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Lo spreco di cibo a SuperQuark

 










Rai


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A scuola di transizione ecologica

Un corso di otto settimane promosso da Ecomondo e Università di Bologna per accelerare l’innovazione nell’economia circolare.













Ecomondo, attraverso Italian Exhibition Group (IEG), e Università di Bologna, in collaborazione con Rete Ambiente, hanno dato vita alla Scuola di Alta Formazione per la Transizione Ecologica (Safte), percorso formativo rivolto a imprese, enti e associazioni con l'obiettivo di accompagnare il paese nell’innovazione legata al tema dell’economia circolare.

Il corso avrà la durata di otto settimane, dal 15 ottobre fino al 10 dicembre 2021, suddiviso in 4 unità tematiche da 2 settimane ciascuna per un totale di 128 ore di attività formativa in modalità e-learning, con l'obiettivo di integrare saperi diversi e sviluppare nuovi strumenti per guidare le strategie aziendali verso uno sviluppo innovativo e sostenibile nelle principali industrie.
A completamento del percorso, durante la prossima edizione di Ecomondo e Key Energy (Fiera di Rimini, 26-29 ottobre 2021) sono previste attività in presenza per offrire momenti di integrazione culturale e operativa tra fiera e università.

La Scuola di Alta Formazione per la Transizione Ecologica è inserita in un progetto avviato l'anno scorso dall’ateneo bolognese per dare risposta alle numerose richieste di formazione continua raccolte dalle aziende. “Negli ultimi anni - afferma il Rettore Francesco Ubertini - l’economia circolare e la transizione ecologica sono state al centro di numerosi progetti nazionali ed internazionali, in stretta collaborazione con le imprese. Anche riguardo all’offerta didattica, questi temi caratterizzano sempre più i nostri corsi, con un approccio che coniuga interdisciplinarità ed innovazione. Per questo ci fa molto piacere attivare questa Scuola di Alta Formazione, in collaborazione con IEG ed altri soggetti istituzionali ed imprenditoriali, con i quali abbiamo una consolidata interazione, in particolare grazie all’esperienza di Ecomondo”.


Per informazioni e iscrizioni: Safte

fonte: www.polimerica.it
 


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Il 6 maggio 2021 webinar dell’Università di Bologna ‘Ricircola – Plastic Waste Free’

No degli obiettivi del webinar dell'Università di Bologna "Ricircola" è quello di trasformare il packaging in una risorsa da recuperare e da cui creare altro valore



Allineare la filiera della plastica con i principi dell’economia circolare consente di mantenere i vantaggi dell’utilizzo del packaging plastico, riducendone drasticamente l’impatto ambientale.

Uno degli obiettivi del webinar dell’Università di Bologna “Ricircola” è quello di trasformare il packaging in una risorsa da recuperare e da cui creare altro valore: grazie al progetto che verrà illustrato, infatti, la plastica viene riciclata e riutilizzata per produrre altre vaschette. Un modo innovativo per ridurre sempre di più l’impatto ambientale: verrà dimostrata la sostenibilità del modello tramite alcuni indicatori per fornire un confronto con l’attuale gestione delle vaschette alimentari e le effettive ricadute sull’ambiente.

L’evento si terrà giovedì 6 maggio alle ore 16.00 con la conduzione dal giornalista Maurizio Melis (Radio 24).
I vari partner e l’Università di Bologna condivideranno la loro esperienza con aziende e istituzioni.

All’evento partecipa anche Corepla con Antonio Furiano – Responsabile Commerciale: Vendita e Aste, Marketing, Assistenza Tecnica e Modelli Innovativi di Riciclo – che interverrà nella tavola rotonda a conclusione dell’evento.


fonte: www.ecodallecitta.it


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Salute e ambiente, una summer school dell’Università di Bologna

Dal 14 al 18 giugno 2021, in collaborazione con Arpae e Rias.



L’esposizione ambientale a potenziali sostanze tossiche può avvenire ogni giorno attraverso l’aria, il suolo o l’acqua contaminata. La ricerca attuale si concentra sui rischi ambientali, riconducibili ad agenti chimici, biologici e fisici, nei luoghi di lavoro e nella catena alimentare. I metodi di indagine e la valutazione dei potenziali rischi per la salute hanno fatto sensibili passi avanti negli ultimi anni.

