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Dissesto idrogeologico: in arrivo 15 miliardi di euro dal PNRR

Nuovi fondi dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza contro il dissesto idrogeologico a tutela del territorio e delle risorse idriche



Circa 15 miliardi di euro in arrivo per la lotta al dissesto idrogeologico. Il provvedimento è reso possibile dalle novità che verranno introdotte con l’approvazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. In particolare, nella bozza che dovrà essere discussa dal Parlamento vengono aggiunti 3,97 miliardi di euro ai 10,85 già presenti e ai 200 milioni previsti dal React EU.

Sono diverse le misure ipotizzate all’interno del PNRR per la tutela del territorio italiano. Inclusi anche degli interventi per la forestazione, sia in territorio urbano che boschivo, e per la messa in sicurezza degli invasi.

Lotta al dissesto idrogeologico, le nuove misure

Circa 250 milioni di euro delle nuove risorse verranno destinati a interventi strutturali per la lotta al dissesto idrogeologico e di manutenzione attiva del territorio. Si tratterà di operazioni di prevenzione, riqualificazione e monitoraggio, da attuare dietro valutazione del livello di rischio associato all’area. La selezione degli interventi avverrà anche in relazione al numero di persone potenzialmente coinvolte in caso di disastri ambientali.

Buona parte di quanto stanziato in questa tornata (2,92 miliardi di euro) verrà destinato alla gestione sostenibile delle risorse idriche e alla manutenzione degli invasi. Circa 100 gli interventi previsti, perlopiù al Sud, tra i quali figurano anche quelli su dighe e invasi, infrastrutture idriche di derivazione, riduzione delle perdite nei sistemi di adduzione e il potenziamento/completamento delle condotte di adduzione primaria.

Infine gli interventi di forestazione. Destinati a questo scopo circa 300 milioni di euro, che serviranno a potenziare le aree verdi urbane allo scopo di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Verranno affiancati a tali progetti anche quelli di tutela del patrimonio boschivo.

Fonte: Edil Portale


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Anche la Corte dei Conti riconosce che il consumo di suolo mette in ginocchio il Paese

L’organo dello Stato preposto a controllare la spesa pubblica e il bilancio si è pronunciato a fine ottobre sul tema del consumo di suolo. Non si è limitato a invitare Stato e Governo a fare “norme e azioni di radicale contenimento del consumo di suolo”, ma ha riconosciuto che questo è “in primis” correlato con il peggioramento dei fenomeni di dissesto idrogeologico. Il commento di Paolo Pileri

















Notizia sensazionale per il suolo. La Corte dei Conti ovvero l’organo dello Stato preposto a controllare la spesa pubblica e il bilancio dello Stato stesso, si è pronunciata sul tema del consumo di suolo.
Il fatto è rilevante e il documento da consultare è la deliberazione del 31 ottobre 2019, n. 17/2019/G. Ora anche la Corte è tra quelli che in modo netto dice che il continuo consumo di suolo mette in ginocchio il Paese su vari fronti, rendendolo sempre più fragile ed esponendolo a un crescendo in spesa pubblica, cosa di cui proprio non abbiamo bisogno.
Faccio notare che la Corte dei Conti è una istituzione che non appartiene all’area ambientalista. La sua raccomandazione non è dovuta per statuto e quindi la cosa va vista con ancor maggior attenzione e serietà.
La Corte non si limita a dire e invitare Stato e Governo a fare “norme e azioni di radicale contenimento del consumo di suolo” (p. 16), ma dice anche che il consumo di suolo è “in primis” correlato con il peggioramento dei fenomeni di dissesto idrogeologico che sappiamo costare all’Italia svariate centinaia di milioni di euro all’anno.
“I dati scientifici a disposizione dimostrano che il Paese è interessato, in misura crescente e preoccupante, da fenomeni diffusi di dissesto idrogeologico che si sono acuiti sia per gli effetti dei cambiamenti climatici, ma anche e soprattutto per l’aumento del consumo del suolo nel nostro Paese che è passato dal 2,7 per cento degli anni 50 al 7,65 del 2017” – Corte dei Conti
Questa affermazione è molto importante perché è una vera e propria certificazione autorevole che ci dice che così facendo peggiorano i conti pubblici e quindi il benessere di tutti i cittadini, gettando il Paese a una maggior esposizione debitoria. Chi deve agire è avvisato.
Ma non si ferma qui. La Corte conferma preoccupazioni che da anni alcuni ripetono all’infinito come quella di smettere di trattare la questione ambientale per spizzichi e bocconi perché occorrono dispositivi “di natura sistemica”. Viene chiesta al Parlamento una legge “radicale” (e non soffice) sul contenimento del consumo di suolo e addirittura di svuotare i piani urbanistici in quanto le previsioni ivi contenute sono “sovradimensionate”. Si dice di andare “solo” verso forme di pianificazione cooperative e non più settoriali: qui dentro ci metto anche la deleteria questione della frammentazione dei piani urbanistici comunali per cui ogni comune fa quel che vuole con il suolo.
Questa deliberazione ci auguriamo venga ascoltata e sia il punto di svolta che scioglie gli alibi di chi fino a oggi ha messo in moto mille tattiche per non approvare la legge nazionale contro il consumo di suolo (quella del forum Salviamo il Paesaggio è la più completa ed efficace) e di quelle Regioni che hanno approvato leggi inefficaci se non addirittura controproducenti che non hanno fatto fermare il consumo e neppur rallentarlo quanto necessario. Come dice la Corte, e lo ripeto con piacere semmai fosse ancora necessario per qualcuno capirlo, è “improcrastinabile un intervento sistemico e decisivo che affronti il tema della salvaguardia del suolo” (p. 19).
fonte: https://altreconomia.it

