenti, convinto che la sua gratuità lo rende inutile. Il meccanismo mentale del consumatore è anche questo. Lo attestano le ricerche che svolgiamo all’Università di Bologna”.
fonte: http://www.repubblica.it
Valdelsa, se doni il cibo hai uno sconto sulla Tari
I comuni dell’empolese sono tra i primi in Italia ad applicare la “Legge
Gadda” che prevede la possibilità di uno sconto sulla tassa sui rifiuti
per le aziende che donano le eccedenze alimentari. Nel 2016 salvati 170
quintali di cibo
Dal 2016 i comuni dell’Empolese Valdelsa scontano la tassa
sui rifiuti (Tari) alle aziende che donano i prodotti invenduti alle
associazioni per il recupero alimentare. Si tratta di una delle opzioni
previste a livello nazionale dalla “Legge Gadda” (num. 166/16 che
prende il nome dalla relatrice Maria Chiara Gadda) entrata in vigore lo
scorso settembre, che ha omogenizzato e ufficializzato le tante
pratiche operative già da anni sul territorio.
“Lo sconto sulla Tari, che al massimo può arrivare al 20%,
diventa anche una misura di sostegno alla crisi per le aziende, perché
le sostiene indirettamente diminuendo una delle tante tasse”, spiega
Davide Trombini, responsabile di Assopanificatori di Confesercenti. Il
donatore che è obbligato a documentare la quantità di cibo ceduta, “si
rende anche conto di quanto produce in eccesso, e potrà regolare la
propria attività traendone ulteriori risparmi” aggiunge Trombini. Da
Sestino di Livenza, tra Iesolo e Venezia, dove sono 13mila abitanti, a
Varese che ne conta 80mila: molti comuni italiani stanno iniziando a
inserire questa possibilità nel regolamento comunale. I tempi potrebbero
essere lunghi perché il coefficiente di riduzione per lo sconto deve
essere determinato a livello locale essendo materia di competenza
comunale.
Tra i primi in Italia, a Empoli il Comune e “Alia spa” (il
gestore rifiuti) hanno trovato la quadra: “Abbiamo stabilito di
moltiplicare per ogni chilogrammo donato un coefficiente unitario di
0,225 centesimi sui costi variabili della Tari”, spiega Fabio
Barsottini, assessore all’Ambiente. “Organizzarsi sarebbe semplice e
nasce dalla volontà di collaborare per non buttare ciò che è ancora
buono – racconta Marinella Catagni, presidente dell’associazione “ReSo”
che si occupa del recupero alimentare sull’empolese – Alia ha messo dei
cassonetti nelle aziende e nei supermercati per raccogliere gli
alimenti, che ritira il giovedì e porta al nostro magazzino dove i
volontari li sistemano e li distribuiscono alle associazioni locali che
si occupano di sostegno alle persone indigenti”.
Nel 2016 sono stati salvati 170 quintali di cibo,
distribuiti a circa mille persone residenti negli 11 comuni aderenti.
“In più ogni settimana portiamo sul territorio 25 quintali di frutta e
verdura dal Mercafir (il Centro alimentare polivalente) di Firenze –
aggiunge Catagni -. È un’iniziativa europea per il recupero della merce
nei mercati all’ingrosso, che dà un indennizzo minimo al produttore e ci
rimborsa il trasporto”. Tutto deve essere tracciato, come già lo è,
dato che le aziende attraverso la legge del Buon Samaritano (155/2003)
in vigore dal 2003, possono essere esentate dall’Iva sulla merce donata.
“Non è né una partenza né un arrivo, ma un cantiere
aperto” così ha definito la norma Maria Chiara Gadda. Infatti è attivo
un tavolo di lavoro in cui i ministeri della Salute e Agricoltura, un
rappresentate del ministero dell’Economia, gli enti caritativi, il mondo
della distribuzione e quello della produzione, monitorano lo stato
della legge. Tre sotto tavoli sciolgo problemi specifici legati alla
donazione di farmaci, fiscalità e donazioni di beni non alimentari.
“Il grande merito della legge – spiegano dalla Caritas – è
l’aver unito in un testo unico le varie norme in materia di donazioni
alimentari e aver semplificato la regolamentazione”. Ad esempio, ha
portato a 15mila euro il tetto mensile entro il quale un donatore non
deve ottenere preventivamente il consenso della Finanza al trasferimento
dei prodotti. Questo ha risolto alcuni problemi per le merci
deperibili, che rischiavano di scadere, e per i donatori, che dovevano
tenersi le derrate nei magazzini con conseguenti problemi logistici per
l’ingombro della merce. Inoltre la normativa chiarisce che il
superamento del Termine minimo di conservazione (il “consumare
preferibilmente entro…”) non preclude la donazione e quindi il consumo.
Una legge importante in un Paese dove – secondo l’Istat –
nel 2016 quattro milioni di persone in stato di povertà assoluta e otto
milioni di persone in povertà relativa (con una capacità di spesa
inferiore a 1.050 euro mensili) fanno da contraltare a uno spreco
alimentare pari all’1% del Pil. Pari a 164 chili l’anno pro-capite, per
un valore di 16 miliardi di euro, di cui 12 miliardi sono eccedenze
domestiche. Lo scorso anno grazie alle tante realtà – principalmente
volontarie – sono state recuperate 500mila tonnellate di cibo e
l’obiettivo è di arrivare ad almeno un milione.
In Vallesina, nelle Marche, 14 comuni di piccole
dimensioni si sono uniti, per superare la crisi dell’industria
metalmeccanica: “Abbiamo mappato i produttori del territorio, stipulato
convenzioni garantendo il recupero dell’Iva e ci siamo organizzati con
le associazioni presenti nei vari comuni”, spiega Augusto Bordoni,
segretario dell’associazione Solidarietà in Vallesina Onlus, che
garantisce pasti giornalieri a 2.500 persone dei quali 400 bambini. “Nel
2016 siamo arrivati a 1.675 quintali di derrate alimentari –aggiunge
Bordoni -. Da giugno 2014, attribuendo un valore ipotetico di 1 euro a
chilogrammo di merce donata, abbiamo fatto risparmiare ai comuni 1
milione di euro”.
I benefici della “Legge Gadda” si fanno sentire anche sul
fronte dell’assistenza medica. “Ci ha agevolato dal punto di vista
fiscale, consentendo alle aziende farmaceutiche di non avere un tetto
massimo entro il quale stare e quindi dando una libertà totale di
donazione. Secondo, ha equiparato anche per questo settore l’ente
assistenziale al consumatore finale” spiega Marco Malinverno, direttore
generale della Fondazione Banco Farmaceutico.
La fondazione collabora con associazioni di volontariato e
farmacie per reperire (dai cittadini e dalle aziende farmaceutiche) i
prodotti inutilizzati per distribuirli a chi ha bisogno. Un’esigenza
reale dal momento che nel corso del 2016 un italiano su due ha dovuto
rinunciare all’acquisto di un farmaco – in modo particolare quelli non
mutuabili.
fonte: www.altraeconomia.it
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