L’Università di Bologna (sede di Ravenna), in collaborazione con Arpae Emilia-Romagna e Rete Italiana Ambiente Salute organizza la summer school “Environmental Health” sul tema del rischio da esposizione ambientale a sostanze tossiche.

Il corso è rivolto agli studenti dei corsi di laurea e dei master con basi di biologia, scienze biomediche o ambientali, statistica interessati ad approfondire i temi di tossicologia, epidemiologia e salute ambientale.

Un percorso online di cinque giorni, dal 14 al 18 giugno 2021, nei quali gli studenti acquisiranno competenze sugli aspetti di ambiente e salute, strettamente interconnessi.

Il percorso approfondisce i diversi approcci in uso per la valutazione del rischio da esposizione, oltre a focus specifici dedicati alla tossicologia e all’epidemiologia ambientale. Previste lezioni e sessioni pratiche, di livello intermedio e avanzato.

Le iscrizioni devono essere presentate entro il 4 maggio 2021

Per avere maggiori informazioni form@fondazioneflaminia.it

Bando di ammissione

Programma

https://www.snpambiente.it/wp-content/uploads/2021/04/summer-school_program_.pdf

fonte: www.snpambiente.it


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“Squiseat”, la piattaforma bolognese contro lo spreco alimentare ideata dagli studenti Unibo














Ridurre lo spreco alimentare, come afferma l’Agenda 2030 dell’Onu per lo sviluppo sostenibile, è uno degli obiettivi di governi e imprese. Nasce da questa sensibilità “Squiseat”, la piattaforma ideata da quattro studenti di informatica dell’Università di Bologna che vuole mettere in contatto i ristoratori e i gestori di eventi catering con i consumatori. I ragazzi hanno ricevuto questa mattina il premio studenti di mille e cinquecento euro da Think4food e, durante l’incontro, hanno affermato di voler garantire «cibo di qualità a un prezzo basso prendendo come riferimento le famiglie numerose, gli studenti e i lavoratori che non hanno tempo o voglia di cucinare ma che vogliono consumare un prodotto di qualità». A Bologna “Squiseat” consegna a domicilio tra le 19 e le 21 e, per il momento, si pone come intermediario grazie a un canale Telegram dove vengono comunicate le rimanenze e gli invenduti di giornata.

fonte: https://www.gazzettadibologna.it/

Comunità energetiche, a Bologna il primo progetto

Cittadini e 900 aziende del quartiere Pilastro-Roveri potranno usufruire di tariffe ridotte, grazie a una combinazione di fonti rinnovabili, generazione distribuita, stoccaggio di energia e ottimizzazione dei consumi.











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Nascerà a Bologna la prima comunità energetica che permette ai cittadini e alle circa 900 aziende del quartiere Pilastro-Roveri di usufruire di tariffe ridotte, grazie a una combinazione di fonti rinnovabiligenerazione distribuita, stoccaggio di energia e ottimizzazione dei consumi.
Ispirata ai concetti di smart city e sostenibilità ambientale per contrastare la povertà energetica, l’iniziativa rientra nel progetto GECO (Green Energy Community) promosso da AESS (Agenzia per l’Energia e lo Sviluppo Sostenibile), in qualità di coordinatore, ENEA e Università di Bologna, con la partecipazione di CAAB/FICO e Agenzia locale di sviluppo Pilastro-Distretto Nord Est.
Il progetto, spiega una nota Enea, è finanziato con 2,5 milioni di euro del fondo europeo EIT Climate-KIC, ed è collegato a Roveri Smart Village, un’iniziativa promossa da ENEA dal 2017 presso il distretto industriale bolognese delle Roveri e a cui l’Agenzia collabora come soggetto promotore della cabina di regia costituita dal Comune di Bologna.
ENEA contribuisce al progetto attraverso lo sviluppo di un modello di business sostenibile basato su blockchain, finalizzato a rendere flessibile la domanda di energia dei partner della comunità energetica. Inoltre i ricercatori ENEA impegnati nel progetto si occuperanno della definizione di una piattaforma ICT per la raccolta dei dati, al fine di migliorare la consapevolezza dei consumatori.
Sul piano tecnico, il progetto si avvale della collaborazione dell’Università di Bologna che, come sottolineato dal prof. Carlo Alberto Nucci, si occuperà di sviluppare modelli per la gestione ottimale dei flussi energetici e delle risorse distribuite, ovvero la gestione di generazione, consumo, stoccaggio elettrico e mobilità elettrica.
fonte: www.qualenergia.it

Cambiamenti climatici e acque sotterranee, convegno il 30 settembre a Bologna

Promosso da Regione Emilia-Romagna e Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde.


















