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La Casa del Giocattolo Solidale: riuso e condivisione per fare felici i bambini

Economia del dono, solidarietà e seconda vita per gli oggetti usati si fondono in un progetto di mutuo aiuto rivolto ai più piccoli e alle loro famiglie. Partendo dalla distribuzione di giocattoli di seconda mano, un'associazione di Varese ha costruito una rete di vicinanza e appoggio morale e concreto per i nuclei familiari con difficoltà economiche.















Varese, Lombardia - Durante il primo lockdown a Varese è nata la Casa del Giocattolo Solidale per promuovere il benessere e il sostegno dell’infanzia all’interno di famiglie con situazioni e realtà più delicate. Il motto del progetto é “dona un giocattolo, regala un sorriso!”.

Perché i giocattoli? Quanto sono importanti per i bambini? Si può crescere facendone a meno? Attraverso il gioco il bambino acquista maggiore fiducia nelle proprie capacità, prende coscienza del fatto che possiede delle abilità e delle caratteristiche. Attraverso il gioco i bambini imparano e crescono scoprendo piano piano il proprio corpo.

L’attività ludica è funzionale e proporzionale allo sviluppo sensoriale e motorio, aiuta i bambini a mantenersi attivi e reattivi influenzando anche la creatività, la consapevolezza, l’apprendimento e la capacità di risolvere e superare gli ostacoli. Il rapporto che si instaura tra genitori e figli durante il gioco è determinante, è un momento importante di socializzazione che permette di migliorare anche la qualità della loro comunicazione e della loro relazione.

A seguito dell’emergenza sanitaria causata dal Covid, in molte famiglie le difficoltà economiche sono aumentate e le poche risorse economiche a disposizione sono state comprensibilmente dirottate tutte verso i beni di prima necessità; il gioco è stato un po’ trascurato. Tutto questo ha rafforzato la missione per cui è nata l’associazione: donare un giocattolo, ma essere anche vicini ai bambini e alle loro famiglie nei momenti più delicati e importanti della vita.

Sono tante le organizzazioni che si occupano di beni di prima necessità; al contrario, sono poche le associazioni che si occupano del gioco e ancora meno le realtà che mettono a disposizione di bambini cresciuti in contesti complicati e difficili spazi accessibili gratuitamente senza nessun costo per la famiglia.

L’associazione del Giocattolo Solidale di Varese infatti, è alla ricerca di un locale da trasformare in uno spazio di gioco dove le famiglie con più difficoltà possano aderire e partecipare ad attività ludiche e di laboratorio in maniera gratuita. «Sogniamo uno spazio dove tutti i bambini, anche se le loro famiglie non hanno risorse sufficienti, possano giocare spensierati». Un luogo dove poter festeggiare il compleanno o giocare in serenità.

Al momento la Casa del Giocattolo Solidale aiuta oltre 200 bambini – il 26,4% di loro è in età prescolare, il 40,6% frequenta la scuola primaria, il 33% è adolescente – dando loro la possibilità di avere dei sogni, delle ambizioni e degli obiettivi. Oltre ai giocattoli, infatti, l‘associazione cerca di ridurre le distanze fornendo materiale scolastico a chi non ha la possibilità economica per acquistarlo autonomamente e infondendo un senso di comunità tra le persone e i luoghi, rafforzando ogni giorno i contati.



La Casa del Giocattolo Solidale e Cuorieroi Per Bambini Eroi donano anche camerette e biciclette e grazie a “Un Sorriso per La Scuola”, progetto organizzato dall’associazione Pane di Sant’Antonio e La Casa del Giocattolo Solidale Varese, con il sostegno della Fondazione Comunitaria del Varesotto e il patrocinio del Comune di Varese, tanti bambini e adolescenti andranno a scuola il prossimo anno con uno zaino nuovo e tutto il materiale scolastico necessario.

Aiutare senza sprecare! La Casa del Giocattolo Solidale ridà spesso una nuova vita a tutti quegli oggetti che vengono abbandonati nei cassetti, ma che possono avere un altro tipo di uso per chi ne ha bisogno, evitando lo spreco e ogni tipo di consumismo. Uniti si è sempre più forti, soprattutto quando a guidare le azioni sono il cuore e la voglia di regalare un sorriso a chi è un po’ meno fortunato.

