Visualizzazione post con etichetta #SostanzeChimiche. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta #SostanzeChimiche. Mostra tutti i post

Interferenti endocrini, gli Stati Ue promuovono la strategia della Commissione










Il Consiglio dell’Unione europea ha approvato la nuova strategia sulle sostanze chimiche presentata dalla Commissione lo scorso ottobre. Questa strategia mostra l’obiettivo ufficiale di “realizzare un ambiente privo di sostanze tossiche con un alto livello di protezione umana e ambientale, rafforzando nel contempo la competitività dell’industria chimica”.

Interferenti endocrini ed effetto cocktail

Nelle loro conclusioni, i rappresentanti degli Stati membri invitano la Commissione ad attuare le misure proposte, comprese le modifiche mirate a razionalizzare la legislazione esistente. La strategia richiede di ridurre al minimo le sostanze che destano preoccupazione e di vietare quelle più nocive nei prodotti di consumo, a meno che non siano ritenute essenziali per la salute, la sicurezza o il funzionamento della società o laddove siano considerate essenziali. Il Consiglio, in particolare, ha sottolineato l’importanza di limitare l’esposizione agli interferenti endocrini e di ridurre gli effetti nocivi dei “cocktail” di più contaminanti. Gli Stati membri hanno inoltre sostenuto l’approccio del ciclo di vita proposto dalla Commissione, che tiene conto della tossicità delle sostanze dalla loro fabbricazione allo smaltimento finale.

La strategia? Un passo importante

In Europa, la Strategia dello scorso ottobre è stata accolta con favore dopo anni di immobilismo. Ne abbiamo parlato nel numero del Salvagente in edicola con Eleonora Evi, europarlamentare europea Gruppo dei Verdi/Alleanza libera europea, Sono contenta che finalmente, dopo tanti anni di ingiustificabile latitanza sul tema, la Commissione europea abbia pubblicato la Strategia in materia di sostanze chimiche sostenibili che include azioni importanti per la tutela dei cittadini e molte richieste fatte dal Parlamento europeo, come criteri armonizzati per l’autorizzazione delle sostanze chimiche sul mercato europeo, invece della valutazione caso per caso, una revisione del regolamento sulle sostanze chimiche REACH per migliorare l’autorizzazione, la valutazione e la restrizione delle sostanze chimiche e un ampio divieto degli interferenti endocrini nei prodotti di consumo.

fonte: ilsalvagente.it/


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Microplastiche e salute: sono ubiquitarie e si portano dietro funghi, virus e batteri

 

La rivista Science dedica un lungo articolo agli effetti delle microplastiche sulla salute umana. Ed è, più che altro, un elenco di ciò che manca, che non si sa, e che sarebbe urgente comprendere, per iniziare a intraprendere misure difensive e preventive. Le microplastiche, cioè le particelle di materiali plastici con diametro inferiore ai 5 millimetri, che comprendono anche le nanoplastiche (cioè quelle con diametro inferire a un micron – millesimo di millimetro) sono ormai ubiquitarie e gli esseri umani, di conseguenza, ne ingoiano, respirano, assumono in vario modo tutti i giorni, a prescindere da dove vivano.

Il motivo è chiaro: la plastica è utilizzata in un’infinità di oggetti di uso comune, ciascuno dei quali, in varia misura, per usura, per contatto con agenti atmosferici, chimici e fisici, rilascia materiali estremamente variabili per dimensioni (i diametri medi variano di cinque ordini di grandezza) e forma (in fibre, sfere, frammenti e così via). Queste microplastiche hanno cariche elettriche, proprietà chimico-fisiche e composizioni estremamente eterogenei, a seconda dei polimeri di partenza. Come se ciò non bastasse, su di esse si formano spesso biofilm, strati gelatinosi dalla composizione più varia che spesso contengono funghi, virus e batteri ma anche sostanze chimiche. Tutto questo aiuta a capire perché i dati disponibili siano ancora scarsi, quando non assenti: studiare le interazioni tra microplastiche e corpo umano è molto difficile. 


Le microplastiche sono ormai ubiquitarie e le assumono in vario modo tutti i giorni, a prescindere da dove vivano

Mancano metodi diagnostici specifici per raccogliere i campioni, e poi isolare, quantificare e caratterizzare le microplastiche rilasciate negli alimenti, disperse in acqua (per queste ultime la concentrazione si stima vada da 0 a 104 parti per litro) o nell’atmosfera (è stato calcolato, per esempio, che nel centro di Londra ogni giorno vengono disperse tra le 575 e le 1.008 particelle fibrose ogni metro cubo di aria, a causa del logoramento di pneumatici), così come quelle che si depositano negli ambienti interni o, ancora, che derivano dal rilascio dalle bottiglie di plastica e, per i neonati e i bambini, dai biberon.

Per quanto si sa oggi, le particelle più voluminose sono escrete attraverso le feci. Ma su quelle più piccole, e più pericolose, non si sa molto, neppure in che modo e in che misura attraversino la pelle e gli epiteli interni, da quelli gastrointestinali a quelli delle vie aeree. Ci sono alcuni dati ottenuti in vitro su colture cellulari umane, di pesce o di roditore, che suggeriscono che il passaggio sia quasi sempre possibile, ma si tratta di modelli non sempre del tutto affidabili e di test nei quali le microplastiche sono standardizzate e abbastanza lontane da ciò che avviene nella vita reale. 


