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Un «buco dell’ozono» ha attraversato i cieli europei

 














Raffigurazione della distribuzione di ozono stratosferico nell’emisfero nord misurata da satellite (immagine del 15 aprile 2020). L’Europa è visibile nel quadrante in basso a destra. I colori più freddi rappresentano aree a minore concentrazione di ozono (il «buco dell’ozono» artico appare come una bolla blu), i colori più caldi rappresentano regioni a maggiore concentrazione. 
Fonte: NASA https://ozonewatch.gsfc.nasa.gov/NH.htm

Nella primavera 2020 i ricercatori di

Riflessioni e misurazioni sullo sviluppo sostenibile















Su Ecoscienza 3/2021, la rivista di Arpae Emilia-Romagna, un approfondimento sulla misurazione della sostenibilità e gli indici integrati.

Il perseguimento degli obiettivi dell’Agenda 2030 richiede azioni intersettoriali e strumenti utili alla valutazione integrata delle politiche nazionali, regionali, locali oltre che ...

Consumo di suolo: senza interventi costi alle stelle già nel 2030

 









È un costo complessivo compreso tra gli 81 e i 99 miliardi di euro, in pratica la metà del Piano nazionale di ripresa e resilienza, quello che l’Italia potrebbe essere costretta a sostenere a causa della perdita dei servizi ecosistemici dovuta al consumo di suolo tra il 2012 e il 2030. Se la velocità di copertura artificiale rimanesse quella di 2 mq al secondo registrata nel 2020 i danni costerebbero cari e non solo in termini economici. Dal 2012 ad oggi il suolo non ha potuto garantire la fornitura di 4 milioni e 155 mila quintali di prodotti agricoli, l’infiltrazione di oltre 360 milioni di metri cubi di acqua piovana (che ora scorrono in superficie aumentando la pericolosità idraulica dei nostri territori) e lo stoccaggio di quasi tre milioni di tonnellate di carbonio, l’equivalente di oltre un milione di macchine in più circolanti nello stesso periodo per un totale di più di 90 miliardi di km. In altre parole due milioni di volte il giro della terra.

È la situazione attuale e quella futura analizzata dal Sistema Nazionale per la Protezione dell’Ambiente nell’edizione 2021 del Rapporto sul “Consumo di Suolo in Italia”. Il Rapporto è stato presentato nel corso di un webinar il 14 luglio. Disponibile anche la video inchiesta dal titolo “Speciale Roma e Milano: neanche il Covid19 ferma il consumo di suolo” promossa da Ispra.

A livello nazionale le colate di cemento non rallentano neanche nel 2020, nonostante i mesi di blocco di gran parte delle attività durante il lockdown, e ricoprono quasi 60 chilometri quadrati, impermeabilizzando ormai il 7,11% del territorio nazionale. Ogni italiano ha a disposizione circa 360 mq di cemento (erano 160 negli anni ’50).

L’incremento maggiore quest’anno è in Lombardia, che torna al primo posto tra le regioni con 765 ettari in più in 12 mesi, seguita da Veneto (+682 ettari), Puglia (+493), Piemonte (+439) e Lazio (+431).




Nelle aree a pericolosità idraulica la percentuale supera al 9% per quelle a pericolosità media e il 6 % per quelle a pericolosità elevata. Il confronto tra i dati 2019 e 2020 mostra che 767 ettari del consumo di suolo annuale si sono concentrati all’interno delle aree a pericolosità idraulica media e 285 in quelle a pericolosità da frana, di cui 20 ettari in aree a pericolosità molto elevata (P4) e 62 a pericolosità elevata. Le percentuali si confermano alte anche nei territori a pericolosità sismica alta dove il 7% del suolo risulta ormai cementificato.

Consumo di suolo e isole di calore. A livello nazionale superano i 2300 gli ettari consumati all’interno delle città e nelle aree produttive (il 46% del totale) negli ultimi 12 mesi. Per questo le nostre città sono sempre più calde, con temperature estive, già più alte di 2°C, che possono arrivare anche a 6°C in più rispetto alle aree limitrofe non urbanizzate.