La condivisione è la vera risorsa per superare le disparità economiche e sociali. Le realtà come la Casa del Giocattolo Solidale di Varese ci raccontano di altri mondi e di altri valori che possono fare la differenza.

fonte: www.italiachecambia.org



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Lo spreco di cibo a SuperQuark

 










Rai


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In Francia lo Stato crea una piattaforma per scambiare i suoi beni

Una piattaforma online gestita dallo Stato permette lo scambio di mobili, stampanti e di altri oggetti tra amministrazioni pubbliche, scuole, università e associazioni










Mobili, scrivanie, stampanti e apparecchi elettrici usati. No, non parliamo di un mercatino dell’usato o un di bazar, ma di una piattaforma online creata dallo Stato francese dove amministrazioni pubbliche e associazioni possono donare e ricevere gratuitamente oggetti inutilizzati a cui dare nuovo valore.

“Oggi abbiamo troppi beni che vengono immagazzinati per niente, dobbiamo avere il riflesso di dare piuttosto che buttare via”, ha sottolineato Alain Caumeil, direttore nazionale degli interventi pubblici. Nel mondo statale, sostituire una stampante, un computer o un mobile è spesso un percorso a ostacoli che di solito termina con lo stesso risultato: l’impossibilità di acquistare nuovi oggetti per mancanza di fondi.

Con il sito internet Don.encheres, creato nel 2019 e reso pubblico quest’anno, lo Stato fornisce quindi uno strumento per facilitare lo scambio di beni pubblici e un esempio di circolarità. Prendendo parte a questa iniziativa infatti, le amministrazioni pubbliche francesi evitano di far diventare rifiuto tutto ciò che può essere utile in un altro ufficio, in una scuola o in un’associazione. Caumeil osserva come “alcuni di questi oggetti sarebbero stati distrutti se non avessimo avuto la possibilità di donarli”.

Le regole della piattaforma

Ma come funziona? Per garantire trasparenza ed efficienza, le istituzioni francesi hanno definito delle regole chiare nell’utilizzo della piattaforma. Chi vuole offrire degli oggetti deve registrarsi al sito e le sue proposte di donazione saranno poi esaminate dalla Direzione nazionale degli interventi dello Stato (DNID – Direction nationale d’interventions domaniales) che può rifiutare la donazione in caso non siano soddisfatte le condizioni stabilite. Sono ammessi invece come beneficiari delle donazioni solo le amministrazioni statali e le associazioni riconosciute come enti di pubblica utilità, che dovranno semplicemente manifestare il proprio interesse verso un annuncio, ricevendo così i contatti del donatore.

L’amministrazione offerente sarà poi libera di scegliere il ‘vincitore’ effettuando prima della firma dell’accordo dei controlli sull’idoneità dell’interessato a ricevere la fornitura. Inoltre, a a chi pubblica le offerte, la piattaforma consiglia di diversificare i beneficiari delle donazioni, in modo tale da condividere gli oggetti con differenti realtà del Paese. Aiutando università, scuole, centri educativi e musei con la condivisione dei beni, l’iniziativa evita la logica dell’usa e getta e allontana l’idea dello spreco di risorse negli enti pubblici. Per farsi un’idea basta scorrere la lunga lista degli oltre 120 annunci presenti sul sito, dove troviamo il museo del Louvre che al momento propone vetrine e mobili che potrebbero essere utili in altri centri culturali. Un approccio virtuoso, quella del sito francese, che avvicina gli enti pubblici a una transizione circolare. “Con questa piattaforma, state dando l’esempio”, ha detto Olivia Grégoire, Segretario di Stato per l’economia sociale e solidale.

fonte: economiacircolare.com


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Abito: scambiare gli indumenti per ricreare vestiti e comunità

A Torino è attivo il progetto “Abito” che, come suggerisce il nome, nasce per “abitare” un vestito ma anche la città: attraverso lo scambio e la trasformazione di vestiti di seconda mano, si occupa di contrastare la povertà e favorire l’integrazione di persone bisognose che, in cambio, mettono a disposizione tempo e competenze a favore della comunità.





Più di 1 tonnellata di vestiti raccolti al mese e circa 700 persone sostenute all’anno: sono questi i dati dello storico servizio di distribuzione di abiti donati dai cittadini a Torino, che, dopo più di trent’anni, si è arricchito per trasformarsi in un progetto di inclusione sociale, dove il sostegno materiale è anche relazionale.

Abito” è sì un progetto di scambio di vestiti e attività ma soprattutto è un progetto di inclusione per contrastare la povertà e favorire l’integrazione. È pensato per coinvolge volontari ma anche sostenitori e beneficiari ed enti del territorio per creare una relazione circolare dove ognuno contribuisce con le proprie risorse.

Protagonista di questo progetto è l’associazione San Vincenzo de Paoli, in collaborazione con la Squadra Giovani della Croce Verde di Torino e cofinanziato dall’Unione europea – Fondo Sociale Europeo, nell’ambito del Programma Operativo Città Metropolitane 2014-2020.

