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Nuovi strumenti per la tutela dell’ambiente



Con lo sviluppo di tecniche di elaborazione basate su big data ed intelligenza artificiale è possibile sfruttare le nuove capacità di osservazione messe a disposizione del programma europeo Copernicus per monitorare gli ecosistemi naturali e supportare le azioni di tutela nei casi di crisi ambientale. Viene presentato un laboratorio d’eccezione per la sperimentazione dei metodi di sorveglianza ambientale con drone/satellite nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano vicino Roma.
Ispra ha sviluppato un servizio che è in grado di caratterizzare la distribuzione delle risorse boschive italiane e monitorarne le variazioni nel tempo e i fenomeni di potenziale degrado ad opera di incendi e di consumo del suolo. Ne vengono illustrate le caratteristiche ed i risultati per il periodo 2019-2020. Sono infine descritti problemi e sperimentazioni orientate alla definizione di pratiche agricole sostenibili. Tutte le applicazioni presentate sono legate da una comune metodologia di analisi, dallo sviluppo di metodi e mezzi di lavoro tecnologicamente avanzati e dalla crescita di nuove figure professionali nel campo della protezione ambientale.

Qui il programma e altre informazioni.

fonte: www.snpambiente.it


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Presentato al Consiglio Snpa il piano della Commissione Europea “Azzerare l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo”




Il Consiglio straordinario odierno del Sistema nazionale per la protezione dell’ambiente è stato impreziosito dalla testimonianza di Silvia Bartolini (DG Ambiente, Commissione europea), che ha presentato il Piano della Commissione europea “Azzerare l’inquinamento atmosferico, idrico e del suolo“.

Il presidente Stefano Laporta ha auspicato che questo confronto privilegiato con una rappresentante della Commissione europea, propiziato da Luca De Micheli (responsabile dell’area relazioni istituzionali, europee ed internazionali di Ispra), possa ripetersi anche in futuro.

In circa mezz’ora Bartolini ha condensato la visione ambientale al 2050 del Vecchio Continente, uno sguardo di prospettiva da cui ripartire per l’attività di tutti i giorni.

“La Commissione europea ha adottato il piano di azione su inquinamento zero, che si propone una visione all’orizzonte 2050: ridurre inquinamento di aria, acqua e suolo a livelli non dannosi per la salute dei nostri cittadini e dei nostri ecosistemi, nel pieno rispetto dei limiti del nostro pianeta.

Questo piano di azione rientra nel green deal europeo ed è l’ultimo tassello di una strategia che guarda a diverse sfide: cambiamento climatico, biodiversità, scarsezza delle risorse. Prende i contributi delle altre sfide, li mette insieme e li completa in una visione olistica per raggiungere l’inquinamento zero al 2050.

Un piano urgente, per due motivi, impatto sui cittadini e ragioni economiche. Dopo il cambiamento climatico i cittadini europei temono l’effetto dell’inquinamento sulla salute; nel 2015 l’inquinamento ha provocato 9 milioni di morti premature (in Europa sono 400mila all’anno); inoltre, la lotta all’inquinamento coincide con la lotta alla disuguaglianza, dal momento che le persone più colpite sono quelle meno abbienti.
Il costo dell’inazione è molto superiore a quello dell’azione. Oggi l’inquinamento dell’aria costa fra i 330 e i 940 miliardi di euro, a seconda dei parametri considerati; le misure per migliorare la qualità dell’aria “solo” 70-80 miliardi/anno. Un aumento di +3°C potrebbe portare a perdite economiche pari a 190 miliardi di euro, e a un aumento del costo dei beni alimentari del 20% al 2050. Prevenire è meglio di curare, e bisogna agire subito, perché non agire costa molto di più.

Nel piano di azione vengono ribaditi principi già presenti nelle politiche ambientali dell’UE: precauzione e prevenzione, e chi inquina paga. Ma bisogna ristabilire le priorità: prevenire alla fonte, minimizzare gli impatti per quanto possibile e solo dopo rimediare, con una responsabilità estesa del consumatore, imputando i costi a chi causa i problemi. In quest’ottica vanno le tasse sulla plastica monouso, i mozziconi di sigarette, la revisione della direttiva acque reflue, dove si andrà anche a vedere come imputare ai produttori di sostanze chimiche e farmaceutiche il rimedio all’impatto residuale che creano.

Chiari gli obiettivi del piano di azione: -55% di morti premature per inquinamento atmosferico, -25% degli ecosistemi in cui l’inquinamento atmosferico minaccia la biodiversità (è una delle 5 minacce che riguardano un milione di specie animali), -50% nell’utilizzo di nutrienti nel suolo e pesticidi chimici, -50% nella produzione dei rifiuti urbani residui, -50% di plastica in mare, -30% microplastiche, -30% di popolazione che soffre cronicamente di inquinamento acustico. Obiettivi ambiziosi e impossibili da raggiungere se non si lavora in diversi settori con approcci integrati, dal momento che è tutto interconnesso e non si può lavorare per compartimenti stagni.

Tre le aree tematiche di riferimento: migliorare la salute e il benessere delle persone, vivere nel rispetto dei limiti del nostro pianeta, cambiare il modo in cui produciamo e consumiamo i nostri prodotti. Già stabilite le prossime azioni: adesso si implementa e attua la legislazione esistente, nel 2022 verranno revisionate le direttive qualità aria, reflui urbani, lista sostanze inquinanti, emissioni industriali, nel 2023 ambiente marino e acque balneari. In parallelo, bisognerà mettere ordine nel sistema di monitoraggio, concentrato in un prodotto biennale “zero pollution monitoring & outlook”, che darà una fotografia omogenea a livello continentale dello stato di acqua, aria e suolo.

