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WWF: campagna GenerAzione Mare

Dalla pesca eccessiva allo sviluppo economico insostenibile e alle micro plastiche, il Mar Mediterraneo è sottoposto a una pressione senza precedenti con pesanti impatti sugli ecosistemi marini e la biodiversità ma anche su importanti settori economici come la pesca e il turismo



Con la Campagna GenerAzione, il WWF chiede un impegno concreto e immediato da parte dei governi per rafforzare la protezione del Mar Mediterraneo entro il 2030.

Il Manifesto stilato dal WWF mette in evidenza le minacce che incombono sul Mar Mediterraneo ma anche le soluzioni da adottare per scongiurarle. Le 5 principali minacce sono rappresentate da:

pesca insostenibile
perdita di biodiversità marina
corsa all’oro blu, ovvero sovrasfruttamento economico delle risorse legate al mare
cambiamento climatico
plastica.

Gli obiettivi da raggiungere:
recuperare e stabilizzare le popolazioni di specie chiave in tutto il Mediterraneo affinché mantengano il loro valore ecologico, economico e culturale per le generazioni future,
raggiungere la sostenibilità della pesca in tutto il Mediterraneo, in modo che le generazioni future possano continuare a pescare e nutrirsi dei prodotti del mare senza danneggiare l’ambiente marino,
ottenere una rete efficace di aree marine protette in tutto il Mediterraneo per preservare e ripristinare la salute degli ecosistemi marini e garantire i benefici che forniscono alle persone,
mantenere le ricchezze naturali del Mar Mediterraneo come fonte di benessere e prosperità per le generazioni future; un’economia blu sostenibile significa garantire che lo sviluppo non vada a scapito degli ambienti marini e costieri, ma mantenga e accresca il loro valore a lungo termine,
impedire che la plastica finisca in mare.

Come è possibile raggiungere tutti questi obiettivi ? Il WWF fa le sue proposte.

Per quanto riguarda la pesca sostenibile, questa si può raggiungere, garantendo che
il 100% degli stock ittici del Mediterraneo disponga di piani di gestione a lungo termine efficaci in modo che sia consentita la ripresa e si riducano gli impatti su altre specie ed ecosistemi
la gestione della pesca includa i pescatori locali e la pesca artigianale.

La perdita di biodiversità può essere arginata
sensibilizzando le persone ad acquistare in modo consapevole e responsabile
coinvolgendo l'industria ittica, che deve essere la prima a lavorare per la sostenibilità della filiera
sostenendo i pescatori artigianali del Mediterraneo a pescare meglio e vendere meglio.

La protezione della fauna marina si garantisce
riducendo in modo drastico le catture accidentali di mammiferi marini (squali, razze, tartarughe)
identificando e proteggendo alcune aree specifiche che possono accogliere popolazioni di mammiferi marini.
coinvolgendo anche la società civile nella salvaguardia della fauna marina anche attraverso progetti di citizen science.

L'implementazione della aree marine protette è un passaggio fondamentale per avere un habitat sano, questo obiettivo può essere raggiunto
incrementando l'efficacia della gestione delle aree marine protette (AMP) e dei siti Natura 2000 esistenti
assicurando che almeno il 30% delle aree costiere e marine sia protetto nel Mediterraneo e in Italia.

L'economia blu può trovare fondamento
realizzando un piano spaziale marino che tenga in adeguata considerazione la capacità di carico dell’ecosistema, integrando una rete efficace di aree marine protette e misure di protezione spaziale con valutazioni ambientali strategiche, per garantire che le attività umane in mare non abbiano effetti negativi su habitat, specie e/o processi ecologici particolarmente sensibili.

Infine, la riduzione della plastica in mare si può ottenere
ratificando un trattato vincolante per tutti i paesi del mondo per contrastare l'inquinamento marino da plastica
consentendo ai pescatori di trasportare a terra i rifiuti pescati accidentalmente per un loro corretto smaltimento
sensibilizzando e coinvolgendo la società civile nella lotta contro la plastica in mare.

Questi, secondo il WWF, sono gli steps per far sì che, entro il 2030, il Mediterraneo sia caratterizzato da ecosistemi marini e costieri sani, in grado di garantire il benessere umano basato su economie vivaci e sostenibili.

