Caffè: nuovo studio conferma l’effetto collaterale che tutti temevano delle famigerate capsule (oltre a quello ambientale)
Interferenti endocrini, gli Stati Ue promuovono la strategia della Commissione
Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la nuova strategia sulle sostanze chimiche presentata dalla Commissione lo scorso ottobre. Questa strategia mostra l’obiettivo ufficiale di “realizzare un ambiente privo di sostanze tossiche con un alto livello di protezione umana e ambientale, rafforzando nel contempo la competitività dell’industria chimica”.
Interferenti endocrini ed effetto cocktailNelle loro conclusioni, i rappresentanti degli Stati membri invitano la Commissione ad attuare le misure proposte, comprese le modifiche mirate a razionalizzare la legislazione esistente. La strategia richiede di ridurre al minimo le sostanze che destano preoccupazione e di vietare quelle più nocive nei prodotti di consumo, a meno che non siano ritenute essenziali per la salute, la sicurezza o il funzionamento della società o laddove siano considerate essenziali. Il Consiglio, in particolare, ha sottolineato l’importanza di limitare l’esposizione agli interferenti endocrini e di ridurre gli effetti nocivi dei “cocktail” di più contaminanti. Gli Stati membri hanno inoltre sostenuto l’approccio del ciclo di vita proposto dalla Commissione, che tiene conto della tossicità delle sostanze dalla loro fabbricazione allo smaltimento finale.
La strategia? Un passo importante
In Europa, la Strategia dello scorso ottobre è stata accolta con favore dopo anni di immobilismo. Ne abbiamo parlato nel numero del Salvagente in edicola con Eleonora Evi, europarlamentare europea Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea, Sono contenta che finalmente, dopo tanti anni di ingiustificabile latitanza sul tema, la Commissione europea abbia pubblicato la Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili che include azioni importanti per la tutela dei cittadini e molte richieste fatte dal Parlamento europeo, come criteri armonizzati per l’autorizzazione delle sostanze chimiche sul mercato europeo, invece della valutazione caso per caso, una revisione del regolamento sulle sostanze chimiche REACH per migliorare l’autorizzazione, la valutazione e la restrizione delle sostanze chimiche e un ampio divieto degli interferenti endocrini nei prodotti di consumo.
fonte: ilsalvagente.it/
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Microplastiche e salute: sono ubiquitarie e si portano dietro funghi, virus e batteri
La rivista Science dedica un lungo articolo agli effetti delle microplastiche sulla salute umana. Ed è, più che altro, un elenco di ciò che manca, che non si sa, e che sarebbe urgente comprendere, per iniziare a intraprendere misure difensive e preventive. Le microplastiche, cioè le particelle di materiali plastici con diametro inferiore ai 5 millimetri, che comprendono anche le nanoplastiche (cioè quelle con diametro inferire a un micron – millesimo di millimetro) sono ormai ubiquitarie e gli esseri umani, di conseguenza, ne ingoiano, respirano, assumono in vario modo tutti i giorni, a prescindere da dove vivano.
Il motivo è chiaro: la plastica è utilizzata in un’infinità di oggetti di uso comune, ciascuno dei quali, in varia misura, per usura, per contatto con agenti atmosferici, chimici e fisici, rilascia materiali estremamente variabili per dimensioni (i diametri medi variano di cinque ordini di grandezza) e forma (in fibre, sfere, frammenti e così via). Queste microplastiche hanno cariche elettriche, proprietà chimico-fisiche e composizioni estremamente eterogenei, a seconda dei polimeri di partenza. Come se ciò non bastasse, su di esse si formano spesso biofilm, strati gelatinosi dalla composizione più varia che spesso contengono funghi, virus e batteri ma anche sostanze chimiche. Tutto questo aiuta a capire perché i dati disponibili siano ancora scarsi, quando non assenti: studiare le interazioni tra microplastiche e corpo umano è molto difficile.Mancano metodi diagnostici specifici per raccogliere i campioni, e poi isolare, quantificare e caratterizzare le microplastiche rilasciate negli alimenti, disperse in acqua (per queste ultime la concentrazione si stima vada da 0 a 104 parti per litro) o nell’atmosfera (è stato calcolato, per esempio, che nel centro di Londra ogni giorno vengono disperse tra le 575 e le 1.008 particelle fibrose ogni metro cubo di aria, a causa del logoramento di pneumatici), così come quelle che si depositano negli ambienti interni o, ancora, che derivano dal rilascio dalle bottiglie di plastica e, per i neonati e i bambini, dai biberon.
