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Innovazione e sostenibilità nel settore del packaging alimentare

I risultati parziali del progetto europeo MyPack



MyPack “Best markets for the exploitation of innovative sustainable food packaging solutions” è un progetto quadriennale iniziato il 1 novembre 2017 e finanziato dal programma Horizon 2020 (Grant Agreement Number 774265). In virtù delle difficoltà causate dalla pandemia in corso, il progetto ha beneficiato di una proroga della scadenza, e si concluderà dopo l’estate.

L’obiettivo di MyPack è quello di sostenere l’introduzione sul mercato di imballaggi innovativi al fine di ridurre sia i rifiuti alimentari e di imballaggio che la loro influenza negativa sull’ambiente. Nei 27 paesi europei, ogni anno vengono prodotti 89 milioni di tonnellate di rifiuti alimentari, il che significa che gli europei buttano via il 20% del cibo che acquistano. Al progetto prende parte un partenariato composto da Istituzioni accademiche, scientifiche e partners industriali, comprese piccole e medie imprese, da 5 Paesi Europei (Francia, Germania, Italia, Grecia, e Paesi Bassi), più la Svizzera.

Le tecnologie MyPack intendono sviluppare, e sfruttare a livello industriale, applicazioni commerciali di imballaggi compostabili/biodegradabili, imballaggi da risorse rinnovabili come PLA e PEF, tecnologie di imballaggio attivo e intelligente.

L’obiettivo conclusivo delle tecnologie MyPack è quello di estendere la qualità dei prodotti alimentari, migliorando così la sicurezza alimentare, oltre a ridurre i rifiuti alimentari e l’impronta ambientale del materiale da imballaggio. Il progetto MyPack sta sviluppando alcune linee guida generali per selezionare il miglior mercato per le tecnologie innovative messe a punto nel settore del packaging e per garantire uno sviluppo commerciale, attraverso (a) una migliore efficienza ambientale (impatto diretto degli imballaggi, impatto degli scarti alimentari, riciclaggio ottimizzato mediante compostaggio dei materiali di confezionamento, salute dei consumatori), (b) migliore accettabilità da parte dei consumatori, e (c) fattibilità industriale. Una prima linea guida generale è già stata realizzata, e, dopo un’attenta revisione da parte del consorzio dei partner, è stata pubblicata sul portale del progetto, nella sezione “Deliverables”.

Tra le 7 tecnologie individuate nel progetto, la TEC4 (Microtechnologic insertion conferring breathing properties) ha finora presentato le migliori prospettive di sviluppo commerciale. La tecnologia proposta, partendo dal know-how per lo sviluppo di un brevetto per un dispositivo in grado di controllare gli scambi gassosi tra l’interno e l’esterno di una confezione per prodotti alimentari solidi o liquidi (BlowDevice), mira allo sviluppo di un innovativo film traspirante dotato di una particolare microtecnologia.

L’obiettivo finale è quello di controllare/adattare l’atmosfera gassosa all’interno della confezione regolando gli scambi gassosi nel tempo, in funzione delle caratteristiche del prodotto confezionato, sfruttando le variazioni di pressione prodotte dall’impianto di refrigerazione utilizzato per la frigoconservazione.

Le attività di ricerca e sviluppo, effettuate nel laboratorio “MacLab1” dell’Università degli Studi della Basilicata, hanno quindi consentito la caratterizzazione del comportamento del dispositivo innovativo in differenti applicazioni su prodotti ortofrutticoli (insalate pronte per il consumo, rucola, fragole, ciliegie, uva da tavola). Le prossime fasi del progetto prevedono il trasferimento tecnologico dell’innovazione alle aziende produttrici di insalate pronte e altri prodotti ortofrutticoli, che si sono già interessate all’utilizzo del brevetto e del know-how relativo al confezionamento in atmosfera modificata dei prodotti ortofrutticoli.

Inoltre, di recente, l’innovazione è stata menzionata sul portale europeo Innovation Radar, nato con l’intento di mostrare ai cittadini europei i numerosi ed eccellenti progressi tecnologici e scientifici realizzati dai ricercatori e da innovatori in tutta Europa.

fonte: www.rinnovabili.it


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Interferenti endocrini nell’80% degli imballaggi dice l’agenzia svedese, in attesa di revisione europea delle regole sulla sicurezza

 










Uno studio dell’Agenzia svedese per le sostanze chimiche (Kemi), avverte che è necessario tenere alta l’attenzione su imballaggi alimentari e prodotti in carta e cartone destinati al contatto con il cibo. L’agenzia, sottoponendo a prove di laboratorio questi imballaggi, ha rilevato la presenza, in quantità inaspettate di diversi contaminanti come il bisfenolo A (*) e gli ftalati (**). Si tratta di una criticità che, stando allo studio, interesserebbe l’80% dei campioni analizzati. Tra i prodotti sottoposti a test compaiono confezioni per: hamburger, patatine fritte e popcorn, cannucce, piatti ma anche involucri per muffin, imballaggi per diversi prodotti alimentari come cereali per bambini e confezioni di biscotti. Dei 61 materiali di imballaggio testati, ben 49 contengono Dehp (Ftalato di bis (2-etilesile), noto interferente endocrino e classificato come tossico per la riproduzione. Nell’elenco troviamo anche il Dbp (Dibutilftalato), anch’esso riscontrato in buona parte della campionatura analizzata seppur in concentrazioni più basse.