Leggi di più sulla campagna GenerAzione Mare e sul Manifesto del WWF per proteggere il capitale blu.

fonte: www.arpat.toscana.it



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Dissesto idrogeologico: in arrivo 15 miliardi di euro dal PNRR

Nuovi fondi dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contro il dissesto idrogeologico a tutela del territorio e delle risorse idriche



Circa 15 miliardi di euro in arrivo per la lotta al dissesto idrogeologico. Il provvedimento è reso possibile dalle novità che verranno introdotte con l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In particolare, nella bozza che dovrà essere discussa dal Parlamento vengono aggiunti 3,97 miliardi di euro ai 10,85 già presenti e ai 200 milioni previsti dal React EU.

Sono diverse le misure ipotizzate all’interno del PNRR per la tutela del territorio italiano. Inclusi anche degli interventi per la forestazione, sia in territorio urbano che boschivo, e per la messa in sicurezza degli invasi.

Lotta al dissesto idrogeologico, le nuove misure

Circa 250 milioni di euro delle nuove risorse verranno destinati a interventi strutturali per la lotta al dissesto idrogeologico e di manutenzione attiva del territorio. Si tratterà di operazioni di prevenzione, riqualificazione e monitoraggio, da attuare dietro valutazione del livello di rischio associato all’area. La selezione degli interventi avverrà anche in relazione al numero di persone potenzialmente coinvolte in caso di disastri ambientali.

Buona parte di quanto stanziato in questa tornata (2,92 miliardi di euro) verrà destinato alla gestione sostenibile delle risorse idriche e alla manutenzione degli invasi. Circa 100 gli interventi previsti, perlopiù al Sud, tra i quali figurano anche quelli su dighe e invasi, infrastrutture idriche di derivazione, riduzione delle perdite nei sistemi di adduzione e il potenziamento/completamento delle condotte di adduzione primaria.

Infine gli interventi di forestazione. Destinati a questo scopo circa 300 milioni di euro, che serviranno a potenziare le aree verdi urbane allo scopo di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Verranno affiancati a tali progetti anche quelli di tutela del patrimonio boschivo.

Fonte: Edil Portale


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Rapporto mondiale delle Nazioni Unite sullo sviluppo delle risorse idriche 2020

Pubblicato in occasione della giornata mondiale dell'acqua, il 22 marzo, tratta in dettaglio gli effetti dei cambiamenti climatici su questa risorsa essenziale





In occasione della Giornata mondiale dell'Acqua del 22 marzo, l'ONU ha pubblicato il rapporto sullo risorse idriche.

Secondo il rapporto, i cambiamenti climatici influenzeranno la disponibilità , la qualità e la quantità di acqua per le necessità essenziali dell'essere umano, minacciando così l'effettivo godimento dei diritti umani all'acqua e ai servizi igienico-sanitari potenzialmente per miliardi di persone.

Le alterazioni idrologiche causate dai cambiamenti climatici costituiranno una sfida che andrà ad aggiungersi alla gestione sostenibile delle risorse idriche, già oggetto di notevoli pressioni in numerose aree del mondo.

Sicurezza alimentare, salute, insediamenti urbani e rurali, produzione di energia, sviluppo industriale, crescita economica ed ecosistemi dipendono tutti dalle risorse idriche, risultano quindi vulnerabili agli impatti dei cambiamenti climatici.

L'adattamento ai cambiamenti climatici e la relativa mitigazione attraverso la gestione delle risorse idriche risultano quindi decisivi per lo sviluppo sostenibile ed essenziali per conseguire gli obiettivi fissati dall'Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, nell'Accordo sui cambiamenti climatici e nel Quadro di riferimento di Sendai per la riduzione del rischio di disastri.

Il rapporto quindi tratta dettagliatamente tutti questi aspetti. Di seguito alcuni accenni molto sintetici.

Nel corso degli ultimi cento anni l'utilizzo globale di acqua è cresciuto di sei volte - una crescita che proseguirà costantemente ad un tasso pari all'1% annuo in conseguenza dell'incremento della popolazione, dello sviluppo economico e del cambiamento dei modelli di consumo.

Congiuntamente ad approvvigionamenti idrici sempre più incerti e irregolari, i cambiamenti climatici aggraveranno la situazione nelle regioni già sottoposte a stress idrico, generando inoltre stress idrico anche in quelle regioni in cui le risorse sono attualmente abbondanti.


I cambiamenti climatici generano ulteriori rischi a carico delle infrastrutture idriche, con una crescente necessità di misure di adattamento.