La lotta al cambiamento climatico è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile Agenda Onu 2030 che la Regione Emilia-Romagna sta affrontando con azioni e programmi. Punto di forza dell’azione regionale è la Strategia regionale di adattamento al cambiamento climatico. Promosso dalla Regione Emilia-Romagna e da Alma Mater Studiorum Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde
Interviene, tra gli altri, il direttore generale di Arpae Emilia-Romagna sull’Osservatorio regionale sui cambiamenti climatici e le strategie per la gestione sostenibile delle risorse idriche. 
Vai ad altre info e programma 


fonte: http://www.snpambiente.it

Prende il mare SunRazor, la prima barca solare made in Italy

La barca prodotta da giovani talenti italiani è pronta per competere nelle gare di Formula-E del mare.















SunRazor 01 è la prima imbarcazione italiana nella categoria “Solar”, un trimarano solare ad alta tecnologia “made in Italy” che dopo aver affrontato i primi test in acqua e superato le prove di omologazione in occasione della 6a edizione del Monaco Solar & Energy Boat Challenge di Montecarlo ora si appresta ad affrontare le sfide della Formula 1 elettrica del mare. SunRazor sfiderà altre 18 imbarcazioni solari in Olanda, in occasione della prossima gara di campionato. Sono tutte barche nate da spin-off universitari e da laboratori sperimentali, portate in gara da 8 nazioni diverse.

Un concentrato di alta tecnologia

SunRazor è un trimarano che, rispetto alle altre imbarcazioni in gara concepite per la navigazione nelle calme acque dei canali olandesi, in mare offre maggiore stabilità ed efficienza grazie a un bordo più alto e alla maggiore larghezza dello scafo.
SunRazor 01 nasce grazie al team Blue Matrix che ha aggregato competenze tecniche nei settori più diversi. “Abbiamo unito materiali avanzati e tecnologie aerospaziali, batterie agli ioni di litio di ultima generazione, un propulsore elettrico ad alto rendimento, complessi software di gestione, e sistemi portanti nati da un attento studio fluidodinamico“, spiega il team manager Cristian Pilo, progettista dello scafo.
Grazie al potente motore elettrico e alla sua particolare elica da competizione, SunRazor si solleva sui foil di cui è dotato, vale a dire le superfici portanti, una sorta di ali che gli consentono di raggiungere elevate velocità. Più che una barca, SunRazor è un complesso insieme di sottosistemi elettronici, meccanici e fluidodinamici.
SunRazor
SunRazor , la prima barca solare made in Italy varata a Montecarlo ©SunRazor

La rete di SunRazor

SunRazor è frutto del lavoro di una rete di professionisti, appassionati, aziende fornitrici, ricercatori e studenti universitari. Fra questi: l’Università di Bologna che ha fornito il battery management system già collaudato con successo sul prototipo di vettura Onda Solare. L’Università di Roma 3 ha testato e messo a punto motore e inverter, ne ha sviluppato scheda di gestione elettronica assieme al suo sofisticato software di gestione.
Sulla base del progetto è stato realizzato il modello in legno da cui sono stati ricavati gli stampi e, infine, in lavorazione sottovuoto, le tre parti dello scafo: la carena del trimarano, divisa in due parti poi unite assieme alla coperta.
Il materiale utilizzato per la costruzione è un sandwich in sottilissima fibra di carbonio, inframezzato da un alveolare in Nomex, una struttura aramadica a nido d’ape. Grazie a questa tecnologia di tipo aerospaziale, lo scafo pesa solo 54 kg nonostante i suoi quasi 8 metri di lunghezza per 2,36 di larghezza. “Eravamo preoccupati per la delicatezza della struttura di coperta” racconta Luca Basciu il costruttore “ma alla fine ci siamo saliti in quattro, tutta la squadra, e ha resistito perfettamente.”
Creative Yachting Solutions si è occupato dell’assemblaggio e della parte elettrica ed elettronica, mentre il sistema dei foil è stato sviluppato dal Politecnico di Bari.
fonte: www.lifegate.it

Una batteria litio-aria italiana verso il “Santo Graal” dello storage

Un sistema d'accumulo semi-solido litio/ossigeno a flusso, chiamato Nessox, sviluppato nei laboratori dell'Università di Bologna.


