Transizione ecologica e fotovoltaico, meglio sui tetti che a terra: solo in Sardegna ricoperti più di un milione di mq di suolo, il 58% del totale nazionale dell’ultimo anno. E si prevede un aumento al 2030 compreso tra i 200 e i 400 kmq di nuove installazioni a terra che invece potrebbero essere realizzate su edifici esistenti. Il suolo perso in un anno a causa dell’installazione di questa tipologia di impianti sfiora i 180 ettari. Dopo la Sardegna è la Puglia la regione italiana che consuma di più con tale modalità, con 66 ettari (circa il 37%).

E con la logistica l’Italia perde ancora più terreno. Invece di rigenerare e riqualificare spazi già edificati, sono stati consumati in sette anni 700 ettari di suolo agricolo e il trend è in crescita. In Veneto le maggiori trasformazioni (181 ettari dal 2012 al 2019, di cui il 95% negli ultimi 3 anni) dovute alla logistica, seguita da Lombardia (131 ettari) ed Emilia-Romagna (119).

fonte: www.snpambiente.it/
 


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Nuovi strumenti per la tutela dell’ambiente



Con lo sviluppo di tecniche di elaborazione basate su big data ed intelligenza artificiale è possibile sfruttare le nuove capacità di osservazione messe a disposizione del programma europeo Copernicus per monitorare gli ecosistemi naturali e supportare le azioni di tutela nei casi di crisi ambientale. Viene presentato un laboratorio d’eccezione per la sperimentazione dei metodi di sorveglianza ambientale con drone/satellite nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano vicino Roma.
Ispra ha sviluppato un servizio che è in grado di caratterizzare la distribuzione delle risorse boschive italiane e monitorarne le variazioni nel tempo e i fenomeni di potenziale degrado ad opera di incendi e di consumo del suolo. Ne vengono illustrate le caratteristiche ed i risultati per il periodo 2019-2020. Sono infine descritti problemi e sperimentazioni orientate alla definizione di pratiche agricole sostenibili. Tutte le applicazioni presentate sono legate da una comune metodologia di analisi, dallo sviluppo di metodi e mezzi di lavoro tecnologicamente avanzati e dalla crescita di nuove figure professionali nel campo della protezione ambientale.

Qui il programma e altre informazioni.

fonte: www.snpambiente.it


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“Inquinamento illustrato” per celebrare la Giornata mondiale dell’ambiente

Il collettivo artistico Ronin racconta le problematiche ambientali con una serie di immagini realizzate per l’SNPA




La Giornata mondiale dell’ambiente, istituita nel 1972 e celebrata ogni 5 giugno dal 1974, è lo strumento principale scelto dalle Nazioni Unite per promuovere la consapevolezza a livello globale della problematiche collegate alla protezione dell’ambiente. Negli anni si è focalizzata su temi diversi, come l’inquinamento marino, i cambiamenti climatici e il tema scelto per quest’anno è il ripristino degli ecosistemi.

Con l’occasione della giornata 2021, il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente ha iniziato una collaborazione con il collettivo Ronin, un gruppo di artiste e artisti indipendenti presenti sull’intero territorio nazionale che ha realizzato una serie di illustrazioni legate alle questioni ambientali, con un occhio attento al tema portante dell’anno in corso.

Le 17 illustrazioni, selezionate dagli autori assieme alla redazione di AmbienteInforma, sono state raccolte in una galleria sulla pagina Facebook del collettivo e sono coperte dalla licenza Creative Commons CC BY-NC che consente la condivisione e il riuso delle immagini, esclusi i fini commerciali e citando il nome degli autori. I dettagli della licenza sono disponibili alla pagina https://creativecommons.org/licenses/?lang=it




fonte: www.snpambiente.it

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Presentato al Consiglio Snpa il piano della Commissione Europea “Azzerare l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo”




Il Consiglio straordinario odierno del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente è stato impreziosito dalla testimonianza di Silvia Bartolini (DG Ambiente, Commissione europea), che ha presentato il Piano della Commissione europea “Azzerare l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo“.