Gli impatti dei cambiamenti climatici previsti sulla salute umana correlati con l'acqua riguardano principalmente le patologie veicolate dagli alimenti, dall'acqua stessa e dai vettori, i decessi e le lesioni associate agli eventi meteorologici estremi, come pure la sottonutrizione quale conseguenza delle carenze alimentari causate da siccità e inondazioni.


Le proiezioni relative al clima indicano un incremento delle precipitazioni in Europa settentrionale e una riduzione in Europa meridionale. Il Gruppo Intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC) ha sottolineato le crescenti sfide per irrigazione, energia idroelettrica, ecosistemi e insediamenti umani nella regione.

fonte: http://www.arpat.toscana.it



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Cambiamenti climatici e acque sotterranee, convegno il 30 settembre a Bologna

Promosso da Regione Emilia-Romagna e Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde.


















La lotta al cambiamento climatico è uno degli obiettivi di sviluppo sostenibile Agenda Onu 2030 che la Regione Emilia-Romagna sta affrontando con azioni e programmi. Punto di forza dell’azione regionale è la Strategia regionale di adattamento al cambiamento climatico. Promosso dalla Regione Emilia-Romagna e da Alma Mater Studiorum Università di Bologna, il convegno vuole offrire un momento di approfondimento e dibattito su cambiamento del clima e ripercussioni sulla disponibilità di risorsa idrica, in particolare su possibili tecniche di ricarica delle falde
Interviene, tra gli altri, il direttore generale di Arpae Emilia-Romagna sull’Osservatorio regionale sui cambiamenti climatici e le strategie per la gestione sostenibile delle risorse idriche. 
Vai ad altre info e programma 


fonte: http://www.snpambiente.it

WWF: il ruolo dei fiumi è vitale per l'adattamento al cambiamento climatico














Mentre città e intere comunità di tutto il mondo vengono colpite da siccità estreme, inondazioni ed emergenze idriche crescenti, il WWF e l’Anheuser-Busch InBev (AB InBev) hanno pubblicato un rapporto che evidenzia il ruolo centrale di fiumi in buona salute per l’adattamento al cambiamento climatico e nel costruire società, economie ed ecosistemi più resilienti agli impatti del caos climatico. Le politiche di adattamento sono assolutamente urgenti e indispensabili tanto quanto quelle di mitigazione (vale a dire tese all’azzeramento delle emissioni di CO2 e altri gas serra) per far fronte al cambiamento già in atto.

Presentato a New York alla vigilia del rapporto sull’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile sul Clima, elaborato dall’ High Level Political Forum delle Nazioni Unite, Cambiamento Climatico e Acqua: Perché il ruolo dei fiumi è vitale per l’adattamento climatico delinea come il cambiamento climatico esacerberà le attuali crisi idriche del pianeta. Alterando il corso naturale dei fiumi, il cambiamento climatico comprometterà l’accesso alle risorse idriche, la produzione alimentare, la biodiversità con particolar riferimento alla pesca d’acqua dolce, la produzione di energia e molte operazioni commerciali, contribuendo a favorire le migrazioni di massa.
Inoltre, il cambiamento climatico aumenterà la pressione sulle popolazioni di pesci di acqua dolce, che si sono ridotte in media dell’83% dal 1970 ad oggi. Ma il rapporto mostra anche come un impegno collettivo per un miglior governo delle risorse d’acqua dolce, in particolare attraverso il ripristino dei sistemi naturali, può ridurre più efficacemente le conseguenze dei cambiamenti climatici.

“Tutti sanno che gli effetti del cambiamento climatico si manifesteranno principalmente nelle nostre comunità, città e imprese attraverso l’acqua, eppure la salvaguardia dei fiumi e delle zone umide di tutto il mondo – ciò che garantisce la vita in acqua dolce – non è ancora una priorità a livello globale” ha dichiarato Stuart Orr, Responsabile WWF Programma Freshwater.
“Abbiamo già osservato siccità estreme dal Cile al Chennai in India, e inondazioni storiche dal Midwest americano al Mozambico, e il peggio deve ancora venire. Ma possiamo diventare più resilienti agli impatti climatici se i governi e le aziende si impegneranno in politiche, pratiche e investimenti sull’acqua riconoscendo il pieno valore di sistemi sani d’acqua dolce”, ha aggiunto Orr.