In fondo fare batterie è un po’ come cucinare: si tratta soprattutto di scegliere bene gli ingredienti giusti. Quelli principali sono due, e consistono in un elemento che ama molto gli elettroni, e uno che li ama meno: mettendoli vicini il primo li strappa al secondo, e se si riesce a incanalare gli elettroni “rubati” in un circuito elettrico esterno, ecco che abbiamo prodotto elettricità.
La lista degli ingredienti a disposizione degli chef delle batterie si chiama “tabella di elettronegatività”, dove i numeri crescono con la “fame di elettroni”. Maggiore è la differenza di elettronegatività fra una coppia di elementi scelti , e maggiore sarà il voltaggio fra loro, e quindi l’energia della batteria.
Si vede subito che gli elementi meno elettronegativi, quelli che formano l’anodo di un accumulatore, sono quelli del gruppo del litio, e visto che questo è anche l’elemento solido più leggero, ecco che si spiega perché questo elemento sia praticamente la scelta obbligata per le batterie più performanti.
La sorpresa viene però guardando i suoi potenziali compagni di ricetta, i “ruba elettroni” del catodo: in genere nelle batterie non si scelgono quelli più forti, ma si accoppia il litio con elementi come ferro e cobalto, soprattutto perché comuni, solidi e stabili, rinunciando a una parte delle massime prestazioni teoriche di queste batterie.
Per le applicazioni elettroniche delle batterie al litio, questa ricetta può anche bastare, ma i suoi limiti cominciano a pesare, ora che servono accumulatori più performanti per i veicoli elettrici.
Si potrebbe pensare di fare catodi con gli elementi più elettronegativi, fluoro e cloro, che però sono gas velenosi e corrosivi: una batteria litio-fluoro sarebbe un incubo ingegneristico.
Ma ecco il colpo di scena: subito dopo i due gemelli terribili, l’elemento più elettronegativo è l’ossigeno, il gas in cui siamo immersi!
Quindi si può immaginare una batteria litio-ossigeno atmosferico in cui catodo sarebbe costituito non da pesanti metalli, ma dall’aria stessa: un dispositivo potentissimo e leggerissimo, il Santo Graal del settore.
E in effetti ci stanno lavorando in tanti a questa superbatteria, ma pochi sanno che uno dei gruppi meglio posizionati in questa corsa si trova in Italia, all’Università di Bologna. Qui è nata Bettery, una società spin-off dell’ateneo, che ha proprio come obiettivo di portare sul mercato la batteria semi-solida litio/ossigeno a flusso, chiamata Nessox e coperta da brevetto.
Partendo da un prototipo di laboratorio che ha mostrato una densità di energia circa doppia rispetto a quella dei migliori accumulatori al litio commerciali, intorno ai 500 Wh/kg, il team Bettery, composto da Francesca Soavi , Francesca De Giorgio, Alessandro Pastore, Alessandro Brilloni e Federico Poli, sta ora mettendo a punto la tecnologia.
Anche a causa della mancanza in Italia di strutture pubblico-private di supporto ai progetti tecnologici promettenti a lungo termine, i fondi dello sviluppo di Nessox derivano per ora in buona parte da una fonte particolare: la lunga serie di premi, italiani ed europei, che Bettery ha vinto grazie alla sua idea.
L’ultimo di questi, da 50mila euro, è uno dei più prestigiosi: il premio Gaetano Marzotto “Dall’Idea all’Impresa”, vinto a fine 2018. “Un capitale che, tuttavia, non è sufficiente per portare Nessox a uno stadio di prototipo industriale. Per fare questo, serviranno finanziamenti pubblici e privati ben più consistenti, che stiamo cercando di raccogliere”, dicono a Bettery.
In effetti, Nessox è un tipo di batteria così originale, un mix fra una batteria a stato solido e una a flusso (dove catodo e anodo sono liquidi, e scorrono ai due lati di una membrana), che per svilupparla serviranno tempo e risorse.
In Nessox c’è un anodo solido di litio metallico, separato da una membrana da un catolita (catodo liquido), costituito da un liquido organico contenente particelle carboniose e ossigeno disciolto che fluisce continuamente nel comparto dove avviene la reazione litio-ossigeno.
La configurazione a flusso della batteria permette di mitigare uno dei principali problemi delle batterie litio-aria: la formazione di perossido di litio, composto molto stabile che si deposita sul catodo formando uno strato isolante, portando alla repentina perdita di capacità della batteria. In Nessox, i perossidi si formano sulle particelle carboniose, che vengono portate via dal flusso limitando il loro deposito sul collettore di corrente.
Da risolvere ancora, invece, un altro grosso problema delle batterie litio-aria, quello che nell’atmosfera non c’è solo ossigeno, ma molti altri gas, alcuni dei quali, per esempio la CO2, possono reagire con il litio. Per questo i prototipi di queste batterie vengono alimentati con bombole di ossigeno puro, una soluzione però difficile e inefficiente, per l’uso su veicoli.
Elaborare un sistema per separare l’ossigeno dell’aria dal resto, garantendo anche un afflusso adeguato del gas nel catodo, è un difficile passo che tutti i team che lavorano su queste batterie, stanno affrontando. Ma per ora a Bettery non si sbilanciano sulle soluzioni a cui stanno pensando.
In compenso, sottolineano una interessante possibilità di miglioramento consentita dalla loro batteria, rispetto a quelle convenzionali: la possibilità di rendere liquido anche l’anodo, per esempio disperdendo della polvere di litio metallico in un elettrolita organico.
“Questo consentirebbe di ‘rifornire‘ una batteria scarica, facendo il pieno di nuovo liquido, evitando del tutto i lunghi periodi di ricarica. Il liquido esaurito verrebbe invece inviato a impianti che rigenererebbero il litio in forma metallica, tramite elettricità rinnovabile. Questo sì che rivoluzionerebbe la mobilità elettrica!”, spiegano i ricercatori.
Inoltre se il litio è indispensabile per batterie destinate a muoversi, per quelle stazionarie Nessox potrebbe essere adattata all’uso di elementi più pesanti e meno performanti, ma anche più economici e comuni del litio, come il sodio o il magnesio.
Anche in questo caso avere una batteria con anodo liquido, permetterebbe di risolvere il grave problema dello storage stagionale di elettricità, per esempio spostare all’inverno l’abbondanza di elettricità solare estiva: il liquido anodico potrebbe essere prodotto e accumulato a tonnellate in serbatoi nel periodo di eccesso di produzione rinnovabile, per poi utilizzarlo in centrali apposite, quando sole o vento mancano. Una sorta di petrolio elettrochimico, insomma.
“Sì, certo, anche questo è possibile, solo, dateci tempo: secondo la road map per gli accumulatori della UE, gli accumulatori litio-aria non entreranno in commercio prima del 2030. Noi contiamo di fare anche prima, presentando, entro la metà del prossimo decennio, una bicicletta elettrica alimentata con la nostra prima batteria Nessox” concludono i ricercatori del team Bettery.
fonte: https://www.qualenergia.it