È possibile il trasferimento dai linfonodi agli organi e il passaggio avviene anche attraverso la placenta

Preoccupa, soprattutto, l’effetto di accumulo, sul quale non si sa quasi nulla se non che, sempre in vitro, è possibile il trasferimento dai linfonodi a organi quali i reni, l’intestino, il cervello, il fegato, e che il passaggio avviene anche attraverso la placenta. Sugli effetti della deposizione negli organi, per ora, ci sono solo indicazioni generiche quali la possibilità che le microplastiche scatenino infiammazioni croniche e allergie. A complicare il quadro ci si mettono le contaminazioni, quasi sempre presenti. La plastica è infatti ideale per l’insediamento di specie batteriche, virali e fungine, così come, in certi casi (a seconda della carica elettrica sulla superficie), per la formazione di complessi con sostanze chimiche e tossine che possono formare quella che viene chiamata bio-corona (uno strato esterno a ogni particella i cui effetti e comportamenti nel contatto con l’organismo umano sono del tutto sconosciuti).

C’è insomma moltissimo da fare, e gli autori invitano con forza a intraprendere questi studi, che oggi sono resi possibili dall’impiego dei big data, dalla condivisione dei dati e dall’intelligenza artificiale, che può elaborare molte più variabili rispetto a quanto possa fare un singolo ricercatore. È indispensabile che siano mantenuti e lanciati programmi come quello sponsorizzato dall’Unione Europea nell’abito di Horizon 2020, intitolato Microplastics & Health, e che ne siano finanziati altri simili, multidisciplinari, internazionali e di ampio respiro, perché con le plastiche, micro e nano, faremo i conti ancora per moltissimi anni, anche se dovessimo smettere di utilizzarle.

fonte: www.il fattoalimentare.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Enter your email address:

Delivered by FeedBurner

Ambiente sano, vita sana

Affrontare l'inquinamento atmosferico ed acustico, gli impatti dei cambiamenti climatici e l'esposizione a sostanze chimiche pericolose migliorerà la salute e il benessere, soprattutto delle persone più vulnerabili: le valutazioni dell'Agenzia europea per l'ambiente





Migliorare la salute e il benessere dei cittadini europei risulta più importante che mai in questo momento in cui tutto il mondo è impegnato ad affrontare la pandemia; quest’ultima ci ha fornito un chiaro esempio dei complessi legami tra l'ambiente, i nostri sistemi sociali e la nostra salute.

Da un nuovo rapporto dell’Agenzia europea per l’ambiente, basato in larga parte sui dati dell'Organizzazione mondiale della sanità (OMS) sulle cause di morte e malattia, emerge quanto una percentuale significativa di malattie in Europa continui ad essere associata all'inquinamento ambientale derivante dall'attività umana (nell’immagine che segue le 10 principali malattie non trasmissibili che causano decessi attribuibili all'ambiente nei paesi europei ad alto reddito).



Vediamo alcuni dei risultati chiave che emergono dal rapporto.

L'inquinamento atmosferico resta la principale minaccia ambientale europea per la salute, con oltre 400.000 morti premature dovute a tale inquinamento ogni anno nell'UE. La cattiva qualità dell'aria indoor correlata all’uso di combustibili solidi provoca quasi 26.000 morti premature ogni anno.

L'inquinamento acustico è al secondo posto, contribuendo a 12.000 morti premature e a 48.000 nuovi casi di cardiopatia ischemica.

Seguono al terzo posto gli impatti dei cambiamenti climatici, in particolare le ondate di calore: negli attuali scenari di riscaldamento globale, ulteriori morti dovute a ondate di calore potrebbero superare la cifra di 130.000 all'anno. Le forti precipitazioni, le inondazioni, l'innalzamento del livello del mare e le ondate di calore, nonché i cambiamenti climatici a lungo termine, rappresentano una minaccia per le infrastrutture, la produzione alimentare e altre attività economiche. Altri effetti a catena del cambiamento climatico, ad esempio la perdita di biodiversità, avranno impatti indiretti, come ad esempio la riduzione della produttività agricola.

Una vasta gamma di malattie croniche è associata all'esposizione a sostanze chimiche pericolose: l'OMS stima che il 2,7% dei decessi totali sia attribuibile all'esposizione chimica. Tuttavia, l'impatto totale delle sostanze chimiche sulla salute in Europa non è ben conosciuto, poiché la comprensione dell'esposizione della popolazione europea alle sostanze chimiche è ancora limitata.

Anche l'esposizione ai campi elettromagnetici, che si prevede in aumento, è ancora poco conosciuta: sebbene ci siano effetti acuti ben definiti dell'esposizione a determinati campi elettromagnetici sulla salute, inclusi sintomi come la stimolazione dei nervi e degli organi sensoriali e il riscaldamento dei tessuti, ci sono poche prove riguardo all'impatto sulla salute dell'esposizione a lungo termine.

L'inquinamento dell'acqua può avere un impatto sulla salute attraverso l'uso di acqua potabile contaminata, o per contatto con acque di balneazione contaminate, nonché attraverso l'esposizione indiretta, per il consumo di pesce contenente inquinanti come il mercurio. Per quanto riguarda l’acqua potabile a preoccupare è la possibile presenza di inquinanti emergenti che non sono attualmente monitorati in tale acqua. Il rilascio di antibiotici attraverso gli impianti di trattamento delle acque reflue urbane può accelerare in modo significativo l'emergere e la diffusione della resistenza agli antimicrobici. Si stima che ogni anno nell'UE le infezioni causate da batteri multiresistenti causino 25.000 decessi.

Come si può vedere da questo quadro, le persone sono esposte a molteplici rischi per la propria salute e ad una combinazione di diversi fattori, in qualsiasi momento della loro vita. Le città europee dal canto loro sono particolarmente vulnerabili a queste molteplici minacce.

Il peso dell'inquinamento e del cambiamento climatico varia però in Europa, con chiare differenze tra i paesi dell'Europa orientale e occidentale. La percentuale più alta di morti attribuibili all'ambiente si riscontra in Bosnia ed Erzegovina (27%) e la più bassa in Islanda e Norvegia (9%). Le comunità socialmente svantaggiate di solito lottano sotto il triplice carico di povertà, ambienti di scarsa qualità e cattiva salute. Le comunità più povere sono spesso esposte a livelli più elevati di inquinamento e rumore e ad alte temperature, mentre le condizioni di salute preesistenti aumentano la vulnerabilità ai rischi per la salute ambientale. Il rapporto evidenzia la necessità di misure mirate per migliorare le condizioni ambientali per i più vulnerabili in Europa.