Per quanto si sa oggi, le particelle più voluminose sono escrete attraverso le feci. Ma su quelle più piccole, e più pericolose, non si sa molto, neppure in che modo e in che misura attraversino la pelle e gli epiteli interni, da quelli gastrointestinali a quelli delle vie aeree. Ci sono alcuni dati ottenuti in vitro su colture cellulari umane, di pesce o di roditore, che suggeriscono che il passaggio sia quasi sempre possibile, ma si tratta di modelli non sempre del tutto affidabili e di test nei quali le microplastiche sono standardizzate e abbastanza lontane da ciò che avviene nella vita reale.
Preoccupa, soprattutto, l’effetto di accumulo, sul quale non si sa quasi nulla se non che, sempre in vitro, è possibile il trasferimento dai linfonodi a organi quali i reni, l’intestino, il cervello, il fegato, e che il passaggio avviene anche attraverso la placenta. Sugli effetti della deposizione negli organi, per ora, ci sono solo indicazioni generiche quali la possibilità che le microplastiche scatenino infiammazioni croniche e allergie. A complicare il quadro ci si mettono le contaminazioni, quasi sempre presenti. La plastica è infatti ideale per l’insediamento di specie batteriche, virali e fungine, così come, in certi casi (a seconda della carica elettrica sulla superficie), per la formazione di complessi con sostanze chimiche e tossine che possono formare quella che viene chiamata bio-corona (uno strato esterno a ogni particella i cui effetti e comportamenti nel contatto con l’organismo umano sono del tutto sconosciuti).
C’è insomma moltissimo da fare, e gli autori invitano con forza a intraprendere questi studi, che oggi sono resi possibili dall’impiego dei big data, dalla condivisione dei dati e dall’intelligenza artificiale, che può elaborare molte più variabili rispetto a quanto possa fare un singolo ricercatore. È indispensabile che siano mantenuti e lanciati programmi come quello sponsorizzato dall’Unione Europea nell’abito di Horizon 2020, intitolato Microplastics & Health, e che ne siano finanziati altri simili, multidisciplinari, internazionali e di ampio respiro, perché con le plastiche, micro e nano, faremo i conti ancora per moltissimi anni, anche se dovessimo smettere di utilizzarle.
fonte: www.il fattoalimentare.it
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Ambiente sano, vita sana

Migliorare la salute e il benessere dei cittadini europei risulta più importante che mai in questo momento in cui tutto il mondo è impegnato ad affrontare la pandemia; quest’ultima ci ha fornito un chiaro esempio dei complessi legami tra l'ambiente, i nostri sistemi sociali e la nostra salute.
Da un nuovo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente, basato in larga parte sui dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulle cause di morte e malattia, emerge quanto una percentuale significativa di malattie in Europa continui ad essere associata all'inquinamento ambientale derivante dall'attività umana (nell’immagine che segue le 10 principali malattie non trasmissibili che causano decessi attribuibili all'ambiente nei paesi europei ad alto reddito).
Vediamo alcuni dei risultati chiave che emergono dal rapporto.
L'inquinamento atmosferico resta la principale minaccia ambientale europea per la salute, con oltre 400.000 morti premature dovute a tale inquinamento ogni anno nell'UE. La cattiva qualità dell'aria indoor correlata all’uso di combustibili solidi provoca quasi 26.000 morti premature ogni anno.
L'inquinamento acustico è al secondo posto, contribuendo a 12.000 morti premature e a 48.000 nuovi casi di cardiopatia ischemica.