Ortofrutta, arriva il packaging naturale che riduce gli sprechi

L’imballaggio in cartone è un brevetto italiano di Bestack e Università di Bologna.






L’economia circolare si fa anche al mercato dell’ortofrutta, con il packaging anti-spreco. Si tratta di una confezione smart che, grazie all’aggiunta nel cartone di olii essenziali naturali ad azione antimicrobica, permette di prolungare la shelf life della frutta, riducendo in modo significativo gli scarti. L’idea è tutta italiana ed è stata brevettata dal Bestack, il consorzio no profit dei produttori di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta, in collaborazione con l’Università di Bologna. Il nuovo imballaggio sarebbe non solo ecosostenibile, ma anche in grado di prolungare la data di scadenza di frutta e verdura.

Tutto comincia a fine 2017, quando Bestack avvia una collaborazione con Sant’Orsola con l’obiettivo di verificare l’efficacia dei cosiddetti imballaggi attivi – quelli basati appunto sugli oli essenziali – sui piccoli frutti e in particolare sui lamponi Sant’Orsola e sulle ciliegie Orchidea Frutta.

A testare il nuovo packaging attivo anti-spreco è stato il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (Distal) dell’Università di Bologna. Sia nel caso del lamponi sia in quello delle ciliegie i ricercatori hanno analizzato la percezione del consumatore e l’impatto sui comportamenti di acquisto e sulle dinamiche commerciali.