Si tratta di sostanze il cui utilizzo è vietato in Europa in prodotti come giocattoli e articoli per l’infanzia data la loro pericolosità, ma che tuttavia possono essere usate per produrre plastiche destinate a entrare in contatto con gli alimenti, secondo l’attuale Regolamento sui polimeri. In altre parole, per quanto strano possa sembrare, l’uso di Dehp e Dbp non è contro la legge. È solo l’eventuale migrazione nell’alimento ad essere regolamentata. Il problema si allarga a macchia d’olio se si considera che molti degli articoli analizzati, al termine della propria vita utile, vengono riciclati: ciò significa che finiscono in questo ciclo di recupero anche le sostanze chimiche tossiche che l’agenzia svedese ha rilevato. Riscontrata anche la presenza di Bisfenolo A, altro importante contaminante e da tempo fonte di discussione tra le agenzie per la sicurezza alimentare dei diversi Stati membri.

La Francia ha da tempo iniziato una campagna contro gli interferenti endocrini

Questi test sono stati effettuati dalle autorità svedesi, ma non c’è motivo di credere che le cose siano diverse negli altri Paesi. La maggior parte dei prodotti oggi sono fabbricati in catene di fornitura globali e distribuiti in tutto il mondo. In questo contesto vi sono Paesi che si stanno muovendo autonomamente per tutelare i propri cittadini. È il caso della Francia che, dopo aver posto un bando nazionale alla presenza di Bpa in tutti i materiali a contatto con alimenti (slegandosi di fatto dalle disposizioni armonizzate europee), ha recentemente proposto un progetto di legge volto a fornire trasparenza sui prodotti chimici che alterano il sistema endocrino (gli interferenti endocrini) nei prodotti di consumo, tra cui i materiali a contatto con alimenti.

Secondo la bozza di decreto, che dovrebbe entrare in vigore il 1° gennaio 2022, chi commercializza prodotti di consumo dovrà dichiarare su apposita piattaforma digitale pubblica, la presenza nei propri prodotti di eventuali interferenti endocrini. L’obbiettivo è fornire ai cittadini informazioni trasparenti sulla presenza di tali composti. Potrebbe tra l’altro essere valutata la possibilità di inserire queste informazioni direttamente in etichetta.

Tuttavia, anche la Commissione Europea non rimarrà solo spettatrice immobile di questa situazione che presenta un quadro legislativo evidentemente carente sotto molteplici aspetti. La Commissione si accinge finalmente a riformare le regole sulla sicurezza dei materiali a contatto con alimenti, e vi è in atto l’ipotesi di revisione del Regolamento quadro 1935/2004.

(*) Il Bisfenolo A (BPA) è prodotto sin dagli anni ’60 dello scorso secolo ed è una sostanza chimica molto utilizzata in tutti i paesi industrializzati. È impiegato nella produzione delle plastiche in policarbonato (molto diffuse per le proprietà di trasparenza, resistenza termica e meccanica), utilizzate nei recipienti per uso alimentare, e nelle resine epossidiche che compongono il rivestimento protettivo interno presente nella maggior parte delle lattine per alimenti e bevande.

(**) Gli ftalati sono sostanze chimiche utilizzate per ammorbidire (o “plastificare”) alcuni materiali usati in una serie di prodotti industriali e di consumo tra cui materiali a contatto con alimenti come il Pvc.

fonte: www.ilfattoalimentare.it


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MdcPerugia: scarti alimentari, come ridurli e come gestirli - Webinar - 6 marzo 2021, ore 9:30

 












































NEWS EVENTI. 6 marzo 2021, ore 9:30 - WEBINAR: SU:

“SCARTI ALIMENTARI, COME RIDURLI E COME GESTIRLI”
PROGRAMMA
PACKAGING
• MOCA: IMBALLAGGI E SICUREZZA ALIMENTARE
Relatore: Rocco Cristaudo - biologo nutrizionista
• RIDURRE GLI IMABLLAGGI E' POSSIBILE ?
 L’esperienza di Vivogreen Terni
Relatore: Serenella Bartolomei – Ecologicpoint
 Progetto Spesa Sballata
Relatore: Silvia Colombo
ALTERNATIVE AGLI IMBALLAGGI IN PLASTICA ESISTONO?
 Il vetro liquido e le sue applicazioni
Relatore: Luca Panzeri – società QWARZO
COME RIDURRE LO SPRECO ALIMENTARE
• A QUANTO AMMONTA LO SCARTO ALIMENTARE? DATI
Relatore: Luca Falasconi - Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-Alimentari dell’Alma Mater Studiorum - Università di Bologna
• RIDUZIONE DELLO SPRECO
 Start up Too Good To Go
Relatore: Valeria Cravero - Too Good To Go
 Start up Regusto
Relatore: Paolo Rellini - Regusto
DA RIFIUTO A COMPOST
• La valorizzazione degli scarti organici: il compostaggio domestico - Relatore: Antonio di Giovanni - esperto in gestione scarti organici
Modera: Valentina Bonaca - Movimento Difesa del Cittadino Perugia
Non mancate!
https://attendee.gotowebinar.com/regi.../8216864113006290444
ID Webinar: 255-363-803

fonte: Movimento Difesa Cittadino Perugia


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Il cartone per bevande non è così riciclabile come si pensava

 

Un recente rapporto di Zero Waste Europe mostra come alcune delle maggiori economie europee riciclino meno cartone per bevande di quanto si pensasse. Le nuove norme dell'UE per il calcolo dei tassi di riciclaggio degli imballaggi rivelano come i Paesi membri e le industrie siano in ritardo nel rendere i cartoni per bevande più eco-sostenibili. È necessario intensificare gli sforzi per raggiungere le ambizioni europee in materia di economia circolare.