Il rapporto spiega nel dettaglio come il cambiamento climatico abbia un impatto sugli ecosistemi di acqua dolce, cambiando quantità, qualità e tempistica degli approvvigionamenti d’acqua, tra cui variazioni nei pattern di precipitazioni e scioglimento del manto nevoso. Oltre a temperature e stagioni impazzite, questi cambiamenti avranno un impatto enorme sulla sicurezza alimentare, poiché i fiumi irrigano al momento 190 milioni di ettari – circa un quarto della produzione alimentare mondiale. Ecosistemi di acqua dolce sani sono cruciali anche per la sopravvivenza delle specie ittiche di acqua dolce, che forniscono le proteine vitali per centinaia di milioni di persone a rischio.

Le siccità, le inondazioni e la trasformazione dei corsi d’acqua a seguito del cambiamento climatico colpiranno, inoltre, la produzione di elettricità, perché servono approvvigionamenti idrici sicuri per il raffreddamento delle centrali e per alimentare gli impianti idroelettrici esistenti.


fonte: https://www.greencity.it/  

Accordo Acea-Enea su gestione sostenibile di rifiuti e acqua

Enea fornirà tecnologie innovative all'azienda



















L'Amministratore Delegato di Acea Stefano Donnarumma e il Presidente dell'Enea - Agenzia Nazionale per le Nuove Tecnologie, l'Energia e lo Sviluppo Economico Sostenibile, Federico Testa, hanno firmato un Protocollo d'intesa per avviare una collaborazione per lo sviluppo di progetti nell'ambito dell'economia circolare, con particolare riguardo alla gestione sostenibile del ciclo dei rifiuti e della risorsa idrica.

Enea, attraverso il Dipartimento Sostenibilità dei Sistemi Produttivi e Territoriali (SSPT) che sviluppa tecnologie innovative, metodologie e soluzioni per l'uso efficiente, la gestione sostenibile delle risorse e il trasferimento tecnologico alle imprese metterà a disposizione di Acea le competenze scientifiche, le piattaforme e le infrastrutture dei suoi 14 centri di ricerca e grandi laboratori.

L'obiettivo di Acea è quello di applicare le tecnologie, le soluzioni innovative e le conoscenze fornite da ENEA ai propri progetti industriali, principalmente nei settori del trattamento dei rifiuti e dell'idrico, in linea con la strategia di sviluppo in ambito di economia circolare così come previsto nel Piano Industriale. Potranno essere oggetto della collaborazione soluzioni tecnologiche innovative per ridurre gli impatti ambientali legati alla realizzazione di nuovi impianti, per la valorizzazione del compost e l'applicazione di biotecnologie a filiere e distretti agro-industriali integrati sul territorio, oltre che lo sviluppo di smart services come sistemi di compostaggio delocalizzato.

Il protocollo ha una durata di quattro anni e prevede che lo svolgimento delle singole attività sia regolato da specifici accordi tra le parti che ne determineranno i dettagli attuativi e operativi.

L'Amministratore delegato di Acea Stefano Donnarumma ha commentato: "Siamo molto soddisfatti dell'avvio di questo percorso con ENEA, il più importante ente pubblico italiano nel settore della ricerca e innovazione tecnologica con rilevanza internazionale. Sono certo che i nostri processi industriali beneficeranno dell'importante valore portato da ENEA, in termini di maggiore efficienza operativa, resilienza e minore impatto sui territori in cui operiamo".

Il Presidente di ENEA, Federico Testa ha sottolineato: "Quest'intesa con la maggiore multiutility del centro sud Italia per lo sviluppo di progetti nel settore dell'economia circolare apre prospettive di grande interesse a livello strategico e operativo con ricadute di rilievo per il territorio. Ad Acea daremo tutto il supporto scientifico e tecnologico necessario e favoriremo l'inserimento nei network europei e nella piattaforma nazionale ICESP- Italian Circular Economy Stakeholder Platform, coordinata da Enea".

fonte: www.ansa.it

Clima, cosa rischia l’Italia se il pianeta si surriscalda. E cosa possiamo fare

Il rapporto speciale dell’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) conferma la necessità di contenere l’aumento delle temperature sotto 1,5°C. Per farlo, bisogna ridurre drasticamente l’uso di carbone, petrolio e gas

















Dopo un lavoro durato oltre due anni e seimila studi esaminati, gli scienziati dell’IPCC hanno confermato che un pianeta due grandi centigradi più caldo sarebbe molto meno vivibile di uno in cui la temperatura media non superasse il grado e mezzo in più rispetto all’epoca pre-industriale.  
  