Infine, è creata una piattaforma “zero pollution stakeholder platform”, per far sì che ci si possa parlare e consultare in maniera integrata, discutere quali sono gli impatti esistenti, sostenere e condividere le best practices che si stanno attuando: avere meno nutrienti o pesticidi attraverso l’agricoltura di precisione, la mobilitò intelligente, l’uso di nuove tecnologie. Tutte iniziative che verranno presentate nella settimana verde europea 2021, iniziativa di comunicazione con diverse sessioni per raccontare quali sono gli obiettivi e approfondire cosa faremo”.

Nel dibattito successivo, il presidente Laporta ha ringraziato per gli punti di riflessioni, tecnici e metodologici, ed è stata ribadita da più parti l’importanza della correlazione fra aspetti ambientali e sanitari. Bartolini ha sottolineato come la soluzione delle politiche sanitarie dei cittadini si ritrovi anche in quelle ambientali, ed ha portato quale esempio il monitoraggio dei reflui fognari per la ricerca del Sars-CoV-2, azione pilota per il monitoraggio e la sorveglianza di altre pandemie o sostanze, chimiche, stupefacenti, resistenza agli antibiotici.

fonte: www.snpambiente.it


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La transizione ecologica del PNRR si è scordata del suolo e del paesaggio



Nelle 337 pagine del PNRR il suolo viene citato appena 14 volte (titoli e tabelle comprese) e il paesaggio ancor meno: 7 volte. Il cambio di visione in senso ambientale non si vede e il suolo appare come un semplice elemento su cui poggiare impianti per la produzione di energia. Green, ovviamente…

Il dado è tratto: Camera e Senato hanno approvato il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) che in 337 pagine di testo definisce obiettivi, missioni, priorità trasversali e riforme di carattere epocale per trasformare l’Italia, finanziandola con la bellezza di 248 miliardi di euro.

Fare un esame particolareggiato del corposo dossier necessita di un po’ di tempo (e molta paziente dedizione) e non mancheremo di esercitarci nelle prossime settimane, ma qualche necessario primo interrogativo crediamo sia già possibile e utile esprimerlo, perchè forti dubbi e conseguenti preoccupazioni non mancano osservando, ad esempio, il drastico taglio dei processi che regolano le Valutazioni d’Impatto ambientale per piccole e grandi opere, le modifiche delle regole sugli appalti, il proliferare di opere e infrastrutture di ogni genere, l’assenza di programmi complessivi per ripristinare la biodiversità e favorire l’agricoltura biologica, l’assenza di un piano programmatico per gli impianti di energia da fonti rinnovabili; non sono previsti provvedimenti importanti per assicurare l’incremento del patrimonio arboreo o la messa in sicurezza del territorio e magari anche un Piano di prevenzione sismica.

Il rapporto tra i sostegni previsti per contrastare il dissesto idrogeologico e quelli destinati alle opere è molto indicativo: 3,61 miliardi contro 25 miliardi. Di euro…

Limitandoci ai soli temi cari al Forum Salviamo il Paesaggio i dubbi si tramutano in sconforto: nel documento approvato (ripetiamo: 337 pagine) la parola “suolo” viene menzionata 14 volte e “paesaggio” 7 volte. Ma anche il termine “acqua” trova ben poco spazio: 12 sole citazioni.

Forse sarebbe sufficiente fermarci qui.
Ma andiamo avanti; queste sono le citazioni per il termine “suolo”:

pagina 27
L’inquinamento del suolo e delle acque è molto elevato, soprattutto nella Pianura Padana.

pagina 114
Da ultimo, in conformità agli obiettivi europei, il Governo si impegna ad approvare una legge sul consumo di suolo, che affermi i principi fondamentali di riuso, rigenerazione urbana e limitazione del consumo dello stesso, sostenendo con misure positive il futuro dell’edilizia e la tutela e la valorizzazione dell’attività agricola.

pagina 144
Per esempio, la transizione verde e la sostenibilità ambientale nel nostro Paese non possono che fondarsi sulla tutela e sulla valorizzazione del patrimonio paesaggistico e culturale, attraverso politiche intrinsecamente ecologiche che comportino la limitazione del consumo di suolo.

pagina 167
In particolare, il progetto si pone l’obiettivo di incentivare l’installazione di pannelli ad energia solare su di una superficie complessiva senza consumo di suolo pari a 4,3 milioni di mq, con una potenza installata di circa 0,43GW, realizzando contestualmente una riqualificazione delle strutture produttive oggetto di intervento, con la rimozione dell’eternit/amianto sui tetti, ove presente, e/o il miglioramento della coibentazione e dell’areazione.

pagina 174
La misura di investimento nello specifico prevede: i) l’implementazione di sistemi ibridi agricoltura-produzione di energia che non compromettano l’utilizzo dei terreni dedicati all’agricoltura, ma contribuiscano alla sostenibilità ambientale ed economica delle aziende coinvolte, anche potenzialmente valorizzando i bacini idrici tramite soluzioni galleggianti; ii) il monitoraggio delle realizzazioni e della loro efficacia, con la raccolta dei dati sia sugli impianti fotovoltaici sia su produzione e attività agricola sottostante, al fine di valutare il microclima, il risparmio idrico, il recupero della fertilità del suolo, la resilienza ai cambiamenti climatici e la produttività agricola per i diversi tipi di colture.