Seguono al terzo posto gli impatti dei cambiamenti climatici, in particolare le ondate di calore: negli attuali scenari di riscaldamento globale, ulteriori morti dovute a ondate di calore potrebbero superare la cifra di 130.000 all'anno. Le forti precipitazioni, le inondazioni, l'innalzamento del livello del mare e le ondate di calore, nonché i cambiamenti climatici a lungo termine, rappresentano una minaccia per le infrastrutture, la produzione alimentare e altre attività economiche. Altri effetti a catena del cambiamento climatico, ad esempio la perdita di biodiversità, avranno impatti indiretti, come ad esempio la riduzione della produttività agricola.
Una vasta gamma di malattie croniche è associata all'esposizione a sostanze chimiche pericolose: l'OMS stima che il 2,7% dei decessi totali sia attribuibile all'esposizione chimica. Tuttavia, l'impatto totale delle sostanze chimiche sulla salute in Europa non è ben conosciuto, poiché la comprensione dell'esposizione della popolazione europea alle sostanze chimiche è ancora limitata.
Anche l'esposizione ai campi elettromagnetici, che si prevede in aumento, è ancora poco conosciuta: sebbene ci siano effetti acuti ben definiti dell'esposizione a determinati campi elettromagnetici sulla salute, inclusi sintomi come la stimolazione dei nervi e degli organi sensoriali e il riscaldamento dei tessuti, ci sono poche prove riguardo all'impatto sulla salute dell'esposizione a lungo termine.
L'inquinamento dell'acqua può avere un impatto sulla salute attraverso l'uso di acqua potabile contaminata, o per contatto con acque di balneazione contaminate, nonché attraverso l'esposizione indiretta, per il consumo di pesce contenente inquinanti come il mercurio. Per quanto riguarda l’acqua potabile a preoccupare è la possibile presenza di inquinanti emergenti che non sono attualmente monitorati in tale acqua. Il rilascio di antibiotici attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane può accelerare in modo significativo l'emergere e la diffusione della resistenza agli antimicrobici. Si stima che ogni anno nell'UE le infezioni causate da batteri multiresistenti causino 25.000 decessi.
Come si può vedere da questo quadro, le persone sono esposte a molteplici rischi per la propria salute e ad una combinazione di diversi fattori, in qualsiasi momento della loro vita. Le città europee dal canto loro sono particolarmente vulnerabili a queste molteplici minacce.
Il peso dell'inquinamento e del cambiamento climatico varia però in Europa, con chiare differenze tra i paesi dell'Europa orientale e occidentale. La percentuale più alta di morti attribuibili all'ambiente si riscontra in Bosnia ed Erzegovina (27%) e la più bassa in Islanda e Norvegia (9%). Le comunità socialmente svantaggiate di solito lottano sotto il triplice carico di povertà, ambienti di scarsa qualità e cattiva salute. Le comunità più povere sono spesso esposte a livelli più elevati di inquinamento e rumore e ad alte temperature, mentre le condizioni di salute preesistenti aumentano la vulnerabilità ai rischi per la salute ambientale. Il rapporto evidenzia la necessità di misure mirate per migliorare le condizioni ambientali per i più vulnerabili in Europa.
La ricerca in corso sta studiando i collegamenti tra l'attuale pandemia e le dimensioni ambientali. Si pensa che il virus dietro Covid-19 sia passato dall’animale all'uomo, un risultato cioè imprevisto della pressione che l'aumento del consumo esercita sui nostri sistemi naturali. Per quanto riguarda l'impatto del Covid-19 sulle comunità, le prime prove suggeriscono che l'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico e la povertà possono essere collegati a tassi di mortalità più elevati. Sono però ancora necessarie ulteriori ricerche per chiarire queste interazioni, secondo una valutazione iniziale dell'Agenzia europea.
Il rapporto sottolinea quindi come sia necessario un approccio integrato delle politiche ambientali e sanitarie per affrontare i rischi ambientali, proteggere i più vulnerabili e realizzare appieno i benefici che la natura offre a sostegno della salute e del benessere.
Una natura sana è infatti uno strumento chiave per garantire la salute pubblica, ridurre le malattie e promuovere il benessere. Le soluzioni verdi offrono un triplice vantaggio per la salute, la società e l'ambiente.