L’Italia e il Mediterraneo, in particolare, non se la passerebbero tanto bene. Secondo uno studio pubblicato da Science nel 2016, un aumento delle temperature superiore ad 1,5°C renderebbe l’intera regione mediterranea irriconoscibile.  

L’Italia e il resto del Mediterraneo avranno a che fare con un aumento dei decessi causati dal caldo eccessivo, raccolti da buttare a causa della siccità o delle forti piogge e conflitti sull’uso delle risorse idriche. Le alluvioni a cui stiamo assistendo in questi giorni aumenteranno in frequenza ed intensità, mettendo a dura prova le infrastrutture del paese. Dovremo anche fare i conti con un aumento del livello dei mari che metterà a rischio una parte rilevante delle fasce costiere: spiagge, centri urbani, porti.  

Non è finita qui. Gli attuali piani messi a punto dai governi nazionali sulla base dell’accordo sul clima siglato a Parigi due anni fa - compreso quello dell’Unione Europea , che comprende l’Italia - ci condannerebbero ad un pianeta oltre 3°C più caldo entro la fine del secolo. Entro il 2020 i governi nazionali dovranno sottoporre alla Convenzione Quadro delle Nazioni Unite sul Cambiamento Climatico (UNFCCC) nuovi e più ambiziosi piani. Il rapporto dell’IPCC rende chiaro quanto ambiziosi questi piani dovranno essere per riuscire ad arrestare l’aumento delle temperature.

La buona notizia è che si può fare. Fermare il termometro del pianeta a +1,5°C richiede una transizione molto rapida e molto drastica nei campi dell’energia, dell’uso della terra, delle infrastrutture urbane e dei trasporti, così come dei sistemi industriali. Le fonti rinnovabili dovranno fornire il 70-85% dell’energia entro il 2050, mentre le emissioni da attività industriali dovranno essere il 70-95% in meno rispetto al 2010Il carbone e altri combustibili fossili dovranno progressivamente scomparire, le emissioni dimezzarsi entro il 2030.    

Bisogna iniziare subito: l’assenza di politiche energetiche radicali prima del 2030 renderebbe pressoché impossibile contenere l’aumento delle temperature. L’IPCC ha fissato una data di scadenza: se continuassimo ad emettere gas serra ai livelli attuali, ci rimarrebbero meno di dodici anni prima di sforare il budget. Per guadagnare un po’ di tempo dovremo iniziare immediatamente a ridurre le emissioni di gas serra, dimezzarle entro il 2030 e portarle a zero entro metà secolo. In Italia questo significherebbe ridurre da circa 400 a 200 milioni di tonnellate di CO2 equivalente le nostre emissioni annuali , in pratica quanto emesso nel 2015 dall’intero settore dei trasporti e da tutte le centrali elettriche del paese messi insieme.

Per gli ambientalisti come Payal Parekh, Programme Director della campagna per il clima 350.org, questa è una conferma che “l’IPCC ha dato ragione alle comunità che si oppongono in tutto il mondo all’espansione dei combustibili fossili”.
In Europa, grandi progetti come il gasdotto TAP e le espansioni delle miniere di carbone in Germania e Polonia dovranno essere abbandonati, mentre sarà necessario accelerare rapidamente il passaggio alle auto elettriche, costruire case passive o a bassissime emissioni e ridurre la dispersione di energia degli edifici già costruiti, sostituire le centrali termoelettriche e a gas con pannelli solari e turbine eoliche, ripristinare una parte della copertura boschiva del paese e ridurre le emissioni del settore agricolo. 
Secondo Parekh, “la scienza nel rapporto dell’IPCC parla chiaro. Limitare l’aumento delle temperature ad 1,5°C è adesso solo una questione di volontà politica”. 
  
CLAUDIO MAGLIULO -  350.org  

fonte: www.lastampa.it

Ecomondo 2018: fiera della Green Economy dal 6 al 9 novembre















Torna dal 6 al 9 novembre 2018 Ecomondo, l’appuntamento centrato sulla green economy e sull’economia circolare in programma a Rimini. Temi principali di questa edizione saranno quelli della strategia UE sulla plastica, la tutela, recupero e riuso delle risorse idriche, alle più avanzate esperienza della bioeconomia circolare (relativamente ai Paesi OCSE) e dell’industria 4.0 applicata alla gestione e utilizzo dei rifiuti.