Dissesto idrogeologico in Italia, i dati nel Rapporto Ispra







Ogni due anni l’Istituto per la protezione e la ricerca ambientale presenta il Rapporto nazionale sulla situazione del dissesto idrogeologico nel Paese. Gli ultimi dati disponibili sono quelli presentati alla Camera dei deputati nel luglio del 2018, secondo il quale è a rischio il 91% dei comuni italiani (88% nel 2015) ed oltre 3 milioni di nuclei familiari risiedono in queste aree ad alta vulnerabilità.


Complessivamente, il 16,6% del territorio nazionale è mappato nelle classi a maggiore pericolosità per frane e alluvioni (50 mila km2). Quasi il 4% degli edifici italiani (oltre 550 mila) si trova in aree a pericolosità da frana elevata e molto elevata e più del 9% (oltre 1 milione) in zone alluvionabili nello scenario medio.


Il rapporto Ispra sul dissesto idrogeologico in Italia


mappa delle aree a rischio frane
mappa delle aree a rischio alluvioni
rapporto sul disseto idrogeologico

fonte: http://www.snpambiente.it/

RemTech Expo 2018

Si svolge a Ferrara dal 19 al 21 Settembre 2018 l'evento internazionale permanente specializzato sui temi delle bonifiche, rischi naturali, sicurezza, manutenzione, riqualificazione, rigenerazione del territorio






















Tra gli eventi di Remtech anche la prima Conferenza del Sistema Nazionale Snpa che si svolge Giovedì 20 Settembre 2018 dalle 9.30 alle 12.30: "Il Sistema Nazionale e i controlli ambientali: confronto con le imprese Topics: Bonifiche, rischi naturali e clima, economia circolare, innovazione".
Rappresentanti del SNPA sono altresì presenti in numerosi incontri e convegni all'interno della manifestazione.

fonte: http://www.arpat.toscana.it/

La mappa dei rischi dei comuni italiani

Disponibile sul sito ISTAT. È stata realizzata con il contributo di varie fonti istituzionali, quali Istat stessa, INGV, ISPRA, Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo 

 




L'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) e Casa Italia, Struttura di Missione della Presidenza del Consiglio, hanno reso disponibile un sito Web dedicato ai rischi naturali in Italia.
Il sito è ospitato in quello istituzionale dell'Istat e presenta variabili e indicatori di qualità con dettaglio comunale sui rischi di esposizione a terremoti, eruzioni vulcaniche, frane e alluvioni.
Tali informazioni integrano dati provenienti da varie fonti istituzionali: Istat, Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.
Per ciascun Comune i dati sul rischio sismico, idrogeologico e, per alcuni, vulcanico, sono corredati da informazioni demografiche, abitative, territoriali e geografiche.
È possibile selezionare da un menù a tendina il comune che interessa e quindi scegliere fra tre opzioni:
  • scarica i dati: un file in formato .xlsx contenente tutti gli indicatori disponibili;
  • visualizza report: una scheda riassuntiva dei principali dati disponibili per il comune selezionato;
  • consulta la mappa: dove è possibile costruire immediatamente dei cartogrammi per ciascuno degli indicatori.
 