Il funzionamento è semplice: i cittadini donano i propri vestiti non più utilizzati al progetto Abito, che vengono ridistribuiti a coloro che ne hanno bisogno e che, in cambio dell’aiuto offerto, si metteranno al servizio della comunità, utilizzando parte del loro tempo e delle loro competenze. «Tutto ha inizio dalla donazione di vestiti di seconda mano e in buono stato da parte dei cittadini. Abito raccoglie i capi, li seleziona e li espone nella Social Factory, un vero showroom dove i beneficiari possono sceglierli, provarli e prenderli gratuitamente grazie a un’apposita tessera a punti».




Per ridurre gli sprechi, una parte dei vestiti viene successivamente rigenerata all’interno della sua sartoria popolare. «I capi di abbigliamento scartati, perché danneggiati o non ridistribuiti, vengono riparati o utilizzati come materia prima dalla sartoria realizzata ad hoc negli spazi di Abito» per dar vita a nuove creazioni di moda etica sostenibile. La sartoria popolare è infatti un laboratorio di promozione del saper fare sartoriale che include nuove formazioni professionali.

Infine, il progetto prevede lo svolgimento di open days ed eventi di raccolta fondi per sensibilizzare sul tema della moda etica. Attraverso questi momenti i partecipanti possono scegliere tra i vestiti selezionati e contribuire i questo modo a dare sostenibilità economica al progetto.

Attraverso un sistema che mira alla sostenibilità sociale, ambientale ed economica, il progetto nasce per stimolare nuove dinamiche partecipative, aiutare le persone bisognose che stanno vivendo situazioni di difficoltà e dar loro maggior dignità. Creando “welfare di comunità”, ogni cittadino contribuisce con le proprie risorse al benessere proprio e delle persone che lo circondano, il tutto superando le dinamiche assistenzialiste e riattivando nuove reti relazionali.




«Gli eventi di raccolta fondi contribuiscono all’autosufficienza del progetto e sensibilizzano i cittadini verso i valori del riuso, dell’upcycling e dell’impegno sociale». E proprio in questo modo, attraverso Abito, si riducono fortemente gli sprechi: attraverso il riuso, la rigenerazione e lo scambio dei capi di abbigliamento usati e di seconda mano, per creare una filiera totalmente a km0.

fonte: www.italiachecambia.org


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18 tonnellate in 9 giorni. Recupero ortofrutta nell'emergenza : cosa abbiamo imparato e cosa ci chiediamo

La nuova iniziativa di Eco dalle Città nel recupero di cibo in fase di emergenza è stata vivacissima. Nuove acquisizioni e nuove domande. La sottile differenza tra donazione e recupero. La coda per le distribuzioni di cibo gratis. La sovrabbondanza di frutta e verdura. La difficoltà di stabilire chi ha diritto a cibo gratis e la necessità di minimizzare gli sprechi.