pagina 176
La linea di investimento si pone l’obiettivo di: i) riconvertire e migliorare l’efficienza degli impianti biogas agricoli esistenti verso la produzione totale o parziale di biometano da utilizzare sia nel settore del riscaldamento e raffrescamento industriale e residenziale sia nei settori terziario e dei trasporti; ii) supportare la realizzazione di nuovi impianti per la produzione di biometano (attraverso un contributo del 40% dell’investimento), sempre con le stesse destinazioni; iii) promuovere la diffusione di pratiche ecologiche nella fase di produzione del biogas (siti di lavorazione minima del suolo, sistemi innovativi a basse emissioni per la distribuzione del digestato) per ridurre l’uso di fertilizzanti sintetici e aumentare l’approvvigionamento di materia organica nei suoli, e creare poli consortili per il trattamento centralizzato di digestati ed effluenti con produzione di fertilizzanti di origine organica; iv) promuovere la sostituzione di veicoli meccanici obsoleti e a bassa efficienza con veicoli alimentati a metano/biometano; v) migliorare l’efficienza in termini di utilizzo di calore e riduzione delle emissioni di impianti agricoli di piccola scala esistenti per i quali non è possibile accedere alle misure di riconversione.

pagina 193 e 194
Salvaguardia della qualità dell’aria e della biodiversità del territorio attraverso la tutela delle aree verdi, del suolo e delle aree marine: risorse stanziate per 1,69 miliardi di euro.

pagina 195
Con gli interventi del PNRR si agirà a 360 gradi su foreste, suolo, mare e aria per migliorare la qualità della vita e il benessere dei cittadini attraverso la tutela delle aree esistenti e la creazione di nuove.

pagina 199
Il Po è una delle 6 aree vaste prioritarie per la connessione ecologica e l’adattamento ai cambiamenti climatici dove avviare un’azione diffusa di ripristino ambientale in Italia e rappresenta un primo stralcio per la più vasta e importante azione di restoration ecology e adattamento nel nostro Paese. L’eccessiva “canalizzazione” dell’alveo, l’inquinamento delle acque, il consumo di suolo, le escavazioni nel letto del fiume fino agli anni ’70, hanno compromesso parte delle sue caratteristiche e aumentato il rischio idrogeologico e la frammentazione degli habitat naturali. È quindi indispensabile avviare una diffusa azione di rinaturalizzazione lungo tutta l’area per riattivare i processi naturali e favorire il recupero della biodiversità.

pagina 278
L’intervento Piani urbani integrati è dedicato alle periferie delle Città Metropolitane e prevede una pianificazione urbanistica partecipata, con l’obiettivo di trasformare territori vulnerabili in città smart e sostenibili, limitando il consumo di suolo edificabile.
Nelle aree metropolitane si potranno realizzare sinergie di pianificazione tra il Comune “principale” ed i Comuni limitrofi più piccoli con l’obiettivo di ricucire tessuto urbano ed extra-urbano, colmando deficit infrastrutturali e di mobilità.

pagina 279
L’investimento si articola in due linee di interventi, da realizzare senza consumo di nuovo suolo: (i) riqualificazione e aumento dell’housing sociale, ristrutturazione e rigenerazione della qualità urbana, miglioramento dell’accessibilità e della sicurezza, mitigazione della carenza abitativa e aumento della qualità ambientale, utilizzo di modelli e strumenti innovativi per la gestione, l’inclusione e il benessere urbano; (ii) interventi sull’edilizia residenziale pubblica ad alto impatto strategico sul territorio nazionale.

Il termine “paesaggio” è, invece, richiamato 7 volte (ci verrebbe da dire “per caso”…) e l’unica citazione significativa (eufemismo) è questa:

pagina 63
supporto alle amministrazioni nella gestione delle procedure complesse (ad esempio VIA e altre valutazioni ambientali, infrastrutture, urbanistica, edilizia, paesaggio, ecc.) e a ogni altra attività utile alla velocizzazione degli iter procedurali.

Ci auguravamo di poter registrare un salto culturale: sarà per un’altra volta (ma quando mai capiterà un’occasione così ghiotta sotto il profilo finanziario?).

Ci auguravamo che il concetto di “transizione ecologica” fosse almeno un minimo rispondente alle emergenze attuali e future (pandemie e cambiamenti climatici in primis): idem come sopra.

Ci auguravamo potesse prendere forma un’idea (anche solo un’idea…) di cambiamento verso un modello di comunità che tornasse ad avvicinare la Natura e gli esseri umani, riconoscendo gli errori commessi da una società dei consumi ormai arrivata a fine corsa.

Nulla di tutto questo, il PNRR è un Piano Nazionale per la Resistenza al Rinnovamento…

Rimbocchiamoci le maniche, molto lavoro ci attende!


fonte: www.salviamoilpaesaggio.it


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Le microplastiche sono il problema ambientale più pressante del nostro secolo

Le fonti principali non sono le più ovvie. In più di 8 casi su 10 le particelle microscopiche di plastica derivano dal traffico stradale. Segue l’effetto dei venti sulla plastica dispersa in mare, quindi quella abbandonata al suolo. Le discariche urbane di plastica pesano relativamente poco



C’è ormai un ciclo globale delle microplastiche, così come c’è il ciclo del carbonio. Una ‘plastificazione’ del pianeta con le particelle che passano dall’atmosfera ai suoli e alle acque. Tanto che l’inquinamento da materie plastiche è diventato il problema ambientale più pressante del 21° secolo. Lo sostiene un team di ricercatori in un nuovo studio pubblicato su PNAS, che si concentra sulla dimensione atmosferica delle microplastiche.