 
report di un comune


Nel sito compaiono due sezioni distinte "Indicatori" e "Cartografia".
La sezione "Indicatori" consente la visualizzazione e l'estrazione di oltre 140 variabili a livello comunale relative a: superficie e altre caratteristiche territoriali; rischio sismico, idrogeologico (frane e alluvioni) e vulcanico; stato degli edifici a uso residenziale e delle abitazioni (tipo di materiale utilizzato per la costruzione, numero dei piani fuori terra, epoca di costruzione dei fabbricati e distribuzione delle abitazioni per tipologia di occupanti); numero dei beni culturali presenti nel territorio comunale; indicatori demografici di contesto, quali variazione della popolazione, densità abitativa, indici di vecchiaia e di dipendenza strutturale, vulnerabilità sociale e materiale e numerose altre variabili.
La sezione "Cartografia" permette invece di produrre mappe interattive delle variabili a livello comunale su oltre 20 principali tematiche informative. 



A sinistra la mappa del rischio sismico, a destra quella del rischio frane
Molto ricco è il set di metadati riferiti a dati e indicatori – anch’esso navigabile interattivamente – che ne descrive contenuto, fonti, aspetti metodologici e link di approfondimento. 

fonte: http://www.arpat.toscana.it/



















In 7 anni i cambiamenti climatici hanno colpito 126 comuni italiani

Dal 2010 a oggi, ondate di calore, trombe d’aria, alluvioni e violente nevicate, non hanno risparmiato nessuna Regione. Le città, le prime a pagarne lo scotto
















Dalle previsioni incerte alla realtà ineluttabile. I cambiamenti climatici hanno iniziato a far sentire la loro mano pesante anche in Italia, con effetti sempre più intensi. Eventi meteorologici estremi, dalle alluvioni improvvise alle prolungate ondate di calore, hanno colpito negli ultimi sette anni 126 comuni italiani. Dietro di sé hanno lasciato seri danni ad un territorio ancora poco avvezzo ad adattamento e resilienza, e alla salute stessa di chi lo abita. Il dossier “Le città alla sfida del clima”, realizzato da Legambiente in collaborazione con Unipol Gruppo, li mette tutti in fila, tutti e 242 i fenomeni meteorologici che hanno investito il belpaese dal 2010 a oggi, contando danni e impatti sanitari.

Le vittime dei cambiamenti climatici

I primi (i danni) sono quelli che fanno più notizia. Ma accanto alla lunga lista di blackout, frane, inondazioni, trombe d’aria, piogge intense e violente nevicate, che in un mondo o nell’altro non salva nessuna regione, ce ne è un’altra: quella degli impatti dei cambiamenti climatici sulle persone. Dal 2010 al 2016 sono oltre 145 le persone morte a causa di inondazioni e oltre 40mila quelle evacuate (dati Cnr). E sono ancora sottovalutate le ondate di calore che possono avere effetti nocivi per la salute, soprattutto per gli anziani e gli ammalati, quando le temperature diurne superano i 35° C e quelle notturne non scendono sotto i 25°C. In Italia il picco di caldo del 2015 ha causato, tra gli over 65, 2754 morti in 21 città italiane e provocato danni gravi alla produzione agricola e ittica dovuti al surriscaldamento. Senza contare che l’Italia è un Paese ad elevato rischio idrogeologico con 7.145 comuni italiani (l’88% del totale) che hanno almeno un’area classificata come ad elevato rischio idrogeologico, e con oltre 7 milioni gli italiani che vivono o lavorano in queste aree.