Diciotto tonnellate di ortofrutta recuperata e distribuita in nove giorni di intervento è un record per una piccola associazione come la nostra. Ma questo non è un pezzo scritto per autoringraziarci e raccontarci ma per cercare di contribuire a capire la evoluzione e la natura dei problemi. Queste 18 tonnellate sono state prelevate dal Caat ( mercato generale grossisti ortofrutta) e dalla grande azienda Battaglio di Torino. Donazioni o cibo salvato dal ciclo dei rifiuti? Questo è un primo problema. Spesso la distinzione è sottile.  In ogni caso tutta questa ortofrutta non è stata sottratta ad altri enti " benefattori e/o recuperatori" che hanno continuato o intensificato la loro attività, nè è stata sottratta al commercio. 
Andiamo con ordine, Sta terminando la seconda settimana della nuova avventura di Eco dalle Città  ( progetto Repopp/ Sentinelle dei Rifiuti/ Ecomori/ Food Pride  pagina Facebook Sentinelle dei Rifiuti gruppo fb Torino Salvacibo) nel campo del recupero dell'ortofrutta invenduta. Già l'inizio della emergenza aveva provocato cambiamenti nell'attività per noi incentrata da oltre tre anni nel mercato di Porta Palazzo. Già ci eravamo "allargati" a mercati diversi, via Porpora e corso Cincinnato. Poi il mercato di Porta Palazzo è stato chiuso e dal giorno successivo abbiamo esteso a sei giorni su sei l'intervento agli altri mercati e poco dopo "aperto" l'intervento anche al mercato di piazza Foroni.
Ma la svolta è venuta quando abbiamo deciso di accompagnare e aiutare il camion di Abdul e Younes ambulanti di Porta Palazzo che andavano e vanno al Caat a rifornirsi di ortofrutta sottocosto o in parte regalata per poi distribuirla  nella zona delle case popolari di via Maddalene.
Come descritto in altri articoli lì è poi emerso il problema di queste distribuzioni piu o meno autogestite, se siano da considerarsi ASSEMBRAMENTO.  Dopo che i vigili si sono scusati di aver multato i due collaboratori di Eco dalle Città, altre distribuzioni sono state organizzate dal giovane abitante Billi Suleimanovic che ha organizzato una sorta di comitato organizzatore. E poi  sia vigili che polizia che carabinieri sono passati nei giorni successivi considerando legittime le code ben distanziate che erano state formate. La linea generale del Comune di Torino ( ancora più rigido quello di Milano) è che non ci dovrebbero essere distribuzioni con la gente in coda ma che il cibo regalato lo si divida in pacchi e lo si porti a domicilio in base a liste di bisognosi. Questa linea generale fatta per il distanziamento sociale è una regola? Evidentemente no, se no vigili polizia e carabinieri avrebbero interrotto le file in via Maddalene.  Probabilmente si rendono conto che non si possono vietare le fila per una cassetta di cibo donato mentre sono autorizzate quelle per COMPRARE il cibo. Con questa frase non si vuole sostenere che il tentativo di spostare le distribuzioni sulla consegna a domicilio sia vano, anzi, ma forse non può essere l'unica modalità in una fase di bisogno crescente e difficilmente formalizzabile.
Andando con ordine, dopo aver iniziato a "seguire" il camion generoso e un po' corsaro dei due marocchini abbiamo chiesto e ottenuto dal direttore del Caat il diritto a entrare come Eco dalle Città nel grande vortice coi grossisti e abbiamo iniziato a recuperare in proprio, Contemporaneamente - attrraverso contatti della rete Aurora - maturava il rapporto col grossista Battaglio, adiacente. Poi abbiamo lasciato che il camion marocchino continuasse i suoi giri e abbiamo avviato la collaborazione con VIVI Balon interessata ad aiutare i propri aderenti rom, completamente a terra con lo stop alle attività di recupero e rivendita di materiali ed oggetti. Abbiamo proseguito con i furgoni di vivi Balon e poi anche con un camion di Consorzio Equo,riempiendo camion o furgoni con le donazioni dei grossisti del Caat e del mega grossista Battaglio.
Se non le avessero donate a noi sarebbero finite nei rifiuti, prima o poi. C' è un problema contingente: con la chiusura del mercato di Porta palazzo ci sono più eccedenze al Caat e da Battaglio perchè manca lo sbocco di minore qualità e prezzo. Ma c'è anche un solito solito problema generale:  ci sono sempre eccedenze  di frutta e verdura. Adesso si sta parlando del rischio che la frutta in molte regioni non venga raccolta, quella di stagione.In questi giorni i nostri attivisti distributori sul campo, Giulio Baroni operatore-capo più Luigi Crea prima e Kabir Bah poi,  talvolta hanno trovato difficoltà a "piazzare" la frutta e verdura pur trattandosi di regalo. Se poi si tratta di verdura che non si può cuocere, come l'insalata, ancora più difficoltà. I luoghi "serviti" o interpellati sono stati quasi tutti i nodi/snodi della rete di sedi associative o parrocchie presenti nella rete comunale, più altri nodi sboccianti come il Cecchi Point, più centro sociali parrocchie case occupate e da ultimo i campi rom ( che meritano un articolo a parte) di cui si sono occupati Salvatore Planeta e Cristina Grosso di Vivi Balon. Tutti quelli che si occupano di emergenza cibo stanno entrando nell'ottica di promuovere il consumo di frutta e verdura che oltretutto fanno  bene alla salute.
Quante persone hanno mangiato qualcosa di queste nostre 18 tonnellate, 18 mila chili?  In una città di 850 mila abitanti, a quanti arriva cibo gratis, almeno in parte?  A quante persone sarebbe giusto che arrivi?   Questi sono interrogativi di  politiche sociali.  La nostra esperienza, partita dal tema ecologista di non sprecare si è incrociata completamente con le politiche sociali.
Ma alle domande sulle politiche sociali si può dare una parziale risposta anche guardando al lato ecologico. Indipendentemente da cosa si risponde alla domanda " a chi è necessario e giusto fornire cibo gratis" , in una crisi sociale legata alla pandemia è ancora meno ammissibile che si sprechi cibo. Tutto il cibo che rischia di essere buttato andrebbe salvato e  regalato.
Per questo abbiamo avviato uno stretto dialogo col Caat di Torino Grugliasco e stiamo cominciando anche con Ortomercato a Milano.  Per questo però occorre anche capire se c'è ancora cibo da salvare - non solo da farsi regalare ma proprio da salvare - nei supermercati e negozi. (Prossimo capitolo)
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La Ristorazione Sociale affronta l’emergenza donando i pasti ai più fragili