La ricerca combina delle osservazioni sul campo, che hanno rilevato la presenza e la concentrazione di microplastiche in diversi ambienti degli Stati Uniti occidentali, e un modello di trasporto atmosferico. La domanda che si sono posti gli studiosi è semplice: da dove vengono le micro particelle di plastica che viaggiano in atmosfera?

“Utilizzando la nostra migliore stima delle fonti di plastica e dei percorsi di trasporto elaborati dal nostro modello, la maggior parte dei continenti sono importatori netti di plastica dall’ambiente marino”, si legge nell’articolo, che individua il traffico stradale come un altro importante fattore da considerare. Questo sottolinea “il ruolo cumulativo dell’inquinamento nella quantità di plastica presente in atmosfera”. Con gravi conseguenze per la salute umana, a partire da seri disturbi dell’apparato respiratorio. Per Natalie Mahowald della Cornell University, parte del team di ricerca, “quello che stiamo vedendo in questo momento è l’accumulo di plastica mal gestita che sta aumentando. Alcune persone pensano che aumenterà di dieci volte” ogni decennio.

Praticamente nessuno dei campioni di microplastiche prelevate proveniva da quella che può sembrare la fonte più ovvia, cioè le discariche di plastica nelle città. Al contrario, il grosso delle microplastiche arriva dal traffico stradale e dagli oceani, attraverso i venti. “In modo simile ai cicli biogeochimici globali, la plastica ora si muove a spirale intorno al globo con tempi di residenza atmosferici, oceanici, criosferici e terrestri distinti”.

In base ai dati in loro possesso, i ricercatori stimano che le strade siano il fattore dominante per l’inquinamento da microplastiche negli Stati Uniti occidentali. Il traffico è legato a circa l’85% delle microplastiche presenti nell’aria, che derivano da particelle di pneumatici e pastiglie dei freni. Gli oceani sono la fonte di circa il 10% della plastica trasportata per via aerea, seguiti dal suolo nel 5% dei casi.

fonte: www.rinnovabili.it


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Micropolis: Consumo di suolo e crisi dei servizi ecosistemici di Anna Rita Guarducci

 

























































fonte: Micropolis

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Plastica immortale: le microfibre sintetiche inquinano anche il suolo

Un nuovo studio mostra come il volume di microplastiche rilasciate negli ambienti terrestri dai cicli di lavaggio rivaleggi – e possa presto eclissare – la quantità che giornalmente finisce in oceani, fiumi e laghi.





Negli ultimi anni l’inquinamento da plastica è divenuto un problema sempre più sentito. A preoccupare non sono solo i grandi rifiuti abbandonati ma, anche e soprattutto, le particelle invisibili a occhi nudo: micro e nanopastiche che quotidianamente si riversano nei corsi d’acqua. È stato calcolato che ogni ciclo di lavaggio rilascia nelle acque reflue decine di migliaia microfibre sintetiche la cui persistenza e accumulo possono influenzare habitat acquatici e sistemi alimentari, con effetti a livello sanitario ancora da scoprire.

Molte delle ricerche su questo fronte si sono preoccupate di valutare la contaminazione di oceani, fiumi e laghi, tralasciando gli impatti a livello del suolo. I ricercatori della Bren School of Environmental Science & Management dell’UC Santa Barbara hanno colmato questo gap. E in uno studio pubblicato sulla rivista Plos One (testo in inglese), hanno rivelato che il volume di microfibre sintetiche che rilasciamo negli ambienti terrestri attraverso le lavatrici rivaleggia – e potrebbe presto eclissare – la quantità che finisce quotidianamente in acqua

“Le emissioni di microfibre in ambienti terrestri non costituiscono una novità. Ma l’entità del problema non era ben conosciuta”, ha commentato Jenna Gavigan, a capo dello studio. Utilizzando set di dati globali sulla produzione, l’uso e il lavaggio dell’abbigliamento insieme a quelli sul trattamento delle acque reflue e la gestione dei fanghi, Gavigan e colleghi hanno calcolato che 5,6 milioni di tonnellate di microfibre sintetiche siano state emesse dagli indumenti tra il 1950 e il 2016. Di queste, 2,9 milioni si sono fatte strada nei corpi idrici e 2,5 milioni hanno raggiunto il suolo. Quando gli impianti di trattamento dei reflui riescono, infatti, a fermare queste microplastiche impendendo loro di tornare in acqua, queste inevitabilmente si accumulano nei fanghi. Questi a loro volta vengono trattati e trasformati in biosolidi e “utilizzati prevalentemente in applicazioni terrestri”, come fertilizzanti e ammendanti del suolo, o relegati in discarica.

E il problema sta aumentando con il tempo. “Se guardi le cifre puoi vedere l’enorme crescita nella produzione di indumenti sintetici e, di conseguenza, un aumento dell’inquinamento da microfibra”, ha spiegato il professore di ecologia industriale e coautore dello studio Roland Geyer. Secondo il documento, circa la metà di tutte le emissioni totali di microfibre sintetiche – più economiche e facilmente producibili in serie – sono state generate solo nell’ultimo decennio.