Nasce la mappa del rischio climatico

“L’adattamento al clima – dichiara Edoardo Zanchini, vicepresidente di Legambiente – è la vera grande sfida del tempo in cui viviamo. Per vincerla, dobbiamo rendere le nostre città più resilienti e sicure, cogliendo l’opportunità di farle diventare anche più vivibili e belle. L’esatta conoscenza delle zone urbane a maggior rischio sia rispetto alle piogge che alle ondate di calore è fondamentale per salvare vite umane e limitare i danni”.
Per aumentare le strategie di difesa, l‘associazione lancia oggi dalla mappa del rischio climatico pubblicata sull’osservatorio online cittaclima.it, nata con l’obiettivo di raccogliere e mappare le informazioni sui danni provocati in Italia dai cambiamenti climatici. “Le città – conclude Zanchini – non possono essere lasciate da sole a fronteggiare impatti di questa dimensione. Non è più rinviabile l’approvazione del Piano nazionale di adattamento al clima, che deve diventare il riferimento per gli interventi di messa in sicurezza del territorio e dei finanziamenti nei prossimi anni, in modo da riuscire in ogni città a intensificare le attività di prevenzione, individuando le zone a maggior rischio, e a realizzare gli interventi di adattamento al clima e di protezione civile”.


fonte: www.rinnovabili.it

Dissesto idrogeologico, allarme ISPRA: in Italia 66% frane europee














Il dissesto idrogeologico è ancora una piaga insanata in Italia. Lo dimostrano i dati poco rassicuranti pubblicati nell’annuario dell’ISPRA 2016, presentato a Roma. Nel nostro Paese si sono verificate oltre 600 mila frane su un totale europeo di 900.000. Gli eventi franosi nel 2015 hanno causato 12 morti, danneggiando in decine di casi la rete stradale e ferroviaria.
Milioni di cittadini italiani abitano in aree a rischio di frane e smottamenti. Nello specifico le persone esposte a un pericolo molto alto di frane sono oltre 500 mila.

A vivere in territori a pericolosità elevata sono altre 744 mila italiani, mentre nei Comuni a pericolosità media abitano circa un milione e mezzo di persone. Nelle aree a pericolosità moderata risiedono oltre 2 milioni di cittadini. Le aree di attenzione sono popolate da 680 mila persone.
Tra gli Stati membri dell’UE l’Italia è il secondo Paese più minacciato da terremoti e dissesto idrogeologico dopo la Grecia.
Nel 2015 si sono verificati 1.963 terremoti. Le aree con un rischio sismico maggiore sono il Friuli-Venezia Giulia, la Calabria tirrenica, la parte orientale della Sicilia e gli Appennini Centro-meridionali.
I terremoti espongono al rischio di lesioni e distruzione ben 10.297 beni culturali e una fetta del 28% dei siti UNESCO del Belpaese. L’esposizione alle eruzioni vulcaniche mette a repentaglio 3.064 beni culturali, pari all’1,6% del totale.

A preoccupare gli esperti è anche la cementificazione selvaggia che sta mettendo a repentaglio la capacità del suolo di resistere a frane e alluvioni. La perdita di suolo italiana non conosce eguali in Europa e supera i 21 mila km2 di territorio. L’erosione idrica si attesta sulle 8 tonnellate per ettaro annue a fronte di una media europea di appena 2,5.
In mezzo a tanti dati allarmanti l’ISPRA ha tracciato anche un quadro più roseo sullo stato di salute e conservazione delle acque sotterranee. Ben il 59% dei 1.053 corpi idrici individuati gode di buona salute. Bene anche i fiumi: il 45% si conserva in buono stato ecologico; il 75% presenta acque di qualità sotto il profilo chimico.
Lo stesso non vale per i laghi. Solo il 21% è in buono stato ecologico e meno della metà (il 47%) vanta uno stato chimico accettabile.
L’Italia può però fregiarsi di acque di balneazione pulite e sicure: ben il 99% gode di uno stato qualitativo eccellente. Su questo fronte la principale minaccia è rappresentata dalle specie invasive che stanno insidiando i nostri mari a causa dei cambiamenti climatici e dell’aumento delle transazioni commerciali globali. A preoccupare gli scienziati dell’ISPRA è soprattutto l’invasione dell’alga l’Ostreopsis cf.
Brutte notizie anche per le temperature delle acque, in continua ascesa. Nel 2015 i valori termici sono stati superiori di 1,58°C alla media. Un record senza precedenti dal 1961.
La relazione annuale dell’ISPRA riporta cifre preoccupanti anche per l’esposizione della popolazione all’inquinamento acustico: il 64,3% dei cittadini italiani vive in aree in cui il rumore del traffico supera la soglia di 50 dB(A).

fonte: http://www.greenstyle.it

AEA: l’Italia ha il più alto numero di popolazione a rischio di alluvioni

Un nuovo rapporto dell’Agenzia Europea dell’Ambiente per supportare l’implementazione della Direttiva UE sulle alluvioni, evidenzia l’impatto delle alterazioni idromorfologiche sui servizi ecosistemici e sullo sviluppo economico, indicando la necessità di un approccio coordinato con le misure di adattamento ai cambiamenti climatici e di riduzione dei rischi, che dovrebbero indurre a soluzioni volte al ripristino degli ecosistemi naturali e al “rinverdimento” delle infrastrutture.
 