Un pasto caldo in dono alle persone più vulnerabili che, a causa delle recenti disposizioni in merito al coronavirus, sono obbligate a stare a casa, sole, senza ricevere alcun supporto. Quella del pasto caldo è l’iniziativa della Ristorazione Sociale della Cooperativa Coompany& che, ad Alessandria, ha deciso di chiudere i battenti ma dedicarsi ai più fragili, mantenendo il suo forte valore sociale e un’attenzione verso i bisognosi.
















In questi giorni di emergenza da coronavirus, con sforzi e fatica stiamo cambiando le nostre abitudini, per contribuire a ridurre il rischio crescente di una situazione che ci riguarda tutti. Un pensiero di riguardo, però, va alle fasce più deboli: persone fragili e bisognose che si ritrovano in molti casi in situazioni di solitudine proprio in Italia, Paese che, secondo solo al Giappone, conta il maggior numero di anziani al mondo.
In loro soccorso è stato avviato il progetto virtuoso della Ristorazione Solidale di Alessandria, gestita dalla Cooperativa Sociale Coompany& che, proprio come vi abbiamo raccontato in un nostro precedente articolo, nasce per rispondere ai bisogni fondamentali del territorio e alle richieste espresse dalle fasce più deboli.
Come ci racconta il presidente Renzo Sacco, «in questi giorni ci siamo trovati nella doverosa scelta di chiudere la nostra attività, adeguandoci a quelle che sono le direttive dettate dallo stato di emergenza. A un certo punto però ci siamo chiesti: essendo noi una cooperativa sociale che interagisce col territorio, come possiamo dare il nostro contributo ai più fragili? In questi anni abbiamo conosciuto diverse persone che vivono da sole. Persone per le quali rimanere a casa in solitudine, in una situazione di emergenza come questa, può rappresentare un grosso problema».
A partire da questo presupposto la cooperativa ha deciso di donare pasti a domicilio per i più fragili. «Il nostro obiettivo è fornire a queste persone un aiuto e accompagnarle nelle situazioni più difficili, facendo sì che si possano sentire un po’ meno abbandonate».
L’iniziativa è molto semplice: entro le 10.30 di mattina la cooperativa risponde alle chiamate di coloro che sono direttamente interessati a ricevere il pasto nella propria abitazione o da coloro che segnalano altri casi.
Il menù preparato verrà consegnato all’interno di vaschette ad hoc nei cassoni che normalmente la cooperativa utilizza per la veicolazione dei pasti, con attenzione alle norme igieniche e alla misurazione delle temperature. La cooperativa lo chiama “piatto unico” e consiste in una confezione con due scomparti che contiene un primo e un secondo. Il servizio sarà gratuito e gli operatori che consegneranno il pasto svolgeranno il servizio con mascherina e guanti monouso, evitando di entrare nelle abitazioni.
«Questo è un momento molto delicato per noi e per tutte le realtà che si trovano a fare i conti con la chiusura delle proprie attività. La relazione è infatti il nostro strumento poiché noi sopravviviamo grazie ai nostri clienti e nel momento in cui questa relazione viene a meno, è importante capire come reagire».
«Abbiamo iniziato consegnando i primi otto pasti, che rappresentano per noi un numero significativo avendo comunicato l’avvio del progetto soltanto un giorno fa. E sappiamo che, per forza di cose, si tratta di un numero che tenderà a crescere nei prossimi giorni. Questa mattina, ad esempio, abbiamo ricevuto la segnalazione della vicina di casa di una signora anziana che vive da sola e non dispone di telefono. Ci ha anche contattati un’assistente sociale dell’ospedale di Alessandria chiedendoci di aiutare delle persone che sarebbero state dimesse e che tornando nelle loro abitazioni non avrebbero avuto compagnia o supporto di alcun tipo».
L’iniziativa porta avanti il lavoro quotidiano che la cooperativa Coompany & svolge sul territorio, dove si occupa principalmente di inserimenti e reinserimenti lavorativi come nel caso di persone con disabilità fisica e cognitiva, giovani con sindrome di down e chi proviene dal mondo del disagio sociale, dalla dipendenza e dalle carceri.
«Quello che stiamo vivendo in queste settimane è un momento di grande fatica e timore per quello che potrà succedere. Noi abbiamo scelto di ridurre al minimo il rischio per i nostri soci ma allo stesso tempo di concederci un’occasione per contribuire in maniera positiva a quest’emergenza come atto di responsabilità nei confronti della comunità.
Credo questo momento rappresenti una grande sfida per tutti. Agendo insieme è probabile che questa situazione possa incidere positivamente sul senso di comunità. E forse la cosa positiva che può lasciarci questo momento è proprio questa».
fonte: https://www.italiachecambia.org