Oltre a ridurre il numero di morti premature, l'accesso ad ambienti più sani riduce anche quelle condizioni di salute che influenzano la nostra qualità della vita quotidiana, come malattie cardiovascolari, ictus, asma, ipertensione, demenza, stress e esposizione al calore.
Ambienti naturali di alta qualità offrono benefici per la salute poiché offrono luoghi per svolgere attività fisica, rilassarsi, incontrarsi. Questi ambienti offrono una migliore salute mentale e migliori funzioni cognitive, ridotta morbilità cardiovascolare, ridotta prevalenza di diabete, migliori esiti materni e fetali e mortalità complessivamente ridotta.
Le infrastrutture verdi possono mitigare i fattori di stress ambientale. Gli spazi verdi e blu offrono effetti di raffreddamento per contrastare l'effetto isola di calore urbano e mitigare le inondazioni. Temperature urbane più stabili riducono il fabbisogno energetico degli edifici. Gli spazi verdi possono anche ridurre il rumore, in particolare nelle aree edificate.
All'interno dell'UE, il Green Deal europeo rappresenta un cambiamento di direzione fondamentale nell'agenda politica europea e definisce una strategia sostenibile e inclusiva per migliorare la salute e la qualità della vita delle persone, prendersi cura della natura e non lasciare indietro nessuno.
Per approfondimenti leggi il rapporto Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health and well-being in Europe
fonte: http://www.arpat.toscana.it
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«Diciamo no a un'Europa tossica»: appello e petizione europea

Appello e raccolta firme, con lo slogan "Say NO to a toxic Europe", diretto al vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, Frans Timmermans, per chiedere alla UE che la nuova "strategia" sulle sostanze chimiche protegga la salute dei cittadini e l'ambiente in cui vivono.
L'iniziativa è promossa da HEAL (Health and Environment Alliance) e da EEB (European Environmental Bureau) che spiegano: «Vogliamo coinvolgere i cittadini per far sì che la nuova strategia della UE per le sostanze chimiche rispetti la salute e l'ambiente e vada verso un impegno a emissioni zero. La nuova strategia deve basarsi sulle evidenze scientifiche, è molto importante».
«Oggi siamo costantemente esposti ovunque a sostanze chimiche di sintesi che risultano pericolose - spiegano i promotori - dai giocattoli ai materiali utilizzati in edilizia».
«Al momento, i documenti disponibili fanno capire che la UE sta considerando di autorizzare nuove sostanze potenzialmente pericolose nei prodotti di uso quotidiano, anziché provvedere a una maggiore tutela della salute e dell'ambiente».
«Secondo le stesse statistiche europee, i due terzi delle sostanze chimiche prodotte nella UE rappresentano un pericolo per la salute. E secondo i dati dell'OMS, sono andate perdute 1,6 milioni di vite a causa proprio dell'esposizione alle sostanze chimiche solo nel 2016 e pare si tratti di una sottostima».
I promotori della petizione sottolineano anche il ruolo dei cosiddetti ritardanti di fiamma utilizzati nella produzione di arredi, che rappresentano un fattore di esposizione che potrebbe essere eliminato andando verso una conversione della produzione con criteri naturali.
QUI per approfondire e per sottoscrivere l'appello
fonte: www.ilcambiamento.it
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Metalli pesanti, pesticidi, Pfas & co.: le sostanze chimiche che inquinano le nostre acque.
Per decenni, fiumi, laghi, acque marine costiere e falde sotterranee sono stati usati come mezzo per smaltire i reflui industriali, agricoli e zootecnici. Ma ancora oggi tonnellate di sostanze chimiche, metalli pesanti e pesticidi vengono emesse nelle acque più o meno legalmente, tanto che, in soli 11 anni, nei corpi idrici italiani sono state riversate oltre 5.600 tonnellate di sostanze chimiche. Ce lo ricorda il rapporto “H2O – La chimica che inquina l’acqua” da poco pubblicato dall’associazione ambientalista Legambiente.