La pianura alluvionale è l'area accanto al letto di un fiume che è più o meno frequentemente ricoperta di acqua che tracima durante le elevate portate dei corsi adiacenti, mentre le zone umide (wetland) sono tipi particolari di pianure alluvionali.
Trattenendo le acque, le pianure alluvionali possono attenuare gli effetti delle precipitazioni abbondanti e, in questo modo, proteggere dai danni provocati dalle inondazioni le attività economiche e le comunità che si trovano più a valle.
Un tempo, queste pianure occupavano ampie distese lungo i fiumi europei, ma oggi ne rimangono solo delle porzioni sotto la continua pressione dello sprawl urbano, dello sviluppo infrastrutturale, dell’agricoltura. In Europa, più del 90% delle pianure alluvionali sono andate perdute nel corso dei secoli passati o non sono più in grado svolgere servizi quali il funzionamento degli ecosistemi naturali, riduzione dei rischi delle alluvioni e habitat che offrono un’elevata biodiversità.
Un nuovo rapporto, pubblicato il 26 gennaio 2016 dall'Agenzia europea dell'ambiente (AEA), attingendo alla banca dati europea delle inondazioni verificatesi tra il 1980 e il 2010, mette a fuoco il ruolo delle pianure alluvionali di protezione dalle alluvioni, di gestione delle acque, di salvaguardia della natura o dell'agricoltura, e l'impatto delle alterazioni idromorfologiche sui servizi ecosistemici forniti, con l’obiettivo di supportare la Direttiva UE sulle Alluvioni (2007/60/CE).
In particolare, “Flood risks and environmental vulnerability - Exploring the synergies between floodplain restoration, water policies and thematic policies” analizza gli impatti ambientali e come questi possano essere correlati alle misure di adattamento ai cambiamenti climatici e alla riduzione del rischio di catastrofi. Inoltre, mostra le sinergie tra gestione delle risorse idriche, conservazione della natura e sviluppi economici sia sul campo che a livello politico.
Il ripristino di ecosistemi sani, ad esempio attraverso le reti Natura 2000, costituisce spesso un modo molto efficace per prevenire e mitigare le inondazioni. Anche quando per proteggere le comunità da alluvioni “pesanti” sono necessarie difese, come le dighe, tali misure dovrebbero essere integrate con soluzioni a lungo termine legate alla natura, come il ripristino della pianura alluvionale. Attraverso il “greening the grey” (rinverdire il grigio) e le reti di infrastrutture verdi, i livelli di protezione necessari possono essere abbinati a una perdita minima di habitat e a una buona conservazione dei servizi ecosistemici.

share of population living floodplain areas

Ecco di seguito alcuni risultati chiave del Report.
- Tra il 1980 e il 2010, 37 Paesi europei hanno registrato un totale di 3.563 alluvioni, con un picco nel 2010 (321), quando sono stati colpiti 27 Paesi, soprattutto quelli dell’Europa centrale, tra i mesi di maggio e giugno.
- Sulla base delle segnalazioni pervenuta da 9 Paesi (Austria, Croazia, Repubblica Ceca, Germania, Ungheria, Italia, Polonia, Romania e Slovenia), è stata costruita la mappa della popolazione che vive nelle aeree alluvionali da cui si evince che è l’Italia il Paese che ha il numero più elevato di popolazione soggetta a rischio di inondazioni (6,7 milioni di persone, l'11% della popolazione), mentre l'Ungheria ha la più alta percentuale sul totale della popolazione (18% della popolazione).
- I danni previsti per le inondazioni annuali possono aumentare di 5 volte al 2050, rispetto al periodo 1985-2013, e fino a 17 volte al 2080, con la quota principale (70-90%) attribuibile allo sviluppo socio-economico come aumenta il valore economico dei beni nelle pianure alluvionali, e il resto (10-30%) ai cambiamenti climatici.
- Le future “pesanti” inondazioni potrebbero spingere a misure di adattamento delle infrastrutture, con soluzioni volte al ripristino degli ecosistemi, con soluzioni basate sulla natura e infrastrutture verdi, che sono, in molti casi, fondamentali per garantire un approccio vantaggioso in termini di costi rispetto ad uno scenario incerto, ritardando o evitando i blocchi di costruzione delle solite infrastrutture di gestione delle acque. Nel rapporto si rileva, inoltre, che, anche se le strategie per la gestione del rischio di alluvione richiedono misure specifiche per le situazioni locali, utilizzando un approccio di bacino idrografico, si evita di trasmettere conseguenze negative più a valle.
annual flood loses