Fitto il programma di convegni e appuntamenti organizzati dal comitato tecnico-scientifico di Ecomondo 2018, presieduto dal professor Fabio Fava. Molti gli interventi degli esperti di settore, sia italiani che stranieri. Tra gli eventi più attesi quello in programma mercoledì 7 novembre, dal titolo “How to Implement the European Strategy for Plastics in a Circular Economy”; tema centrale la Strategia UE sulla plastica approvata dalla Commissione europea a febbraio, che vede l’organo comunitario mettere al bando cotton fioc, cannucce e altri prodotti realizzati con materiali plastici.

A organizzare la conferenza il Comitato tecnico scientifico di Ecomondo e Legambiente, in collaborazione con AssobioplasticheCorepla, Federchimica, PasticsEurope Italia, Enea e Res Urbis H2020 project. Un problema quello della plastica che viene espresso citando gli ultimi dati a disposizione e relativi alla plastica prodotta ogni anno nell’UE (25,8 milioni di tonnellate) e al peso totale dei rifiuti plastici (49 milioni di tonnellate, meno del 40% viene riciclato). Una questione che si ripercuote inevitabilmente sulle problematiche legate ai rifiuti marini (marine litter).

La bioeconomia circolare nei Paesi OCSE sarà il tema centrale durante l’evento “Circular Bioeconomy: National Case Studies of Innovation Ecosystems”, al quale parteciperanno esponenti di Francia, Giappone, USA, Finlandia, Norvegia, Svezia, Belgio e Italia. Presiederanno l’incontro il rappresentante OCSE Jim Philps e Philippe Mengal, direttore esecutivo del BBI JU, l’iniziativa pubblico-privata dell’Unione Europea dedicata allo sviluppo della bioeconomia in Europa.

L’importanza dell’acqua e della ricerca nella gestione e valorizzazione delle risorse idriche saranno i temi portanti della sezione Global Water Expo, presente a Ecomondo 2018 e realizzata in collaborazione con Utilitalia. Evento di punta sarò lo “European Nutrien Event”, due giorni per la prima volta organizzata in Italia e in un Paese del Sud Europa; a organizzarla è lo European Sustainable Phosphorus Platform, organismo che promuove, a livello europeo insieme ad alcuni Stati membri, la ricerca intorno al recupero del fosforo dalle acque reflue municipali.
L’industria 4.0 applicata a una maggiore efficienza nella gestione e utilizzo dei rifiuti vedranno la robotica e l’automazione due elementi chiave nel dibattito sul miglioramento della raccolta. Da non dimenticare anche la decima edizione del Premio per lo Sviluppo Sostenibile, promosso dalla Fondazione per lo Sviluppo Sostenibile e assegnato alle imprese migliori nei settori “Edilizia sostenibile”, “Energia da fonti rinnovabili” e Rifiuti e risorse”; la premiazione è prevista per giovedì 8 novembre all’interno di Ecomondo 2018.
fonte: www.greenstyle.it

Scarichi inquinanti e siccità: i laghi finiremo per scordarceli...

Siccità e cambiamenti climatici, scarichi e cattiva gestione, eccessiva captazione: i laghi italiani non godono di buona salute ed è a rischio un patrimonio naturale e idrogeologico enorme. Nel 2017 nei quattro grandi laghi del nord l’afflusso d’acqua è calato di 9,5 miliardi di metri cubi. Goletta dei Laghi di Legambiente fa il bilancio dell’edizione 2017 14 laghi monitorati, 11 in forte sofferenza idrica, 100 punti campionati di cui il 50% risultati inquinati per mancata depurazione Legambiente: “Necessarie serie politiche nazionali di tutela della risorsa idrica e di adattamento al clima. Per fermare gli scarichi inquinanti servono investimenti nel settore della depurazione e controlli su quelli abusivi utilizzando la legge sugli ecoreati”
