La ricerca in corso sta studiando i collegamenti tra l'attuale pandemia e le dimensioni ambientali. Si pensa che il virus dietro Covid-19 sia passato dall’animale all'uomo, un risultato cioè imprevisto della pressione che l'aumento del consumo esercita sui nostri sistemi naturali. Per quanto riguarda l'impatto del Covid-19 sulle comunità, le prime prove suggeriscono che l'esposizione a lungo termine all'inquinamento atmosferico e la povertà possono essere collegati a tassi di mortalità più elevati. Sono però ancora necessarie ulteriori ricerche per chiarire queste interazioni, secondo una valutazione iniziale dell'Agenzia europea.

Il rapporto sottolinea quindi come sia necessario un approccio integrato delle politiche ambientali e sanitarie per affrontare i rischi ambientali, proteggere i più vulnerabili e realizzare appieno i benefici che la natura offre a sostegno della salute e del benessere.

Una natura sana è infatti uno strumento chiave per garantire la salute pubblica, ridurre le malattie e promuovere il benessere. Le soluzioni verdi offrono un triplice vantaggio per la salute, la società e l'ambiente.



Oltre a ridurre il numero di morti premature, l'accesso ad ambienti più sani riduce anche quelle condizioni di salute che influenzano la nostra qualità della vita quotidiana, come malattie cardiovascolari, ictus, asma, ipertensione, demenza, stress e esposizione al calore.

Ambienti naturali di alta qualità offrono benefici per la salute poiché offrono luoghi per svolgere attività fisica, rilassarsi, incontrarsi. Questi ambienti offrono una migliore salute mentale e migliori funzioni cognitive, ridotta morbilità cardiovascolare, ridotta prevalenza di diabete, migliori esiti materni e fetali e mortalità complessivamente ridotta.

Le infrastrutture verdi possono mitigare i fattori di stress ambientale. Gli spazi verdi e blu offrono effetti di raffreddamento per contrastare l'effetto isola di calore urbano e mitigare le inondazioni. Temperature urbane più stabili riducono il fabbisogno energetico degli edifici. Gli spazi verdi possono anche ridurre il rumore, in particolare nelle aree edificate.

All'interno dell'UE, il Green Deal europeo rappresenta un cambiamento di direzione fondamentale nell'agenda politica europea e definisce una strategia sostenibile e inclusiva per migliorare la salute e la qualità della vita delle persone, prendersi cura della natura e non lasciare indietro nessuno.

Per approfondimenti leggi il rapporto Healthy environment, healthy lives: how the environment influences health and well-being in Europe


fonte: http://www.arpat.toscana.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

«Diciamo no a un'Europa tossica»: appello e petizione europea

Appello e raccolta firme, con lo slogan "Say NO to a toxic Europe", diretto al vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, Frans Timmermans, per chiedere alla UE che la nuova "strategia" sulle sostanze chimiche protegga la salute dei cittadini e l'ambiente in cui vivono.




Appello e raccolta firme, con lo slogan "Say NO to a toxic Europe", diretto al vicepresidente esecutivo della Commissione Europea, Frans Timmermans, per chiedere alla UE che la nuova "strategia" sulle sostanze chimiche protegga la salute dei cittadini e l'ambiente in cui vivono.

L'iniziativa è promossa da HEAL (Health and Environment Alliance) e da EEB (European Environmental Bureau) che spiegano: «Vogliamo coinvolgere i cittadini per far sì che la nuova strategia della UE per le sostanze chimiche rispetti la salute e l'ambiente e vada verso un impegno a emissioni zero. La nuova strategia deve basarsi sulle evidenze scientifiche, è molto importante».
«Oggi siamo costantemente esposti ovunque a sostanze chimiche di sintesi che risultano pericolose - spiegano i promotori - dai giocattoli ai materiali utilizzati in edilizia».

«Al momento, i documenti disponibili fanno capire che la UE sta considerando di autorizzare nuove sostanze potenzialmente pericolose nei prodotti di uso quotidiano, anziché provvedere a una maggiore tutela della salute e dell'ambiente».

«Secondo le stesse statistiche europee, i due terzi delle sostanze chimiche prodotte nella UE rappresentano un pericolo per la salute. E secondo i dati dell'OMS, sono andate perdute 1,6 milioni di vite a causa proprio dell'esposizione alle sostanze chimiche solo nel 2016 e pare si tratti di una sottostima».

I promotori della petizione sottolineano anche il ruolo dei cosiddetti ritardanti di fiamma utilizzati nella produzione di arredi, che rappresentano un fattore di esposizione che potrebbe essere eliminato andando verso una conversione della produzione con criteri naturali.

QUI per approfondire e per sottoscrivere l'appello

fonte: www.ilcambiamento.it


#RifiutiZeroUmbria - Sostienici nelle nostre iniziative, anche con un piccolo contributo su questo IBAN IT 44 Q 03599 01899 050188531897Grazie!


=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria

Metalli pesanti, pesticidi, Pfas & co.: le sostanze chimiche che inquinano le nostre acque.


















Per decenni, fiumi, laghi, acque marine costiere e falde sotterranee sono stati usati come mezzo per smaltire i reflui industriali, agricoli e zootecnici. Ma ancora oggi tonnellate di sostanze chimiche, metalli pesanti e pesticidi vengono emesse nelle acque più o meno legalmente, tanto che, in soli 11 anni, nei corpi idrici italiani sono state riversate oltre 5.600 tonnellate di sostanze chimiche. Ce lo ricorda il rapporto “H2O – La chimica che inquina l’acqua” da poco pubblicato dall’associazione ambientalista Legambiente.