fonte: http://www.regionieambiente.it

Lo sviluppo urbano sostenibile

I progetti delle città italiane nell’ambito del programma europeo Urbact III
È possibile gestire e risolvere i problemi che affliggono le nostre città attraverso lo scambio e la cooperazione con le altre città europee. Il programma europeo di cooperazione territoriale URBACT III finanzia infatti i progetti di scambio e apprendimento tra Stati in tema di sviluppo urbano sostenibile, dando la possibilità alle città europee di lavorare insieme per sviluppare soluzioni comuni alle sfide urbane e condividere buone pratiche fra soggetti coinvolti nelle politiche.
A giugno scorso è scaduto il primo bando del programma con oggetto la creazione di reti di città con problemi e bisogni simili a livello urbano, in modo da rafforzare le loro capacità di progettare strategie di sviluppo e piani d’azione integrati. I progetti approvati a seguito di questo bando sono adesso in una fase di sviluppo lunga sei mesi a cui seguono due anni di attività.
In totale sono state 14 le città italiane che hanno avuto accesso alla prima fase di lavoro delle reti da poco approvate, mentre altre città potranno fino a marzo presentare la propria candidatura per unirsi ai lavori dei network già approvati.
Napoli, Genova e Piacenza saranno capofila di tre reti tematiche:
  • Napoli con il progetto 2C/Second Chance per la sperimentazione di nuovi metodi di pianificazione per il riuso di grandi edifici abbandonati nei centri storici. Il progetto vedrà la partecipazione attiva di residenti e stakeholder locali quali attori della rigenerazione urbana, attraverso nuove modalità di finanziamento e organizzazione.
  • Genova con il progetto Interactive Cities sull’uso delle app e social media per favorire la partecipazione civica e nuove forme di interazione tra residenti e pubblica amministrazione.
  • Piacenza con il progetto Disarmed Cities per la riconversione e la gestione sostenibile delle aree militari dismesse e quindi la definizione di strategie comuni per la riqualificazione di ampi pezzi di territorio in disuso.
Le altre città italiane coinvolte nei progetti URBACT III sono:
  • Cesena, nel progetto Agri-Urban sul legame tra produzioni agricole locali e nuovi profili lavorativi;
  • Messina, nel progetto Arrival Cities sulla gestione dei cambiamenti demografici legati ai fenomeni migratori;
  • Torino e Milano, nel progetto BSInno per la promozione di ecosistemi di innovazione sociale nelle città;
  • Forlì, nel progetto Change! che esplorerà le possibilità offerte dai modelli collaborativi per la creazione di nuove economie urbane;
  • Dona di Piave (Venezia), nel progetto CityCentre Doctor sull'innovazione nei piccoli centri;
  • Parma, nel progetto Freight TAILS dedicato alla logistica delle merci nelle aree urbane;
  • Genova nel progetto Gen-Y City per il sostegno agli imprenditori creativi ed innovativi attraverso lo sviluppo di varietà di forme di cooperazione tra scienza, governo locale e affari;
  • Casoria (Napoli), nel progetto Growth by reconversion sul tema della promozione della crescita locale attraverso nuovi processi di pianificazione;
  • Fermo, nel progetto RetaiLink sulle strategie di promozione del commercio al dettaglio;
  • Siracusa, nel progetto TechTown per l'economia digitale come motore della crescita locale;
  • Padova, nel progetto Urban Green Labs sul cambiamento delle abitudini dei cittadini in tema di sostenibilità urbana;
  • Torino, nel progetto URBAN3S dedicato alla smart specialization.