Secondo i ricercatori, prevenire le emissioni alla fonte – ad esempio utilizzando un dispositivo di cattura, selezionando un metodo di lavaggio più delicato, lavando i vestiti meno spesso o evitando i tessuti sintetici – sarebbe il metodo più efficace nel mitigare l’inquinamento da microfibra che cercare di catturare le particelle con gli impianti di trattamento.

fonte: www.rinnovabili.it


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Torna RemTech, quest’anno come Digital edition





La 14° edizione del salone si terrà dal 21 al 25 settembre interamente su piattaforma digitale.

RemTech Expo, nato a Ferrara come manifestazione fieristica dedicata alla bonifica dei siti contaminati e nel tempo ampliatosi a molti temi legati alla tutela e allo sviluppo sostenibile del territorio, presenta quest’anno la Digital Edition 2020.

Vai al sito RemTech Expo

È stata messa a punto una piattaforma interamente digitale, con la quale imprese, professionisti, ricercatori, rappresentanti delle istituzioni e della politica, si potranno incontrare, scambiare informazioni, dibattere, condividere esperienze, non solo nei cinque giorni dedicati, ma con contenuti che resteranno fruibili per i mesi a seguire.

10 sono i driver tematici trattati, quali ambiente e bonifiche, rischi naturali, rigenerazione, ambiente costruito ed economia circolare e infrastrutture in cui si articoleranno numerosi convegni e dibattiti.

A questi eventi parteciperanno anche numerosi rappresentanti del Sistema nazionale di protezione dell’ambiente (Snpa). Di seguito l’elenco dei convegni e seminari in cui interverranno tecnici e dirigenti di Ispra e delle Agenzie ambientali.

21 settembre

ore 11.30
Policies and frameworks to address sustainable contaminated sites remediation
Ispra

ore 14.30
Stati generali delle bonifiche dei siti contaminati. Il risanamento come driver per il Paese
Alessandro Bratti, direttore generale Ispra
Giuseppe Bortone, direttore generale Arpae Emilia-Romagna
Luca Marchesi, direttore generale Arpa Veneto

Green deal e rigenerazione urbana. Abitare un pianeta in modo resiliente, sostenibile e salubre
Ispra

Il decreto End of Waste in materia di recupero di rifiuti inerti da C&D
Ispra

ore 17.00
Il D.M. 46/2019 e la gestione della contaminazione nelle aree destinate alla produzione agricola e all’allevamento
Arpa Umbria

ore 17.00
Ricerca, sviluppo e tecnologie nelle infrastrutture e nelle costruzioni dell’Italia del futuro
Ispra

22 settembre

Le Linee guida Snpa in materia di End of Waste
Ispra, Arpae Emilia-Romagna, Arpa Piemonte

ore 9.00
Good practices for the application of (EC) No 725/2004 -ISPS code (International Ship and Port Facility Security)” ECOMAP Interreg Italy Croatia Program
Arpa Veneto

ore 14.30
Tecnologia di bonifica dei suoli inquinati. Tecnologie innovative e best practice
Arpa Veneto

Mitigazione, adattamento e implicazioni socio-economiche dei cambiamenti climatici nei territori urbani e rurali (PAC)
Arpae Emilia-Romagna

General States of the Chemical Industry: Sustainability, Innovation and Economic Recovery
Snpa

23 settembre

La normativa in materia di discariche: cosa cambia alla luce del recepimento della Direttiva 2018/850/EU
Ispra

Conferenza nazionale Smart Ports. Pianificazione e linee guida per lo sviluppo portuale sostenibile
Ispra, Arpa Marche

ore 9.00
L’innovazione per la mitigazione dei rischi naturali sulle infrastrutture: rischi e innovazione
Ispra

ore 10.00
Conferenza stampa di presentazione del corso di aggiornamento “Il ruolo del RUP nella bonifica dei siti contaminati”
Stefano Laporta, presidente Ispra

ore 11.30
Tackling emerging pollutants and diffuse pollution
Ispra e Arpa Veneto

L’innovazione per la mitigazione dei rischi naturali sulle infrastrutture: rischio idraulico
Arpa Piemonte

ore 14.30
L’innovazione per la mitigazione dei rischi naturali sulle infrastrutture: rischio frane e alluvioni
Ispra, Arpa Lombardia

24 settembre
ore 9.00

Conferenza nazionale sulla Pianificazione delle coste e dello spazio marino
Arpa Veneto, Arpa Campania

ore 11.30
Conferenza nazionale Industria, ambiente e focus carburanti
Ispra-Snpa

Bonifiche in radioprotezione: problemi aperti e sfide per il futuro
Arpa Piemonte, Arpat Toscana

La gestione delle acque di cantiere nelle grandi opere infrastrutturali
Arpa Toscana

ore 14.30
Verso un Piano strategico nazionale per la governance del territorio. Risorse, azioni e interventi
Ispra

I rischi delle infrastrutture rispetto ad eventi calamitosi e le attività propedeutiche alla ricostruzione
Ispra

Consumo di suolo e rigenerazione urbana
Ispra

Confronto tra imprese e amministrazioni nella fase di ripartenza economica post COVID
Ispra