I test sui lamponi sono stati effettuati in due mesi, da aprile a maggio 2018. Dalle analisi effettuate dall’Università di Bologna è emerso che i lamponi confezionati nell’imballaggio attivo, rispetto a quelli nel packaging in cartone tradizionale, risultano più freschi(maturati del 10-11% in meno dopo quattro giorni dal confezionamento) e hanno in generale un aspetto migliore (+12,3% dopo quattro giorni). Hanno un profumo migliore (+14,2% dopo 4 giorni) e un gusto migliore (+9,6% dopo 4 giorni). Ma soprattutto, se confezionati in imballaggio attivo, i lamponi hanno meno possibilità di finire nella spazzatura perché sovra maturi: lo spreco si riduce infatti del 6,25%.

Analoghi i risultati sulle ciliegie. Durante il test visivo in magazzino per valutare la store life delle ciliegie a temperatura ambiente, oltre al prodotto confezionato in imballaggio in cartone tradizionale e in cartone attivo, è stato considerato anche quello in imballaggio in plastica a sponde abbattibili. Risultato? Dopo quattro giorni dal confezionamento, lo scarto si riduce del 10,5% per il prodotto confezionato in cartone attivo rispetto a quello confezionato in cartone tradizionale. In un confronto con le cassette in plastica a sponde abbattibili, il beneficio del cartone attivo è ancora più evidente: lo spreco di ciliegie si riduce infatti del 12,4%.

“Gli antimicrobici naturali contenuti nel cartone attivo – sottolinea il direttore di Bestack Claudio Dall’Agata – consentono di disinfettare la superficie degli imballaggi, ridurre le cariche batteriche anche patogene e aumentare la sicurezza alimentare. In secondo luogo consentono di rallentare i processi di maturazione e senescenza di lamponi e ciliegie, dando al prodotto una shelf life superiore di oltre un giorno in entrambi i casi e differenziali di scarto consistenti, considerato soprattutto il valore unitario del prodotto.”

fonte: https://www.recyclingpoint.info

Emilia 4, l’auto solare dell’università di Bologna consuma quanto un asciugacapelli e vince

L’auto si aggiudica anche l’American Solar challenge: dopo 2700 chilometri attraverso le Montagne Rocciose, dal Nebraska all’Oregon, il team Onda Solare ha conquistato il primo posto















Dopo 2700 chilometri attraverso la regione delle Montagne Rocciose, dal Nebraska all’Oregon, il team Onda Solare - unica squadra europea in gara - chiude il percorso conquistando il primo posto. E sono arrivati anche due premi speciali: il premio per la miglior meccanica e uso dei compositi e il premio per il miglior progetto della batteria. Un successo che conferma il ruolo di primo piano dell’Università di Bologna nel settore dell’Automotive a livello mondiale, e che apre la strada a possibili importanti ricadute in campo industriale. 

Il veicolo sviluppato dalla squadra di Onda Solare, ha un aspetto simile a quello di un’auto tradizionale ma con una grande differenza nei consumi: per muoversi Emilia 4 utilizza una quantità di energia simile a quella necessaria per far funzionare un asciugacapelli. Con due motori elettrici posizionati dentro alle ruote, è alimentata da cinque metri quadrati di pannelli solari ad alto rendimento collegati a batterie al litio di ultima generazione. 


La sfida di Emilia 4 era partita il 6 luglio, con una serie di prove preliminari su circuito (per un totale di quasi 500 chilometri percorsi), tutte superate con ottimi risultati. Poi, il 14 luglio è partita la gara vera e propria. L’auto solare nata dalla ricerca Unibo ha gareggiato nella categoria Cruiser, quella riservata ai veicoli con più di un posto (Multi Occupant Vehicle). 