Programma europeo di cooperazione territoriale URBACT IIIA proposito di URBACT III

Questi gli obiettivi principali del Programma:
  • aiutare le città a gestire in modo integrato e partecipativo politiche urbane sostenibili;
  • migliorare la progettazione, nonché attuazione di strategie e piani d'azione urbani integrati e sostenibili;
  • garantire che gli operatori e i decisori aumentino l'accesso alla conoscenza e condividano esperienze ed informazioni sullo sviluppo urbano sostenibile, al fine di migliorare le politiche di sviluppo urbano.
5 gli obiettivi tematici:
  • rafforzare la ricerca, lo sviluppo tecnologico e l'innovazione;
  • sostenere il passaggio ad un'economia a basse emissioni di carbonio in tutti i settori;
  • proteggere l'ambiente e promuovere l'efficienza delle risorse;
  • promuovere l'occupazione e sostenere la mobilità dei lavoratori;
  • promuovere l'inclusione sociale e la lotta contro la povertà.
Tre i tipi di reti previste:
  1. Pianificazione di azioni (tipologia di rete che è stata oggetto del bando di giugno scorso)
  2. Implementazione
  3. Trasferimento di buone pratiche

Spoleto: Orti urbani, mozione M5S approvata


Oggi, 16 novembre 2015, il Consiglio comunale di Spoleto ha approvato all’unanimità la nostra mozione dove si chiede l’applicazione della legge regionale 2 aprile 2014 n. 3, la quale prevede una serie di iniziative a sostegno dell’agricoltura sostenibile ovvero per la valorizzazione, la riqualificazione e la diffusione delle conoscenze e delle pratiche relative all’agricoltura urbana e peri-urbana, con particolare riguardo ai giovani e ai soggetti in difficoltà (cassaintegrati e disoccupati).
La legge prevede l’istituzione del “banco della terra”, ovvero un semplice censimento di tutti i terreni a vocazione agricola di proprietà comunale; siano essi incolti, in stato di abbandono e/o degrado in quanto richiedono costi di manutenzione che il Comune non può sostenere.
In questo senso ci siamo già attivati e dato indicazione all’Assessore all’urbanistica Cappelletti rispetto ad alcune particelle catastali che riteniamo potenzialmente idonee per lo sviluppo di aree dedicate agli orti urbani, auspicando che queste entrino a pieno titolo a far parte del PRG in discussione e che dovrebbe essere approvato entro la fine dell’anno.
A breve depositeremo nelle commissioni competenti anche la nostra proposta di regolamento, in linea con le pratiche di orti urbani già esistenti e promosse dall’Anci e da Italia Nostra in diversi comuni anche umbri e allo scopo che siano garantite come prioritarie le fasce giovanili e dei lavoratori in difficoltà.
Se l’Assessore Campagnani ha espresso qualche riserva sul valore occupazionale che questa iniziativa può ricoprire, al contrario noi crediamo che una buona politica degli orti urbani, se ben gestita e realizzata, possa dare il via a un nuovo futuro economico, chiamatela anche riconversione economica, della città nel rispetto della sua vocazione rurale e agricola, nonché turistica e culturale, ed entrare nella rete di mercati a Km0 e biologici, promozione dei prodotti tipici, promozione delle buone prassi agricole da divulgare nelle scuole e nella filiera agricola, attraverso eventi e convegni che facciano di Spoleto punto di attrazione dentro e fuori regione.
Elisa Bassetti,
Portavoce M5S
Comune di Spoleto

fonte: http://www.m5sumbria.it

Misure per la prevenzione del rischio idrogeologico e sismico


Con la presente proposta di legge si intende favorire gli interventi per la diminuzione del rischio legato al dissesto idrogeologico e ai fenomeni sismici intervenendo sia sulla fase del reperimento delle risorse necessarie sia su quella della corretta progettazione e realizzazione delle opere. Per questo il testo si articola in 4 Titoli che trattano rispettivamente le agevolazioni fiscali per la realizzazione degli interventi necessari per la riduzione dei rischi, l’esclusione delle spese per questo tipo di interventi dal patto di stabilità, le modalità di progettazione e realizzazione degli interventi stessi e le sanzioni da comminare al professionista e al contribuente in caso di false attestazioni in fase di perizia con lo scopo di beneficiare delle agevolazioni previste.

Lex Patrizia Terzoni -
M5sParlamento