Cartoni multistrato: cosa c’è dentro

Entrando in un supermercato è difficile non vederli: i cartoni per bevande sono dappertutto. Contengono latte fresco e a lunga conservazione, latte vegetale, succhi, salse e talvolta zuppe.
La combinazione di materiali stratificati li rende leggeri ma resistenti, previene le perdite e protegge gli alimenti dalla contaminazione, prolungando al contempo la shelf-life dei prodotti. La forma a blocchi dei cartoni li rende facili da immagazzinare e trasportare.
Il cartone per bevande medio è un composito, un materiale multistrato contenente circa il 75% di cartone (cioè carta), il 21% di plastica (o altro polimero sintetico) e il 4% di alluminio; le cifre variano, con un contenuto di carta compreso tra il 53% e l'80%, a seconda della funzione, delle dimensioni e del mercato della confezione. Poiché la materia prima principale proviene perlopiù da legno certificato, il cartone per bevande è considerato un materiale a più basse emissioni rispetto a PET, HDPE, bottiglie di vetro, lattine di metallo e buste stand-up. Ma gli standard di riciclaggio emergenti mettono in discussione le sue prestazioni ambientali.

Le nuove regole UE e il crollo dei tassi di riciclo del cartone per bevande

Nel 2019 e nel 2020, secondo l'Alliance for Beverage Cartons and the Environment (ACE), in media poco più della metà di tutti i cartoni per bevande (51%) immessi sul mercato dell'UE sono stati riciclati. Se ne deduce che il resto finisce nell’indifferenziato con altri rifiuti o incenerito, come afferma il rapporto Zero Waste Europe. Ma anche il tasso del 51% potrebbe essere sovrastimato se i tassi di riciclaggio fossero rivisti in base alle nuove regole dell'UE sugli imballaggi, afferma lo studio. Dal 2022, il tasso di riciclaggio per gli imballaggi compositi sarà calcolato in base alla riciclabilità di ciascuno dei materiali che li compongono, a meno che la loro proporzione non sia significativa (inferiore al 5%).
Lo studio si concentra sui casi di Germania, Spagna, Svezia e Regno Unito (che non è più membro dell'UE, ma è impegnato lo scorso anno a recepirne le norme post-Brexit sugli imballaggi), le cui prestazioni di riciclaggio per il cartone per bevande diminuiscono drasticamente con la nuova regolamentazione: il tasso di riciclaggio del 75% della Germania diventa 47,8%; la Spagna scende dall'80% al 21,4%; la Svezia dal 33% al 21,9%; il Regno Unito dal 36% al 29,5%.
"I quattro paesi sono ampiamente rappresentativi dell’intera Europa e dei suoi diversi tassi di riciclaggio: alti, bassi e medi", spiega Vera Lahme, consulente e coautrice del rapporto commissionato da Zero Waste Europe, interpellata da Materia Rinnovabile. “Si prevede che tutti i tassi di riciclaggio attualmente riportati nell'UE diminuiranno probabilmente in modo significativo quando i nuovi metodi di comunicazione diventeranno obbligatori. ACE attualmente contiene i dati sugli attuali tassi di riciclaggio, ma questi non vengono calcolati utilizzando il nuovo metodo di calcolo e non siamo sicuri di come questi vengano calcolati. Abbiamo scoperto che questi tassi sovrastimano ciò che sta realmente accadendo nel mercato per i nostri 4 casi di studio e ci aspettiamo che questo avvenga anche per gli altri paesi dell'UE. Questo significa che il tasso medio di riciclaggio in Europa potrebbe essere significativamente inferiore rispetto a quello dichiarato dall’industria del cartone per bevande."
Inoltre, secondo Zero Waste Europe, i numeri ufficiali per le quantità di cartoni per bevande effettivamente riciclati potrebbero essere ancora inferiori. Il calcolo del tasso di riciclaggio fatto utilizzando il peso originale della confezione, ovvero il peso "immesso sul mercato", può infatti falsare i risultati, poiché i cartoni per bevande smaltiti contengono materiali non di imballaggio, inclusi residui di prodotti, sporco o altri contaminanti, che ne fanno aumentare il carico.

Il cartone per bevande ha un problema con la circolarità

Sono diversi i fattori critici che rendono difficile per il cartone per bevande conformarsi ai principi dell'economia circolare. La raccolta è uno dei problemi. I tassi di raccolta del cartone per bevande variano ampiamente tra i paesi, dal primato della Germania (87,4%), alla Spagna (51,2%), al Regno Unito (48%) e alla Svezia (40,1%), con tassi di raccolta inferiori che aumentano il rischio di avere cartoni inceneriti anziché riciclati.
Poi c'è la natura composita del cartone. La carta è riciclabile, ma la plastica e l'alluminio contenuti in questo tipo di packaging non lo sono. Lo smistamento del cartone per bevande richiede quindi una selezione manuale o una tecnologia più avanzata per individuare elementi non cartacei. Alcuni paesi raccolgono il cartone multistrato separatamente dalla carta e dal cartone normale (ad esempio la Germania), mentre altri raccolgono tutto insieme (ad esempio la Svezia), il che può portare a errori di smistamento. Inoltre, le cartiere regolari non possono elaborare e riciclare facilmente il contenuto di carta nei cartoni per bevande, che richiedono operazioni specializzate. Ma l'Europa conta solo 20 impianti di questo tipo, che non riescono a tenere il passo con l'intera quantità di rifiuti di cartone raccolti e selezionati. Ad esempio, nel Regno Unito, circa 60.000 tonnellate di materiale vengono immesse sul mercato, ma il suo unico stabilimento specializzato può lavorare solo 25.000 tonnellate, mentre i tre stabilimenti specializzati della Germania devono fornire la copertura per l'intero paese. Le cartiere specializzate nei quattro paesi studiati utilizzano il cosiddetto "metodo di separazione singola", che separa le fibre di cartone dagli strati di alluminio e polietilene utilizzando acqua in quello che assomiglia al cestello di una lavatrice.
In ogni caso, circa il 25% di un cartone per bevande viene comunque incenerito. Dal momento che le nuove regole guardano alla riciclabilità di ogni materia prima che compone l'imballaggio, lasciar fuori dal processo di riciclo la plastica e l'alluminio mina gravemente le prestazioni di riciclabilità, già influenzate dalle perdite di raccolta, smistamento e rifiuti di lavorazione. Finora gli sforzi per riciclare i componenti non cartacei del cartone multistrato sono stati finanziariamente non convenienti. "Le cartiere specializzate hanno una produzione di materiale inferiore rispetto alle normali cartiere”, spiega Lahme. “Inoltre, il processo è più dispendioso in termini di energia e tempo e produce più rifiuti, sebbene produca anche prodotti di carta di alta qualità. Ma nel complesso raggiungere delle economia di scala sembra essere più difficile rispetto agli stabilimenti convenzionali ".
Una maggiore attenzione alla riciclabilità di ciascun componente del cartone riporta inoltre l'attenzione sulla longevità della loro vita utile e sulla circolarità complessiva del materiale. Il Circular Economy Action Plan 2020 della Commissione europea vede la circolarità come "una parte essenziale di una più ampia trasformazione dell'industria verso la neutralità climatica e la competitività a lungo termine" e la riduzione dei rifiuti degli imballaggi è una priorità assoluta. Ma in un'economia circolare, prodotti e materiali dovrebbero essere mantenuti il ​​più a lungo possibile, afferma l'ONG Food Packaging Forum: una sfida particolarmente difficile per i cartoni per bevande.