Secondo un rapporto tecnico del Joint Research Centre (Jrc) della Commissione europea, l’inquinamento chimico delle acque è uno dei principali problemi ambientali nel mondo: al mondo esistono ben 131 milioni di sostanze chimiche registrate, ma solo poco meno di 390 mila sono regolate in qualche modo. Tra queste ultime, figurano molte delle 2.700 sostanze definite come “potenzialmente contaminanti”, perché potrebbero avere effetti negativi su ambiente e salute.

Tra il 2007 e il 2017, secondo il registro integrato delle emissioni inquinanti prodotte dalle industrie europee (European pollutant release and transfer register, o E-Prtr), gli impianti industriali italiani hanno riversato nelle acque ben 5.622 tonnellate di sostanze chimiche. Se questi numeri fanno impressione, non bisogna dimenticare che si tratta solo dei composti emessi nelle acque legalmente, cioè in quantità autorizzate.

L’81% delle emissioni è costituito dai metalli pesanti (4.565 tonnellate), soprattutto zinco, nichel e rame. Segue la categoria delle “altre sostanze organiche” (852,8 tonnellate), che rappresenta il 15% delle emissioni registrate e comprende ad esempio fenoli e nonilfenoli. Ci sono poi 192,8 tonnellate di sostanze organiche clorurate (3%), come composti organici alogenati, tri- e diclorometano, e per finire i pesticidi (0,2%, pari a 11,5 tonnellate), soprattutto esaclorocicloesano, Aldrin e Dieldrin.


Secondo un report dell’Agenzia europea dell’ambiente il 46% dei corpi idrici superficiali europei non è in buono stato chimico

Non è una questione esclusivamente italiana. Secondo un report del 2018 dell’Agenzia europea dell’ambiente, il 46% dei corpi idrici superficiali europei non è in buono stato di salute chimica, principalmente a causa di tre categorie di sostanze: il mercurio e i suoi composti, gli idrocarburi policiclici aromatici e i polibromurati difenile.

Ma a contribuire al cattivo stato delle acque ci sono anche i cosiddetti “contaminanti emergenti”, cioè quelle sostanze che potrebbero avere effetti avversi su ambiente e salute, finite sempre più spesso sotto la lente di ingrandimento di controllori e mondo scientifico. Le principali categorie di sostanze emergenti, che la Commissione europea raccoglie dal 2013 in una Watch List aggiornata periodicamente, sono rappresentate dai prodotti farmaceutici, ad uso umano e veterinario, ma anche fitofarmaci, i pesticidi di nuova generazione, gli additivi plastici, i cosmetici e i nuovi ritardanti di fiamma.

A proposito di contaminanti emergenti, dal 2016, in Italia, l’Ispra e le Arpa eseguono un monitoraggio delle sostanze incluse nella Watch List europea (soprattutto farmaci, ormoni, pesticidi e principi attivi delle creme solari). Fino al 2018, sono state condotte 124 campagne su tutto il territorio italiano, che hanno portato in laboratorio un totale di oltre 1.500 campioni di acque. I risultati di queste indagini hanno rilevato che, in generale, la maggior parte delle sostanze riscontrate sono vicine o al di sotto dei limiti. Ci sono però alcune eccezioni, come l’antinfiammatorio diclofenac, gli antibiotici azitromicina e claritromicina, e l’insetticida neonicotinoide imidacloprid, che nelle acque raggiungono concentrazioni nell’ordine delle centinaia di nanogrammi/litro


Il glifosato è piuttosto diffuso nelle acque delle regioni che effettuano il monitoraggio dell’erbicida

Legambiente, nel suo rapporto, raccoglie anche 46 storie italiane di inquinamento delle acque seguite dall’associazione nel corso degli anni, più alcuni casi particolari. Come quello della contaminazione da glifosato, molto diffusa in tutte le regioni che ne effettuano il monitoraggio: in Lombardia, Piemonte, Sicilia, Toscana e Veneto il controverso erbicida era presente nel 68% delle acque superficiali analizzate, e proprio il glifosato e il suo metabolita Ampa erano responsabili del superamento dei limiti di pesticidi rispettivamente nel 24% e nel 48% dei casi. In Emilia-Romagna, che ha iniziato a tenere sotto controllo i livelli di glifosato nelle acque solo a metà del 2018, ben 44 stazioni di rilevamento su 50 superano il limite cautelativo.

Un altro caso emblematico da non dimenticare è quello dell’inquinamento da Pfas (sostanze perfluoroalchiliche), composti usati per la realizzazione di numerosi prodotti, come tessuti impermeabili e pentole antiaderenti. Nel 2011 in Veneto è stata riscontrata una contaminazione da Pfas nelle acque del bacino Agno Fratta Gorzone che interessa un’area di 180 km quadrati tra le province di Vicenza, Verona e Padova (ma in continua espansione) e circa 300 mila persone.

Ma la contaminazione da Pfas non si limita al Veneto. Ad Alessandria, per esempio, c’è il caso del cC604, un composto della categoria dei Pfas prodotto nel Polo Chimico di Spinetta Marengo, che ha contaminato i fiumi Bormida e Tanaro, e da qui ha raggiunto la falda acquifera e il Po. In Lombardia, invece, un monitoraggio di Arpa su Pfos (acido perfluorottansolfonico) e altri cinque Pfas ha rilevato una contaminazione particolarmente estesa. Il Pfos è stato trovato oltre allo standard di qualità nell’80% dei campioni di acque superficiali e nel 51% di quelli prelevati dalle acque sotterranee.