Il presidente Stefano Laporta ha auspicato che questo confronto privilegiato con una rappresentante della Commissione europea, propiziato da Luca De Micheli (responsabile dell’area relazioni istituzionali, europee ed internazionali di Ispra), possa ripetersi anche in futuro.

In circa mezz’ora Bartolini ha condensato la visione ambientale al 2050 del Vecchio Continente, uno sguardo di prospettiva da cui ripartire per l’attività di tutti i giorni.

“La Commissione europea ha adottato il piano di azione su inquinamento zero, che si propone una visione all’orizzonte 2050: ridurre inquinamento di aria, acqua e suolo a livelli non dannosi per la salute dei nostri cittadini e dei nostri ecosistemi, nel pieno rispetto dei limiti del nostro pianeta.

Questo piano di azione rientra nel green deal europeo ed è l’ultimo tassello di una strategia che guarda a diverse sfide: cambiamento climatico, biodiversità, scarsezza delle risorse. Prende i contributi delle altre sfide, li mette insieme e li completa in una visione olistica per raggiungere l’inquinamento zero al 2050.

Un piano urgente, per due motivi, impatto sui cittadini e ragioni economiche. Dopo il cambiamento climatico i cittadini europei temono l’effetto dell’inquinamento sulla salute; nel 2015 l’inquinamento ha provocato 9 milioni di morti premature (in Europa sono 400mila all’anno); inoltre, la lotta all’inquinamento coincide con la lotta alla disuguaglianza, dal momento che le persone più colpite sono quelle meno abbienti.
Il costo dell’inazione è molto superiore a quello dell’azione. Oggi l’inquinamento dell’aria costa fra i 330 e i 940 miliardi di euro, a seconda dei parametri considerati; le misure per migliorare la qualità dell’aria “solo” 70-80 miliardi/anno. Un aumento di +3°C potrebbe portare a perdite economiche pari a 190 miliardi di euro, e a un aumento del costo dei beni alimentari del 20% al 2050. Prevenire è meglio di curare, e bisogna agire subito, perché non agire costa molto di più.

Nel piano di azione vengono ribaditi principi già presenti nelle politiche ambientali dell’UE: precauzione e prevenzione, e chi inquina paga. Ma bisogna ristabilire le priorità: prevenire alla fonte, minimizzare gli impatti per quanto possibile e solo dopo rimediare, con una responsabilità estesa del consumatore, imputando i costi a chi causa i problemi. In quest’ottica vanno le tasse sulla plastica monouso, i mozziconi di sigarette, la revisione della direttiva acque reflue, dove si andrà anche a vedere come imputare ai produttori di sostanze chimiche e farmaceutiche il rimedio all’impatto residuale che creano.

Chiari gli obiettivi del piano di azione: -55% di morti premature per inquinamento atmosferico, -25% degli ecosistemi in cui l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità (è una delle 5 minacce che riguardano un milione di specie animali), -50% nell’utilizzo di nutrienti nel suolo e pesticidi chimici, -50% nella produzione dei rifiuti urbani residui, -50% di plastica in mare, -30% microplastiche, -30% di popolazione che soffre cronicamente di inquinamento acustico. Obiettivi ambiziosi e impossibili da raggiungere se non si lavora in diversi settori con approcci integrati, dal momento che è tutto interconnesso e non si può lavorare per compartimenti stagni.

Tre le aree tematiche di riferimento: migliorare la salute e il benessere delle persone, vivere nel rispetto dei limiti del nostro pianeta, cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo i nostri prodotti. Già stabilite le prossime azioni: adesso si implementa e attua la legislazione esistente, nel 2022 verranno revisionate le direttive qualità aria, reflui urbani, lista sostanze inquinanti, emissioni industriali, nel 2023 ambiente marino e acque balneari. In parallelo, bisognerà mettere ordine nel sistema di monitoraggio, concentrato in un prodotto biennale “zero pollution monitoring & outlook”, che darà una fotografia omogenea a livello continentale dello stato di acqua, aria e suolo.