Alimentare la deforestazione

La produzione di cartoni per bevande richiede fibre di legno lunghe e di alta qualità che si trovano principalmente nelle foreste di conifere a crescita lenta alle latitudini settentrionali. Le fibre riciclate sono troppo corte per essere materia prima per i cartoni da bevande e questo li rende dipendenti dalla fornitura di fibre vergini. Mentre l'Europa si impegna per un'economia a zero emissioni di carbonio, i cartoni per bevande sollevano preoccupazione per il loro ruolo nell'alimentare la deforestazione di boschi ricchi di carbonio e per i maggiori impatti ambientali rispetto al cartone da imballaggio medio, sottolinea Zero Waste Europe. Ma questo solleva anche preoccupazioni sulla loro circolarità. Anche quando si ricorra a impianti specializzati nel riciclare i cartoni multistrato, le fibre di carta recuperate saranno più corte della materia prima originale. Non possono quindi essere reimmesse nel ciclo di produzione del cartone per bevande e vengono invece riciclate in prodotti di qualità inferiore (downcycling), il che rende impossibile chiudere davvero il cerchio.

Preoccupazioni per la sicurezza dei materiali riciclati negli imballaggi alimentari

L'innovazione del design del cartone per bevande potrebbe essere un punto di svolta per la circolarità degli imballaggi, afferma il rapporto. Tetra Pak, la più grande azienda di imballaggi alimentari a livello globale, mira ad aumentare la dipendenza del cartone da materiali rinnovabili e riciclati utilizzando alternative di origine vegetale alla plastica prodotta da combustibili fossili e utilizzando più polimeri e carta riciclati. Ma l'utilizzo di materiali riciclati per gli imballaggi alimentari solleva preoccupazioni per la sicurezza, poiché sostanze chimiche non sicure potrebbero migrare verso alimenti e bevande, ha avvertito Jane Muncke, amministratore delegato del Food Packaging Forum, in un recente evento ACE sulla sostenibilità degli imballaggi nell'UE. Un collo di bottiglia per i produttori di cartone. "Ci siamo impegnati a utilizzare plastica riciclabile nei nostri imballaggi, se è sicura e disponibile", ha affermato Heike Schiffler, vicepresidente di Tetra Pak per la sostenibilità per l'Europa e l'Asia centrale nello stesso evento. “Ma non possiamo scendere a compromessi sulla sicurezza. Anche laddove siano disponibili materiali riciclabili, le applicazioni del mercato finale non sono così facili da trovare per questi materiali, c'è molta resistenza ". Rimangono ulteriori domande su come l'innovazione possa affrontare la dipendenza del cartone dalle fibre lunghe e il suo inevitabile downcycling dopo l'uso.

Raccolta e sistemi di deposito cauzionale

Anche la ricerca di soluzioni per problemi cronici di raccolta e smistamento è fondamentale per aumentare la circolarità del cartone. I sistemi di deposito cauzionale o Deposit Refund Schemes (DRS), che chiedono alle persone piccole somme di denaro restituite quando riportano i loro cartoni da riciclare, potrebbero essere la soluzione più efficace per massimizzare i tassi di raccolta, afferma il rapporto, poiché aiutano a raccogliere tra l'80 e il 99% degli imballaggi per bevande. La raccolta differenziata dei cartoni ridurrebbe anche le complessità e gli errori nello smistamento e nella lavorazione. Anche la definizione di obiettivi di riciclaggio è fondamentale. Nei quattro paesi studiati, solo la Germania ha un obiettivo di riciclaggio del 75% dedicato ai cartoni per bevande.
"La priorità risiede in un migliore sistema di raccolta e smistamento in quanto questo costituisce la base per un riciclaggio efficace", afferma Lahme. “Un design migliorato produrrebbe solo miglioramenti minimi nel riciclaggio se i cartoni non vengono catturati in primo luogo o vengono persi nei processi di smistamento. Ma anche l'infrastruttura di riciclaggio (cartiere specializzate) deve essere presente per riciclare quanto più materiale raccolto possibile ".

fonte: www.renewablematter.eu


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OGM in Italia? Protesta delle associazioni

Rischio introduzione OGM in Italia: in un comunicato, le associazioni si oppongono ad alcuni Decreti Legge in discussione in questi giorni.









Gli OGM potrebbero fare il loro ritorno in Italia, nonostante l’opinione pubblica si sia più volte espressa contro il ricorso a organismi geneticamente modificati in agricoltura. È quanto denunciano diverse associazioni, tra cui l’Associazione italiana per l’agricoltura biologica (AIAB) e Greenpeace. In un recente comunicato, i gruppi in questione hanno sottolineato come il Governo potrebbe “far rientrare gli OGM dalla finestra” e, per questa ragione, si chiede uno stop immediato.