Per leggere il rapporto di Legambiente clicca qui.

fonte: www.ilfattoalimentare.it

#RifiutiZeroUmbria - #DONA IL #TUO 5 X 1000 A CRURZ - Cod.Fis. 94157660542

=> Seguici su Twitter - https://twitter.com/Cru_Rz 
=> Seguici su Telegram - http://t.me/RifiutiZeroUmbria 

Efsa propone di abbassare limiti su quattro Pfas

La proposta sulla base di una nuova metodologia che consente di valutare il rischio per la salute di una miscela di sostanze chimiche, noto anche come effetto cocktail




L'Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha proposto di abbassare la dose settimanale tollerabile di un gruppo di quattro sostanze perfluoroalchiliche (Pfas), le più persistenti nell'ambiente. I Pfas sono sostanze largamente utilizzate in diversi settori industriali, ad esempio per rendere resistenti ai grassi e all'acqua i tessuti e i rivestimenti per contenitori di alimenti.

Il parere dell'Agenzia ne aggiorna uno precedente del 2018 su sole due sostanze prese individualmente ed è stato realizzato grazie alla metodologia MixTox, finalizzata nel 2019, che consente di valutare il rischio per la salute di una miscela di sostanze chimiche, noto anche come effetto cocktail. Efsa propone di fissare una dose settimanale tollerabile di 8 ng / kg di peso corporeo alla settimana per quattro Pfas. Il parere è in consultazione pubblica e tutti possono fornire dati, suggerimenti e indicazioni fino al 20 aprile 2020.

La professoressa Tanja Schwerdtle, presidente del gruppo di lavoro che ha coadiuvato il gruppo di esperti scientifici dell'EFSA sui contaminanti nella catena alimentare (CONTAM) a redigere questo parere sui PFAS, ha spiegato il lavoro che hanno svolto e che ha portato a queste conclusioni.

"Abbiamo proposto una dose settimanale tollerabile di gruppo (DST) per quattro PFAS principali che si accumulano nell'organismo, individuato i gruppi di popolazione più esposti e l'effetto critico collegato all'esposizione ai PFAS negli animali e nell’uomo. Abbiamo poi individuato gli alimenti che contribuiscono maggiormente all'esposizione a questi quattro PFAS, ovvero: acqua potabile, pesce, frutta, uova e prodotti a base di uova. (...)

Secondo la valutazione dell'esposizione dell'EFSA, i neonati, i bambini piccoli e gli altri bambini sono i più esposti. La gravidanza e l'allattamento al seno sono i principali fattori che contribuiscono all'esposizione dei neonati. La nuova DST è stata impostata in modo tale da proteggere i neonati da un'esposizione elevata.

Siamo interessati a ricevere riscontri su tutti gli aspetti del nostro parere scientifico. In particolare sarebbe utile ricevere, per un'ampia serie di gruppi di alimenti, un maggior numero di dati sulla presenza delle sostanze in questione ottenuti con metodi analitici più sensibili, che permettano di rilevare i PFAS a bassi tenori. Sarebbe auspicabile ricevere anche maggiori informazioni sulla potenza relativa dei 4 PFAS che abbiamo valutato, ma anche di altri rinvenuti negli alimenti."

Cosa sono i PFAS

Le sostanze perfluoroalchiliche, o PFAS, sono un gruppo di sostanze chimiche artificiali comprendente l'acido perfluoroottanoico (PFOA), il perfluoroottano sulfonato (PFOS), l'acido perfluorononanoico (PFNA), l'acido perfluoroesano sulfonico (PFHxS) e molte altre. I PFAS vengono prodotti e utilizzati sin dagli anni '40 in tutto il mondo in diversi tipi di applicazioni industriali. Alcuni PFAS come PFOA e PFOS, PFNA e PFHxS non si scompongono nell'ambiente né nell’organismo umano e possono accumularsi nel tempo. L'esposizione ai PFAS può causare effetti nocivi sulla salute. Le persone possono venire esposte ai PFAS in diversi modi, e uno di questi è il cibo. Gli alimenti possono venire contaminati da terreno e acqua inquinati utilizzati per coltivarli; dai PFAS concentratisi nell’organismo di animali tramite mangimi e acqua; da imballaggi alimentari contenenti PFAS; o anche da attrezzature contenenti PFAS durante le lavorazioni alimentari.

fonte: http://www.arpat.toscana.it


Cina: Piano per porre fine allo scarico illegale di sostanze chimiche pericolose

Il Ministero dell’ecologia e dell’ambiente cinese ha annunciato una serie di provvedimenti utili a combattere lo smaltimento illegale di sostanze chimiche e rifiuti pericolosi. Gli obbiettivi saranno raggiunti entro il 2025





La Cina intensificherà i propri sforzi per porre fine allo scarico illegale di rifiuti chimici pericolosi e tutelare gli ecosistemi a rischio. Lo ha dichiarato questo lunedì il Ministro dell’ecologia e dell’ambiente Li Ganjie, elencando una serie di provvedimenti che saranno attuati nei prossimi sei anni. Entro la fine del 2025, ha specificato il Ministero, tutte le regioni dovranno creare un “sistema completo di monitoraggio delle sostanze chimiche”, garantendo al contempo una sufficiente capacità di trattamento e smaltimento dei rifiuti pericolosi. Tale sistema diverrà anche uno dei criteri fondamentali al nuovo meccanismo di credito ambientale aziendale, che porterà alla stesura di una “Black List” pubblica ove saranno iscritte le aziende che violano le regole, alle quali sarà negata ogni sorta di finanziamento pubblico.

Non solo: come riportato da Reuters, le autorità locali dovranno anche elaborare specifici piani per la costruzione di strutture integrate per il corretto smaltimento dei rifiuti ed istituire meccanismi di finanziamento per il loro eventuale trasferimento in altri siti. A tal proposito, ha specificato il Ministero, i governi locali saranno incoraggiati a creare “basi industriali” integrate nei settori dell’industria petrolchimica e siderurgica, con specifico riferimento ai forni e agli altiforni degli impianti per lo smaltimento di rifiuti chimici.