I laghi italiani non godono di ottima salute, sono sempre più a secco e minacciati da scarichi fognari non depurati. Oltre a quello di Bracciano, simbolo dell’emergenza siccità che ha colpito tutta la Penisola, sono ben 10 i bacini lacustri italiani del nord e centro Italia in forte sofferenza idrica con un elevato abbassamento delle acque, a causa delle alte temperature, delle poche precipitazioni, ma anche per colpa dell’eccessiva captazione e il sovrasfruttamento della risorsa idrica. Tra i grandi laghi del Nord la situazioni più critica è quella del lago di Garda, con un riempimento del 35% rispetto ai livelli di riferimento e un’altezza del livello dell’acqua (altezza idrometrica) di ben 36 cm sotto la media storica, seguito dal lago di Como che, seppure in aumento, è pieno solo al 57,6% del suo volume medio, con un’altezza idrometrica al di sotto di 59 cm della media storica. Il lago d’Iseo, pieno al 56,4%, ha attualmente un’altezza idrometrica di quasi 21 cm sotto al valore medio, mentre il Maggiore è tornato sotto il livello medio storico (-5,4 cm sotto l’altezza idrometrica media). In particolare nel 2017 nei 4 grandi laghi del nord - Garda, Maggiore, Como e Iseo - si è registrata una riduzione delle portate in ingresso, ovvero dell’acqua entrata nei bacini lacustri, di 9,5 miliardi di m3, pari, secondo i dati Istat, a tutta l’acqua prelevata per gli usi civili nella Penisola. Numeri che, sebbene ad oggi non hanno fatto ancora scattare situazioni emergenziali nelle regioni del nord, con eccezione dell’agricoltura, indicano una tendenza a cui occorre rispondere da subito con un’efficace azione di adattamento al clima e tutela quantitativa della risorsa idrica.
In centro Italia a soffrire di più, dopo il lago di Bracciano (sotto di circa 160 cm dallo zero idrometrico), è invece il Trasimeno che ha registrato meno 60 cm circa rispetto allo zero idrometrico (su una profondità massima di 6 metri circa). Anche lo stato della qualità delle acque lacustri non è delle migliori - su 100 punti monitorati da Legambiente, il 50% è risultato inquinato da scarichi non depurati, e nel 90% sono stati trovati rifiuti. È quanto emerge dalla fotografia scattata dalla 12esima edizione di Goletta dei Laghi, la campagna di Legambiente dedicata allo stato di salute dei bacini lacustri e realizzata in collaborazione con il CONOU e Novamont, che nel report finale “Laghi a rischio” fa il punto sulle criticità dei 14 laghi monitorati, dislocati su sei regioni (Piemonte, Lombardia, Trentino Alto Adige, Veneto, Umbria e Lazio). Un viaggio quello di Goletta dei Laghi partito a fine giugno e che ha visto impegnati i tecnici in un monitoraggio scientifico, ma anche in una serie di attività che hanno coinvolto i cittadini e le comunità territoriali.
“Nell’estate 2017 - ha dichiarato Stefano Ciafani, direttore generale di Legambiente - l’Italia si trova ad affrontare una pesante crisi idrica inasprita dai cambiamenti climatici. I laghi e fiumi sono il simbolo di questa emergenza che se non affrontata correttamente rischia di ripetersi nel prossimo futuro. Per questo è fondamentale mettere in campo interventi strutturali di lungo periodo e politiche di adattamento al clima, cambiando allo stesso tempo l’approccio che fino ad oggi ha guidato la pianificazione della risorsa idrica. È inoltre fondamentale intervenire sulla qualità, dato che circa il 60% delle acque lacustri non ha raggiunto l’obiettivo fissato dalle direttive europee. Ritardi che, insieme a quelli sulla depurazione, oltre ad avere gravi conseguenze sugli ecosistemi lacustri, ci costeranno multe salate per le procedure di infrazione attivate dall’Europa nei confronti del nostro Paese. Infine anche quest’anno, i nostri dati confermano il problema della cattiva depurazione, con alcuni punti che sono dei veri e propri malati cronici, risultando inquinati ad ogni edizione della campagna partita nel 2006, e dell’inefficienza degli impianti o la presenza di scarichi abusivi. Chiediamo alle autorità competenti di intervenire applicando la nuova legge 68 del 2015 sugli ecoreati, che in diverse situazioni si è rivelata molto efficace anche su questo fronte”.