Tutto nasce dalla discussione di tre proposte di Decreto Legge – la 208, la 211 e la 212 – su cui Camera e Senato starebbero discutendo in materia di sementi e materiale di propagazione.

OGM in futuro in Italia, la protesta

La questione nasce da un recente tentativo di approvazione di alcune tecniche di ricombinazione genetica (NTB), nonostante la Corte di Giustizia europea abbia già stabilito debba essere equiparata ai tradizionali OGM. Su una questione analoga proprio in questi giorni si era espressa anche l’EFSA, l’Agenzia Europea per la Sicurezza Alimentare, chiedendo all’UE di aggiornare le linee guida sulla valutazione del rischio dell’ingegneria genetica per le piante, poiché “non più pericolose della selezione vegetare tradizionale e delle tecniche transgeniche“.

Le tre proposte di legge sono al vaglio delle Commissioni Agricoltura di Camera e Senato e sarebbero relative alla gestione delle sementi in Italia e agli altri materiali di propagazione – come viti e piante da frutto – anche in presenza di ricombinazione genetica. Secondo le associazioni, si tratterebbe di un tentativo per reintrodurre gli organismi geneticamente modificati in Italia, proprio poiché la Corte di Giustizia ha stabilito che gli NTB sono equiparabili agli OGM, nonostante una legge già esistente che ne vieta la coltivazione e la commercializzazione.

Parole dure sono state espresse da AIAB in un recente comunicato, anche poiché il parere delle parti impegnate nella produzione agricola tricolore non sarebbe stato vagliato:


Siccome è semplicemente offensivo pensare che al Mipaaf e nel Governo ci siano persone ingenue che ignorano non solo il parere contrario, più volte espresso dai cittadini e dal mondo del biologico e dell’ambientalismo, ma leggi in vigore, sorge immediatamente il sospetto che ci sia in atto un nuovo tentativo fraudolento di sdoganamento di OGM travestiti da NBT.

Ancora, l’associazione sottolinea come i provvedimenti in corso di dibattimento non prendano invece in considerazione la protezione delle sementi contadine, essenziali per la conservazione della biodiversità:


Totalmente dimenticate le sementi contadine evidentemente di scarso interesse commerciale ma di altissimo valore per tipicità, biodiversità e capacità di adattamento. Così come non si tiene conto dei materiali evolutivi, meglio conosciuti come miscugli, che rientrano a pieno titolo nella normativa europea sul bio.

Infine, AIAB e Greenpeace denunciano come le bozze non includano ora nessun riferimento sulla tracciabilità di questi prodotti e, peraltro, come le multe per la mancata identificazione di vegetali OGM siano esigue. Si parla infatti dai 1.000 ai 6.000 euro.


Ci preme sottolineare con forza che nelle proposte di Decreto sono assenti tutte le tematiche relative alla tracciabilità e ai protocolli di laboratorio per verificare il tipo di modifica genetica effettuato e la verifica che non ci siano modifiche accidentali disseminate nel genoma; l’obbligo di dare atto del processo seguito per l’ottenimento delle varietà OGM con ogni riferimento alle tecniche utilizzate; test per la tracciabilità di eventuale materiale accidentale in campo; riferimenti su come eseguire le prove sperimentali in campo aperto visto che in Italia non potranno essere effettuate né potranno essere moltiplicati materiali in vitro senza strutture quali serre e laboratori di contenimento.

Fonte: ANSA


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Coronavirus: si continua a dire che gli oggetti di plastica siano più sicuri ma non è così

La paura per il contagio ha innalzato le vendite di imballaggi: secondo ilSole24Ore il numero di questi, almeno per quanto riguarda il commercio elettronico, hanno segnato un balzo del 73% tra il 22 febbraio e l’8 marzo rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso. Particolare attenzione è stata data agli imballaggi di plastica, considerati più igienici e quindi sicuri nel contenere il contagio da coronavirus. Una sicurezza che ha dato slancio al tema dell’usa-e-getta, settore che prima dell’attuale emergenza era stato ridimensionato da due provvedimenti cruciali: la direttiva europea sulla single-use-plastic, appunto, e la cosiddetta plastic tax.



Per entrambe le misure è stato chiesta, nel primo caso, una rimodulazione dei tempi di entrata in vigore, per la seconda invece una vera e propria sospensione. Da chi ha avanzato tali pretese è stato avanzato il fatto che la plastica usa-e-getta è un materiale più sicuro e igienico, quindi molto adatto alla pandemia che stiamo vivendo.

Ma è vero che la plastica è più igienica e più sicura? Le cose, a differenza di come sono comunicate, non stanno esattamente così. Almeno a livello generale.

Durante una sua diretta facebook, il premier Giuseppe Conte ha rassicurato i produttori di plastica, dicendo che le norme restrittive non avrebbero portato al collasso del settore. Un assist, molto probabilmente involontario, che è stato subito preso al volo dai produttori che, difendendo appunto il ruolo della plastica in questa fase, hanno prontamente chieso la sospensione della plastic tax in Italia. La tassa, approvata con l’ultima Legge di Bilancio, dovrebbe entrare in vigore nel luglio 2020 e prevede per il produtture il pagamento di un’imposta pari a 1 euro al chilogrammo per quanto riguarda i contenitori di plastica (es. bottiglie, sacchetti, vaschette per alimenti, ecc.). Secondo alcune testate giornalistiche, la sospensione della tassa starebbe diventando un’ipotesi reale, anche se a livello governativo non è stata ancora adottata alcuna scelta in merito.