Il settore chimico cinese, va specificato, è stato quest’anno oggetto di un attento esame dopo che un’esplosione, verificatasi in una fabbrica nella provincia di Jiangsu, ha ucciso 78 persone. L’incidente ha provocato un innalzamento dei sistemi di sicurezza a livello nazionale e la conseguente stesura di piano per trasferire l’80% dei produttori di sostanze chimiche tossiche lontano dalle aree residenziali. Per questi motivi, il delta del fiume Yangtze, compreso il centro produttivo di Shanghai e le province limitrofe di Jiangsu e Zhejiang, saranno costretti ad adottare le misure di cui sopra entro la fine del prossimo anno, mentre le regioni lungo lo Yangtze, insieme alle aree economiche di Pechino-Tianjin-Hebei e il delta del fiume Perla, vi si dovranno conformare entro il 2022.

fonte: www.rinnovabili.it

Rapporto sugli inquinanti presenti nei mari europei

L'Agenzia Europea per l'Ambiente cerca di individuare le aree problematiche





















Per decenni, i paesi europei hanno condiviso una visione comune di un ambiente marino vicino a concentrazioni zero di sostanze sintetiche e vicino ai livelli di fondo delle sostanze presenti in natura.
Gli sforzi per raggiungere questa visione sono avvenuti in parallelo con la scoperta estremamente rapida di nuove sostanze, seguita da una produzione sempre crescente e conseguente consumo di prodotti chimici.
produzione sostanze chimiche
L'Agenzia Europea per l'Ambiente ha prodotto il rapporto "Contaminants in Europes seas" con il quale compie un primo tentativo di disegnare un quadro della situazione dei mari che bagnano il nostro continente, individuando le "aree problematiche" e quelle che non lo sono, in termini di contaminazione da sostanze chimiche.
Allo stesso tempo, sulla base dei dati disponibili, il rapporto cerca di definire delle tendenze temporali riguardo ad alcune famiglie di contaminanti selezionati.
fonte: http://www.arpat.toscana.it

PFAS negli alimenti

L'EFSA, l’Autorità europea per la sicurezza alimentare, propone di rivedere i livelli di assunzione tollerabile per due PFAS (PFOS e PFOA)





















La Commissione europea ha chiesto all'EFSA una valutazione scientifica sui rischi per la salute umana legati alla presenza di PFAS negli alimenti. L’Autorità ha dunque rilasciato un primo parere scientifico riguardante i principali PFAS, noti come perfluorottano sulfonato (PFOS) e acido perfluoroottanoico (PFOA), due sostanze chimiche che persistono nell'ambiente a causa del loro lento degrado e che possono inoltre accumularsi nell’organismo umano impiegando molti anni prima di essere eliminate.
Le conclusioni a cui è giunta l’EFSA sono provvisorie e verranno riviste durante il completamento della seconda parte dello studio, che si concentrerà sulla valutazione dei rimanenti PFAS e sui possibili rischi per la salute umana provenienti da queste sostanze.
L’Autorità sta inoltre sviluppando, al momento, dei quadri metodologi per valutare l’esposizione congiunta a più sostanze chimiche: le conclusioni di questo lavoro risulteranno utili ed importanti anche per lo studio sui PFAS che sono spesso presenti come miscele nella catena alimentare. L'EFSA ha già sviluppato alcuni approcci per valutare l'esposizione combinata dell’uomo a più pesticidi e contaminanti; al momento sta approfondendo nuovi metodi e strumenti per armonizzare le modalità con cui vengono valutati i rischi per l'uomo e l'ambiente connessi a sostanze chimiche multiple nella catena alimentare, ovvero le "miscele chimiche" e i loro "effetti cocktail".
EFSA, sulla base dei dati a disposizione, ha indicato un livello di assunzione settimanale tollerabile: 13 ng/kg peso corporeo per PFOS e 6 ng/kg peso corporeo per PFOA. Per entrambi i composti, dai dati di contaminazione degli alimenti e dai database dei consumi alimentari, risulta che l'esposizione di una parte considerevole della popolazione supera le dosi proposte.
Gli alimenti che determinano i maggiori apporti sarebbero, secondo questa prima valutazione: "Pesce e altri frutti di mare", "Carne e prodotti a base di carne" e "Uova e prodotti a base di uova" per PFOS e "Latte e prodotti caseari", "Acqua potabile" e "Pesce e altri frutti di mare” per PFOA.
Le emivite stimate per PFOS e PFOA sono rispettivamente di 5 anni e 2-4 anni.
Sono stati inoltre identificati alcuni effetti critici: per entrambe le sostanze l'aumento del colesterolo totale nel sangue negli adulti e per PFAS anche la diminuzione della risposta anticorpale alla vaccinazione nei bambini.
Ricordiamo che la produzione, l'immissione sul mercato e l'uso dei PFOS sono disciplinati dalla legislazione europea sugli inquinanti organici persistenti (Regolamento (CE) 850/2004). Il 4 luglio 2020 entreranno in vigore restrizioni alla fabbricazione e all'immissione sul mercato dei PFOA, dopo le valutazioni scientifiche effettuate dall’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA).
fonte: http://www.arpat.toscana.it