Infine, è creata una piattaforma “zero pollution stakeholder platform”, per far sì che ci si possa parlare e consultare in maniera integrata, discutere quali sono gli impatti esistenti, sostenere e condividere le best practices che si stanno attuando: avere meno nutrienti o pesticidi attraverso l’agricoltura di precisione, la mobilitò intelligente, l’uso di nuove tecnologie. Tutte iniziative che verranno presentate nella settimana verde europea 2021, iniziativa di comunicazione con diverse sessioni per raccontare quali sono gli obiettivi e approfondire cosa faremo”.

Nel dibattito successivo, il presidente Laporta ha ringraziato per gli punti di riflessioni, tecnici e metodologici, ed è stata ribadita da più parti l’importanza della correlazione fra aspetti ambientali e sanitari. Bartolini ha sottolineato come la soluzione delle politiche sanitarie dei cittadini si ritrovi anche in quelle ambientali, ed ha portato quale esempio il monitoraggio dei reflui fognari per la ricerca del Sars-CoV-2, azione pilota per il monitoraggio e la sorveglianza di altre pandemie o sostanze, chimiche, stupefacenti, resistenza agli antibiotici.

fonte: www.snpambiente.it


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Il Bisfenolo A come microinquinante nelle acque

Gli approfondimenti di Arpa FVG










Il Laboratorio di Arpa FVG ha messo a punto il metodo analitico per la ricerca del Bisfenolo A.

L’Agenzia si è adeguata alla nuova direttiva europea sulle acque potabili, entrata in vigore a gennaio 2021, prima ancora che essa sia stata recepita dalla legislazione italiana. Il metodo è pronto per essere accreditato alla prossima visita dell’Ente di accreditamento, prevista per ottobre 2021.

Il Bisfenolo A è una sostanza chimica molto utilizzata, trovando impiego principalmente nella produzione delle plastiche in policarbonato, utilizzate anche nei recipienti per uso alimentare, e nelle resine epossidiche, componenti il rivestimento interno nelle lattine per alimenti e bevande.
Questa molecola è considerata un interferente endocrino, capace cioè di mettere in pericolo la salute alterando l’equilibrio del sistema endocrino, specie nella fase dello sviluppo del feto e nella prima infanzia.

Visti i crescenti limiti all’utilizzo di questa molecola introdotti dalla legislazione europea, alcuni produttori potrebbero utilizzare dei suoi sostituti, sostanze aventi cioè caratteristiche chimiche analoghe, ma non ancora normate, come gli isomeri del Bisfenolo A.
Si tratta di un problema classico nel settore del monitoraggio degli inquinanti emergenti, che richiede un approccio proattivo da parte degli Enti di controllo, capace quindi di prevenire i problemi futuri pianificando anticipatamente le opportune azioni preventive.

A tal fine, il Laboratorio di Arpa FVG è già operativo nella ricerca e quantificazione nelle acque potabili anche di altri Bisfenoli (come per esempio il Bisfenolo S), il cui utilizzo non è ancora attualmente normato ma la cui tossicità sembra essere analoga a quella del Bisfenolo A, secondo quanto suggerito dalla letteratura scientifica.

La nuova direttiva europea ha aggiornato gli standard qualitativi delle acque potabili, imponendo per il Bisfonolo A un limite di concentrazione di 2,5 µg/l (due milionesimi di grammo e mezzo per ogni litro di acqua), concedendo due anni di tempo agli Stati membri per recepire le modifiche nelle loro norme nazionali.