A livello europeo, intanto, si è mossa l’associazione di categoria European plastics converters la quale ha inviato una missiva alla Commissione Europea in cui chiede un rinvio della data di entrata in vigore della Direttiva sulla Single-use-plastic (Sup), “per dare più tempo agli stati membri dell’Ue di concentrarsi su misure più urgenti nella lotta contro il Covid-19”. La Direttiva oggetto della richiesta è quella che dovrebbe abolire dal 2021 alcuni manufatti in plastica usa-e-getta. Nella stessa lettera, l’associazione spiega come “le materie plastiche monouso non sono facilmente sostituibili e offrono vantaggi unici quando si tratta di garantire igiene, sicurezza e conservazione dalla contaminazione per la protezione dei consumatori”.

Zero Waste Europe ha calcolato i tempi di permanenza del virus sui vari materiali spiegando come sulla plastica sia maggiore di quel che si pensi: secondo Enzo Favoino della scuola agraria Parco di Monza, infatti, i materiali che compongono gli imballaggi dovrebbero trascorrere un certo periodo in quarantena prima di essere manipolati. In primis la plastica, perché ha un tempo di permanenza di alcune ore. “Fare la spesa al supermercato significa aumentare il tasso di ricambio degli imballaggi nell’ambiente domestico, aumentando di fatto il rischio di diffusione del virus”.

Insomma, l’emergenza da covid19, dati alla mano, non ci giustifica a fare più rifiuti. La riduzione di questi rimane un comportamento virtuoso, tanto più che il mondo che verrà nel post-epidemia ha bisogno ancora di più di comportamenti virtuosi e all’insegna della sostenibilità. Compito della comunicazione è quello di veicolare il messaggio in questa direzione.

fonte: www.envi.info


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Panini avvolti nell’alluminio, e sicurezza alimentare. Ecco i risultati ottenuti in laboratorio da Assomet



















Qualche tempo fa alcune affermazioni del viceministro Pierpaolo Sileri secondo cui l’alluminio usato per avvolgere panini potesse nascondere insidie (successivamente meglio precisate e contestualizzate) avevano preoccupato un po’ tutti i consumatori. È infatti difficile trovare qualcuno che, almeno una volta nella vita, non abbia preparato un pranzo al sacco prima di un pic-nic, di una gita fuori porta, di una passeggiata in montagna utilizzando proprio questo metodo di protezione.
Le parole di Sileri  furono anche riprese dalla trasmissione “Striscia la notizia”  che le utilizzò per condire un servizio già di per sé poco chiaro, instillando dubbi ancora sulla reale sicurezza nell’utilizzare il materiale in cucina.
Ma quanto metallo migra veramente in un panino avvolto nella pellicola di alluminio per alcune ore?  Si tratta di una domanda a cui finora nessuno era stato in grado di dare risposta, a causa della mancanza di dati sperimentali (pubblici) a disposizione.
In un’ottica di trasparenza verso il consumatore, un gruppo di aziende specializzato nella trasformazione dell’alluminio, ha deciso di avviare una simulazione in laboratorio e di pubblicare i dati in un comunicato rilasciato da Assomet  (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi).


Il comunicato rilasciato da Assomet  (Associazione nazionale industrie metalli non ferrosi).

La prova ha riguardato panini imbottiti con 4 tipologie di salumi (prosciutto crudo, mortadella, salame e pancetta) che sono stati avvolti in una pellicola di alluminio per otto ore a temperatura ambiente. Successivamente è stata valutata la quantità di alluminio migrata nei panini in questo lasso di tempo, che rappresenta una normale circostanza in cui si imbatte il consumatore.
Per porsi nelle peggiori condizioni prevedibili, mantenendo allo stesso tempo un approccio scientifico e, per quanto possibile, riproducibile, le prove sono state condotte accentuando la zona di contatto tra salume ed alluminio (ovvero quella potenzialmente più critica nei confronti del metallo). A tal proposito i panini (comuni rosette che troviamo nei panifici) sono stati preparati facendo debordare i salumi di circa 2 centimetri dal  contorno del panino.
Il confronto è avvenuto misurando  la quantità di alluminio già presente nell’alimento prima del contatto con la pellicola. I risultati hanno mostrato una migrazione molto limitata. Parliamo di valori inferiori a 0,005 milligrammi di alluminio per chilogrammo di alimento (5 microgrammi per chilogrammo) per  la pancetta (che ha ottenuto il risultato migliore). Per la mortadella si è arrivati a e pari a 0,039 mg/kg , ed è il salume con il risultato peggiore). Nei panini imbottiti con salame e prosciutto crudo, la migrazione di alluminio è stata rispettivamente di 0,013 e 0,011 mg/kg.


Mai usare l’alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati

Considerando la dose tollerabile settimanale (Twi) stabilita dall’Efsa (pari a 1 mg/kg), il valore più alto ottenuto dal panino alla mortadella, dimostra che per raggiungere la metà di questo limite, un adulto  di circa 60 kg dovrebbe mangiare in una settimana oltre 7.600 panini avvolti nell’alluminio mentre un bambino di 20 kg circa 2500.
Ma i numeri si fanno ancora più importanti  considerando gli altri salumi coinvolti. Si va dai 23 mila panini al salame, agli oltre 27 mila farciti con prosciutto crudo fino ai 60 mila imbottiti con pancetta.
Si tratta di numeri che non si raggiungono mai e che dimostrano come le quantità di alluminio migrate siano infinitesimali. Se l’utilità di questo studio sperimentale è importante, non vanno tuttavia perse di vista le raccomandazioni che la legge stabilisce per tutelare il consumatore. Non bisogna mai usare l’alluminio a contatto con alimenti fortemente acidi o salati e per conservare cibo a temperatura ambiente per tempi superiori alle 24 ore (tranne in alcuni casi specifici).
fonte: www.ilfattoalimentare.it