A Torino nasce il quartiere a spreco zero per aiutare le persone fragili

Un intero quartiere a Torino si è attivato per promuovere la solidarietà e aiutare coloro che si trovano in una situazione di difficoltà economica. “Mirafiori quartiere spreco zero” è il nome del progetto che, attraverso il recupero e la donazione di beni, facilita la distribuzione delle eccedenze e diffonde buone pratiche condivise da residenti, commercianti, ambulanti, associazioni ed enti di volontariato sul territorio.





Una vera e propria rete di solidarietà tra cittadini, aziende, commercianti e terzo settore è nata nel quartiere di Mirafiori Sud a Torino, facendo della cultura del dono verso i più bisognosi il suo elemento fondante. Nasce così il Quartiere a Spreco Zero, dove gli abitanti mettono a disposizione beni e prodotti inutilizzati a favore di persone in difficoltà, accogliendo le necessità di coloro che si trovano in uno stato di povertà o di forte disagio socio-economico.


In che modo? Attraverso la creazione di un sistema che mette in collegamento tredici centri per la raccolta diretta di beni donati dai cittadini e altri diciannove centri che si occupano della successiva distribuzione, promuovendo l’attivismo, dando un supporto a coloro che vivono in situazioni di povertà e stimolando opportunità di volontariato all’interno del quartiere.

Le categorie di beni sono nove e coinvolgono cibo fresco e secco confezionato, abbigliamento, prodotti per l’igiene della casa, libri, giocattoli, arredamento, attrezzatura sanitaria o sportiva, biciclette, elettrodomestici, elettronica, stoviglie o utensili. Come ci racconta Roberta Molinar, referente del progetto, «in questo modo noi scommettiamo non solo sulla solidarietà ma anche sulla prossimità, valorizzando la dimensione di quartiere e stimolando azioni utili che chiunque può intraprendere nella sua quotidianità».

Chi sono i beneficiari

Sono persone o famiglie del quartiere che stanno attraversando un momento di difficoltà economica o che vivono in condizioni di povertà, individuati da organizzazioni accreditate del quartiere che si occupano di accoglienza e sostegno alle persone e alle famiglie impoverite (es. parrocchie, servizio sociale territoriale, servizi e sportelli socio-assistenziali, comunità e case di accoglienza). In cambio dell’aiuto ricevuto doneranno il loro tempo e le loro capacità in attività di volontariato a favore della comunità.

Chi sono i donatori

I donatori sono cittadini, negozi, mercati rionali e aziende che donano liberamente beni materiali presso i centri locali di raccolta. Possono offrire oggetti usati ma in buono stato, fondi di magazzino, beni in eccesso, prodotti alimentari non più vendibili ma commestibili (es. per difetti nella confezione, per motivi estetici, in scadenza), eccedenze alimentari e cibo invenduto a fine giornata. All’interno del quartiere, poi, chiunque può diventare volontario contribuendo al progetto attraverso il recupero delle donazioni presso i centri locali di raccolta e la successiva consegna a persone e famiglie in difficoltà economica, sulla base delle loro esigenze.

















Il progetto è promosso da Miravolante, un’ Associazione di Comunità, in collaborazione con Fondazione Mirafiori, Associazione Crescere Insieme, AICS Torino, Planet Smart City e con il sostegno della Compagnia di San Paolo nell’ambito del bando “Fatto per bene”.


Dopo una lunga fase di mappatura territoriale del quartiere, analisi sistemica delle dinamiche dei flussi e dei processi di raccolta, recupero, ridistribuzione, trasporto e logistica, sono state individuate le realtà aderenti al progetto. «Si tratta di case di accoglienza, parrocchie, spazi comunitari. Per ogni luogo abbiamo assegnato una tipologia di beni che si possono donare oltre che i giorni e gli orari in cui è possibile conferirli» ci racconta Roberta Molinar.


Il progetto si compone di due strumenti: una mappa cartacea che viene fornita agli abitanti del quartiere per individuare il materiale e i punti di raccolta nel quartiere ed una app che verrà utilizzata dagli enti accreditati per comunicare e organizzare le fasi di raccolta e distribuzione.