Secondo un rapporto tecnico del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea, l’inquinamento chimico delle acque è uno dei principali problemi ambientali nel mondo: al mondo esistono ben 131 milioni di sostanze chimiche registrate, ma solo poco meno di 390 mila sono regolate in qualche modo. Tra queste ultime, figurano molte delle 2.700 sostanze definite come “potenzialmente contaminanti”, perché potrebbero avere effetti negativi su ambiente e salute.
Tra il 2007 e il 2017, secondo il registro integrato delle emissioni inquinanti prodotte dalle industrie europee (European pollutant release and transfer register, o E-Prtr), gli impianti industriali italiani hanno riversato nelle acque ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche. Se questi numeri fanno impressione, non bisogna dimenticare che si tratta solo dei composti emessi nelle acque legalmente, cioè in quantità autorizzate.
L’81% delle emissioni è costituito dai metalli pesanti (4.565 tonnellate), soprattutto zinco, nichel e rame. Segue la categoria delle “altre sostanze organiche” (852,8 tonnellate), che rappresenta il 15% delle emissioni registrate e comprende ad esempio fenoli e nonilfenoli. Ci sono poi 192,8 tonnellate di sostanze organiche clorurate (3%), come composti organici alogenati, tri- e diclorometano, e per finire i pesticidi (0,2%, pari a 11,5 tonnellate), soprattutto esaclorocicloesano, Aldrin e Dieldrin.
Non è una questione esclusivamente italiana. Secondo un report del 2018 dell’Agenzia europea dell’ambiente, il 46% dei corpi idrici superficiali europei non è in buono stato di salute chimica, principalmente a causa di tre categorie di sostanze: il mercurio e i suoi composti, gli idrocarburi policiclici aromatici e i polibromurati difenile.
Ma a contribuire al cattivo stato delle acque ci sono anche i cosiddetti “contaminanti emergenti”, cioè quelle sostanze che potrebbero avere effetti avversi su ambiente e salute, finite sempre più spesso sotto la lente di ingrandimento di controllori e mondo scientifico. Le principali categorie di sostanze emergenti, che la Commissione europea raccoglie dal 2013 in una Watch List aggiornata periodicamente, sono rappresentate dai prodotti farmaceutici, ad uso umano e veterinario, ma anche fitofarmaci, i pesticidi di nuova generazione, gli additivi plastici, i cosmetici e i nuovi ritardanti di fiamma.
A proposito di contaminanti emergenti, dal 2016, in Italia, l’Ispra e le Arpa eseguono un monitoraggio delle sostanze incluse nella Watch List europea (soprattutto farmaci, ormoni, pesticidi e principi attivi delle creme solari). Fino al 2018, sono state condotte 124 campagne su tutto il territorio italiano, che hanno portato in laboratorio un totale di oltre 1.500 campioni di acque. I risultati di queste indagini hanno rilevato che, in generale, la maggior parte delle sostanze riscontrate sono vicine o al di sotto dei limiti. Ci sono però alcune eccezioni, come l’antinfiammatorio diclofenac, gli antibiotici azitromicina e claritromicina, e l’insetticida neonicotinoide imidacloprid, che nelle acque raggiungono concentrazioni nell’ordine delle centinaia di nanogrammi/litro
Legambiente, nel suo rapporto, raccoglie anche 46 storie italiane di inquinamento delle acque seguite dall’associazione nel corso degli anni, più alcuni casi particolari. Come quello della contaminazione da glifosato, molto diffusa in tutte le regioni che ne effettuano il monitoraggio: in Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana e Veneto il controverso erbicida era presente nel 68% delle acque superficiali analizzate, e proprio il glifosato e il suo metabolita Ampa erano responsabili del superamento dei limiti di pesticidi rispettivamente nel 24% e nel 48% dei casi. In Emilia-Romagna, che ha iniziato a tenere sotto controllo i livelli di glifosato nelle acque solo a metà del 2018, ben 44 stazioni di rilevamento su 50 superano il limite cautelativo.
Un altro caso emblematico da non dimenticare è quello dell’inquinamento da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche), composti usati per la realizzazione di numerosi prodotti, come tessuti impermeabili e pentole antiaderenti. Nel 2011 in Veneto è stata riscontrata una contaminazione da Pfas nelle acque del bacino Agno Fratta Gorzone che interessa un’area di 180 km quadrati tra le province di Vicenza, Verona e Padova (ma in continua espansione) e circa 300 mila persone.