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Borracce, come scegliere quelle in regola con la legge? I consigli dell’esperto

















Volevo chiedere un’indicazione: la mia associazione intende acquistare delle borracce in acciaio per farne omaggio, nel quadro di una campagna di informazione sul tema della plastica, ai bambini degli ultimi anni delle scuole elementari e primi delle scuole medie della mia città. Nelle ricerche fatte non sono riuscito finora a trovare una chiara indicazione su come accertare, o come farmi dimostrare dal fornitore, che le borracce siano in regola rispetto alla normativa italiana/europea per i prodotti che devono essere a contatto con alimenti (penso a cose tipo: dichiarazione di corrispondenza del prodotto al modello omologato dal ministero, o attestazione con stampigliatura sul prodotto della corrispondenza con i requisiti delle norme pertinenti, ecc.)
Quanto reperito o sottopostomi finora consiste in poco convincenti attestati di “Istituti”, “Enti”, “Laboratori”, dei più disparati paesi del mondo, che comunque non mostrano nessun legame certo con i prodotti offerti. Poiché gli “utenti finali” saranno bambini, alunni di scuole pubbliche, la dimostrabile sicurezza alimentare e la rigorosa corrispondenza alla normativa sono per noi requisiti essenziali. Spero che possiate indirizzarci per la migliore riuscita della nostra iniziativa, e nel ringraziarvi già sin d’ora, vi saluto cordialmente
Lettera firmata
Risponde il nostro esperto di imballaggi e materiali a contatto con gli alimenti, Luca Foltran.
Secondo quanto previsto dalle legislazioni per gli articoli destinati al contatto con alimenti (Regolamento (CE) n. 1935/2004 del Parlamento europeo e del Consiglio del 27 ottobre 2004 riguardante i materiali e gli oggetti destinati a venire a contatto con i prodotti alimentari e che abroga le direttive 80/590/CEE e 89/109/CEE), tali oggetti devono essere corredati di una dichiarazione scritta che attesti la loro conformità alle norme vigenti. Pertanto il fornitore di borracce deve essere in grado di sottoporre questo tipo di dichiarazione. Documento che, sempre entro i termini di legge, deve essere corredato da una documentazione appropriata atta a sostenere tale conformità (dichiarazioni inerenti le materie prime utilizzate per produrre l’articolo, rapporti di prova di laboratorio, ecc.)
Le borracce devono avere un’indicazione specifica sull’impiego o il simbolo della forchetta e del bicchiere che attesta l’uso per alimenti
Detta documentazione (definita tecnicamente “Documentazione di supporto”) deve essere resa disponibile alle autorità competenti che la richiedano e durante una fase di compravendita può essere richiesta anche dall’acquirente (l’associazione, in questo caso) trattandosi di una commercializzazione diversa dalla vendita al dettaglio. In questo modo potrà stabilirne la genuinità e la correttezza, sia formale che analitica; la richiesta rientrerebbe in questa situazione tra accordi commerciali che intercorrono durante la fase di acquisto.
Qualora ci fossero dubbi in merito, ci si può rivolgere a un consulente esterno o a un’azienda in grado di verificare il dossier documentale/analitico sottoposto, che controllerà la corrispondenza rispetto ai parametri legali attualmente in forza. Ovviamente la documentazione dovrà avere una corrispondenza univoca e diretta con il prodotto che si sta acquistando (identificazione articolo, eventuali codici attribuiti all’oggetto o lotti di produzione).
Da ultimo, un campione del prodotto che si sta acquistando potrebbe essere inviato a un laboratorio per verificare, attraverso alcuni test, se effettivamente non sussistono criticità e se quanto vi dichiara il fornitore è da ritenersi attendibile.
A livello di marcature si dovrà controllare la presenza di un’indicazione che attribuisca la possibilità di usare la borraccia a contatto con alimenti (la dicitura «per contatto con i prodotti alimentari» o un’indicazione specifica circa l’impiego o il simbolo della forchetta e del bicchiere che attesta l’uso per alimenti). Queste informazioni possono essere presenti sulla borraccia stessa oppure sull’imballaggio o ancora su etichette che accompagnano l’articolo. Sebbene la procedura preveda diversi passaggi, in una situazione come questa sono indispensabili, visto che gli “utenti finali” saranno bambini e la sicurezza alimentare è essenziale.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Surfing Glass, una bottiglia virtuale lanciata nel mare di Internet per far scoprire tutte le qualità del vetro

Al via “Surfing Glass”, la 12ma edizione del Concorso per le scuole di Assovetro e CoReVe. I piccoli ecologisti dovranno postare in rete messaggi per fare emergere le proprietà dei contenitori in vetro, affrontando i temi della sicurezza alimentare, salute e riciclo





