Come ci spiega Roberta Molinar, il funzionamento è molto semplice. «Se sono in possesso di un passeggino che non utilizzo più posso recarmi a un centro facente parte del sistema che raccoglie beni destinati ai bambini, che verrà quindi raccolto da volontari. Se all’interno del centro si riscontra una necessità immediata di quel bene, allora verrà subito utilizzato mentre se rappresenta un esubero (poichè in quel momento non c’è una richiesta effettiva), il centro può metterlo a disposizione di tutti i centri facenti parte del sistema attraverso un’applicazione online riservata a Mirafiori Spreco Zero. A quel punto gli altri centri accreditati potranno prenotarsi per ritirare il bene in questione attraverso il trasporto gestito direttamente dai nostri volontari, valorizzando la collaborazione e riducendo gli sprechi nel quartiere».


fonte: www.italiachecambia.org

A Torino gli alberi di Natale verranno ripiantati per rinverdire i giardini della città

Torino ha scelto di festeggiare un Natale più sostenibile e naturale, collocando, nel centro città, abeti “vivi” che, al termine delle festività, saranno donati ad associazioni ed enti benefici che operano sul territorio e ripiantati per rinverdire parchi e giardini, con l’obiettivo di sensibilizzare le persone e contribuire a promuovere una maggior attenzione all’ambiente.

















Vi siete mai chiesti che fine fanno tutti gli anni gli alberi di Natale addobbati nelle vie della città per le festività natalizie? A Torino l’associazione Commercianti di Via Po ha dato la propria risposta e, per il secondo anno consecutivo, ha scelto di dire basta all’utilizzo di alberi in plastica preferendo abeti vivi che, dopo il periodo festivo, saranno donati ad Associazioni Onlus o Enti Benefici che ne hanno fatto richiesta e ripiantati nei pressi delle scuole, per rinverdire i giardini scolastici.
L’iniziativa è stata pensata per unire la celebrazione della festa natalizia alla salvaguardia ecologica e alla valorizzazione del territorio, con una forte attenzione al sociale. Il presupposto è che la plastica debba essere necessariamente smaltita, producendo inquinamento. Al contrario, questi alberi hanno rilasciato ossigeno in atmosfera e continueranno a farlo visto che, alla fine dell’evento, verranno riutilizzati.
Certo, vanno considerati anche altri aspetti. Se, come sarebbe auspicabile e naturale, un albero di Natale di “plastica” fosse utilizzato per 10 o 20 anni il suo impatto si ridurrebbe notevolmente. In molti casi, inoltre, gli alberi “veri” non sopravvivono alle feste di Natale perché tenuti in appartamenti troppo caldi, o privi di luce o perché sono stati espiantati in modo errato. Se però gli alberi vengono trattati in modo corretto e veramente vengono ripiantati subito dopo le feste, il risultato può essere virtuoso.
Come spiegano i rappresentanti dell’associazione: «questi alberi nella loro vita hanno prodotto ossigeno e assorbito anidride carbonica, al contrario per produrre un albero finto di plastica si produce fino a trenta Kg di anidride carbonica e sono necessari più di duecento anni per biodegradarlo».
L’iniziativa è stata organizzata in collaborazione con Ascom Confcommercio Torino e provincia e Centro Servizi Vol.To – Volontariato Torino, con il patrocinio del Comune di Torino e della Circoscrizione Centro e ha avuto luogo anche in altre vie della città grazie al coinvolgimento di altre Associazioni di Commercianti che hanno condiviso il progetto.
Come si legge sul sito dell’Associazione Commercianti di via Po, il presidente Alessandro Chiales afferma che «l’iniziativa nasce dall’esigenza di abbellire la nostra via, per i torinesi e i tanti turisti che la visitano. Ma soprattutto di realizzare concretamente un progetto ecologico e sociale che rende sempre più consapevoli del ruolo, non solo economico, svolto nella società cittadina».
fonte: https://www.italiachecambia.org

Terni: Arriva La “Libreria Di Strada”














Una “Libreria di strada” per unire le persone e promuovere l’amore per la lettura. Una libreria senza frontiere, sistemata sulla strada e messa a disposizione delle persone che vivono nel quartiere e che possono fermarsi a prendere gratuitamente un libro e arricchire quel contenitore donandone un altro. La libreria, situata nell’area verde della sede del Centro Sociale quartiere Polymer, luogo di scambio di libri e riviste ma anche di incontro e socializzazione, è una delle attività inserite nel patto di collaborazione tra il Comune di Terni e il Centro guidato da Marcello Bizzotti.
“Ci hanno donato tanti libri per tutti: giovani e vecchi, donne e uomini, stranieri e non, dice Bizzotti, senza distinzione di credo religioso, politico, di lingua e di paese. Questa iniziativa risponde anche all’esigenza di ridare vitalità ad uno spazio pubblico, riconquistando ad esempio quei cittadini che, in assenza di alternative, preferiscono i centri commerciali ad un luogo che invece può tornare ad essere abitato da persone che si ritrovano per scambiarsi parole, idee, emozioni, per condividere la cultura nella sua accezione popolare e nelle più svariate forme di partecipazione”.
L’inaugurazione della “libreria di strada” ci sarà venerdì 20 settembre alle ore 16.30, al centro socio culturale Polymer, in via Narni 154.
fonte: http://www.terninrete.it/