Ma la contaminazione da Pfas non si limita al Veneto. Ad Alessandria, per esempio, c’è il caso del cC604, un composto della categoria dei Pfas prodotto nel Polo Chimico di Spinetta Marengo, che ha contaminato i fiumi Bormida e Tanaro, e da qui ha raggiunto la falda acquifera e il Po. In Lombardia, invece, un monitoraggio di Arpa su Pfos (acido perfluorottansolfonico) e altri cinque Pfas ha rilevato una contaminazione particolarmente estesa. Il Pfos è stato trovato oltre allo standard di qualità nell’80% dei campioni di acque superficiali e nel 51% di quelli prelevati dalle acque sotterranee.
Per leggere il rapporto di Legambiente clicca qui.
fonte: www.ilfattoalimentare.it
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Efsa propone di abbassare limiti su quattro Pfas

L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha proposto di abbassare la dose settimanale tollerabile di un gruppo di quattro sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), le più persistenti nell'ambiente. I Pfas sono sostanze largamente utilizzate in diversi settori industriali, ad esempio per rendere resistenti ai grassi e all'acqua i tessuti e i rivestimenti per contenitori di alimenti.
Il parere dell'Agenzia ne aggiorna uno precedente del 2018 su sole due sostanze prese individualmente ed è stato realizzato grazie alla metodologia MixTox, finalizzata nel 2019, che consente di valutare il rischio per la salute di una miscela di sostanze chimiche, noto anche come effetto cocktail. Efsa propone di fissare una dose settimanale tollerabile di 8 ng / kg di peso corporeo alla settimana per quattro Pfas. Il parere è in consultazione pubblica e tutti possono fornire dati, suggerimenti e indicazioni fino al 20 aprile 2020.
La professoressa Tanja Schwerdtle, presidente del gruppo di lavoro che ha coadiuvato il gruppo di esperti scientifici dell'EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) a redigere questo parere sui PFAS, ha spiegato il lavoro che hanno svolto e che ha portato a queste conclusioni.
"Abbiamo proposto una dose settimanale tollerabile di gruppo (DST) per quattro PFAS principali che si accumulano nell'organismo, individuato i gruppi di popolazione più esposti e l'effetto critico collegato all'esposizione ai PFAS negli animali e nell’uomo. Abbiamo poi individuato gli alimenti che contribuiscono maggiormente all'esposizione a questi quattro PFAS, ovvero: acqua potabile, pesce, frutta, uova e prodotti a base di uova. (...)
Secondo la valutazione dell'esposizione dell'EFSA, i neonati, i bambini piccoli e gli altri bambini sono i più esposti. La gravidanza e l'allattamento al seno sono i principali fattori che contribuiscono all'esposizione dei neonati. La nuova DST è stata impostata in modo tale da proteggere i neonati da un'esposizione elevata.
Siamo interessati a ricevere riscontri su tutti gli aspetti del nostro parere scientifico. In particolare sarebbe utile ricevere, per un'ampia serie di gruppi di alimenti, un maggior numero di dati sulla presenza delle sostanze in questione ottenuti con metodi analitici più sensibili, che permettano di rilevare i PFAS a bassi tenori. Sarebbe auspicabile ricevere anche maggiori informazioni sulla potenza relativa dei 4 PFAS che abbiamo valutato, ma anche di altri rinvenuti negli alimenti."