Quattro posti, la prima in Italia così  
Da notare, a questo proposito, che Emilia 4 è un’auto solare a quattro posti (la prima auto italiana di questo tipo), mentre gli altri veicoli arrivati al traguardo sono tutti a due posti. Non solo: l’auto dell’Alma Mater è arrivata al traguardo sfruttando esclusivamente l’energia solare, senza mai collegarsi alla rete elettrica per ricaricare le batterie, e percorrendo autonomamente l’intero percorso, mentre tutti gli altri veicoli in gara hanno dovuto essere trainati su carrello per almeno un tratto del tracciato. Il percorso dell’American Solar Challenge ha portato le vetture in gara fino a 2500 metri di altezza, attraverso la regione delle Montagne Rocciose. Una sfida a colpi di chilometri macinati in dieci giorni, partendo da Omaha e proseguendo per Grand Island, Gering, Casper, Lander, Farson, Mountain Home, Burns, fino all’ultima tappa, la città di Bend in Oregon. I ragazzi del team Onda Solare hanno documentato la gara giorno dopo giorno, tra batterie da ricaricare, pit stop e problemi meccanici da risolvere lungo il percorso o durante di lunghe notti di lavoro. Ma anche acquazzoni e nebbia che hanno limitato la disponibilità di energia solare, creando non pochi problemi.
Sforzi ripagati  
Alla fine, però, gli sforzi sono stati premiati: Emilia 4 ha completato con successo il viaggio riportando, giorno dopo giorno, punteggi ottimi per efficienza, tempi di percorrenza, numero di persone a bordo, capacità della batteria. Risultati che, messi uno accanto all’altro, hanno portato alla conquista del primo posto in classifica. 
Nata da un progetto di ricerca industriale finanziato dalla Regione Emilia-Romagna grazie ai Fondi europei - Por Fesr 2014-2020, Emilia 4 è stata sviluppata e costruita interamente in Emilia-Romagna dall’Università di Bologna e dal team di Onda Solare, con il coinvolgimento del CIRI Meccanica Avanzata e Materiali e il CIRI Aeronautica e il sostegno di diverse aziende e centri di ricerca, tra cui il Centro di super calcolo del Cineca e Scm Group. Il lavoro di progettazione, che ha coinvolto una sessantina di persone, è durato due anni, mentre la fase di costruzione è stata portata a termine in meno di un anno. 

fonte: http://www.lastampa.it


Progetto iScape: vernici fotocatalitiche per ridurre l’inquinamento atmosferico

Arpae Emilia-Romagna e Università di Bologna hanno avviato una campagna sperimentale sul potenziale effetto delle vernici fotocatalitiche per ridurre l’inquinamento atmosferico, nell’ambito del progetto europeo H2020 iScape.



















Arpae e l’Università di Bologna, nell’ambito del progetto europeo H2020 iSCAPE (“Improving the Smart Control of Air Pollution in Europe”), hanno avviato una campagna sperimentale presso il complesso sito in via Terracini 34 della Scuola di Ingegneria e Architettura dell’Università di Bologna. La campagna sperimentale si propone di dimostrare il potenziale effetto di riduzione dell’inquinamento atmosferico dovuto all’utilizzo delle vernici fotocatalitiche. La campagna sperimentale rappresenta quindi una sfida di estrema attualità su un tema particolarmente critico e di interesse, ossia quello di utilizzare una tecnica anticonvenzionale ma all’avanguardia per ridurre l’inquinamento ambientale, laddove la maggior parte degli esperimenti simili svolti in precedenza sono stati attuati in condizioni controllate o idealizzate, sotto forma di esperimenti in laboratorio e di simulazioni con modelli avanzati di fluidodinamica computazionale.
La campagna è inclusa nel progetto di ricerca europeo ISCAPE (www.iscapeproject.eu), e vede l´impiego di due mezzi mobili di Arpae e strumentazione specialistica del Dipartimento di Fisica e Astronomia dell´Università di Bologna; vengono misurate concentrazioni di inquinanti e parametri meteorologici in due punti simili posti tra gli edifici del Dipartimento dell´Università, uno di questi è posizionato  in una zona trattata  con vernici fotocatalitiche.

https://ambienteinforma-snpa.it

EVENTI – Valutazione di impatto ambientale, corso a Bologna















Presso l’Università di Bologna si terrà il 9 e 10 marzo un corso in materia di Valutazione di impatto ambientale (VIA) per approfondire l’istituto alla luce delle novità introdotte con il Dlgs 16 giugno 2017, n. 104, a cui parteciperanno come relatori docenti universitari, magistrati, rappresentanti del Ministero dell´Ambiente, di Ispra e di Confindustria.
La Direzione generale Arpae è impegnata nel coordinamento della giornata del 10 marzo, dove verranno trattati temi quali l’esercizio della discrezionalità tecnica e amministrativa nel procedimento di VIA, la partecipazione ambientale, il rapporto tra tutela dell’ambiente e sviluppo sostenibile.
È sicuramente un momento di utile confronto e approfondimento per coloro che, nelle agenzie ambientali, si occupano della tematica, per tanto vi chiedo di darne massima diffusione e a tal fine vi allego il programma delle giornate.
fonte: http://ambienteinforma-snpa.it