A Genova la biblioteca del giocattolo per insegnare ai bambini a non sprecare


















Bambole e vecchi giochi, peluche, puzzle e libri usati: un modo diverso per inculcare nei bimbi la cultura del recupero e del non spreco è creare una… Biblioteca! Come per i libri, perché non dare in prestito anche i giocattoli e dare loro una nuova vita?
L'obiettivo? Beh, se vogliamo un mondo migliore sin dalla più tenera età possiamo insegnare ai nostri piccoli che ogni oggetto può avere una vita più lunga e che se un bimbo un giocattolo non lo usa più è un vero peccato gettarlo! Un giocattolo, insomma, qui può essere oggetto di un divertente baratto e l’occasione buona per conoscere altri amichetti.

E non solo, all’interno di queste eccezionali biblioteche si svolgono anche una serie di attività come laboratori ludico-formativi per insegnare ai bambini a riparare e a riscoprire l’utilità di pezzi di giocattoli non più recuperabili, oppure a riciclare i materiali di scarto per la creazione di nuovi giochi “sostenibili”.

Dal 2016 e nel giro di pochi mesi la Biblioteca ha trovato ben due sedi: a via Lugo (Genova San Teodoro) e negli spazi di Palazzo Verde (ex Magazzini dell’Abbondanza, via del Molo).

fonte: https://www.greenme.it

Capannori: Uno Sconto Del 40% Sulla Parte Variabile Della Tariffa Ascit Per Le Famiglie Che Usano Pannolini Ecologici.

Più Incentivi Per Le Utenze Non Domestiche Che Donano Eccedenze Alimentari E Vendono Prodotti Sfusi

















Nuove proposte dell'amministrazione Menesini in diversi ambiti per incentivare cittadini ed aziende alle buone pratiche ambientali e ridurre così la quantità di rifiuto prodotto sul territorio. Novità che saranno introdotte nel nuovo regolamento di Ascit che nel mese di marzo sarà all'ordine del giorno del consiglio comunale. 
Sono previste tre tipi di incentivazione. La prima riguarda le famiglie con neonati per le quali si vuole promuovere l'uso di pannolini lavabili e quindi riutilizzabili  prevedendo uno sconto del 40%  sulla parte variabile della tariffa Ascit per coloro che li utilizzano. Queste  utenze entreranno direttamente a far parte delle 'Famiglie Rifiuti Zero' e saranno seguite e affiancate dal Centro di Ricerca rifiuti Zero.
La seconda nuova misura prevede l'aumento dello sconto sulla parte variabile della tariffa Ascit dall'attuale 10% al 20% per bar, ristoranti ed altri esercizi che somministrano alimenti,  che  donano le proprie eccedenze alimentari. 
Il terzo tipo di incentivazione è rivolto agli esercizi commerciali che vendono prodotti sfusi e quindi contribuiscono a diminuire gli imballaggi da smaltire. Anche in questo caso è previsto un aumento dello sconto in bolletta che sarà calcolato in proporzione alla superficie dedicata all'interno del locale alla vendita di prodotti di questo genere.
“Con queste nuove misure vogliamo implementare le buone pratiche per diminuire la produzione dei rifiuti sul nostro territorio e avvicinarsi sempre più all'obbiettivo rifiuti zero. Il fine è anche quello di responsabilizzare ulteriormente  i cittadini  sull'importanza di uno stile di vita sostenibile che passa anche da ciò che si acquista. - spiega l'assessore all'ambiente Matteo Francesconi -. I pannolini 'usa e getta', ad esempio,  costituiscono  ad oggi circa il 15% del rifiuto indifferenziato e quindi riteniamo importante incentivare le famiglie ad utilizzare quelli lavabili in modo che venga ridotta la produzione di quelli tradizionali. Per quanto riguarda le aziende vogliamo premiare quelle che orientano la loro attività a scelte innovative e rispettose dell'ambiente, come l'utilizzo di prodotti sfusi e  l'impegno contro lo spreco alimentare. Siamo di fronte a tre nuove misure che portano vantaggi ambientali, economici e sociali e  che saranno inserite nel nuovo regolamento Comune-Ascit”.
fonte: https://www.comune.capannori.lu.it