Il metodo analitico messo a punto dal Laboratorio di Arpa FVG utilizza la cromatografia liquida associata a spettrometria di massa ad alta risoluzione, tecnologia all’avanguardia che permette di quantificare il Bisfenolo A ad una concentrazione di 0,1 µg/l (un decimo di milionesimo di grammo per ogni litro di acqua), valore molto al di sotto di quanto richiesto dalla legislazione.

fonte: www.snpambiente.it


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Il Catasto rifiuti Ispra, una miniera di dati da utilizzare











Gestire i rifiuti comporta delle responsabilità, sia da parte degli amministratori che dei cittadini. Chi ha il compito di governare le nostre città deve organizzare la raccolta dei rifiuti urbani in modo da garantire la differenziazione di qualità per favorirne poi il riciclo. Ma anche i cittadini devono dare senso al proprio far parte di una comunità, impegnandosi nella differenziata ma anche in comportamenti corretti anche su aspetti più banali ma molto importanti.

In questo anno di pandemia durante il quale abbiamo dovuto prendere confidenza con l’uso dei dispositivi protettivi individuali, le mascherine, abbiamo visto e continuiamo a vedere, gli effetti di comportamenti irresponsabili con tanti di questi oggetti che si trovano ovunque, lungo le strade, sulle spiagge, nei boschi. Ciò è incomprensibile è inaccettabile, non è possibile che delle persone possano pensare di gettare ovunque i rifiuti, in questo caso ancora più a rischio, trattandosi di dispositivi che potrebbero favorire la diffusione del virus. Chi si comporta così non è degno di essere considerato una persona civile.

La stima fatta da ISPRA sui rifiuti derivanti da DPI (mascherine e guanti), alla fine del 2020, era compresa approssimativamente tra le 160.000 e le 440.000 tonnellate, In particolare, la produzione di rifiuti da mascherine giornaliera su scala nazionale – sino a fine 2020 (circa 240 giorni) – si attesterebbe tra le 60.000 e le 175.000 tonnellate di rifiuti, mentre quella relativa ai guanti, che porta un ulteriore contributo alla produzione di rifiuti essendo obbligatori anch’essi in alcuni contesti, è approssimativamente compresa tra le 400 e le 1.100 tonnellate.



Ma veniamo alla questione dei dati.

La disponibilità dei dati ambientali è essenziale per contribuire al formarsi di opinioni avvedute e favorire processi decisionali efficaci. Il Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente, istituito con una legge del 2016 approvata all’unanimità dal Parlamento, che ha messo in rete, con una soluzione “federale”, Ispra e le 21 agenzie regionali e delle province autonome, è il fornitore dei dati “ufficiali”. Questo carica di responsabilità il Sistema, che ha quindi il compito di raccogliere i dati che recupera attraverso le proprie attività di monitoraggio di tutte le matrici ambientali (aria, acqua, suolo, agenti fisici), organizzarli e diffonderli. Tutto questo usando procedure di qualità “certificate”, che garantiscano pienamente la correttezza e veridicità dei dati forniti.

Si tratta di un patrimonio enorme, in continua evoluzione, presente nelle banche dati dei 22 enti (Ispra, Arpa, Appa) che compongono il Sistema, e che devono essere integrate. Si tratta di un impegno da “far tremare i polsi”, ma anche da solo giustificherebbe l’esistenza del SNPA.

Per quanto riguarda i rifiuti, la situazione è molto più avanti che su altre tematiche ambientali. Infatti Ispra da tempo pubblica il “Catasto nazionale dei rifiuti“, nel quale si trovano:
i dati relativi alla produzione e raccolta differenziata dei rifiuti urbani, fino al dettaglio comunale per gli anni 2010-2019, fino al dettaglio provinciale per gli anni 2001-2019; quelli relativi alla gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2015-2019 e sui costi di gestione dei rifiuti urbani per gli anni 2011-2019;
i dati sulla produzione e la gestione dei rifiuti speciali per gli anni 2014-2018.

Per tutti questi dati è possibile scaricare le informazioni in formato aperto e riutilizzabile.

In questo articolo utilizzerò i dati ricavati dal Catasto per alcune considerazioni sui rifiuti urbani, con particolare riferimento ai dati relativi alla % di raccolta differenziata.