25 settembre

La gestione delle terre e rocce da scavo. La redazione dei Piani di Utilizzo e la Dichiarazione di Utilizzo
Ispra, Arpa Veneto, Arpa Friuli Venezia Giulia

ore 9.30
Acqua ed economia
Arpa Piemonte, Arpae Emilia-Romagna

ore 11.30
Analisi tematiche e criticità specifiche nel campo della bonifica siti contaminati
Ispra, Arpae Emilia-Romagna, Arpa Umbria, Arpa Veneto

Il ciclo della plastica: sicurezza e innovazione
Ispra

ore 14.30
Conferenza nazionale Dissesto idrogeologico e sostenibilità
Ispra, Arpa Piemonte

Vai al programma completo degli eventi di RemTech Expo 2020

fonte: https://www.snpambiente.it


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Il suolo è una risorsa non rinnovabile
















Leggendo da internet il “Contratto” dell’attuale nuovo Governo si può rilevare che il “suolo” è menzionato al punto 4 “Ambiente, green economy e rifiuti zero”. Si legge, fra l’altro, che questo viene considerato una “risorsa rinnovabile” come l’acqua e le foreste.
Da sempre gli studiosi di scienza del suolo sostengono che il suolo stesso è una risorsa non rinnovabile proprio perché la sua formazione è un processo talmente complesso che richiede da centinaia a migliaia di anni. È ampiamente documentato dalla letteratura internazionale che molti suoli si sono formati alla velocità di un millimetro l’anno. Al contrario la velocità della sua degradazione e` estremamente più rapida, basti pensare, ad esempio, agli eventi catastrofici degli ultimi anni, verificatesi in seguito all’abbattersi di violenti nubifragi (bombe d’acqua); le conseguenti colate di fango sono dovute proprio all’asportazione degli orizzonti superficiali del suolo stesso. Inoltre, i due terzi del territorio nazionale sono ormai degradati a causa di una gestione del suolo non sempre sostenibile e ad attività antropiche non sempre corrette. La quasi totalità dei dissesti e dei fenomeni di forte degradazione sono imputabili proprio alle attività antropiche. Tutto questo fa si che il suolo sia una risorsa non rinnovabile e come tale va considerato nel programmare e mettere in atto interventi per la sua conservazione.
Questo concetto è ampiamente condiviso anche da importanti istituzioni come, ad esempio, l’Unione Europea che, a questo proposito, ha formulato la seguente definizione: “Il suolo e` una risorsa essenzialmente non rinnovabile e un sistema molto dinamico, che svolge numerose funzioni e fornisce servizi fondamentali per le attività umane e la sopravvivenza degli ecosistemi”. Anche la FAO da tempo afferma che “il suolo è una risorsa non rinnovabile”.
Oggi conosciamo molto del suolo e disponiamo di un buon numero di banche dati, basti vedere le miriadi di pubblicazioni scientifiche, a livello nazionale e internazionale, su questo argomento ma, a dispetto di ciò, la percezione dell’importanza e della fragilità di questa risorsa fra i non addetti ai lavori rimane assai bassa, nonostante un apparente aumento della sensibilità dell’opinione pubblica verso le criticità ambientali. E questo non è un problema solo italiano visto che nella Nuova edizione dell'Atlante mondiale della desertificazione, pubblicato dal Centro ricerche della Commissione Europea (UE), si afferma che “oltre il 75% delle terre emerse sono già degradate e potrebbero esserlo oltre il 90% entro il 2050”. Quindi, la degradazione del suolo rappresenta attualmente una delle emergenze a livello planetario.

Un’efficace protezione dell’ambiente e delle risorse naturali si attua solo attraverso una corretta gestione del territorio. Per questo è assolutamente necessario educare l’opinione pubblica alle problematiche della conservazione del suolo e, per quanto riguarda l’agricoltura, persuadere gli agricoltori ad adottare quelle pratiche agricole idonee a prevenirne la degradazione. Il compito dei ricercatori è di dare un contributo in questo senso attraverso la discussione e la divulgazione delle loro esperienze. Queste esperienze possono fornire utili contributi non solo per lo sviluppo dei nuovi Regolamenti della Politica Agricola Comunitaria (PAC) ma anche per l’elaborazione di normative atte a tutelare le risorse naturali come il suolo, appunto. Il nostro futuro e, soprattutto, la qualità della vita delle nuove generazioni dipende proprio dalla salvaguardia di queste risorse e la loro protezione deve essere un impegno di tutti.

fonte: www.georgofili.info


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Stop alle microplastiche nei prodotti per la cura e l'igiene personale

In Italia, dal 1 gennaio 2020, non si possono più mettere in commercio prodotti per la cura della persona e l'igiene personale con piccoli e piccolissimi frammenti di plastica che impattano sulle acque e sul suolo