Cosa sono i PFAS
Le sostanze perfluoroalchiliche, o PFAS, sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali comprendente l'acido perfluoroottanoico (PFOA), il perfluoroottano sulfonato (PFOS), l'acido perfluorononanoico (PFNA), l'acido perfluoroesano sulfonico (PFHxS) e molte altre. I PFAS vengono prodotti e utilizzati sin dagli anni '40 in tutto il mondo in diversi tipi di applicazioni industriali. Alcuni PFAS come PFOA e PFOS, PFNA e PFHxS non si scompongono nell'ambiente né nell’organismo umano e possono accumularsi nel tempo. L'esposizione ai PFAS può causare effetti nocivi sulla salute. Le persone possono venire esposte ai PFAS in diversi modi, e uno di questi è il cibo. Gli alimenti possono venire contaminati da terreno e acqua inquinati utilizzati per coltivarli; dai PFAS concentratisi nell’organismo di animali tramite mangimi e acqua; da imballaggi alimentari contenenti PFAS; o anche da attrezzature contenenti PFAS durante le lavorazioni alimentari.
fonte: http://www.arpat.toscana.it
Cina: Piano per porre fine allo scarico illegale di sostanze chimiche pericolose

La Cina intensificherà i propri sforzi per porre fine allo scarico illegale di rifiuti chimici pericolosi e tutelare gli ecosistemi a rischio. Lo ha dichiarato questo lunedì il Ministro dell’ecologia e dell’ambiente Li Ganjie, elencando una serie di provvedimenti che saranno attuati nei prossimi sei anni. Entro la fine del 2025, ha specificato il Ministero, tutte le regioni dovranno creare un “sistema completo di monitoraggio delle sostanze chimiche”, garantendo al contempo una sufficiente capacità di trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi. Tale sistema diverrà anche uno dei criteri fondamentali al nuovo meccanismo di credito ambientale aziendale, che porterà alla stesura di una “Black List” pubblica ove saranno iscritte le aziende che violano le regole, alle quali sarà negata ogni sorta di finanziamento pubblico.
Non solo: come riportato da Reuters, le autorità locali dovranno anche elaborare specifici piani per la costruzione di strutture integrate per il corretto smaltimento dei rifiuti ed istituire meccanismi di finanziamento per il loro eventuale trasferimento in altri siti. A tal proposito, ha specificato il Ministero, i governi locali saranno incoraggiati a creare “basi industriali” integrate nei settori dell’industria petrolchimica e siderurgica, con specifico riferimento ai forni e agli altiforni degli impianti per lo smaltimento di rifiuti chimici.
Il settore chimico cinese, va specificato, è stato quest’anno oggetto di un attento esame dopo che un’esplosione, verificatasi in una fabbrica nella provincia di Jiangsu, ha ucciso 78 persone. L’incidente ha provocato un innalzamento dei sistemi di sicurezza a livello nazionale e la conseguente stesura di piano per trasferire l’80% dei produttori di sostanze chimiche tossiche lontano dalle aree residenziali. Per questi motivi, il delta del fiume Yangtze, compreso il centro produttivo di Shanghai e le province limitrofe di Jiangsu e Zhejiang, saranno costretti ad adottare le misure di cui sopra entro la fine del prossimo anno, mentre le regioni lungo lo Yangtze, insieme alle aree economiche di Pechino-Tianjin-Hebei e il delta del fiume Perla, vi si dovranno conformare entro il 2022.
fonte: www.rinnovabili.it
Rapporto sugli inquinanti presenti nei mari europei
PFAS negli alimenti
Tavola periodica e scarsità degli elementi chimici
- Ordina gli elementi in gruppi in cui ogni elemento ha proprietà simili
- Gli elementi appaiono in ordine del loro numero atomico (numero di protoni nel nucleo)
- Mendeleev ha basato la sua Tabella sui 61 elementi conosciuti in quel momento, ma ha dovuto lasciare delle lacune
La plastica riciclata è sicura per l’imballaggio alimentare? Occhi puntati sulle sostanze chimiche pericolose assorbite durante il riciclaggio
- La qualità della plastica in ingresso deve essere caratterizzata e controllata;
- La plastica può provenire solo da materiali e oggetti che sono fabbricati a norma della legislazione comunitaria e già destinati in origine al contatto alimentare;
- La plastica riciclata deve provenire da un ciclo chiuso e controllato oppure deve essere dimostrato che il processo è in grado di ridurre a un livello accettabile qualsiasi tipo di contaminazione;
- La qualità della plastica riciclata deve essere caratterizzata e controllata;
- Devono essere stabilite condizioni di impiego della plastica riciclata.