La normativa europea, successivamente recepita da quella italiana (D. Lgs. 152/2006), aveva da tempo indicato l’obiettivo minimo del 65% da raggiungere entro il 2012 (mentre il 45% doveva essere raggiunto nel 2008). Da allora sono passati quasi dieci anni e solamente il 60% dei comuni italiani (dati 2019) ha raggiunto e superato questo livello di raccolta differenziata, e questi comuni corrispondono al 52% della popolazione, con differenze molto significative fra una regione e l’altra.

L’Italia nel settembre 2020 ha recepito le direttive del “Pacchetto Economia Circolare” con gli obiettivi di riciclo dei rifiuti urbani: almeno il 55 per cento entro il 2025, il 60 per cento entro il 2030, il 65 per cento entro il 2035 e una limitazione del loro smaltimento in discarica non superiore al 10 per cento entro il 2035.

<45%
 RD
>=45<65%
 RD
>=65%
Valle d'Aosta
14,2
85,8
Veneto
18,4
81,4
Sardegna
18,8
81,2
Trentino-Alto Adige
19,8
80,1
Marche
20,5
78,9
Lombardia
22,6
75,4
Emilia-Romagna
3
29,7
67,3
Umbria
30,1
66,8
Abruzzo
12,4
26,5
61
Friuli-Venezia Giulia
17,1
24,6
58,3
Italia
16,6
31,6
51,9
Toscana
19,5
29,4
51,1
Piemonte
48,2
49,2
Puglia
37,3
23,2
39,5
Liguria
48,1
13,4
38,6
Molise
29,3
33,5
37,2
Campania
33
39
28
Lazio
10,9
61,7
27,4
Calabria
35,4
38,4
26,3
Basilicata
36,4
38,8
24,8
Sicilia
52,9
29,9
17,2

Nella tabella che segue si riepiloga il quadro della situazione, con il dettaglio regionale, dal quale si rileva una situazione piuttosto differenziata riguardo ad entrambi gli aspetti, andando da un massimo di 663 kg di rifiuti urbani (RU) prodotti per abitante in Emilia-Romagna ai 354 della Basilicata, con una percentuale di raccolta differenziata (RD) che varia fra il 74,7 del Veneto e il 38,5 della Sicilia.


Dall’analisi di dettaglio dei dati, per tutte le dimensioni di comuni, appare abbastanza chiaramente che il quantitativo di raccolta differenziata è strettamente collegato alla volontà e capacità, a livello del singolo comune, di gestire la raccolta dei rifiuti, puntando o meno davvero con impegno su questa pratica.

Infatti comuni con dimensioni e caratteristiche simili presentano dati anche molto lontani (superiori all’80% o inferiori al 20% di RD), mostrando con chiarezza che sono necessarie politiche mirate puntuali rivolte a premiare e sanzionare gli amministratori locali in relazione ai loro comportamenti, in quanto questi dati pesano e determinano le scelte relative alle modalità di gestione dei rifiuti ed al loro smaltimento.

Nelle seguenti tabelle interattive (è possibile ordinare i dati per ciascuna colonna e fare ricerche all’interno) sono contenuti i dati di tutti i comuni italiani, nella prima >10.000 abitanti e nella seconda di dimensioni inferiori.

Infatti comuni con dimensioni e caratteristiche simili presentano dati anche molto lontani (superiori all’80% o inferiori al 20% di RD), mostrando con chiarezza che sono necessarie politiche mirate puntuali rivolte a premiare e sanzionare gli amministratori locali in relazione ai loro comportamenti, in quanto questi dati pesano e determinano le scelte relative alle modalità di gestione dei rifiuti ed al loro smaltimento.

Nelle seguenti tabelle interattive (è possibile ordinare i dati per ciascuna colonna e fare ricerche all’interno) sono contenuti i dati di tutti i comuni italiani, nella prima >10.000 abitanti e nella seconda di dimensioni inferiori.



Marco Talluri (https://ambientenonsolo.wordpress.com)

fonte: www.snpambiente.it



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