Nel 2017, anche a seguito dell’appello #Faidafiltro, lanciato da Marevivo, Legambiente, Greenpeace, Lav, Lipu, MedSharks e WWF, il Parlamento italiano si era mostrato sensibile al problema, tanto che, con un emendamento alla legge di Bilancio 2018 (Legge 27 dicembre 2017, n. 205, G.U. n.302 del 29-12-2017 - Suppl. Ordinario n. 62), aveva introdotto il divieto di mettere in commercio prodotti cosmetici da risciacquo ad azione esfoliante o detergente contenenti microplastiche, posticipandone l'entrata in vigore al gennaio 2020.
Da tale data, pertanto, non è più possibile vendere prodotti per la cura della persona che contengano piccoli e piccolissimi frammenti di plastica, in genere, di grandezza inferiore a 5 millimetri. Questi non vengono trattenuti dai più comuni sistemi di depurazione e finiscono direttamente in mare, generando un inquinamento delle acque anche marine oppure finiscono nei fanghi di depurazione utilizzati in agricoltura.
Già nel 2016, il Rapporto Frontiers dell’UNEP aveva lanciato l'allarme, inserendo l’inquinamento da microplastiche negli oceani tra le minacce ambientali emergenti. Bisogna comunque dire che quelle che vengono intenzionalmente inserite nei prodotti cosmetici rappresentano solo una parte di tutte le microplastiche presenti nei mari. Il dato ancora non è certo, secondo alcuni studi costituiscono una quota compresa tra lo 0,01% e il 4,1% del totale, secondo altri, invece, sono in una percentuale compresa tra lo 0,01% e l'1,5% sul totale delle fonti. L'Unep, nel 2015, nel suo rapporto “Plastic in Cosmetics” stimava che si riversava, ogni giorno, nei mari europei fino a 24 tonnellate di “polvere” di plastica derivata dall’uso di cosmetici, per un totale di 8600 tonnellate l’anno.
L'Italia non è l'unico paese ad avere introdotto questo tipo di divieto, altri paesi europei e non hanno mostrato di essere sensibili a questa problematica.
In Francia è stato introdotto l’anno scorso, nel 2019, il divieto all’impiego di microplastiche nei prodotti da risciacquo ad azione esfoliante o detergente, a eccezione di quelli biobased o non persistenti.
Nel Regno Unito sono state presentate quattro proposte legislative che interessano Inghilterra, Galles, Scozia e Irlanda del Nord. A partire dal 1° gennaio 2018, in Inghilterra e in Scozia è cessata la produzione di cosmetici e prodotti per la cura della persona contenenti microbeads come stabilizzanti ed esfolianti, mentre dal giugno dell’anno scorso il divieto è stato esteso anche alla vendita di questi prodotti; linea adottata poco dopo dal Parlamento gallese.
In Svezia sono state introdotte limitazioni e divieti che scatteranno nel 2020 (dovrebbero essere scattate il 1° gennaio 2020), sempre per prodotti destinati alla cura della persona (dai dentifrici ai gel doccia fino alle creme per il corpo).
In Belgio si è privilegiata la strada degli accordi volontari con i produttori.
In Danimarca, il divieto ai cosmetici da risciacquo con microplastiche risulta temporaneo, in attesa della normativa UE.
Fuori dall’Europa, il primo a muoversi per arginare il fenomeno è stato il Governo statunitense con il Microbead-Free Waters Act 2015, emanato dal Presidente Barack Obama, che vieta ai produttori di cosmetici da risciacquo di aggiungere intenzionalmente le microplastiche.
In ogni caso l'impatto ambientale prodotto da queste microplastiche può essere evitato, visto che, per questi piccolissimi frammenti di plastica nei cosmetici e nei prodotti per la cura personale, esistono già varie alternative rispettose dell’ambiente, come i micro-granuli di pomice, i semi di albicocca, i semi di jojoba, i micro-granuli di zucchero o di gusci di noci o gli estratti di lampone rosso.
Molto dipende anche da noi, come consumatori, infatti, quando compriamo un prodotto per la cura della persona o un prodotto cosmetico, possiamo fare attenzione alle diciture, che indicano la presenza di microplastiche, riportate sull'etichetta.
Anche le Nazioni Unite, all’interno del progetto Clean seas, hanno dedicato attenzione a questo tema, nelle pagine “ What’s in your bathroom ?”  troviamo molte informazioni sul contenuto dei prodotti che comunemente usiamo per la pulizia personale: dentifricio, shampoo ma anche pannolini per bambini, assorbenti o liquido per le lenti a contatto; basta posizionarsi sull’icona del prodotto per avere indicazioni utili.
Ancora più dettagliate le informazioni riportate sul sito Beat to the microbead, dove è presente un elenco delle sostanze da evitare nei prodotti per la cura della persona e nei cosmetici. La guida  suddivide molti degli ingredienti in 4 categorie, due delle quali, lista rossa e arancione, contengono le sostanze da evitare. Gli ingredienti della lista “rossa” sono senza dubbio annoverabili tra le microplastiche mentre la lista "arancione” include tutta una serie di ingredienti definiti “skeptical” su cui non si hanno certezze scientifiche univoche ma nei confronti dei quali è comunque preferibile adottare un atteggiamento di cautela.
Per essere sicuri di utilizzare prodotti senza microplastiche si possono acquistare quelli contrassegnati dal logo “ look for the zero – zero plastic inside” .
fonte: http://www.arpat.toscana.it/

Compost di qualità e tutela del suolo: Arpav e le buone pratiche del compost in agricoltura

Lo scorso 13 aprile i tecnici Arpav hanno partecipato al convegno organizzato a Mira (VE) con l’obiettivo di evidenziare le proprietà del compost e i vantaggi derivanti dal suo utilizzo in termini di risultati finali e di impatto ambientale, con particolare riferimento alla tutela del suolo. Il suolo è una risorsa limitata e non rinnovabile, bene comune di fondamentale importanza per la qualità della vita delle generazioni presenti e future, per l’equilibrio ambientale e per la tutela degli ecosistemi naturali, e, soprattutto, per la produzione agricola.