Il vetro entra in rete. Una bottiglia “virtuale” lanciata nell’infinito mare di Internet con un messaggio sulle qualità del vetro sarà il tema di Surfing Glass, la dodicesima edizione del Concorso per le scuole organizzato da Assovetro (l’Associazione Nazionale degli Industriali del Vetro) e da CoReVe (Consorzio Recupero Vetro).
Gli alunni dovranno elaborare contenuti in grado di esprimere perfettamente le straordinarie peculiarità dei contenitori in vetro: amici dell’ambiente, preziosi per la salute, campioni di economia circolare, riciclabili all’infinito e al 100%, e farli viaggiare sul web.
Il Concorso, che si svolge nell'ambito del Protocollo d’Intesa sottoscritto da Assovetro con il MIUR, Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, è rivolto alle classi quarta e quinta della Scuola primaria ed ai tre gradi delle Scuole secondarie di primo grado statali e paritarie.
Il Concorso di quest’ anno - ha sottolineato Marco Ravasi, Presidente della sezione vetro cavo di Assovetro - vuole sfruttare al massimo tutte le potenzialità del web per diffondere e far conoscere le preziose proprietà del vetro, un materiale unico dal punto di vista della sicurezza alimentare e della sostenibilità ambientale, tanto che l’81% degli italiani lo ritiene il packaging più sostenibile e il 65% il più sicuro per il cibo (Fonte: Rapporto Censis “Il valore sociale di prodotti e attività dell’industria vetraria in Italia”). Ogni bottiglia messa in rete potrà così raggiungere con il suo messaggio positivo un numero infinito di persone”.
Ma come lanciare nel mare di Internet le bottiglie virtuali? Le classi dovranno creare contenuti in grado di far emergere le proprietà dei contenitori in vetro per uso alimentare, concentrandosi sui temi della Sicurezza Alimentare - Salute e del Riciclo, all’interno di bottiglie virtuali che navigheranno online sul sito dedicato (www.surfinglass.it). Il messaggio postato potrà essere composto dal solo testo, dal testo più immagine o da brevi video.
Ma prima di iniziare la sfida su Internet ogni classe dovrà superare, sul sito del Concorso, la prova di un quiz, rispondendo ad una serie di domande sui contenitori in vetro e sulle loro caratteristiche, ottenendo, in caso di risposta esatta, l’assegnazione di un punteggio. Motivo di maggior merito nella valutazione dei messaggi sarà l’utilizzo della lingua inglese.
Per dare una maggiore diffusione ai contenuti realizzati, i ragazzi dovranno coinvolgere la propria famiglia (genitori, fratelli, parenti, amici ecc.) a condividere i messaggi della classe sui profili social degli adulti (Facebook, Instagram, Twitter).
Il vetro - ha osservato Franco Grisan, Presidente di CoReVe - è campione di economia circolare, ma ha bisogno non solo di supporters ma anche di buoni giocatori. Tutti credono, infatti, nel riciclo, ma ancora troppo pochi conferiscono tutto, sempre e correttamente, senza mettere insieme al vetro il sacchetto di plastica che conteneva le bottiglie e i vasetti, il bicchiere di cristallo che è caduto e si è rotto, o la tazzina di ceramica che si è scheggiata. Contiamo molto sulle nuove generazion: nuovi giocatori che possono migliorare il gioco.”
Le classi vincitrici saranno invitate a Roma a partecipare alla cerimonia di consegna dei premi nel prossimo mese di maggio.

Ortofrutta, arriva il packaging naturale che riduce gli sprechi

L’imballaggio in cartone è un brevetto italiano di Bestack e Università di Bologna.






L’economia circolare si fa anche al mercato dell’ortofrutta, con il packaging anti-spreco. Si tratta di una confezione smart che, grazie all’aggiunta nel cartone di olii essenziali naturali ad azione antimicrobica, permette di prolungare la shelf life della frutta, riducendo in modo significativo gli scarti. L’idea è tutta italiana ed è stata brevettata dal Bestack, il consorzio no profit dei produttori di imballaggi in cartone ondulato per ortofrutta, in collaborazione con l’Università di Bologna. Il nuovo imballaggio sarebbe non solo ecosostenibile, ma anche in grado di prolungare la data di scadenza di frutta e verdura.

Tutto comincia a fine 2017, quando Bestack avvia una collaborazione con Sant’Orsola con l’obiettivo di verificare l’efficacia dei cosiddetti imballaggi attivi – quelli basati appunto sugli oli essenziali – sui piccoli frutti e in particolare sui lamponi Sant’Orsola e sulle ciliegie Orchidea Frutta.

A testare il nuovo packaging attivo anti-spreco è stato il Dipartimento di Scienze e Tecnologie Agro-alimentari (Distal) dell’Università di Bologna. Sia nel caso del lamponi sia in quello delle ciliegie i ricercatori hanno analizzato la percezione del consumatore e l’impatto sui comportamenti di acquisto e sulle dinamiche commerciali.

I test sui lamponi sono stati effettuati in due mesi, da aprile a maggio 2018. Dalle analisi effettuate dall’Università di Bologna è emerso che i lamponi confezionati nell’imballaggio attivo, rispetto a quelli nel packaging in cartone tradizionale, risultano più freschi(maturati del 10-11% in meno dopo quattro giorni dal confezionamento) e hanno in generale un aspetto migliore (+12,3% dopo quattro giorni). Hanno un profumo migliore (+14,2% dopo 4 giorni) e un gusto migliore (+9,6% dopo 4 giorni). Ma soprattutto, se confezionati in imballaggio attivo, i lamponi hanno meno possibilità di finire nella spazzatura perché sovra maturi: lo spreco si riduce infatti del 6,25%.

Analoghi i risultati sulle ciliegie. Durante il test visivo in magazzino per valutare la store life delle ciliegie a temperatura ambiente, oltre al prodotto confezionato in imballaggio in cartone tradizionale e in cartone attivo, è stato considerato anche quello in imballaggio in plastica a sponde abbattibili. Risultato? Dopo quattro giorni dal confezionamento, lo scarto si riduce del 10,5% per il prodotto confezionato in cartone attivo rispetto a quello confezionato in cartone tradizionale. In un confronto con le cassette in plastica a sponde abbattibili, il beneficio del cartone attivo è ancora più evidente: lo spreco di ciliegie si riduce infatti del 12,4%.

“Gli antimicrobici naturali contenuti nel cartone attivo – sottolinea il direttore di Bestack Claudio Dall’Agata – consentono di disinfettare la superficie degli imballaggi, ridurre le cariche batteriche anche patogene e aumentare la sicurezza alimentare. In secondo luogo consentono di rallentare i processi di maturazione e senescenza di lamponi e ciliegie, dando al prodotto una shelf life superiore di oltre un giorno in entrambi i casi e differenziali di scarto consistenti, considerato soprattutto il valore unitario del prodotto.”

fonte: https://www.recyclingpoint.info