Tavola periodica e scarsità degli elementi chimici

L'UNESCO ha proclamato il 2019 come l'Anno internazionale della tavola periodica






















Il 2019 è stato proclamato l'Anno Internazionale della Tavola Periodica, per questo la European Chemical Society ha progettato un nuovo tipo di tavola periodica con l'intento di favorire la riflessione sulla scarsità di molti elementi chimici.
La tavola periodica che usiamo di solito è quella sviluppata da Dmitri Mendeleev e pubblicata nel 1869 (150 anni fa).
  • Ordina gli elementi in gruppi in cui ogni elemento ha proprietà simili
  • Gli elementi appaiono in ordine del loro numero atomico (numero di protoni nel nucleo)
  • Mendeleev ha basato la sua Tabella sui 61 elementi conosciuti in quel momento, ma ha dovuto lasciare delle lacune
La tavola periodica realizzata dalla European Chemical Society comprende i 90 elementi naturali attualmente conosciuti, disegnati in modo che l'area occupata da ciascun elemento dia un'indicazione della quantità di quell'elemento presente nella crosta terrestre e nell'atmosfera.
tavola periodica
Il tema della scarsità di alcuni elementi naturali è rilevante e diventa evidente se si pensa ad un oggetto che usiamo tutti i giorni, come lo smartphone, composto da circa 30 elementi, oltre la metà dei quali può dare motivo di preoccupazione negli anni a venire a causa della crescente scarsità.
Con circa 10 milioni di smartphone che vengono scartati o sostituiti ogni mese nell'Unione europea, dobbiamo esaminare attentamente le nostre tendenze a sprecare e riciclare in modo improprio tali articoli. A meno che non vengano fornite soluzioni, rischiamo di vedere esauriti molti degli elementi naturali che compongono il mondo che ci circonda, a causa della ridotta disponibilità in natura, della loro ubicazione in aree di conflitto o dell'incapacità di riciclarli completamente.
La protezione degli elementi in esaurimento deve essere raggiunta su più livelli. Come individui, dobbiamo chiederci se gli aggiornamenti ai nostri telefoni e ad altri dispositivi elettronici sono veramente necessari, e dobbiamo assicurarci di riciclare correttamente per evitare che la vecchia elettronica non finisca nelle discariche o che inquini l'ambiente.
A livello politico, si dovrebbe  un maggiore riconoscimento della scarsità degli elementi di rischio, e occorrono azioni per sostenere migliori pratiche di riciclaggio e un'efficiente economia circolare.
Inoltre, è necessario prendere in considerazione la trasparenza e le questioni etiche per evitare l'abuso dei diritti umani e consentire ai cittadini di fare scelte informate quando acquistano smartphone o altri dispositivi elettronici - poiché molti degli elementi che richiediamo nella nostra elettronica vengono importati dalle zone di conflitto .
fonte: http://www.arpat.toscana.it/

La plastica riciclata è sicura per l’imballaggio alimentare? Occhi puntati sulle sostanze chimiche pericolose assorbite durante il riciclaggio


















Trascorsi quasi 10 anni dalla pubblicazione del regolamento che stabilisce le norme per l’uso di plastica riciclata in ambito alimentare, l’Agenzia europea per la sicurezza alimentare (Efsa) ha adottato oltre 100 pareri scientifici positivi sulla sicurezza dei processi utilizzabili. Eppure la Commissione europea non ha compiuto alcun passo per autorizzarli ufficialmente, creando di fatto un ostacolo al compimento dell’economia circolare nel settore.
Nella strategia sulle materie plastiche del gennaio 2018, la Commissione aveva annunciato che avrebbe “concluso rapidamente la procedura di autorizzazione per oltre cento processi di riciclaggio” e infatti si sta preparando ad accelerarne l’approvazione. “La scadenza per l’adozione sarà la fine del 2018”, ha detto Anca Paduraru, portavoce della Commissione europea a Bruxelles.
Esistono ragioni per giustifcare questi enormi ritardi? Ebbene sì. Storicamente, materiali come il vetro, l’acciaio, l’alluminio e la carta sono riciclati per realizzare nuovi prodotti a uso alimentare; la contaminazione post-consumo non è mai stata una delle maggiori preoccupazioni in quanto, essendo generalmente impermeabili ai contaminanti, vengono facilmente puliti ad alte temperature.
Ma per la plastica la questione è ben diversa. Tanto che la normativa europea sull’impiego di plastica riciclata in materiali a contatto con alimenti (Regolamento CE 282/2008) prevede che possa provenire solo da processi di riciclo certificati.
Le condizioni imposte per l’approvazione di un processo di riciclaggio certificato sono molto restrittive:
  1. La qualità della plastica in ingresso deve essere caratterizzata e controllata;
  2. La plastica può provenire solo da materiali e oggetti che sono fabbricati a norma della legislazione comunitaria e già destinati in origine al contatto alimentare;
  3. La plastica riciclata deve provenire da un ciclo chiuso e controllato oppure deve essere dimostrato che il processo è in grado di ridurre a un livello accettabile qualsiasi tipo di contaminazione;
  4. La qualità della plastica riciclata deve essere caratterizzata e controllata;
  5. Devono essere stabilite condizioni di impiego della plastica riciclata.
Secondo diversi esponenti del settore, nonostante tutte queste precauzioni, la procedura di valutazione del rischio non può dare piena certezza che le materie plastiche riciclate siano sicure. Molti tipi di plastica assorbono infatti sostanze chimiche durante l’uso e la gestione dei rifiuti, che sono difficili da rimuovere durante il riciclaggio.
È importante ricordare che la valutazione del rischio dell’Efsa si concentra sull’avvio del processo di riciclaggio, non sul prodotto finito che ne esce. Quindi non esiste un’analisi completa delle sostanze chimiche presenti alla fine del riciclaggio; più semplicemente, non sappiamo quali e quante molecole indesiderate ci saranno ancora alla fine del processo e se e in quale misure migreranno nel cibo.
Plastic bottles and containers prepared for recycling
Il problema principale è il rischi che la plastica riciclata abbia assorbito e trattenuto sostanze chimiche tossiche che possono migrare nel cibo
Una volta approvati a livello UE, i materiali che escono da questi processi di riciclaggio saranno autorizzati nella produzione di contenitori di alimenti e bevande e dal punto di vista legale e le aziende di imballaggio alimentare potranno utilizzarli.
Alla luce dei suddetti rischi, secondo alcuni addetti ai lavori, le autorizzazioni rappresenterebbero un vero e proprio scudo per le aziende: nel caso in cui qualcosa vada storto, saranno protetti dalla legislazione contro potenziali contenziosi da parte di gruppi di consumatori.
Come sostiene Floriana Cimmarusti, segretaria generale di Safe Food Advocacy Europe (Safe), un’organizzazione indipendente senza scopo di lucro con sede a Bruxelles che ha parlato dei rischi di tossicità negli imballaggi in plastica riciclata, “il PET è l’unico tipo di plastica facile da pulire nelle fasi di riciclaggio, ed e quindi considerato sicuro. Tuttavia i rischi di contaminazione non potranno mai essere azzerati. Nella fase di gestione dei rifiuti molte tipologie di plastica possono assorbire sostanze chimiche provenienti da altre plastiche. Ed è una sfida non da poco creare sistemi di smistamento che mantengano nettamente separati articoli in plastica per alimenti da materie plastiche ad uso non alimentare”.
In un mondo ideale – prosegue Cimmarusti – un centro di ricerca indipendente dovrebbe condurre la valutazione del rischio. E i dati richiesti per questa valutazione dovrebbero essere raccolti da un’organizzazione indipendente, non dal settore che richiede l’approvazione del processo di riciclaggio.”
plastica
Potrebbero ritrovarsi nella plastica riciclata destinata al contatto con gli alimenti sostanze chimiche pericolose ora vietate, ma una volta permesse, dette “legacy”
Dal canto suo, l’Efsa riconosce che la plastica riciclata è una questione delicata per gli imballaggi alimentari e richiede un’attenzione particolare. “Dobbiamo garantire la sicurezza anche in caso di utilizzo di plastica riciclata – ha dichiarato Bernard Url, direttore esecutivo dell’agenzia di Parma. – Ci potrebbero essere problemi con i contaminanti che derivano da utilizzi precedenti della plastica, i cosiddetti prodotti chimici ‘legacy’, ovvero sostanze tossiche ora vietate ma che non lo erano in passato. C’è quindi la possibilità che, inserendo nel processo di riciclo vecchie materie plastiche, questi contaminanti  finiscano nei nuovi imballaggi
In Europa per quanto riguarda i materiali a contatto con gli alimenti ci sono standard molto più rigidi che altrove. Le regole potrebbero essere riconsiderate, ma naturalmente la sicurezza per il consumatore rimane un punto fermo” spiega Sarah Nelen, a capo dell’unità per la gestione dei rifiuti e dei materiali secondari presso la direzione dell’ambiente della Commissione europea (DG Ambiente). Nelen ha tuttavia riconosciuto che dovranno essere prese decisioni difficili sulle sostanze legacy: “Si tratta di un’eredità del passato con cui è necessario fare i conti”. Dovranno essere trovati dei compromessi? Verrà alzata la soglia di sicurezza per  alcune sostanze oggi limitate o vietate? Non ci è dato saperlo, ma eventuali modifiche della legge in vigore  potrebbero svelare le intenzioni della Commissione.
fonte: www.ilfattoalimentare.it