Per quanto riguarda gli altri laghi monitorati da Legambiente, l’abbassamento del livello delle acque si è registrato anche per il Lago Albano che è diminuito di quasi 5 metri negli ultimi decenni. Il Lago di Vico è in sofferenza idrica con 1 metro sotto il livello massimo della soglia farnesiana e anche quest’anno come nel 2012 è ricomparsa un’isoletta all’interno del Lago. I bacini lacustri Salto e Turano scendono a vista d’occhio ogni giorno scoprendo aree del lago prima sommerse, con abbassamenti anche di 20-30 centimetri in un solo giorno. Infine in provincia di Frosinone, nel lago di Canterno continua l’abbassamento del livello: quasi 90 cm in meno negli ultimi 3 mesi.
I dati della Goletta dei Laghi 2017
Per quanto riguarda i campionamenti effettuati da Legambiente, i parametri indagati dal laboratorio mobile della Goletta dei Laghi hanno riguardato la ricerca di batteri di origine fecale - con le metodologie indicate dal decreto del Ministero della Salute del 30 marzo 2010 (che riporta, nello specifico, la “definizione dei criteri per determinare il divieto di balneazione”) e dal decreto legislativo 116 del 2008 - la cui presenza rappresenta un indicatore di scarichi civili non depurati. Nelle analisi della Goletta dei laghi vengono prese in esame soprattutto le foci dei fiumi, torrenti, gli scarichi e i piccoli canali che si trovano lungo le rive dei laghi, punti spesso segnalati dai cittadini attraverso il servizio SOS Goletta. In particolare l’associazione ha effettuato 100 punti campionati, di questi il 50% è risultato fuori dai limiti previsti dalla legge; senza contare i diversi rifiuti dispersi nell’ambiente ritrovati sulle rive durante i campionamenti. Nel 90% dei siti campionati i tecnici hanno registrato presenza di plastica, ma anche polistirolo, vetro, metallo, carta, rifiuti da mancata depurazione (come cotton fioc, assorbenti, blister di medicinali). In molti casi si tratta di frammenti di piccole dimensioni. Rifiuti urbani, frutto della cattiva gestione a monte e dell’abbandono consapevole, che alla fine arrivano sulle sponde dei laghi o direttamente in acqua.
Per il secondo anno consecutivo, Legambiente ha, inoltre, condotto il monitoraggio sulla presenza di microplastiche, seguendo un protocollo fino ad oggi eseguito solo nei mari, arricchito quest’anno da un’indagine ancora più ampia comprendente i principali corsi immissari ed emissari. Lo studio si avvale della collaborazione di ENEA, l’Agenzia nazionale per le nuove tecnologie, l’energia e lo sviluppo economico sostenibile, e i risultati verranno presentati durante la fiera Ecomondo di Rimini in programma a novembre. I laghi monitorati sono stati quello di Iseo, Maggiore, Garda e Trasimeno, e per la prima volta quelli di Como e Bracciano nel Lazio. Durante i vari campionamenti i tecnici di Goletta hanno utilizzato una strumentazione dotata di una particolare rete (la manta) a maglia ultrafine in grado di catturare le microparticelle inferiori a 5 millimetri; la manta ha percorso in totale quasi 50 chilometri ai quali sono da aggiungere le 10 ore di campionamento statico fluviale.
Anche quest’anno il Consorzio nazionale per la gestione, raccolta e trattamento degli oli minerali usati è stato main partner di Goletta dei Laghi di Legambiente. Attivo da 33 anni, il CONOU garantisce la raccolta e l’avvio a riciclo degli oli lubrificanti usati su tutto il territorio nazionale. L’olio usato che si recupera alla fine del ciclo di vita dei lubrificanti nei macchinari industriali, ma anche nelle automobili, nelle barche e nei mezzi agricoli è un rifiuto pericoloso per la salute e per l’ambiente che deve essere smaltito correttamente: 4 chili di olio usato, il cambio di un’auto, se versati in acqua inquinano una superficie grande come sei piscine olimpiche. Ma l'olio usato è anche un’importante risorsa perché può essere rigenerato tornando a nuova vita in un’ottica di economia circolare: il 95% dell’olio raccolto viene classificato come idoneo alla rigenerazione per la produzione di nuove basi lubrificanti, un dato che fa dell’Italia il Paese leader in Europa. “La difesa dell’ambiente, in particolare del mare e dei laghi - spiega il presidente del CONOU, Paolo Tomasi - rappresenta uno dei capisaldi della nostra azione. L’operato del Consorzio non solo evita una potenziale dispersione nell’ambiente di un rifiuto pericoloso, ma lo trasforma in una preziosa risorsa per l’economia del Paese”.
 
fonte: http://www.ilcambiamento.it