Il suolo svolge funzioni primarie insostituibili: fornisce cibo, biomassa e materie prime, svolge un ruolo fondamentale come habitat e serbatoio di biodiversità, è un elemento del paesaggio e del patrimonio culturale. Nel suolo vengono stoccate, filtrate e trasformate molte sostanze, tra le quali l’acqua, i nutrienti e il carbonio. Ciò che consente di svolgere queste funzioni è la sostanza organica, che però in molti suoli agricoli della pianura padana, soprattutto dove la zootecnia è scomparsa, ha raggiunto livelli spesso troppo bassi per un buon grado di fertilità, con il rischio che quelle funzioni vengano svolte solo in parte.Compost VenetoPer questo l’apporto delle sostanze organiche riveste un ruolo strategico per la conservazione dei suoli anche in Veneto. In particolare, gli ammendanti organici di qualità, come il compost prodotto negli impianti presenti nella regione, insieme ai letami e liquami dei nostri allevamenti, possono dare un supporto importante per raggiungere gli obiettivi di sostenibilità ambientale.
In Veneto ogni anno si producono circa 250.000 tonnellate di compost di qualità da impianti controllati e verificati dall’Osservatorio regionale per il compostaggio che la Regione ha istituito ancora nel 1991; ogni anno i tecnici dell’Osservatorio raccolgono campioni di ciò che entra negli impianti e dei compost prodotti che vengono analizzati nei laboratori Arpav allo scopo di verificare la rispondenza ai requisiti individuati dalla normativa regionale e nazionale.
Un sistema di recupero dell’organico reso possibile dal modello di raccolta differenziata che pone il Veneto all’avanguardia in Europa e nel mondo nella gestione dei rifiuti urbani (ogni anno sono raccolti 141 kg per abitante di rifiuto organico), ma che ha bisogno della collaborazione delle aziende agricole per il miglior utilizzo del compost che viene prodotto. Ci sono voluti quasi trent’anni di sforzi congiunti tra Regione, comuni e imprenditori privati per mettere a punto questo sistema, e ciò che è stato creato è in grado di dare massima garanzia sulla qualità del compost che presenta caratteristiche anche migliori del letame, da sempre riconosciuto come il principe dei fertilizzanti.
Gli approfondimenti tecnici svolti in collaborazione con enti di ricerca nel settore agricolo e sanitario sull’utilizzo di questa sostanza organica evidenziano come il Compost Veneto, marchio di qualità istituito dalla Regione del Veneto, rappresenta una sicurezza per la concimazione efficace e sostenibile dei suoli agricoli.


fonte: http://www.arpa.veneto.it

Sconfiggere l'inquinamento: la campagna dell'Assemblea Ambiente delle Nazioni Unite

Una “call to action” su 6 dimensioni dell’inquinamento mondiale: aria, sostanze chimiche, acqua, suolo, mare e rifiuti





















L'inquinamento contribuisce alla morte di milioni di persone ogni anno. L'Assemblea Ambiente delle Nazioni Unite, l'organismo decisionale sull'ambiente a livello più alto nel mondo, invita le organizzazioni della società civile, le imprese e i governi a impegnarsi volontariamente per combattere l’inquinamento e a raccontare la propria storia tramite il portale BeatPollution.
Per invitare all’azione, l’Assemblea delle Nazioni Unite esplora 6 dimensioni dell'inquinamento:
Attraverso messaggi chiave e infografiche, illustra i dati di inquinamento a livello mondiale, spiega le proprie attività e i propri impegni per ciascuna dimensione e, al tempo stesso, invita tutti ad un impegno concreto, descrivendo altresì le possibili azioni che i singoli, le imprese e i governi possono fare. Riportiamo qui alcune infografiche prodotte dall’Assemblea e tradotte in italiano dalla nostra redazione.

Aria

Ogni anno circa 7 milioni di persone muoiono prematuramente a causa della scarsa qualità dell'aria. 4,3 milioni di decessi sono attribuiti all'inquinamento indoor.

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Sostanze chimiche

Se non gestite correttamente, le sostanze chimiche possono avere gravi conseguenze sulla salute umana, causando intossicazione acuta, cancri, difetti alla nascita, disturbi neurologici, disturbi ormonali e altro ancora. L'esposizione al piombo, ad esempio, è responsabile del 4% delle cardiopatie ischemiche e del 6,6% degli ictus.

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Acqua

In tutto il mondo, ogni giorno circa 2 miliardi di tonnellate di rifiuti umani vengono smaltiti in corsi d'acqua. Tutto ciò ha un impatto significativo sulla salute: 4.000 bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie causate da acqua inquinata e servizi igienici inadeguati.

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Suolo

Una cattiva gestione industriale, specialmente nel comparto estrattivo, può inquinare enormi aree di terra. Il suolo contaminato può portare a colture e prodotti contaminati, che hanno impatti diretti e immediati sulla salute umana.

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Mare

La continua crescita della quantità di rifiuti solidi che gli esseri umani producono e il ritmo molto lento con cui questi rifiuti si degradano stanno portando ad un graduale aumento della quantità di rifiuti trovati in mare, sul fondale marino e lungo le coste di tutto il mondo.

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Rifiuti

Ogni anno produciamo quasi 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, equivalenti a 125.000 jumbo jet. Quasi il 30% del cibo prodotto in tutto il mondo viene perso ogni anno. Anche l'economia globale sta assistendo ad un rapido aumento della produzione di rifiuti pericolosi.

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 fonte: http://www.arpat.toscana.it