Sconfiggere l'inquinamento: la campagna dell'Assemblea Ambiente delle Nazioni Unite

Una “call to action” su 6 dimensioni dell’inquinamento mondiale: aria, sostanze chimiche, acqua, suolo, mare e rifiuti





















L'inquinamento contribuisce alla morte di milioni di persone ogni anno. L'Assemblea Ambiente delle Nazioni Unite, l'organismo decisionale sull'ambiente a livello più alto nel mondo, invita le organizzazioni della società civile, le imprese e i governi a impegnarsi volontariamente per combattere l’inquinamento e a raccontare la propria storia tramite il portale BeatPollution.
Per invitare all’azione, l’Assemblea delle Nazioni Unite esplora 6 dimensioni dell'inquinamento:
Attraverso messaggi chiave e infografiche, illustra i dati di inquinamento a livello mondiale, spiega le proprie attività e i propri impegni per ciascuna dimensione e, al tempo stesso, invita tutti ad un impegno concreto, descrivendo altresì le possibili azioni che i singoli, le imprese e i governi possono fare. Riportiamo qui alcune infografiche prodotte dall’Assemblea e tradotte in italiano dalla nostra redazione.

Aria

Ogni anno circa 7 milioni di persone muoiono prematuramente a causa della scarsa qualità dell'aria. 4,3 milioni di decessi sono attribuiti all'inquinamento indoor.

aria-azioni.jpg

Sostanze chimiche

Se non gestite correttamente, le sostanze chimiche possono avere gravi conseguenze sulla salute umana, causando intossicazione acuta, cancri, difetti alla nascita, disturbi neurologici, disturbi ormonali e altro ancora. L'esposizione al piombo, ad esempio, è responsabile del 4% delle cardiopatie ischemiche e del 6,6% degli ictus.

sostanze-chimiche-azioni.jpg

Acqua

In tutto il mondo, ogni giorno circa 2 miliardi di tonnellate di rifiuti umani vengono smaltiti in corsi d'acqua. Tutto ciò ha un impatto significativo sulla salute: 4.000 bambini muoiono ogni giorno a causa di malattie causate da acqua inquinata e servizi igienici inadeguati.

acqua-azioni.jpg

Suolo

Una cattiva gestione industriale, specialmente nel comparto estrattivo, può inquinare enormi aree di terra. Il suolo contaminato può portare a colture e prodotti contaminati, che hanno impatti diretti e immediati sulla salute umana.

suolo-azioni.jpg

Mare

La continua crescita della quantità di rifiuti solidi che gli esseri umani producono e il ritmo molto lento con cui questi rifiuti si degradano stanno portando ad un graduale aumento della quantità di rifiuti trovati in mare, sul fondale marino e lungo le coste di tutto il mondo.

mare-azioni.jpg

Rifiuti

Ogni anno produciamo quasi 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici, equivalenti a 125.000 jumbo jet. Quasi il 30% del cibo prodotto in tutto il mondo viene perso ogni anno. Anche l'economia globale sta assistendo ad un rapido aumento della produzione di rifiuti pericolosi.

rifiuti-azioni.jpg
 fonte: http://www.arpat.toscana.it